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Staburadze |
Illustrazione di Voldemārs Valdmanis |
L'ASSEMBLEA DEGLI DÈI DEL BALTICO
ell'azzurra volta del cielo, dove brillano le luci eterne, gli dèi del Baltico
si radunarono in assemblea. Vi era Patrimps, il nume della fecondità e della
ricchezza, e Pakuls, il re dell'oltretomba, e Pērkons, il dio del tuono, e
Laima, la signora del fato. Gli dèi convennero nel grande palazzo del dio del
tuono, ché li aveva convocati Dievs, il padre del cielo.
Dievs si levò in piedi e spiegò a tutti gli dèi come in una terra lontana, a
sud, il Figlio di Dio si fosse fatto uomo ed avesse lasciato agli uomini un
messaggio d'amore e di speranza. Erano trascorsi mille anni, e
quell'insegnamento si era lentamente diffuso nel mondo e tutti i popoli avevano
uno ad uno lasciato i loro antichi dèi per accogliere la nuova fede. Tra non
molto, aggiunse Dievs, gli uomini avrebbero portato la legge di Gesù Cristo
anche nelle fredde terre del Baltico.
A quel punto si alzò Pērkons e fece notare che gli uomini avevano la
discutibile virtù di cambiare il bene in male e che non si sarebbero fatti
scrupolo di distorcere il messaggio di Gesù per assecondare i loro scopi
malvagi. Dichiarò che coloro che si muovevano verso il Baltico con la scusa di
portarvi la fede di Cristo, venivano solo per occupare quella terra ricca e
prospera e per rendere schiavo il suo popolo. E di fronte a tutta l'assemblea
divina, Pērkons promise che avrebbe fatto del tutto per aiutare i Balti a
difendersi contro questi stranieri e i loro disegni malvagi.
Gli dèi e le dee discussero a lungo di come portare aiuto alla genti del
Baltico. Serviva un eroe che si levasse contro l'invasore con validità e forza.
Allora la dea Staburadze, che viveva in una palazzo di cristallo nelle
profondità del possente fiume Daugava, si alzò e narrò di uno strano ragazzo,
figlio di un uomo e di un'orsa, che era caduto nel fiume. Sarebbe annegato se
lei non l'avesse salvato dalla morte. Adesso lo teneva nel suo palazzo di
cristallo sul fondale della Daugava, e non gli permetteva di tornare in
superficie.
Pērkons dichiarò che proprio quel giovane era colui che gli dèi avrebbero
destinato alla gloria.
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LĀČPLĒSIS, LO SQUARTATORE D'ORSI
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Lāčplēsis uccide l'orso |
Opera congiunta (1935)
dello scultore Kārlis Zāle e dell'architetto Ernest Stalbergs |
Particolare del Monumento della Libertà [Brīvības piemineklis] a Rīga.
Il monumento, ricco di figure allegoriche, è il simbolo della libertà e
dell'identità nazionale della Lettonia. Nelle intenzioni degli autori,
l'uccisione dell'orso rappresenterebbe la resistenza del popolo lettone contro
il dominio straniero. |
ualche tempo dopo, Lielvārde, il capo di una delle molte tribù baltiche, trovò
un ragazzo riverso sulla sponda del fiume Daugava. Era giovane, forte e robusto;
sarebbe anche stato bello d'aspetto, se non fosse stato per le sue orecchie
grandi e pelose, simili a quelle di un orso.
Lielvārde lo adottò come se fosse suo figlio, e il ragazzo crebbe nella sua
casa.
Un giorno, mentre Lielvārde andava per la boscaglia insieme al ragazzo, un orso
emerse dal folto e aggredì il capotribù. Era un animale enorme e feroce, e
l'uomo temette che fosse giunta la sua fine. Ma subito intervenne il ragazzo,
agguantò l'orso per la gola, e dopo averlo costretto al suolo, gli afferrò con
una mano la mascella, con l'altra la mandibola, e con la sola forza delle
braccia gli aprì le fauci fino a squartare l'orso in due.
Il vecchio Lielvārde rimase stupito per la forza e il coraggio dimostrati dal
suo figlioccio. Da quel giorno, il giovane fu conosciuto come Lāčplēsis, lo
Squartatore d'Orsi.
Lielvārde disse al giovane che sarebbe diventato un eroe per il suo popolo.
