Nestor Letopisec |
SE
POVĚSTI
VREMJANĬNICHŬ
LĚTŬ |
LA CRONACA DEGLI ANNI
PASSATI |
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La Cronaca degli anni passati
Il Se pověsti
vremjanĭnychŭ lětŭ
[russo moderno Povest' vremjannych let]
è una compilazione annalistica della storia
della Rus' kievana. Opera di importanza
capitale non solo per la nostra conoscenza
della storia remota russa, ma anche
splendido incipit per la letteratura
slava in generale, la «cronaca nestoriana»
tratta la storia russa dalle origini al 1116
(nella sua seconda redazione). Prende
l'avvio dal Diluvio e dalla divisione del
genere umano; con la moltiplicazione delle
lingue, sotto la torre di Babele, si
originano le genti slave, finalmente
collocate nella scenografia biblica del
genere umano. La cronaca tratta quindi
dell'arrivo dei Variaghi, che sottomettono
le tribù slave e impongono le leggi, della
fondazione di Kiev e delle imprese dei più
antichi gran principi: un materiale
essenzialmente storico, in cui sono
incastonate molte tradizioni mitologiche,
come si evince dal confronto con racconti
analoghi di altri paesi slavi. Il
Se pověsti
contiene inoltre, altre al testo dei
trattati conclusi dai principi pagani con
Bisanzio, il celebre passo, chiamato «Canone
di Volodimirŭ», nel quale sono riportati i
nomi di sei divinità antico-russe i cui
idoli erano stati innalzati sulla collina di
Kiev.
La narrazione culmina quindi con l'adozione
del cristianesimo (nell'anno 980) da parte
del gran principe Volodimirŭ, attraverso cui
la Rus' entra a far parte di un progetto
universale di salvezza. Il tema
dell'introduzione della religione cristiana
in Russia, è dominante, anzi, è il motore
interno di tutta la narrazione. Attingendo
tanto alle saghe scandinave quanto alla
storiografia bizantina, il racconto prosegue
narrando quindi le gesta dei successivi gran
principi, le loro lotte intestine e quelle
contro i nomadi della steppa; narra storie
di santi, di eroi, di fondazioni, disegnando
un affresco corale di grande limpidezza e
suggestione, che Alda Giambelluca Kossova ha
definito, giustamente, «narrazione
agiografica del popolo russo».
(Kossova 2005)
Non per nulla, il completo titolo-incipit dell'opera
è: Se pověsti vremjanĭnychŭ lětŭ, otkudu,
estĭ pošla ruskaja zemlja, kto vŭ Kievě nača
parvěe knjažiti, i oktendu ruskaja zemlja
stala estĭ «Questa la cronaca degli anni
passati, di dove è derivata la terra russa,
chi a Kiev cominciò dapprima a regnare e di
dove la terra russa è sorta».
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Formazione del testo
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La grande chiesa el Monastero delle Grotte di Kiev
(1905) |
Dipinto di Vasilij Vasil'evič Vereščagin (1842-1904) |
«Cronaca nestoriana» è il titolo con cui
l'opera fu conosciuta a partire dal primo
Ottocento, dal nome del principale dei suoi
compilatori, il monaco Nestor
(±1056-±1114), detto Letopisec,
l'«Annalista», del Monastero delle Grotte di
Kiev [Kievo-Pečerskaja Lavra]. In
realtà il
Se pověsti
vremjanĭnychŭ lětŭ
è un'opera composita, un corpus di
successive compilazioni che vennero aggiunte
e integrate nel corso di molti anni. Le
analisi filologiche hanno mostrato una
progressiva crescita del testo a partire da
un nucleo originale fino alle redazioni
finali.
Nel suo minuziosissimo studio sul testo,
Aleskej Aleksandrovič Šachmatov, forse il
massimo esponente della scuola filologica
prerivoluzionaria, ha delineato lo sviluppo
del testo in sei fasi, fornendo un quadro
convincente del contenuto di ciascuna. Pur
senza esaurire i troppi quesiti sollevati da
questo indiscusso monumento della
letteratura antico-russa, l'analisi di
Šachmatov è ancora considerata
indispensabile da ogni filologo che si
accinga a studiare il
Se pověsti.
