Mitologia
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eltica

MITOLOGIA CELTICA - Appendici

APPENDICI

ORTOGRAFIA
CRITERI DI TRASCRIZIONE DELL'ANTICO IRLANDESE
 

Quello della grafia dei nomi gaelici è un problema che affligge chiunque cerchi di approfondire il mondo della storia e della mitologia dell'antica Irlanda. Ci si trova a districarsi tra le innumerevoli forme che i nomi assumono nei libri e si ha l'impressione che ogni testo, ogni autore, abbia una sua idea personale dell'ortografia irlandese. L'orgogliosa regina del Connacht si chiama Médb, Méadhbh o Maeve? La protagonista della famosa storia d'amore è Étaín o Édaín? È più corretto scrivere Fergus, Ferghus o Fearghus? E in quanto al capo della seconda invasione di Ériu, come scegliere tra Nemed, Neimed, Neimhedh o Neimheadh? In questi e in moltissimi altri casi, qual è la forma corretta del nome?

È chiaro che non esiste una forma più «corretta» delle altre. Le peculiarità della fonologia irlandese sono tali che nel corso dei secoli copisti e grammatici hanno cercato un modo ottimale per rendere i complessi fenomeni fonetici della lingua. L'ortografia dell'irlandese ha subito molte evoluzioni nel corso del tempo, ragione per cui i nomi compaiono secondo lezioni diverse in irlandese antico, medio, classico e moderno. Inoltre la moderna letteratura utilizza anche trascrizioni date secondo le regole della fonetica inglese.

Ad esempio, nella fase più arcaica della lingua irlandese (ca. 400-700) troviamo la parola «figlia» attestata nelle iscrizioni ogamiche nella forma inigena (cfr. latino indigena). Nella fase antico-irlandese (ca. 700-950), i primi documenti in alfabeto latino utilizzano già la grafia semplificata ingen. Ma poiché in posizione post-tonica l'occlusiva [g] diventava [ɣ], verso la fine della fase medio-irlandese (ca. 950-1250) si cominciò a scrivere inghen. Contemporaneamente si sentì l'esigenza di creare un'armonia vocalica per distinguere le consonanti «larghe» dalle «strette», quindi fu inserita una vocale contrastiva e in irlandese classico (ca. 1250-1650) l'ortografia era diventata inghean. Questa forma si trasmise fino in irlandese moderno (1650-oggi), quando una semplificazione ortografica trasformò la parola in iníon.

Questa è la ragione per cui troviamo la dizione Mórrígan nella redazione della Grande razzia del bestiame di Cúailnge riportata nel Libro di Leinster (XII secolo) ma Keating scrive Móirríoghan nei Fondamenti della conoscenza d'Irlanda (XVII secolo). In entrambi i casi la pronuncia è [mo:rʲi:ɣən], ma nel secondo caso la h segnala esplicitamente la lenizione della g (che in antico irlandese era implicita dalla posizione della lettera) e le vocali in più sono puramente contrastive, armonizzandosi con il valore «stretto» di rr e «largo» di gh.

Sono le stesse ragioni per cui la famosa battaglia di Mág Tuired si svolge nei testi più recenti a Mágh Tuireadh, mentre i libri in lingua inglese preferiscono raccontarcela a Moytura. Ed ecco perché il buon dio Bodb Derg ha finito per vedere il suo nome trasformato in un complicatissimo Bodhbh Deargh, mentre gli inglesi lo scrivono tranquillamente Bove Derg. E nel caso del mitico comandante feniano, la forma antica Find mac Cumaill è ancora riconoscibile nell'attuale Fionn mac Cumhaill, ma entrambe si oppongono alla popolare grafia inglese Finn McCool. Il lettore non irlandese è spesso sconcertato da tutte queste variazioni!

La maggior parte dei testi mitologici sono stati scritti in medio irlandese, con un'ortografia che comincia ad avvicinarsi a soluzioni che poi diventeranno regolari in irlandese moderno. La scrittura tuttavia non è affatto standardizzata, varia tra i vari testi e spesso addirittura all'interno dello stesso testo. Nelle varie redazioni del Libro delle invasioni d'Irlanda, come nella (Seconda) Battaglia di Mag Tuired, i nomi si presentano a noi con continue variazioni ortografiche. Questo per dare un'idea a quali mutamenti sia andata incontro la lingua nel corso dei secoli.

A questo punto, dovendo trattare di mitologia irlandese, come consegnare al lettore i nomi dei personaggi e dei luoghi? Usare disinvoltamente le grafie presentate nei libri consultati? È quello che fanno gli autori poco addentro ai problemi filologici del gaelico, nei cui libri si trovano ortografie difformi mescolate tutte insieme! Ovviamente la soluzione ottimale è quella di attenersi ogni volta ad un unico sistema ortografico. Ma in questo caso, bisogna privilegiare le forme antiche o quelle moderne? Ci sarebbero buone ragioni per l'una e per l'altra scelta.

La mia non facile decisione è stata quella di utilizzare le regole di ortografia dell'irlandese antico, normalizzando a tali regole tutte le grafie dei nomi, comprese quelle attestate nei testi in irlandese medio o moderno. Sono conscio che tale procedimento potrà essere giudicato una forzatura, tantopiù che alcuni nomi finiranno col venire forniti in forme «artificiali», ma più che lo scrupolo filologico mi ha sostenuto un certo rispetto per l'equilibrio interno dei racconti.