Gli procurò un cavallo, una spada, uno scudo, speroni d'argento e un berretto di
martora. E gli disse di dirigersi alla casa del saggio Burtnieks, il custode
delle tradizioni e della sapienza dei Balti, in modo che crescesse in saggezza
oltre che in forza.
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DISCESA NEL POZZO DEL DIAVOLO
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Lāčplēsis |
Disegni di autori sconosciuti |
così Lāčplēsis partì dal suo villaggio, e si allontanò dalle regioni delle
Daugava. Attraversò a cavallo desolate contrade, e di sera giunse a un tetro
palazzo, appartenente al signore Aizkraukle. Lāčplēsis chiese alloggio per la
notte, e lo ottenne da Spīdala, la figlia del padrone del castello. Bella e
malvagia a un tempo, Spīdala scorse quel giovane così prestante e virile, e non
esitò a sedurlo con le sue arti magiche e il suo indiscutibile carisma.
Lāčplēsis rimase per qualche tempo in quel luogo, avvinto
dalle arti di Spīdala. Ma una notte che lei uscì dal palazzo, Lāčplēsis,
insospettito, decise di seguirla. La ragazza si recò al Pozzo del Diavolo, e vi
entrò dentro. Una lunga scalinata portava nel profondo della terra. Il giovane
la seguì incuriosito, e scese dietro di lei, una rampa dietro l'altro, fin quasi
agli inferi. Alla fine il ragazzo si ritrovò in una grande sala affollata di
figure agitate e urlanti. Lāčplēsis si nascose da una parte, e poté assistere a
una terribile scena di sabba. Vide Spīdala spogliarsi, e quindi unirsi ad altre
giovani streghe che danzavano nude e caprioleggiavano insieme ad orribili
dèmoni. Poi tutti insieme parteciparono a un sanguinoso festino a base di mani
di bambini e di serpenti vivi.
E poi d'un tratto comparve il Diavolo in persona. Irruppe
nella sala su un carro d'oro trainato da un drago che soffiava fiamme. Il
festino s'interruppe e tutte le streghe urlarono il loro benvenuto.
Poi Lāčplēsis si accorse che in mezzo alla schiera demoniaca
si trovava, tremante, un vittima. Era un certo Kangars, che tutti conoscevano
come un uomo pio e devoto. Il poveretto implorava e urlava da far pietà, ma le
streghe ridevano e continuavano a trascinarlo verso il grande drago che trainava
il carro del diavolo, in modo che lo divorasse. Ma all'ultimo momento, con un
cenno imperioso, il Diavolo fermò l'esecuzione, si voltò verso il disgraziato,
ormai al culmine del terrore, e gli propose un'alternativa: gli sarebbe stata
risparmiata la vita, ma lui avrebbe dovuto rinnegare Dio e tradire il suo
popolo, consegnandolo in perpetua schiavitù nelle mani degli stranieri che
presto sarebbero venuti dalla Germania. Fu così che il povero Kangars, vedendosi
balenare dinanzi quel miraggio di salvezza, da quell'uomo buono e pio che era,
divenne il più spregevole dei traditori.
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L'AIUTO DI STABURADZE
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Lāčplēsis, Laimdota e Staburadze |
Illustrazione di Aleksandrs Stankevičs |
questo punto Lāčplēsis ne aveva avuto abbastanza, e decise che era il
momento di ritornare al castello di Aizkraukle. Ma la sua presenza non sfuggì
agli occhi acuti di una vecchia strega, la quale lo additò a Spīdala. La giovane
lo inseguì su per il pozzo, decisa ad ucciderlo, e Lāčplēsis dovette fuggire.
Invece di dirigersi al castello, tagliò per i boschi, cercando di seminare la
sua inseguitrice. Poi un fiume gli sbarrò la strada. Senza perdersi d'animo, il
giovane gettò un tronco nel fiume, vi salì a cavalcioni e si abbandonò alla
corrente. D'un tratto, un vortice s'impadronì del tronco, e lo trascinò giù.
Lāčplēsis credette di dover morire, eppure si svegliò sano e salvo in una
camera di cristallo. Si trovava di nuovo nel palazzo di Staburadze. La dea lo
aveva salvato ancora una volta.
Dopo averlo curato e assistito, Staburadze lo fece ritornare sulla terra.
Emerso di nuovo dal fiume, Lāčplēsis incontrò Koknesis, un altro giovane di
grande forza e destrezza. I due divennero amici e decisero di procedere insieme
per la casa di Burtnieks, per istruirsi nella sapienza degli antichi.
