1 — Il
Lönnrot si avvalse di una versione registrata dalla voce di Arhippa Perttunen a
Latvajärvi nel 1834. Il luogo si presenta in versioni piuttosto simili tra loro
in un'area molto più vasta della sola Viena, dal Savo alla Carelia
Settentrionale all'Ingria, fino alle regioni occidentali e insulari dell'Estonia
dove, secondo il Kaarle Krohn, nacque e si sviluppò il nucleo originale.

2 —
Nelle altre varianti le corna dondolano nel Tornio, il toro si aggira a
Hämälässä, più genericamente in Finlandia o, con un tono di esotismo, viene
portato direttamente dalla Turchia.

3 — Nel
Runo Cinquantesimo, Virokannas si rifiuta di battezzare il figlio di Marjatta,
il messia destinato a porre fine all'età eroica.

4 —
L'immagine è presente anche nel «Runo del grande maiale» [ison sian runo],
versione certamente più recente limitata alle regioni dell'Ingria e dell'istmo
di Carelia, probabilmente frutto di interferenza tra kalppi, sinonimo di
«bue», e lo svedese galt «maiale».

5 — Il
parallelismo tra Turja, misteriosa terra settentrionale, e l'inferno è un
accostamento retorico tipico della topologia mitica. In alcune varianti estoni,
il mattatore viene portato dalla Turchia (vedi nota 2) o dal Tatarstān.

6 — La
descrizione delle dimensioni compare anche nelle varianti del runo in
oggetto: «alto tre dita, lungo quattro pollici» [kolmen sormen korkuinen,
neljän peukalon pituinen] (SKVR [VI: 1 47]).

7 —
Sull'isola di Mantsinsaari, presso la costa orientale del lago Ladoga,
sopravvisse fino agli ultimi anni dell'Ottocento un rituale del tutto simile ad
altri diffusi presso i popoli ugro-finnici: il giorno di Sant'Elia (1° agosto),
se domenica, o la prima domenica del mese, il «toro del Santo» [Illjanhäkki]
era portato nel bosco sacro [uhrilehti] ed abbattuto. Le carni cucinate
venivano consumate all'interno di una spoglia tsasouna o «camera di
preghiera» allestita con una croce di Sant'Andrea. La bestia prescelta era
offerta a Sant'Elia [Pühä Ilja] e lo scopo del rito era di garantire
l'integrità del bestiame.

8 — Da
päivä «sole», con suffisso adessivo -la; -lä per armonia
vocalica.

9 — Nel
ciclo della «visita a Päivölä» [Päivölän retki] la descrizione del toro,
analoga a quella del presente runo, compare nell'episodio della «sfida
magica» tra Lemminkäinen e il signore di Päivölä. Costui evoca un lago al centro
della sala e l'eroe suscita un grande toro per prosciugarlo. Nella compilazione
del Lönnrot, il brano è parte del Runo Ventisettesimo.

10 —
Conservato al Museo Nazionale Danese di Copenhagen, e datato alla fine del II
secolo a.C., costituisce una delle testimonianze più rilevanti dell'arte e della
religione dei Celti.

11 —
Nell'epopea di Gilgameš, Ištar desidera l'eroe come suo sposo, ma questi si
rifiuta temendo la malasorte che toccò ai passati amanti della dea. Adirata,
Ištar chiede al padre Anu, divinità del firmamento, di lasciare la pastoia del
Toro Celeste affinché scorrazzi per Uruk. Anu dichiara che vi saranno sette anni
di carestia, ma la figlia ribatte che ha già raccolto grano per gli uomini e
fieno per le bestie. Gilgameš e il compagno Enkidu affrontano e sconfiggono
l'animale. Come nel mito balto-finnico, il frutto del sacrificio sono sei barili
di grasso: gli artigiani ammirano lo spessore delle corna, capienti sei gur
(misura pari a circa 300 litri) di olio, che l'eroe offre al culto del padre
Lugalbanda.