Queste le regole a cui mi sono attenuto:

Per quanto riguarda le vocali: a e i o u in irlandese antico si leggevano come in italiano, ed á é í ó ú erano le rispettive lunghe. L'irlandese moderno utilizza le medesime lettere, anche se la pronuncia si è fatta più complessa. Naturalmente nei manoscritti vi sono molte variazioni e ambiguità e dove ho dovuto operare una scelta mi sono attenuto, quando possibile, al testo più antico. Ad esempio, tra Delbáeth e Delbáoth ho preferito la prima forma perché si trova nella (Seconda) Battaglia di Mag Tuired.

Per rendere le consonanti occlusive e le loro varianti lenite, ho utilizzato l'ortografia rigorosa dell'antico irlandese. Secondo questo sistema, le consonanti occlusive c p t si leggono sorde [k] [p] [t] all'inizio di parola, ma sonore [g] [b] [d] al centro o in fin di parola; le consonanti occlusive g b d si leggono sonore [g] [b] [d] all'inizio di parola, ma diventano fricative [ɣ] [β] [ð] al centro o in fin di parola. Le fricative sorde [x] [Φ] [θ] sono invece scritte ch ph th. I suoni [k] [p] [t], quando cadono al centro o in fin di parola, vengono scritti cc pp tt.

Fonema
Posizione
pre-tonica
Posizione
post-tonica
 
Fonema
Posizione
pre-tonica
Posizione
post-tonica

Occlusive

{

[k]

c

cc

 

[g]

g

c (gg)

[p]

p

pp

 

[d]

b

p (bb)

[t]

t

tt

 

[b]

d

t (dd)

Fricative

{

[x]

ch

 

[ɣ]

g

[Φ]

ph

 

[β]

b

[θ]

th

 

[ð]

d

Dunque scrivo Tír na-nÓc ed Étaín e non Tír na-nÓg ed Édáin. Scrivo Eochaid, Banba e Lúg e non Eochaidh, Banbha e Lúgh.

In fin di parola rimane un certo grado di ambiguità per le occlusive che seguono l n r e qui si ho preferito seguire la lezione, già adoperata dai copisti irlandesi, che restituiva alle occlusive il loro valore. Ragione per cui derc «guardare» finisce in [k] e derg «rosso» finisce in [g]. In aggiunta ho dovuto mantenere alcune eccezioni per parole ormai entrate nell'uso; ad esempio mac «figlio» si legge [mak] mentre secondo le regole suesposte dovrebbe leggersi [mag] (e in effetti in alcuni testi antichi si trova scritto macc).

Per quanto riguarda le altre consonanti lenite, seguo la lezione dell'antico irlandese evitando di indicarle esplicitamente, in quanto la lenizione è implicita nella posizione della consonante all'interno della parola o nei gruppi di parole (l'uso del punctum delens su f ed s è scoraggiato per ragioni tipografiche). Basta ricordare che f s m si leggono [f] [s] [m] all'inizio di parola, ma al centro o in fin di parola leniscono in [Ø] [h] [v]. Scrivo dunque Lámfata e non Lámhfhada, Dinnsenchas e non Dinnshenchas.

Per quanto riguarda i gruppi antico-irlandesi ld e nd, che indicavano rispettivamente la liquida velare [ʟ] e la nasale uvulare [ɴ], faccio preferenza per le rispettive ortografie moderne ll e nn. Scrivo dunque Túatha Dé Dánann, Manannán, Finn, Dinnsenchas e Tuirell, e non Túatha Dé Dánand, Manandán, Find, Dindsenchas, Tuireld (che sono le forme utilizzate dall'ortografia antica).

L'antico irlandese non segnalava le consonanti eclissate, a parte le nasali, e così faccio anch'io. Ragione per cui scrivo regolarmente Cícal Crígencosach e non Cíocal gCrígencosach.

Altro problema dell'irlandese - antico e moderno - è la distinzione tra consonanti «larghe» e «strette» (cioè velarizzate o palatalizzate) che col tempo ha complicato l'ortografia delle parole inserendo una gran quantità di vocali contrastive. In questo lavoro seguo la soluzione antica. Semplicemente, le consonanti sono «strette» quando seguite da e ed i, o in fin di parola quando precedute da i. Dunque scrivo Fergus e non Fearghus, Mórrígan e non Móirríoghan. Questa regola impone in certi casi (ad esempio nella formazione dei genitivi) l'aggiunta di una i prima della consonante finale; perciò si trova a volte scritto Mac Delbáeith laddove la grafia Mac Delbáeth già si presterebbe ad esprimere la finale «stretta». Mi sono regolati a seconda dei casi.

Nel caso delle varianti grafiche, utilizzo la grafia più antica. Così scrivo Tuirell e non Tuirenn, Ailill e non Oilill.

Queste le regole a cui mi sono attenuto in tutte le pagine di Bifröst. Nella sezione Fonti, i titoli originali dei libri recensiti sono dati sia nell'ortografia normalizzata, sia (naturalmente) nell'ortografia interna del libro stesso.

Per correttezza, nella scheda relativa ad ogni personaggio segnalo, quando disponibili, le grafie attestate nei vari manoscritti:

  • la grafia medio irlandese (Médb; Ériu; Conchobar);

  • la grafia irlandese classica (Méadhbh; Éire; Conchobhor);

  • la grafia anglo-irlandese (Maeve; Erin; Conor).

Per chi voglia approfondire nei dettagli l'ortografia irlandese, moderna e antica, rimando alla pagina sull'Alfabeto Irlandese [VEDI].

 

Direzione Aree - Holger Danske.
A
rea Celtica - Óengus Óc.
Consulenza Linguistica -
Turris Babel.
Testo di Dario Giansanti.

Creazione pagina: 22.04.2005
Ultima modifica: 02.06.2006

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