Ma quando passarono non lontano dal palazzo di Aizkraukle, li scorse la
malvagia Spīdala e rimase sconvolta nel vedere che Lāčplēsis era ancora vivo.
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IL VECCHIO BURTNIEKS E IL SUO PALAZZO SOMMERSO
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Lāčplēsis contro il gigante a tre teste |
Illustrazione di Voldemārs Valdmanis |
l
vecchio Burtnieks era il depositario di tutta l'antica scienza del popolo
baltico: conosceva la storia del mondo e degli dèi, tutti i segreti del mondo
magico e di quello naturale. Tuttavia il suo palazzo era scomparso: le forze del
male l'avevano fatto sprofondare nelle acque di un lago, con tutti i suoi
antichi libri, e nessuno poteva più raggiungerlo.
Ma Burtnieks era ancora disponibile, e Lāčplēsis e il suo amico Koknesis
trascorsero anni a studiare sotto la sua guida e la sua tutela. Burtnieks aveva
una figlia, Laimdota, che era così bella e incantevole che Lāčplēsis s'innamorò
di lei al primo sguardo.
Intanto l'infernale Spīdala e il traditore Kangars s'incontrarono con
Dītrichs, un prete tedesco la cui nave era naufragata nel corso di una tempesta
e che era stato trascinato a riva dalla tribù lettone dei Livoni. I Livoni non
sapevano, ovviamente, che la persona che avevano salvato dalla morte intendeva
conquistare e opprimere il loro paese. I tre si misero d'accordo e fecero i loro
piani per il futuro. Dītrichs sarebbe tornato in Germania, e quindi a Roma, dove
avrebbe preparato una spedizione di crociati per evangelizzare il Baltico. Nel
frattempo Kangars e Spīdala si sarebbero occupati di Lāčplēsis.
Kangars si recò a nord-est, in Estonia, dove abitava Kalapuisis, un possente
gigante, e stuzzicando la sua cupidigia lo indusse a saccheggiare i villaggi
lettoni. Kangars sapeva che Lāčplēsis non avrebbe potuto esimersi
dall'affrontare il gigante, anche se questa sarebbe stata la sua fine.
Così Kalapuisis scese in Lettonia, e cominciò a saccheggiare e distruggere
tutto ciò che trovava sul suo cammino. Allora il vecchio Burtnieks chiamò a
raccolta i suoi guerrieri al fine di sconfiggere il gigante estone, e promise la
mano di sua figlia Laimdota a chi l'avesse sconfitto. Lāčplēsis, che era
innamorato di Laimdota, partì per cimentarsi nell'impresa. Affrontò Kalapuisis e
lo sconfisse, ma poi fece pace con lui. Da Kalapuisis, Lāčplēsis venne a sapere
che tutta l'area del Baltico era minacciata dal prossimo arrivo di un esercito
invasore, e così i due stabilirono che dovevano unire le loro forze per
difendere quella che in effetti era la loro terra comune.
Tornato da Burtnieks, Lāčplēsis si trovò ad affrontare e sconfiggere una
sorte di orribile orco. Era stato lui a lanciare la maledizione che aveva fatto
scomparire il vecchio castello di Burtnieks, e quando l'orco venne ucciso,
l'incantesimo si ruppe, il lago si aprì, e il palazzo che giaceva sommerso sul
fondale, sorse di nuovo, portando di nuovo alla luce la sua vasta e prestigiosa
biblioteca, nei cui testi erano nascosti tutti i segreti del mondo. Lāčplēsis e
Laimdota, che ormai era divenuta la sua fidanzata, trascorsero l'intera notte
immersi in quelle antichissime scritture, desiderosi di apprendere tutta
l'antica saggezza del popolo baltico.
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Lāčplēsis, Burtnieks e Spīdala |
Illustrazioni di Gunārs Krollis |
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IL RAPIMENTO
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Spīdala, Kangars e Lāčplēsis |
Illustrazione di Voldemārs Valdmanis |
quel punto si mosse Spīdala. Nottetempo Laimdota e Koknesis furono rapiti e
portati alla nave di Dītrichs, che subito salpò per la Germania. Su quel
vascello si trovava anche Kaupa, il capo della tribù dei Livoni, che aveva
accettato di seguire Dītrichs in Germania e poi a Roma per essere istruito sulla
fede cristiana.
