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FONTI - La ricerca dei testi
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Antica Lirica Irlandese
I
Lamenti di Derdriu
 

 
INTRODUZIONE
TESTO
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BIBLIOGRAFIA

RIFERIMENTI

MITOLOGIA CELTICA - Fonti

CELTI > Irlandesi

Genere

Poema epico-lirico

Epoca

Secc. VIII-IX (?)

I lamenti di Derdriu

Sono qui riuniti i due poemi raccolti sotto il titolo I lamenti di Derdriu. Entrambi fanno parte dell'Esilio dei figli di Uisliu, racconto collaterale appartenente al Ciclo dell'Ulaid, una delle più popolari vicende romantiche irlandesi. La vicenda è nota: Derdriu, la più bella donna di Ériu, è destinata a re Conchobar mac Nessa ma, innamorata del giovane Noísiu mac Uislenn, fugge in Alba insieme all'amato ed ai due fratelli di lui, Arrdán e Ainnle. Re Conchobar invita gli esuli a tornare in Ériu ma poi, venendo meno alla propria promessa e tradendo la fiducia del nobile  Fergus mac Róich, che si era reso garante dell'incolumità dei quattro giovani, fa uccidere Noísiu ed i suoi fratelli e si prende Derdriu con la forza. Ma dopo qualche tempo, in cui nulla valgono ad allietarla i giullari e le parole del re, la donna si uccide a sua volta, piuttosto che vivere accanto a un uomo per cui prova soltanto odio e disprezzo. La storia di Derdriu (o Deirdre of Sorrows, come la chiamano gli inglesi) ha avuto molte trasposizioni letterarie fino ai tempi moderni. Persino W.B. Yeats trasse dalla leggenda il dramma Deirdre.

Nel primo poema la rima è generalmente debide, nel secondo è di tipo classico. L'allitterazione è presente anche se non in maniera massiccia.
 

Il primo lamento
Ai giullari

Il primo dei due «lamenti» (1-14) viene pronunciato da Derdriu ai giullari che il re ha invano incaricati di allietarla. Derdriu ricorda i tempi che ha trascorso durante la sua fuga in Alba insieme ai figli di Uisliu. L'esistenza dell'esule, costretto a spostarsi tra i boschi ed vivere di selvaggina e di raccolta, è caricata di un forte senso di nostalgia. La vita, per quanto dura e faticosa, che Derdriu ha trascorso nelle foreste scozzesi  accanto all'amato Noísiu ed ai suoi fratelli, viene più volte messa a confronto con quella dei cortigiani di Emain Macha, i cui giorni trascorrono sì, nel lusso, ma in una fredda solitudine e senza amore. Nei ricordi di Derdriu spiccano i dettagli minimi, i piccoli istanti colti nel loro compiersi, fatti di sguardi, di sorrisi, di piccole azioni quotidiane. Immagini che proprio in virtù della loro freschezza, della loro semplicità, si caricano di un dolore quasi insostenibile.
 

Il secondo lamento
A re Conchobar

Il secondo dei due «lamenti» (15-24) è rivolto da Derdriu a Conchobar mac Nessa, il re dell'Ulaid, il quale ha fatto uccidere Noísiu ed i suoi fratelli, rei di essere fuggiti con la donna che gli era destinata. Adesso Derdriu è tornata ad essere la sposa del re, ma nel suo dolore lo avverte che nessuna soddisfazione avrà da lei, poiché l'amore che ha provato per Noísiu è possente quanto l'odio che ora porta a colui lo ha fatto uccidere.
 


I Lamenti di
Derdriu

  Ai Giullari
 
 
1 Cid caín lib in láechrad lainn
cengtai Emain íar tochaimm,
airddiu do-cingtis dia tig
trí maic adláechda Uisnig.

Se forti credete i feroci guerrieri
che tornano ad Emain dopo un'impresa,
ancora più fieri tornavano a casa
i tre valorosi figli di Uisliu.