12 —
Tra le interpretazioni sull'origine del nome vi è anche quella di πλέω «navigo»
(secondo Esiodo, le Pleiadi sono origine di tempeste quando, inseguite da
Orione, si gettano nel mare), che riporta alla figura delle sette barche colme
di sangue.

13 —
Variante raccolta dall'Europaeus nel 1853 presso Narvusi (russo Kuzemkino,
Ingria Occidentale) (SKVR: [III: 3 219]).

14 —
Vi sono due versioni distinte: nella prima, connessa con il canto di Antero
Vipunen, l'eroe cerca le formule per fabbricare la barca, nell'altra egli deve
procurarsi un trapano per riparare la slitta. Basandosi sulle varianti cantate
da Arhippa Perttunen, il Lönnrot collocò quest'ultima nel Runo Venticinquesimo,
ove al termine del banchetto Väinämöinen si allontana da Pohjola e un pattino
del traino urta contro una roccia. Secondo Kaarle Krohn, la prima versione
sarebbe una fioritura della prima sotto l'influenza del tema di Antero Vipunen.

15 —
Nel Runo Secondo, quando la terra era ancora saari sanaton, mantere puuton,
letteralmente un'«isola senza nome, un continente senza alberi», Väinämöinen lo
incarica di seminare la vegetazione per le valli e sopra i monti. Figura legata
alla coltivazione ed alla fertilità, il nome è stato associato al Sansone
biblico la cui figura fu mutuata dal sincretismo balto-finnico attraverso
l'iconografia ortodossa. L'appellativo Pellervoinen deriva da pelto
«campo».

16 —
La presenza di questa essenza arborea nel canto della cerca del legno [Venepuun
etsintä] rivela la provenienza meridionale, particolarmente ingrico-estone,
del nucleo originale. Solitamente è Väinämöinen a cercare il legno mentre Sampsa
compare nelle varianti della Viena, ove il luogo funge da preambolo per il tema
del «viaggio per mare del Creatore» [Luojan laivaretki], alla base della
spedizione per il Sampo.

17 —
Sovente in ambito lirico il verbo laulaa, «cantare», assume
contestualmente il significato di «evocare», «generare», «innalzare», dando così
espressione alla solidarietà magica tra poesia e istanza del ποιέιν.
18 —
Anche Tuonelan tupa. In questo caso il sintagma precede il luogo mitico
del quale è composto e non viceversa. In origine l'espressione indicava la
singola tomba che, presso molti popoli ugro-finnici, aveva le sembianze di una
vera e propria abitazione, per poi allargare il proprio significato a luoghi
sepolcrali e infine all'immagine del regno dei morti.

19 —
Nell'interpretazione come maan alla, «sotto terra», e dietro a un (corso)
d'acqua il luogo restituisce l'immagine della topologia infernale.

20 —
Samuli Paulaharju riporta la credenza, diffusa nella Viena, secondo la quale,
quando l'orecchio avverte come il fischio d'un campanello, è un congiunto che,
dalle viscere di Tuonela, chiede una barca per traversare il fiume. A quel punto
bisogna recarsi davanti all'icona e pronunciare «Buon Dio, offri un passaggio
oltre il fiume di Tuonela a chi lo invoca!» [Peässä, Jumala, huhuajoa
Tuonelan joesta poikki!].

21 —
Riferimento all'usanza di vestire la salma con il «cappello di Tuoni» [Tuonin
hattu], sorta di cappuccio coperto sul collo lungo fino alle spalle, e i
«guanti di Mana» [Manan kintahat].

22 —
Il Lönnrot ha inserito strofe della variante che contempla la slitta, qui
menzionata in chiave di metafora dell'intera scienza sacra: «si ruppe la slitta
dei poemi, si spezzò il pattino delle formule» [rikkoihe reki runoilta, jalas
taittui lausehilta].

23 —
Da Tuoni, qui personificazione infera, con suffisso femminile -tar.
24 —
Nella versione scelta dal Lönnrot si parla solo di un taljavuode, letto
di pelo, mentre altrove troviamo un giaciglio di bisce e serpenti.

