ETIMOLOGIA Il nome del sovrano indiano, Saltyk Stavrul'evič,
nella variante compresa nella raccolta di Kirša Danilov (Drevnie rossijskie [6]:
Volch Vseslav'evič),
non sembra avere un preciso significato. Roman Jakobson lo interpreta, anche se in modo non
convincente, come «colui che [a torto] viene preso per un falco», intendendo
tale lambiccata etimologia come una metafora per «corvo». Più interessante la
notizia, riferita nella bylina, in cui il sovrano viene detto appartenere alla stirpe dei
Batyevič. Il
riferimento qui va a Batū Qān, nipote di Čïŋγïz Qān, che conquistò e distrusse
Kiev nel 1240. D'altronde Tavrul, poi confuso col popolare nome russo Stavr, era un nome comune tra i guerrieri di Batū. Tavrul era anche
il nome del primo tataro fatto prigioniero dai russi. (Saronne
~ Danil'čenko
1997).
Per quanto riguarda Saltan Beketovič, si noti innanzitutto che
Saltan è il nome del sovrano protagonista di una fiaba di matrice orientale,
raccolta dal lessicografo Vladimir Ivanovič Dal' [Dahl] (1801-1872), ispiratrice
del celeberrimo poema Skazka o care Saltane
di Aleksandr Puškin. Tale nome è probabilmente derivativo rispetto al titolo
regale islamico di sulṭān, «sultano», adoperato soprattutto dai
Mamelucchi, dai Turchi Selgiuchidi e dagli Ottomani. Non è quindi errato che,
una delle varianti di P.I. Rybnikov (Pěsni sobrannyja
[1]: O Vol'gě Buslaevičě),
utilizzi, per il personaggio, la
semplice dizione di «sultano turco» [turec-santal], dove la parola
santal è una deformazione del nome Saltan o del russo sultan
«sultano». |
LETTURA Della bylina Vol'ga Vseslav'evič
sono state tramandate undici versioni, con cinque varianti autonome. In esse,
assistiamo alla spedizione di conquista che il bogatyr'
Volch/Vol'ga
Vseslav'evič, alla testa della sua valente družina, intraprende ai
danni di un regno esotico e lontano. Grazie ai suoi poteri di metamorfosi, ne
sconfigge lo car' e ne sposa la carica. Stante l'unità di base del
racconto, le varianti ci forniscono tre diverse destinazioni, e tre diverse
coppie regali:
Il nome del sovrano varia a seconda delle versioni: è Saltyk Stavrul'evič,
car' dell'India, nella variante compresa nella raccolta di Kirša Danilov (Drevnie rossijskie [6]:
Volch Vseslav'evič);
Saltan Beketovič, car' dell'Orda d'Oro, in una versione presente nella raccolta di Rybnikov
(Pěsni sobrannyja [2]: O Vol'gě Veslav'evičě),
a sua volta assai simile a un testo presente in
quella di Hilferding (Onežskie byliny [15]: Vol'ga);
infine, non ha un nome definito, ma è chiamato semplicemente «sultano turco» [turec-santal]
in un'ulteriore versione attestata sia in P.I. Rybnikov (Pěsni sobrannyja
[1]: O Vol'gě Buslaevičě) che in Hilferding (Onežskie byliny [15]: Vol'ga).
L'incertezza nel nome del sovrano indica che ci troviamo di fronte non tanto
a un personaggio, ma a un cliché, a cui non è necessaria una maggiore
definizione. Analogamente, l'India, la Turchia, o l'Orda d'Oro, non sono che
termini generici per indicare un
tópos geografico esotico e favolistico, vagamente collocato a oriente, e non dissimile dal «paese lontano lontano»
conosciuto alle fiabe di tutto il mondo.
A questo si aggiunge il fatto che l'esperienza russa vide, per secoli, vide
il nemico mongolo giungere proprio da oriente. Nelle varie versioni della
bylina, Vol'ga
Vseslav'evič intraprende la sua spedizione in una sorta di attacco preventivo, in quanto lo car'
nemico ha intenzione di attaccare la Rus' e dare alle fiamme chiese e
monasteri. C'è da dire che i critici considerano questo motivo aggiunto
posteriormente alla bylina, nella quale l'attacco di
Volch
all'«India» non ha infatti bisogno di altre ragioni che la conquista di quel lontano territorio
(Propp 1958). Ciò vuol dire tuttavia negare
l'esperienza storica dei Russi, la cui epica popolare è una continua serie di
battaglie contro gli invasori orientali. Si vedano, nelle note etimologiche, le
evidenti connessioni tra Saltyk Stavrul'evič e il condottiero
mongolo Batū Qān, che conquistò e distrusse Kiev nel 1240.
Nelle varie versioni della bylina, la carica ha poteri
profetici e avverte lo car' che
Volch/Vol'ga
Vseslav'evič sta arrivando a sconfiggerlo. In Rybnikov
[1] ≈ Hilferding [15],
il «sultano turco» [turec-santal] accenna per tre volte al suo progetto di attaccare la Rus' e ogni volta la regina
Pantalovna lo avverte
che andrà incontro a una disfatta. Infuriato, il sultano la colpisce in volto e la scaglia al suolo.
In Danilov [6], l'avvertimento della carica
Elena
Aleksandrovna non suscita alcuna reazione di Saltyk Stavrul'evič, né fa intendere
in alcun modo che la carica venga
percossa. Tuttavia, alla fine della bylina, quando Volch
cattura lo car', lo apostrofa dicendo: «Nessuno mai picchia o punisce voi,
maestà!» [A i vas-to, carei, ne ne byot, ne
kaznjat] e lo sbatte al suolo, uccidendolo. Questo dettaglio, presente soltanto in Danilov,
acquista un senso solo se teniamo conto di Rybnikov [1], in cui Volch,
trasformatosi in falco,
aveva assistito alla scena in cui lo car' aveva colpito la sua sposa,
spiegando la ragione per cui
riserva a Saltyk
lo stesso brutale trattamento. Se non conoscessimo la
versione di Rybnikov, la battuta di Volch
nella versione di Danilov sarebbe del tutto incomprensibile.
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