 
2 Noísi co mid chollán chain,
folcud lim-sa dó 'con tein;
Arrdán co n-dam no muicc maiss,
aslang Andle dar arddais.

Noísiu col dolce idromele di nocciola
(lavavo il suo corpo presso il fuoco)
e Arrdán col cervo o un bel cinghiale
e Ainnle col carico sopra le spalle.


[2b]

3

Cid milis lib a mmid mass
ibes mac Nessa níthmass;
baíthium riam (rén for brú)
biad meinic ba millsiu.

Se dolce credete il gustoso idromele
che beve il potente figlio di Ness,
sovente io avevo (mare ricolmo)
un ristoro ancora più dolce.


[3b]
4

Ó ro-sernad noísi nár
fulucht for feda fíanchlár
ba millsiu cach biad fo mil
ara-ralad mac Uisnig.

Allora che Noísiu umilmente scavava
la buca per cuocere nel sottobosco,
più dolce del miele mi era ogni cibo
quand'era portato dal figlio di Uisliu.

[4b]
5

Cid binni lib in cach mí
cuislennaig no chornairi,
is í mo chobais indiu:
ro-chúala céol bad binniu.

Se belli credete i momenti passati
con suonatori di cornamuse e di corni,
io oggi pronuncio il mio giuramento:
ho udito musica ch'era più bella.
 
6

Binn la Conchobor for rí
cuislennaig no chornairi;
binniu lem-sa (clóth nell)
sían no gébtis maic Uislenn.

Il vostro re può giudicare armoniosi
i suonatori di cornamuse e di corni;
ma io preferivo (tra schiere famoso)
i canti intonati dai figli di Uisliu.
 
7 Fogur tuinni torim Noísi
ba céol binn bithcloísi;
coblach Arddáin ropo maith
andord Andle dia úarbaith.

Rumore dell'onda la voce di Noísiu,
un canto armonioso da udire per sempre;
sonora e profonda la voce di Arrdán,
e quella più acuta di Ainnle che caccia.

 
8 Noísi (ro-nóäd a fhert)
ba dirsan in comaithecht;
dó ro-dálius (drong tria alt)
in dig tonnaig dia n-érbalt.

Per Noísiu (ne è nota la tomba),
fu sventura che io gli fossi vicina.
In tanti lo hanno attaccato e fui io
a dargli quel sorso fatale di morte.

[8]


[8d]
9 Inmain berthán áilli a blaí
tuchtach duine, cid dingbaí?
Ba dirsan! nád rescu indiu,
mac Uisnig do indnaidiu.

Amavo i suoi corti e lucenti capelli,
persona stupenda, perché mi fu tolto?
Ahimé! Più oggi non posso vedere,
non più attendere il figlio di Uisliu.

 
10 Inmain menma cobsaid cáir,
inmain óclách ard imnáir;
íar n-imthech dar feda fál,
inmain costal i tiugnár.

Amavo il suo spirito giusto e sincero,
amavo il nobile, possente guerriero.
E dopo la corsa, vicino alla selva
amavo vederlo vestirsi al mattino.

 
11 Inmain súil glas carddais mná,
ba amnas fri ecortha;
íar cúairt chaille (comul sáer)
inmain andord tria dubráed.

Amavo gli occhi azzurri, cari a ogni donna,
terribili se rivolti al nemico
Dopo i suoi giri nella foresta (nobile incontro)
amavo il suo canto all'ombra del bosco.

 
12 Ní chotlu trá
ocus ní chorcu m'ingne;
fáilte ní tháet imm aire
ar nach táite mac Tindle.

Così non dormo
né di porpora tingo le unghie
La gioia non è cosa che mi tocchi
perché non giungerà più il figlio di Tindell.


[12b]

[12d]
13 Ní chotlu
leth na aidche in ligu;
fo-cheird mo cheird imm drungu
sech ní lungo ní thibiu.