L'improvvisa scomparsa di Laimdota e Koknesis gettò Lāčplēsis in una profonda
agitazione, e l'eroe non risparmiò alcuno sforzo nel tentativo di trovarli. La
malvagia Spīdala fece in modo che Lāčplēsis venisse a credere che Laimdota e il
suo migliore amico erano divenuti amanti ed erano partiti per la Germania.
Lāčplēsis credette alla storia, e con il cuore a pezzi, ritornò alla casa di suo
padre Lielvārde.
Ma era tanto profonda e abissale la sua amarezza, che decise infine d'imbarcarsi
per il lontano nord, al fine di trovare la sublime figlia del dio della terra
Ziemelis. Solo questa bellissima signora avrebbe potuto dar sollievo al suo capo
febbricitante e avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare la felicità che aveva
abbandonato il suo cuore.
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Kaupa e Dītrichs |
Illustrazione di Aleksandrs Stankevičs |
I CAVALIERI TEUTONICI
omā
lielā, vecā Romā...
Roma grande, antica Roma. Qui erano convenuti tutti i crociati destinati alle
vie del Baltico, i Cavalieri Teutonici, e il Santo Padre li aveva benedetti,
aveva dato loro il compito di evangelizzare la Terra di Santa Maria (così i
cristiani chiamavano le regioni del Baltico) e aveva dato loro l'assoluzione in
vista della partenza.
Fatto questo, il Santo Padre ricevette il prete Dītrichs e Kaupa capo dei
Livoni, il quale era rimasto incantato nel vedere tutte le meraviglie della
Città Eterna e dubitava ormai persino dei suoi stessi dèi. Kaupa promise che
sarebbe ritornato a casa e si sarebbe convertito al cristianesimo insieme al suo
intero popolo. E infatti, una volta che ritornato nel Baltico, Kaupa mise il suo
popolo al lavoro, al fine di costruire una fortezza sul fiume Daugava, primo
nucleo della città di Rīga, e al centro di Rīga fece erigere la sua scura
cattedrale, da cui così tanta miseria si sarebbe presto riversata nelle terre
circostanti.
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NAUFRAGIO
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Lāčplēsis e Spīdala in una serie di
francobolli lettoni. |
'amabile Laimdota era stata condotta in Germania, dove un conte tedesco avrebbe
abusato di lei se Koknesis non l'avesse salvata e non l'avesse nascosta in un
chiostro.
Più tardi i due riuscirono a fuggire, e guadagnato il porto, trovarono una nave
in proncinto di partire per il Baltico. Su quella nave si trovava la stessa
Spīdala: i due clandestini si nascosero ben bene nella stiva, ben attenti a non
farsi riconoscere.
Ma una volta partita per il mare, la nave venne catturata da una tempesta, che
la spinse ben più a nord di quanto dovesse arrivare, fino a sperderla in mezzo
al vasto oceano boreale...
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ZIEMEĻMEITA, LA DEA ALLA FINE DEL CIELO
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Ziemeļmeita e Lāčplēsis |
Illustrazione di Voldemārs Valdmanis |
el frattempo, Lāčplēsis era giunto alla fine del cielo, e qui aveva incontrato
la leggendaria figlia del dio Ziemelis.
Ziemeļmeita aveva occhi del colore che il cielo dell'estremo nord assume nei
giorni sereni. La sua meravigliosa bellezza tuttavia sbiadiva di fronte alla sua
potenza, ma tuttavia offrì a Lāčplēsis e al suo equipaggio la possibilità di
restare. E fu così che gli esausti viaggiatori furono accolti in un favoloso
giardino, rischiarato da una fiamma che sprizzava fuori dal centro della terra.
Ma Lāčplēsis ben presto iniziò ad annoiarsi di quella vita inerte e serena, e
dopo un po' annunciò che era tempo di fare i bagagli e di ritornare da dove
erano venuti. La splendida Ziemeļmeita lo mise in guardia da tutti i
pericoli del viaggio, e in particolar modo lo avvertì di evitare l'Isola dei
Cani Voraci, che era piena di creature assetate di sangue.
