LETTERATURA
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Stirpe e discendenza di Phórkys
e Ketṓ
Phórkys fa la sua comparsa nella
Theogonía di Hēsíodos, tra i figli di
Póntos e Gê. Hēsíodos
offre un breve ritratto di Nēreús, ma si
limita a citare i suoi fratelli senza fornire di loro alcuna descrizione:
...Aûtis d’ aû Thaúmanta mégan kaì agḗnora Phórkyn
[...] kaì Kētṑ kallipárējon
Eurybíēn t’ adámantos enì phresì thymòn échousan. |
...E poi Thaûmas
grande e il vigoroso Phórkys,
[...], e
Ketṓ dalle belle guance,
ed Eúrybia che tiene nel petto un cuore d'adamante. |
Hēsíodos:
Theogonía [237-239] |
La
Theogonía si dilunga soprattutto a
descrivere la discendenza di Phórkys e
Ketṓ, che è costituita da due serie di
mostruose sorelle: le
Graîai [270], le
Gorgónes [274].
A queste si aggiunge
Échidna [297], seppure con un
margine di dubbio riguardo alla paternità, perché il testo mantiene un'ambiguità
che potrebbe far pensare che quest'ultima sia piuttosto figlia di
Chrisáōr e
Kalliróē). Quale ultimo figlio, il serpente
che custodisce i pomi delle Hesperídes (Ládōn)
[334].
Nella sua Bibliothḗkē, Apollódōros
si limita a riferire, in breve, la stessa genealogia riportata da Hēsíodos.
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Da Póntos e
Gê nacquero Phórkys, Thaûmas,
Nēreús, Eúrybia e
Ketṓ. [...]. Da Phórkys e
Ketṓ nacquero le
Phorkídes e le Gorgónes . |
Apollódōros: Bibliothḗkē
[I: 2] |
Le Phorkídēs che sono ovviamente le
Graîai, qui definite con il patronimico (la
loro ascendenza verrà ribadita in [II: 4]). Si noti
che la discendenza di Phórkys e
Ketṓ, in Apollódōros, non
comprende né Échidna (che in questo testo è detta figlia
di Tártaros e Gê), né
il serpente
Ládōn (che è detto figlio di
Échidna e Typhôn).
Píndaros, nella dodicesima ode pitica, trattando della vittoria sulle
Gorgónes, scrive che
Perseús...
...ḗtoi tó te thespésion Phórkoi'
amaýrōsen génos. |
...abbuiò quella razza sovrumana di Fórkys. |
Píndaros:
Pythiónikoi
[XII: 14] |
Anche Ovidius definisce le
Gorgónes e le
Phorkídēs figlie di Phórkys
(Metamorphoseon
[IV: 743 | IV: 745 | V 230]).
Hyginus, nelle sue Fabulæ,
segnala Phórkys e
Ketō come genitori delle
Phorkídēs, ma curiosamente attribuisce alla
sola
Ketṓ la nascita delle
Gorgónes:
Ex Phorco et Ceto; Phorcides, Pemphredo Enyo Persis
(pro hac ultima Dino alii ponunt). ex Gorgone et Ceto Sthenno Euryale Medusa. |
Da Phórkys e
Ketṓ: le
Phorkídēs, cioè
Pemphrēdṓ, Enyṓ
e Pérsis (quest'ultima da altri è chiamata
Deinṓ). Da
Ketṓ nacquero le
Gorgónes:
Sthenṓ,
Euryálē e Médousa. |
Hyginus: Fabulæ
[Prologo: 9] |
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Altre figlie di Phórkys
A Phórkys vengono attribuite almeno altre due figlie non presenti nelle fonti
«canoniche». La notizia più antica proviene dalla stessa
Odýsseia, dove si dice che il kýklōps
Polýphēmos fosse figlio della ninfa Thóōsa,
a sua volta figlia di Phórkys [I: 71]. La
madre della ninfa non viene citata, ma Hómēros sembra ignorare del tutto il
personaggio di
Ketō.
Nell'epitome alla Bibliothḗkē, trattando dei viaggi di Odysseús, Apollódōros
aggiunge un'altra notizia:
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Su uno di questi [scogli] stava
Skýlla, figlia di Krataiḯs e di
Tríenos, o di Phórkys; essa aveva volto e
busto di donna, ma dai fianchi sbucavano sei teste e dodici zampe di cane. |
Apollódōros: Theogonía [Ep.: 7] |
Per la complessa genealogia di Skýlla rimandiamo
alla voce inerente. Le fonti concordano perlopiù sul fatto che la madre fosse
Krataiḯs; riguardo alla paternità, lo stesso Apollódōros
è incerto se attribuirla a Tríenos o Phórkys,
tantopiù che nulla sappiamo sul primo dei due (a meno che non sia un errore per
Trítōn, Typhôn o
Tyrrēnós, tre «padri» di
Skýlla in diverse tradizioni).
Anche Apollonio Rodio afferma che Skýlla sia figlia
di Phórkys e Krataiḯs (qui identificata con
Hekátē):
...Skýllēs Ausoníēs aloóphronos, hḕ téke Phórkōj,
nyktipólos Hekátē, tḗn te kleíousi Krátaiin. |
...la terribile Skýlla
ausonia, figlia di Phórkys,
e della notturna Hekátē, che chiamano anche
Krataiḯs. |
Apollṓnios Rhódios: Tá Argonautiká [IV: 828-829] |
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Phórkys, divinità marina
Poche altre notizie sono disponibili su
Phórkys, ma i tratti ne fanno un'antica divinità marina. Hómēros lo
chiama «vecchio del mare» [halíoio gérontos], come anche
Nēreús, e afferma avesse un porto sacro
nell'isola di Ithákē: una baia che un doppio promontorio proteggeva dai venti e
delle onde, tale che le navi potevano essere deposte senza ormeggio; davanti
alla baia c'era un grande ulivo e, nei pressi, un antro sacro alle
Naïádes [XIII: 96-112].
È proprio in questa baia, tra l'altro, che Odysseús
sbarca al suo arrivo nella patria isola [XIII: 345-350].
Sappiamo che i marinai tributassero sacrifici a
Phórkys per assicurarsi un buon viaggio e un sicuro ritorno a casa. Lo
attesta l'interessante preghiera che
Apollṓnios Rhódios mette in bocca a Iásōn,
nel corso della sua spedizione a bordo dell'Árgos.
Dopo aver sgozzato una pecora, ritto sulla poppa, e prima di gettarla in mare,
l'eroe leva una preghiera a una sconosciuta divinità marina, proponendo, tra le sue varie identificazioni, anche quella di
Phórkys.
Daîmon, hó tis límnēs epì peírasi têsde phaánthēs,
eí te sý ge Trítōn, hálion téras, eí té se Phórkyn,
hḕ Nērēa thýgatres epikleíous' halosýdnai,
hílathi kaì nóstoio télos thymēdès ópaze. |
Dio, chiunque tu sia, che ci sei apparso sulle rive dal
lago;
ti chiamino col nome di Trítōn (prodigio marino) o
di Phórkys,
o di Nēreús le figlie dell'acqua, sii propizio
e dacci il ritorno che il nostro cuore desidera. |
Apollṓnios Rhódios: Tá Argonautiká [IV: 1597-1600] |
Pausania, nella sua
Periḗgēsis, afferma che, dopo la morte di
Phórkys, sua figlia Médousa abbia regnato
sulle terre intorno al lago Tritōnís, in Libýē. Si tratta tuttavia di una
notizia evemerizzata, il cui dato mitologico è stato volutamente omesso in
favore di un presunto realismo storico (Periḗgēsis [II: 21]).
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