Non dormo,
e giaccio soltanto metà della notte.
Confusa la mia mente nella folla,
non posso mangiare, e bere nemmeno.

 
14 Fáilti indiu nídam úain
i n-dáil Emna ercdair sáer;
 ná síd ná suba ná sam
ná tech már na cumthach caín.

Non è più il momento per esser felici
tra tutti i guerrieri che riempiono Emain;
né pace, né gioia, né conforto,
né reggia grandiosa, né bell'ornamento.

 
       
  A Re Conchobar  
15 Choncobuir, cid no taí,
do-rurmis dam brón fo chaí?
Is ed ám; cein no mair
do serc lim níba romáir.

Conchobar, che cosa vuoi?
Tu che mi gravasti di dolore e di pena?
Davvero: se anche a lungo vivessi
mai avrei vero amore per te.

 
16 In rop áilliu lim fo nim
ocus in rop inmainim;
ruccais úaim mór in bét,
connách aicciu co m'éc.

Colui che sotto il cielo era più bello,
e colui che più mi era caro,
tu mi strappasti (grave misfatto)
e non lo rivedrò fino alla morte.



[16c]
17 A ingnais is torsi lemm
tucht do-m-adbat mac Uislenn;
caurnán círdub tar corp n-gel
ba suachnid sech ilar †mban [fer?].

Davvero pesante è l'assenza di lui,
del viso che il figlio di Uisliu mostrava;
nerissime rocce sul candido corpo;
tra folle di donne [uomini?] egli eccelleva.



[17c]
[17d]
18

Dá gruad chorcra cainiu srath,
béoil deirg, abrait fo daildath;
déthgein némanda fo lí
amail sóerdaith snechtaidi.

Due guance arrossate più belle dei prati,
le labbra vermiglie, le ciglia corvine,
le file di denti che eran gioielli,
splendenti di puro biancore di neve.
[18a]
19

Ba suachnid a errad n-glan
eter fhíannaib fer n-Alban
fúan caín corcra comul cóir
cona imthacmong dergóir.

Il suo portamento orgoglioso eccelleva
su tutte le schiere guerriere di Alba;
di porpora aveva il mantello ben fatto
con il bordo d'oro rosso, accordo perfetto.
 
20

Inar srólda sét co m-bríg
i m-buí cét lám ilar mín;
fora imdénam (is glé)
coíca unga findruine.

Di raso la tunica, essa stessa un tesoro,
su cui erano cento gemme perfette;
per adornarla (io lo so bene)
cinquanta once di oro bianco.
 
21

Claideb órduirn ina láim
dá gaí glassa co n-gáethgráin;
findem co m-bil óir buidi
ocus taul argait furri.

In mano una spada dall'elsa dorata,
due lance verdi dall'abile punta,
lo scudo bordato con oro giallastro
e sopra di quello una borchia d'argento.
 
22

Fo-rruich frind Fergus find
ar tabairt darsa mórlind;
ro-rir a enech ar chuirm
do-rochtatar a mórgluind.

Il bel Fergus ci fece un'offesa,
portandoci sopra il gran mare;
per una birra ha venduto l'onore
le sue grandi imprese non gli dànno più lustro.
[22]
23

Cía no beitis forsin maig
Ulaid im gnúis Conchobuir,
do-beraim-se uili, cen chath,
ar gnáis Noísi maic Uisneach.

Se anche gli Ulati fossero tutti
intorno a Conchobar su questa brughiera,
li lascerei tutti, e senza incertezza
per star con Noísiu il figlio di Uisliu.
 
24 Ná briss indiu mo chride
mos-ricub mo mochlige;
is tréssiu cuma in-dá muir,
madda éola, a Chonchobuir!

Ma oggi non mi spezzare più il cuore.
Troppo presto m'attende la tomba!
Più profondo del mare è il dolore.
Se solo tu, Conchobar, fossi più saggio!