L'originario nucleo della cronaca è
costituito, stando alla terminologia di
Šachmatov, dal «più antico corpus
kievano» [drevnejšij kievskij svod],
collocato entro l'anno 1039. In concomitanza
con l'insediamento del metropolita Feopempt
[Theopemptus] a Kiev, vennero fissati
per la prima volta sulla pergamena le più
antiche memorie delle genti slave. Seguendo
una tradizione prettamente bizantina, con la
quale si celebravano avvenimenti di
particolare rilevanza – come l'istituzione
di una cattedra vescovile o metropolitana –
principiando una trattazione annalistica da
inaugurare con il racconto dell'evento
stesso, i collaboratori di Feopempt,
raccolsero i primi materiali e misero per
iscritto quanto era stato tramandato da
padre in figlio sulla protostoria russa e,
soprattutto, sulle fasi della penetrazione
cristiana nei paesi slavi. Questo primo
corpus si arrestava all'anno 1037, e
terminava con un lungo elogio al gran
principe Jaroslav Vladimirovič I Mudryj, (♔
1019-1054), il «saggio», grande appassionato
di storia e cultura.
(Kossova 2005)
Nel 1051, i monaci san Feodosij e il beato
Antonij fondano, sul monte Berestov, non
lontano da Kiev, il famoso Monastero delle
Grotte. È presumibile che il «più antico
corpus kievano» venisse portato nel
nuovo cenobio. Negli anni tra il 1073 e il
1075, è infatti Nikon Velikij († 1088), il
«grande», una delle massime personalità del
monachesimo russo dell'XI secolo, a
continuare l'opera, forse su ispirazione del
metropolita Ilarion di Kiev, successore di
Feopempt, il quale, in un sermone, aveva
trattato della necessità di tenere viva la
documentazione sulla storia del
cristianesimo russo. Stretto collaboratore
di Antonij e di Feodosij alla guida del
Monastero, Nikon introdusse nell'opera la
notazione annalistica, esponendo gli
avvenimenti secondo un ordine cronologico,
addirittura segnalando accuratamente mese e
giorno nel caso di avvenimenti a cui lui
stesso aveva assistito. Di fiero
temperamento, Nikon acuì la polemica
antigreca –
comune allo stesso Ilarion – e grazie
anche a lui, il Monastero delle Grotte andò
consolidando una politica di autonomia
ecclesiastica e d'indipendenza dal potere
laico. Il contributo di Nikon al nascente
Se pověsti
è da considerarsi la seconda fase nella
formazione del testo.
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Nestor l'annalista (1919) |
Dipinto di Viktor M. Vasnecov (1848-1926) |
MUSEO: [Vasnecov]► |
La terza fase si situa tra il 1093 e il
1095, quando, per incarico del gran principe
Svjatopolk II Izjaslavič (♔
1093-1113), nuovo materiale affluì al
Monastero delle Grotte e fu incorporato
nella cronaca. Non conosciamo il nome del
copista che si mise all'opera, ma il suo
lavoro è caratterizzato da aspre critiche ai
principi coevi, giudicati avidi ed egoisti,
in contrasto con i lunghi elogi riservati ai
sovrani del passato, difensori della terra
russa e custodi del benessere del popolo.
Questa terza continuazione, chiusa nell'anno
1093, coincide con la funesta devastazione
della Rus' da parte dell'esercito
polovesiano.
La disponibilità di nuovo materiale richiese
in seguito un nuovo intervento riordinatore
e, nel 1113, si accinse all'opera il monaco
Nestor (1056-1114). Autore di agiografie,
tra cui una Čtenie
o žitii i o pogublenii Borisa i Gleba
«Racconto della vita e del martirio di
Borisŭ e Glebŭ» e la
Žitie Feodosija Pečerskogo «Vita di
Feodosij del Monastero delle Grotte»,
Nestor rielaborò l'intera esposizione
annalistica, la completò e la corresse in
vari punti (anche alla luce delle concezioni
difese dal suo monastero) e vi premise
un'introduzione generale. A questa sua opera
Nestor diede finalmente il titolo con cui è
ancor oggi conosciuta,
Se pověsti vremjanĭnychŭ lětŭ, e
vi aggiunse la notazione «di Nestor, monaco
del cenobio feodosiano delle Grotte». Questa
quarta fase evolutiva, venne definita da
Šachmatov «prima redazione». Essa ci è
pervenuta tuttavia attraverso due redazioni
successive, succedutesi a breve distanza
l'una dall'altra.