25 —
Ongelma, letteralmente «problema», contestualmente in ambito lirico in
riferimento alla sapienza misterica. Il significato originale di «sinuosità» [di
alberi o arbusti] rimanda alle contorte formae mentis del simbolo
iniziatico.

26 —
L'immagine dell'inferno come luogo di punizione è dovuta all'influsso del
pensiero cristiano. Propria del paganesimo è altresì la concezione dell'aldilà
come mondo speculare a quello dei vivi, ove il sole splende quando da noi è
notte e i defunti svolgono le medesime attività di prima. Sia nelle lingue
uraliche che in quelle altaiche l'inferno è letteralmente l'altro mondo, l'udmurto
tịsdor jugịd, lo jakuto atgu doïdu.

27 —
Secondo il Ganander, nel XVIII secolo l'espressione käydä Tuonelassa,
«andare a Tuonela», era ancora usata in riferimento allo stato di rapimento
estatico dello sciamano.

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Tamburi sciamanici |
28 — I
disegni sul tamburo dello sciamano lappone sono esempi di tali «mappe
cognitive». Vediamo rappresentate le tre «porzioni del cosmo», celeste,
terrestre ed infero, popolate di animali e figure legate alle gerarchie divine,
sociali e totemiche del clan, separate da due palizzate inaccessibili al centro
delle quali vi è un'apertura destinata esclusivamente al medium di provate
capacità. In corrispondenza di tale orifizio la linea di demarcazione può
presentarsi piegata verso il basso come nelle trappole a gabbia o a nassa per
catturare piccoli animali, suggerendo così una direzione «per caduta» che
renderebbe altrettanto difficile ascendere al cielo come pure ritornare dal
regno dei morti.

29 —
Sistema di pesca molto diffuso presso tali popoli.

30 —
Nello sciamanesimo lappone l'anima ritorna nella forma di un pesce, salmone,
luccio o trota, ma sul diagramma del tamburo ricorre il serpente [il
saivo-gärmui o serpe degli inferi presso i lapponi di Svezia] che adorna i
paramenti cerimoniali dello sciamano altaico.

31 —
Carme il cui tema è strettamente legato a quello della discesa nelle viscere di
Vipunen per recuperare le tre parole magiche e completare la costruzione della
barca, benché secondo Domenico Comparetti si sarebbe trattato di un accostamento
posteriore allo sviluppo originario dei rispettivi runot.

32 —
La scelta non era scontata dal momento che la discesa agli inferi (o dentro alle
viscere di Vipunen) e la nascita del kantele si trovavano non di rado
combinati nello stesso canto, ad esempio Vipunen,
Laivaretki ja kantele, raccolto dall'Europaeus a Ilomantsi
(SKVR [VII: 1 356]).

33 —
Lönnrot scelse il luccio coerentemente con la variante del canto nella quale la
barca di Väinämöinen si arena sul dorso di un pesce. In un'altra versione,
anch'essa originaria della Viena, l'eroe naufraga su uno scoglio dove trova
lische di salmone, una testa di luccio, frammenti di una costola di balena e
ossa di anatra con le quali fabbrica il kantele.

34 —
Ve'en koira, allegoria descrittiva di ambito lirico già menzionata dal
Ganander.

35 —
Il nucleo originale è costituito da tre atti, raramente cantati in successione.
Nel primo Sadko suona laconico il suo strumento sulle rive del lago Il'men. Il
re delle acque rimane incantato e per gratitudine gli suggerisce di scommettere
con i mercanti di Novgorod che nel lago vive il pesce dalle pinne d'oro. Nel
secondo atto, Sadko, ormai diventato ricco, scommette ancora che riuscirà ad
acquistare tutte le proprietà dei mercanti. Questi portano altri beni da Mosca e
Sadko deve ammettere la sconfitta. Nel terzo atto Sadko, dimenticatosi di
ringraziare degnamente lo Car' Morskoj, il re delle acque, viene bloccato
in mare con la sua flotta. Non ottenendo risultato in altro modo decide di
offrire sé stesso agli abissi, si tuffa e suona il gusli in fondo al
mare. Il re si mette a danzare dando luogo ad una terribile tempesta che fa
naufragare altre navi. I marinai pregano San Nicola il quale fa spezzare le
corde dello strumento e diffida Sadko dal ricevere le ricchezze del mare,
consigliandogli di sposare una delle figlie dello Car' Morskoj.

