FONTI

CELTI
Galli

MITI CELTICI

 Gaius Plinius Secundus, «Maior»

NATURALIS HISTORIA
LA STORIA NATURALE
(estratti)
Titolo Historia naturalis
Autore Gaius Plinius Secundus, «Maior» (23 – 79)
Genere Enciclopedia
Lingua Latino
Epoca 50 – 70
 Gaius Plinius Secundus, «Maior»
NATURALIS HISTORIA
LA STORIA NATURALE
Plinius Maior, l'enciclopedista
Plinius Maior, l'enciclopedista

Ritratto di PlinioIl comasco Gaius Plinius Secundus, detto Maior, il «vecchio», fu ufficiale dell'esercito romano, e visse in Germania, in Gallia Narbonese e in Gallia Belgica. Forse fu proprio in questi viaggi che egli acquistò quell'amore per la cultura e il sapere che lo ha reso famoso nei secoli, e che gli avrebbe procurato la morte a causa delle esalazioni di gas del Vesuvio, che egli volle andare a studiare da vicino nel corso della famosa eruzione del 79. Con i 37 libri della sua Naturalis historia, Plinius regala all'umanità una grandiosa enciclopedia, frutto di un immenso lavoro iniziato sotto Nerone e continuato negli anni successivi. Si diletta trattando con ampiezza e precisione tutte le branche del sapere del suo tempo: cosmologia, geografia, etnografia, fisiologia, antropologia, zoologia, botanica, farmacologia, mineralogia, metallurgia e storia dell'arte. Il lavoro di Plinius è essenzialmente un'opera di compilazione: le notizie sono tratte da altre opere e non verificate, anche se l'autore al principio dell'opera enumera tutte le sue fonti e gli occorre un intero libro per elencare i 150 scrittori latini e i 327 greci che gli hanno fornito i circa duemila volumi di materiale da lui consultati! Plinius non dimostra molto senso critico, almeno secondo gli standard odierni, raccogliendo notizie fantastiche insieme ad altre più fondate, ma la sua opera rimane importantissima in quanto ci permette di analizzare la natura e la qualità dello scibile del mondo antico.

 Gaius Plinius Secundus, «Maior»
NATURALIS HISTORIA
LA STORIA NATURALE
(estratti)
A [I druidi]  
Non est omittenda in hac re et Galliarum admiratio. Nihil abent Druidae – ita suos appelant magos – visco et arbore, in qua gignatur, si modo sit robur, sacratius. Iam per se roborum eligunt lucos nec ulla sacra sine earum fronde conficiunt, ut inde appellati quoque interpretatione Graeca possint Druidae videri. Enimvero quidquid adgnascatur illis e caelo missum putant signumque esse electae ab ipso deo arboris. Est autem id rarum admodum inventu et repertum magna religione peritur et ante omnia sexta luna, quae principia mensum annorumque his facit et saeculi post tricesimum annum, quia iam virium abunde habeat nec sit sui dimidia. Omnia sanantem appellant suo vocabulo. Sacrificio epulisque rite sub arbore conparatis duos admovent candidi coloris tauros, quorum cornua tum primum vinciantur. Sacerdos candida veste cultus arborem scandit, falce aurea demetit, candido id excipitur sago. Tum deinde victimas immolant precantes, suum donum deus prosperum faciat iis quibus dederit. Fecunditatem eo poto dari cuicumque animalium sterili arbitantur, contra venena esse omnia remedio. Tanta gentium in rebus frivolis plerumque religio est.

Non bisogna dimenticare a questo proposito anche l'ammirazione a cui il vischio è fatto oggetto in Gallia. I Druidi – così si chiamano i maghi di quei paesi – non considerano niente più sacro del vischio e dell'albero su cui esso cresce, purché si tratti di un rovere. Già scelgono come sacri i boschi di rovere in quanto tali, e non compiono alcun rito religioso se non hanno fronde di questo albero tanto che il termine di Druidi può sembrare di derivazione greca. In realtà essi ritengono tutto ciò che nasce sulle piante di rovere come inviato dal cielo, un segno che l'albero è stato scelto dalla divinità stessa. Peraltro il vischio di rovere è molto raro a trovarsi e quando viene scoperto lo si raccoglie con grande devozione: innanzitutto al sesto giorno della luna (che segna per loro l'inizio del mese e dell'anno e del secolo, ogni trent'anni), e questo perché in tale giorno la luna ha già abbastanza forza e non è a mezzo. Il nome che hanno dato al vischio significa «che guarisce tutto». Dopo aver apprestato secondo il rituale il sacrificio e il banchetto ai piedi dell'albero, fanno avvicinare due tori bianchi a cui per la prima volta vengono legate le corna. Il sacerdote, vestito di bianco, sale sull'albero, taglia il vischio con un falcetto d'oro e lo raccoglie in un panno bianco. Poi immolano le vittime, pregando il dio perché renda il suo dono propizio a coloro ai quali lo ha destinato. Ritengono che il vischio, preso in pozione, dia la capacità di riprodursi a qualunque animale sterile, e che sia un rimedio contro tutti i veleni: così grande è la devozione che certi popoli rivolgono a cose per lo più prive d'importanza.

 

Naturalis Historia [XVI: 95]

 

NOTE
 

A ― Si noti che Plinius fa derivare la parola druidae dal greco drýs «quercia». ― Per quanto riguarda il «sesto giorno della luna» è piuttosto arduo comprendere se si tratti del sesto giorno dalla luna piena o dalla luna nuova. Dalla soluzione di questo problema potrebbero dipendere le nostre conoscenze sul calendario celtico. Per una discussione al riguardo, si veda il link indicato. ①

Bibliografia
  • PLINIO Gaio Secondo: Storia naturale. Cura e traduzione di A. Borghini, E. Giannarelli, A. Marcone, G. Ranucci (6 voll.). Einaudi, Torino 1983.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Sezioni - Alianora
Sezione: Fonti - Nabū-kudurri-uṣur
Area: Celtica - Óengus Óc
Selezione di Redazione Bifröst.
Creazione pagina: 10.11.2003
Ultima modifica: 20.12.2013
 
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