Ma Lāčplēsis e il suo equipaggio non diedero ascolto a quei saggi consigli, e
dopo qualche giorno di navigazione sbarcarono proprio sull'Isola dei Cani
Voraci, ed a stento sopravvissero all'attacco delle orrende creature. Ripresero
di nuovo il mare, e dopo molte e lunghe peregrinazioni, la nave giunse sull'orlo
del mondo, dove si trovava l'Isola degli Ultimi Incanti. Qui Lāčplēsis schiacciò
le teste di tre demoni policefali, i quali, meravigliosa combinazione, tenevano
prigionieri proprio Laimdota e Koknesis. Con loro c'era anche Spīdala, e nei
lunghi mesi di forzata coabitazione sull'isola, Lāčplēsis riuscì a rendersela
amica, e infine la convinse a infrangere il suo patto con Satana. Dopodiché
Spīdala e Koknesis divennero amanti.
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MORTE DI LĀČPLĒSIS
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Lāčplēsis contro i cavalieri teutonici |
Disegni di autori sconosciuti |
ornati nel Baltico, Lāčplēsis e Laimdota, e Koknesis e Spīdala si sposarono, e
nella notte di mezz'estate si diedero ai festeggiamenti. Ma un'ombra scura si
preparava a stendersi sulla loro gioia: i Cavalieri Teutonici avanzavano dalla
Germania, mettevano a ferro e a fuoco i villaggi e schiavizzavano tutte le
popolazioni che incontravano, battezzandole in massa.
Lāčplēsis allora dovette muoversi per difendere la libertà del suo popolo.
Riunì un esercito e lo mosse contro i Cavalieri Teutonici, sbaragliandoli.
Il traditore Kangars, amareggiato perché non riusciva a togliere di mezzo
l'eroe, invocò allora il Diavolo e gli chiese di rivelargli il segreto della
forza dello Squartatore d'Orsi. Qual era la sorgente di tale forza? Il diavolo
gli rispose che la forza dell'eroe stava nelle sue orecchie d'orso.
Il piano fu architettato in breve tempo. Di lì a poco, un gruppo di cavalieri
arrivò nel luogo dove si trovava Lāčplēsis. Tra di essi stava un cavaliere
interamente vestito di nero, che si recò dall'eroe e lo sfidò a duello.
Lāčplēsis accettò, e i due si ritrovarono nel campo scelto per la sfida, su una
roccia a strapiombo sul fiume Daugava. I due cominciarono a colpirsi con le
spade, poi, d'un tratto, il Cavaliere Nero si avventò e con due rapidi colpi
mozzò entrambe le orecchie di Lāčplēsis. L'eroe s'infuriò, e la lotta si fece
serrata e violenta. I due avversari si afferrarono l'un con l'altro, e finì che
entrambi caddero giù dal dirupo dentro la Daugava e scomparvero per sempre sotto
le scure onde.
Eliminato lo Squartatore d'Orsi, i Cavalieri Teutonici non trovarono più
alcuna resistenza, e avanzarono attraverso le terre del Baltico. I Livoni furono
i primi a cadere. Dopo di loro tutte le altre tribù furono sottomesse. Iniziava
così la schiavitù dei Balti, destinata a durare per settecento anni.
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Laimdota, Kangars e Ziemeļmeita |
Illustrazioni di Gunārs Krollis |
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NOTE
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Andrejs Pumpurs
(1841-1902) |
Fotografia dell'autore del
Lāčplēsis, nella divisa dell'Armata Rossa e
con tanto di medaglie! |
Pressoché sconosciuto in Europa occidentale, il Lāčplēsis è il poema
nazionale lettone. In tutti i paesi del Baltico, nell'Ottocento, la creazione di
un'epica nazionale coincise con la crescita e l'affermarsi della coscienza
nazionale. Esordì Elias Lönnrot, in Finlandia, con il
Kalevala;
seguì Friedrich Reinhold Kreuzwald, in Estonia, con il
Kalevipoeg.
La stessa tendenza si avvertì profondamente in Lettonia, all'epoca parte
integrante dell'impero russo. Kruogzemju Mikus (1850-1879), meglio conosciuto
con lo pseudonimo di Auseklis «stella del mattino», nella sua breve vita diede
alla letteratura lettone uno spirito squisitamente nazionale; le sue poesie, per
quanto formalmente si attenessero ai modelli tedeschi, avevano un contenuto
dichiaratamente patriottico. L'autore, che faceva parte della società dei
Giovani Lettoni, esaltava la terra lettone e le sue bellezze naturali, e si
rifaceva alla storia locale idealizzandone la lotta contro gli invasori
stranieri. Auseklis provvide tra l'altro a ricostruire l'antica mitologia
lettone a partire dalle tradizioni lituane e prussiane, ma anche servendosi
della sua fantasia. Ne sortì così una mitologia assai ricca, ma apocrifa e di
scarso valore per il mitografo, la quale tuttavia corrispondeva tanto bene
all'idea che si facevano i Lettoni del loro passato nazionale che nessuno ebbe
modo di rimproverare ad Auseklis il carattere fantasioso della sua creazione.