Nel 1116, in seguito a un contrasto sorto
col Monastero delle Grotte, il gran principe
Vladimir II Monomach (♔
1113-1125) fece trasferire i
manoscritti del Se
pověsti al monastero di San
Michele di Vydobič, presso Kiev, e affidò
all'igumeno Sil'vestr (1055-1123) il compito
di revisionare l'opera, con particolare
attenzione all'esposizione degli avvenimenti
dei due ultimi decenni. Questi avevano
infatti visto Vladimir opporsi al cugino
Svjatopolk, nel tentativo di evitare la
frantumazione e dissoluzione dello stato
russo, e il gran principe temeva che la
cronaca distorcesse gli accadimenti a suo
danno. Con sua sorpresa, tuttavia, la
registrazione di Nestor era stata sincera e
imparziale. Sil'vestr si limitò così a
esemplare il testo, con interventi davvero
circoscritti, che si limitarono
all'espunzione di qualche nome, tra cui
quello di Nestor (il quale compare tuttavia
nella Chlebnikovskaja letopis', un
codice del XVI secolo esemplato su una copia
che tramandava il testo nestoriano nella
versione antecedente alla sottrazione al
Monastero delle Grotte). Il suo intervento
costituisce la «seconda redazione», che è la
più antica che possediamo.
Nel 1118, il Se
pověsti ritornò nel luogo
d'origine, il Monastero delle Grotte, dove,
per iniziativa del principe Mstislav, figlio
di Vladimir Monomach, fu operata una nuova
revisione del lavoro, a opera del padre
spirituale del principe, di cui non
conosciamo il nome. È la «terza redazione»,
che tuttavia non differisce dalla seconda
che per poche insignificanti aggiunte. Tra
l'altro fu ripristinata l'originaria
attribuzione della cronaca, pur senza fare
il nome di Nestor: «un monaco del cenobio
feodosiano delle Grotte».
La storia interna del Se pověsti vremjanĭnychŭ lětŭ
non riassume però tutte le peripezie del
componimento che, oltre a racchiudere in sé una serie di più corpora,
venne in seguito inserito a sua volte in altre compilazioni cronografiche. I più
antichi codici noti in cui figura il Se pověsti
sono il «Laurenziano» [Lavrent'evskij]
e l'«Ipaziano» [Ipat'evskij]. In ambedue, il Se
pověsti rappresenta solo il principio della narrazione, esteso poi,
nei due manoscritti, alla storia locale, rispettivamente, del nord e del sud
della Rus'. Il testo Laurenziano, contenente la «seconda redazione» di
Sil'vestr, fornisce il più sicuro modello per le edizioni critiche del
Se pověsti, mentre a quello Ipaziano si ricorre per le varianti della
«terza redazione».
Per produrre l'edizione critica del Se pověsti,
pubblicata a San Pietroburgo nel 1916. Šachmatov si giovò di questi due codici e
degli esiti della collazione di altri sedici manoscritti. Sulla scorta del
confronto critico egli adoperò il Codice Laurenziano come testo diplomatico.
(Kossova 2005)
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Codice Laurenziano
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Pagina del Codice Laurenziano |
Il Codice Laurenziano [Lavrent'evskaja letopis'] fu redatto per ordine
del principe Dmitrij Konstantinovič, e con la benedizione del vescovo Dionisij
di Suzdal', nel 1377. Due copisti si alternarono al lavoro, con un limitato
intervento di un terzo. Conosciamo il nome del secondo copista che, in una nota,
chiama sé stesso Lavrentij, e indica che il lavoro iniziò il 14 gennaio e
terminò il 20 marzo 6885 (anno 1377). Il codice si compone di 173 fogli, di cui
dodici andati perduti. Le lacune interessano gli eventi degli anni 898-921,
1263-1283 e 1292-1293, anche se possiamo ricomporle grazie al contributo di
altri codici.