36 — A
tale periodo storico si è fatto risalire più in generale il tema eroico della
spedizione per mare.

37 —
«Il dente di luccio tintinnava, la coda del pesce incalzava, ululavano le setole
del cavallo, echeggiavano i crini del corsiero» [Helähteli hauin hammas,
kalan pursto purkaeli, ulvosi upehen jouhet, jouhet ratsun raikkahuivat]. Il
richiamo al contenuto allegorico dello strumento nelle sue componenti è un
espediente retorico diffuso e consolidato. Nell'epilogo del
Kalevala,
l'arca sacra dei versi è la metafora della bocca del cantore, che custodisce
nella memoria la saggezza del runo eterno: «Metto i versi in cima al
tabernacolo, dietro alle serrature d'osso, affinché mai più escano di lì, si
liberino nei secoli dei secoli, se nessuno sposterà le ossa, allargherà le
mascelle, spalancherà tutti i denti, muoverà svelto la lingua»
(Kalevala
[L: 541-548]).

38 —
Nella versione dei Grimm (Der singende Knochen [ATU 780]), il Re manda nel bosco
due fratelli, l'uno superbo e l'altro di buon cuore, per dare la caccia ad un
cinghiale. Sicuro del suo successo il primo prende tempo gozzovigliando, mentre
il più valente dei due riesce a catturare la preda. Colto da invidia l'uomo
uccide il proprio fratello e nasconde il corpo sotto un ponte. Anni dopo un
pastore trova un osso e vi costruisce un corno. Dallo strumento si diffonde un
motivo che rivela al Re il tragico svolgimento dei fatti. Questi ordina di
annegare il fratricida e seppellisce degnamente il corpo dello sventurato.

39 —
Anche kandle (cfr. lituano kanklės). Sull'origine baltica o finnica del nome non vi è
un'opinione condivisa. Lo strumento si presenta in versioni molto simili tra
loro in un'area molto ampia del Baltico orientale fino alle regioni dei finnici
del Volga (mari kislja).
40 —
Nelle varianti dell'Ingria e dell'istmo di Carelia è Väinämöinen stesso ad
essere cieco.

41 —
Ilo, metonimia d'ambito lirico per lo strumento (ilo ikuinen, letteralmente
«gioia eterna») e il prodotto di questo, la melodia della musica.

42 — Comune a tutte le varianti, il ricorso alla sineddoche descrittiva per le
bestie di terra, «non c'era invero nel bosco creatura a quattro zampe, dalle gambette saltellanti, che non fosse giunta ad ascoltare, a godere di quella
melodia» [ei ollut sitä metsässä
jalan neljän juoksevata,
koivin koikkelehtavata,
ku ei tullut kuulemahan,
iloa imehtimähän]
(Kalevala
[XLI, 32-36]), di cielo e d'acqua,
«fluttuante tra due ali, che si muove tra sei pinne» [kahden siiven huiskavata […], kuuen
evän kulkevata] (SKVR [IX: 2 30]).

43 —
Altrove i «paramenti cosmici», le calze azzurre e i lacci rossi sono attribuiti
a ve'en emäntä, la «signora delle acque».

44 — Il
runo Kyynelten vierintä, il cui tema centrale è presente in alcune
dainas
lituane, si è propagato fino alla Viena a partire da un nucleo originario
proprio dell'Estonia, del quale la versione ingrica selezionata dal Lönnrot
conserva alcuni tratti, ad esempio lo scivolare delle lacrime dagli occhi al
petto, dalle ginocchia ai piedi fino a terra.