Meno dotato e meno colto, fu il suo successore spirituale, Andrejs Pumpurs
(1841-1902), geometra per studio e nella vita ufficiale dell'armata russa.
Interessato alle leggende e alle saghe lettoni, che raccolse con cura, Pumpurs
diede vita a quello che sarebbe stato il poema nazionale del suo paese: il
Lāčplēsis. Ma se Auseklis aveva «arricchito»
la mitologia lettone con la sua fantasia, Pumpurs riscrisse interamente il
materiale tradizionale, ricostruendo e riadattando le antiche leggende secondo
il gusto proprio e della sua epoca.
Se il Lāčplēsis ha scarso valore poetico,
non si può però negare al Pumpurs un genuino entusiasmo patriottico. Alla sua
uscita, nel 1888, l'opera fu accolta con enorme favore in tutto il paese, e
Lāčplēsis divenne il simbolo del coraggio e dell'eroismo guerriero dei Lettoni.
Allo stesso tempo le autorità russe non apprezzarono l'uscita di questo poema,
che mostrava come la Lettonia avesse una storia e una cultura altrettanto grande
quanto quella dei suoi dominatori.
Il Lāčplēsis era ambientato nella
Lettonia tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, all'epoca in cui il
Baltico fu conquistato dai Cavalieri Teutonici. L'eroe del poema, Lāčplēsis,
difende il paese contro il nemico invasore, ma finisce per soccombere a causa
del tradimento del perfido Kangers. Già Kreutzwald, in Estonia, aveva fatto
muovere l'eroe del suo Kalevipoeg contro i Cavalieri Teutonici, e Pumpurs non
evita di citare l'eroe estone facendolo apparire nel suo poema, con il nome
lettonizzato di Kalapuisis, prima acerrimo nemico di Lāčplēsis, in
seguito suo alleato contro il comune nemico germanico, gettando le basi di un
ideale schieramento dei piccoli paesi baltici contro la dominazione delle
potenti nazioni straniere.
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Copertina da una vecchia edizione lettone del Lāčplēsis. |
Il Lāčplēsis ha avuto un profondo impatto
sulla Lettonia, influenzando generazioni di scrittori, artisti e politici. E di
miti ha davvero bisogno questo piccolo paese, la cui storia è stata una continua
successione di dominazioni straniere, via via occupato e conteso da tedeschi,
russi, svedesi, danesi e polacco-lituani. Indipendente per la prima volta dal
1920, la Lettonia ha goduto, insieme alla Lituania e all'Estonia, di un breve
periodo di libertà prima della Seconda Guerra Mondiale, per poi essere annessa
all'Unione Sovietica nel 1939 con il Patto Molotov-Ribbentrop.
Nel 1991, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, la Lettonia ha riottenuto la
sua libertà. Il governo ha di nuovo istituito l'Ordine di Lāčplēsis, che già
esisteva prima della guerra, un importante premio conferito in ricompensa per i
servizi resi al Paese. Vi sono strade chiamate col nome dell'eroe e molti negozi
prendono il nome da personaggi dell'epica. La casa natale di Andrejs Pumpurs a
Lielvārde, è oggi un museo a lui dedicato.
RICERCHE
Il Lāčplēsis, per quel che ne so, non è
mai stato tradotto in italiano; tutto quel che si trova nella nostra lingua è il
riassunto, ridotto all'osso, in Le letterature dei
paesi baltici, a cura di Giacomo Devoto (Sansoni 1969). Una
traduzione in inglese in versi è stata eseguita nel 1988 da Rita Laima Krievina,
che è anche l'autrice di un breve riassunto dell'opera. Su tale riassunto ho
condotto la mia rielaborazione ed ho tratto alcuni dei disegni. Ringrazio Arthur
Cropley per avermi messo a disposizione la traduzione inglese del suo lavoro,
The Bearslayer, presente al Progetto Gutemberg.
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