Storia di Roma dalla
fondazione
«Mai vi fu al mondo repubblica più vasta,
più religiosa, più ricca di buoni esempi,
più a lungo immune dal lusso e
dall'immoralità». Con queste parole, il
padovano Titus Livius dà l'avvio alla sua
monumentale opera storiografia.
Dei 142 libri di cui si componeva
la Ab Urbe condita
libri, soltanto 35
sono arrivati fino a noi. Ovvero
i primi dieci, che trattavano la
storia dalla fondazione di Roma
alla terza guerra sannitica, e
poi i libri dal XXI al
XLV,
più diversi frammenti.
Sono altresì pervenuti i
sommari [periochae] di tutti i
libri, compresi i mancanti. La
storia si ferma con la morte di
Claudius Drusus Germanicus (9 a.C.), ma sembra che
Livius volesse prolungare la sua opera fino
alla morte dell'imperatore Augustus,
arrivando così a 150
volumi.
L'importanza di
Livius per le nostre conoscenze di
storia romana è immensa.
Egli utilizza come fonte gli
annalisti romani suoi
predecessori e Polýbios,
comparandoli gli uni con gli
altri. Il suo apporto per quanto
riguarda la nostra conoscenza
della civiltà e della
mitologia celtica, per quanto
limitato ai libri V e
XXI, non
è da trascurare: egli ci
narra dell'arrivo dei Galli in
Italia, del sacco di Roma e di
varie battaglie tra romani e
celti. Ed essendo egli stesso
originario della Gallia
cisalpina, è possibile
abbia tratto alcune di queste
vicende dalle tradizioni
tramandate dal suo popolo. |