Il Laurenziano include la versione più antica a noi pervenuta del
Se pověsti, nella sua seconda redazione, che
termina nell'anno 1110 con un post scriptum di Sil'vestr). A questo si
aggiungono due altre continuazioni: la
Letopis' preimuščestvenno
južnorusskimi izbestijami «Cronaca dei fatti principali
della Russia meridionale», che comprende il periodo
1110-1161, e il
Letopis' preimuščestvenno
ob izbestijach Vladimiro-Suzdal'skoj Rusi, gli «Annali
dei fatti predominanti della Vladimir-Suzdal' Rus'»,
che riguarda la nordica Suzdal'skaja Rus'
e copre gli anni tra il 1164 e il 1304.
Sono inclusi nel
manoscritto anche due poemi: il
Povest' o našestvii
Batyja «Storia
dell'invasione di Batū Qān»
e, all'anno 1263, la Žitija Aleksandra Nevskogo
«Vita di
Aleksandr Nevskij».Il codice contiene inoltre il testo dei
Poučenija
Vladimira Monomacha, gli «Insegnamenti di Vladimir
Monomach ai figli», e un'epistola dello stesso Vladimir a Oleg Svjatoslavič,
assenti negli altri manoscritti.
Il codice è rimasto nella biblioteca del Convento della Natività, a Vladimir,
finché, nel 1792, è stato acquistato dal conte Aleksej Ivanovič Musin-Puškin (lo
stesso appassionato antiquario a cui si deve la scoperta dello
Slovo o
pŭlku Igorevě) e presentato più tardi allo zar Aleksandr I
Pavlovič Romanov. Questi lo ha donato alla Biblioteca Nazionale Russa [Rossijskaja
Nacional'naja Biblioteca] di San Pietroburgo, dove si trova ancora oggi. |
Codice Ipaziano
Compilato intorno al 1425, il Codice Ipaziano [Ipat'evskaja letopis']
è composto di 307 fogli e, secondo quanto stabilito da Šachmatov, fu redatto da
cinque copisti, probabilmente nella città di Pskov.
Preceduto da un testo elencativo dei principi di Kiev da
Askolĭdŭ e Dirŭ fino
all'invasione di
Batū Qān, il
codice incorpora innanzitutto la terza redazione del
Se pověsti, ed è poi seguito da altre due
cronache, conservate soltanto in questo manoscritto: la
Kievskaja Letopic' «Cronaca di Kiev» (✍ XII sec.), che tratta gli
eventi dal 1118, con particolare attenzioni al periodo 1146-1152, e la
Galicko-Vol'ynskaja Letopic' «Cronaca di
Galizia-Volinia» (✍ XIII sec.), che termina nel 1292. I dettagli della campagna di
Igorĭ Svjatoslavičŭ contro i Polovesiani, avvenuta
nel 1185, sono considerati una narrazione a parte.
Trascritto in un antico russo ricco di forme slavo-orientali, il codice
Ipaziano volge dunque, perlopiù, la storia locale del meridione russo, e
termina, come detto, con l'anno 1292. Riporta tra l'altro molti dettagli non
conservati nel Codice Laurenziano, che possono venire integrati nelle edizioni
critiche del
Se pověsti. Conservato nel Monastero di
Ipat'iev, presso Kostroma, fino al XVIII secolo, fu scoperto solo nel 1807 da
A.I. Turbenev e poi venne esaminato da Nikolaj Karamzin. Dal 1810, è anch'esso
conservato nella Biblioteca Nazionale Russa [Rossijskaja Nacional'naja
Biblioteca] di San Pietroburgo. |
Edizioni italiane
Due le edizioni integrali del
Se pověsti.
L'una, tradotta e curata da Itala Pia
Sbriziolo per i tipi Einaudi, comprende
tutto il materiale del Codice Laurenziano
più una sezione molto interessante tratta
dall'Ipaziano
(Sbriziolo 1971).
La seconda edizione, edita a nome di Nestore
l'Annalista per la prestigiosa collana
«Storia del Cristianesimo» della San Paolo,
è tradotta, introdotta e commentata da Alda
Giambelluca Kossova
(Kossova 2005). Entrambe le edizioni
sono assai ben curate, per quanto manchino
purtroppo dei testi originali a fronte.
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