 
       

NOTE

Ai giullari

2b - Sul manoscritto la fine del verso è 'con tein «accanto al fuoco»; da cui la traduzione di Melita Cataldi «lui ero solita lavare presso il fuoco»  (Cataldi 1985). È stata anche proposta, per restituire la rima, la lettura centhain «sempre»: da qui la traduzione di Giovanni Giusti «io stessa lavavo il suo corpo ogni volta» (Giusti 1991). [RITORNA]

3b - Ibes mac Nessa «il potente figlio di Ness». Si riferisce a Conchobar mac Nessa, re dell'Ulaid. [RITORNA]

4b - Fulucht: una buca scavata nel terreno e riempita d'acqua, nella quale venivano gettate pietre roventi per riscaldarla e, successivamente, pezzi di carne per la cottura (Giusti 1991). [RITORNA]

8 - Come nota Giovanni Giusti, il sentimento di rancore verso una donna, il cui amore è causa di rovina per gli uomini, pur rappresentando un punto di vista del tutto androcentrico, viene qui messo in bocca a una donna (Giusti 1991). [RITORNA]

8d - Ci si può chiedere che cosa si intenda qui per «sorso fatale»; non risulta vi sia un episodio del genere nella vicenda: forse va inteso in senso metaforico (Giusti 1991). [RITORNA]

12b - Interessante indicazioni sul costume di tingersi le unghie presso i Celti insulari. [RITORNA]

12d - Mac Tindle «il figlio di Tindall», Noísiu, qui designato col matronimico. [RITORNA]

 

A re Conchobar

16c - «Grave misfatto»: il tradimento operato da Conchobar mac Nessa ai danni di Noísiu e dei suoi fratelli. [RITORNA]

17c - Caurnán círdub «nerissime rocce», ma letteralmente «rocce nere come scarafaggi». Si tratta di una metafora frequentemente usata nella letteratura gaelica, soprattutto per indicare il colore nero delle ciglia o dei capelli. Noísiu aveva infatti i capelli neri. [RITORNA]

17d - Ba suachnid sech ilar mbán «tra folle di donne egli eccelleva». Si ritiene che il testo sia corrotto, innanzitutto perché la frase non ha molto senso (Noísiu eccelleva tra le donne?), ma anche per difetti metrici: bán (forma regolare del genitivo plurale di bén «donna») non fa rima con gel. Per questa ragione i filologi hanno proposto di espuntare il termine e correggere con fer «di uomini». (Cataldi 1982, Giusti 1991) [RITORNA]

18a - «Due guance arrossate»: per gli antichi Irlandesi le guanciotte rubizze erano segno di bellezza. [RITORNA]

22 - Derdriu si riferisce qui a Fergus mac Róich, che si era reso garante presso i figli di Uisliu che sarebbero potuti tornare in Ériu senza subire alcuna ritorsione da parte di Conchobar. In realtà, giocando su alcuni geissa che Fergus era impossibilitato a violare, Conchobar aveva tradito la parola data e aveva fatto uccidere Noísiu ed i suoi fratelli. Per questa ragione, Fergus aveva poi lasciato la corte dell'Ulaid e si era esiliato nel Connacht. Sembra infatti che l'intero racconto L'Esilio dei figli di Uisliu debba giustificare la presenza dell'ulate Fergus mac Róich tra le schiere del Connacht, durante la guerra che gli eserciti alleati di Ériu mossero contro la provincia dell'Ulaid, nel corso della Grande Razzia del Bestiame di Cúailnge. [RITORNA]
 

Bibliografia

  • CATALDI Melita: Antica lirica irlandese. Torino, Einaudi 1981.

  • GIUSTI Giovanni: Antiche liriche irlandesi. Roma, Salerno 1991.

[BIBLIOGRAFIA CELTICA COMPLETA]

Sezione Antologia - Šāhrazād.
Area Celtica - Óengus Óc.

Creazione pagina: 07.01.2005
Ultima modifica:
17.01.2006

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