INTERPRETAZIONI A dispetto delle sue fin troppo fugaci apparizioni
in letteratura, il personaggio di Mundilfǿri, padre del sole e della
luna, ha da sempre suscitato un interesse non indifferente negli studiosi.
Come abbiamo visto, sia il verbo fara che il suo causativo fǿra
rimandano, in un modo più meno diretto, al senso di «navigare, trasportare,
traghettare». Mundilfǿri sembra presentarsi innanzitutto come qualcuno che
viaggia o naviga. Non è forse un caso che il nome
Mundill compaia nell'elenco dei «re del mare» [sækonunga] contenuti nelle þulur,
in un gruppo di ventiquattro nomi. Sækonungar erano detti i capi
vichinghi, i coraggiosi scorridori del mare dell'VIII e IV secolo, ma non c'è
dubbio che i nomi riportati nelle þulur appartengano a personaggi
del tutto mitologici.
Colui di cui stiamo investigando le tracce sembra dunque essere un
Mundill-fari, «Mundill il navigatore», o
Mundill-fǿri «Mundill
il traghettatore». Hugo Gering interpretava il nome come
«traghettatore di Mundell» e rimandava a Finnur
Jónsson che intendeva mund come «tempo» e spiegava Mundill
come nome originario della luna. Mundilfere avrebbe dunque significato,
secondo Gering,
«uno che si muove secondo tempi stabiliti».
(Gering | Isnardi 1975)
Non sembra tuttavia corretto considerare
Mundilfǿri un'ipostasi della luna, tantopiù che questo luminare non è
l'unico che si muova secondo tempi stabiliti. Come del resto leggiamo in
Vafþrúðnismál
[23]:
Mundilfǿri heitir,
hann er mána faðir
ok svá Sólar it sama;
himin hverfa
þau skolo hverjan dag
ǫldom at ártali. |
Mundilfǿri si chiama
colui che fu il padre della luna
e del sole ugualmente;
il cielo percorreranno
quei due ogni giorno
per segnare agli uomini il tempo. |
Ljóða Edda
>
Vafþrúðnismál [22-23] |
Da Mundilfǿri discendono tanto il sole quanto la luna. La sua funzione
originaria sembra piuttosto legata a quel conclusivo «segnare agli uomini il
tempo». Come abbiamo visto nella nota etimologica, la parola mund indica
tanto il «tempo»,
quanto la «mano»,
mentre la parola mundill/mǫndill rimanda all'impugnatura da cui si fa
girare la macina di un mulino, e non è insensato ricordare che nell'antichità e
nel medioevo si usava far ruotare i mulini in senso orario, cioè secondo la
rotazione del sole, rimandando a un'ideale relazione tra microcosmo e
macrocosmo. La parola mundill/mǫndill sembra contenere l'idea di un
movimento rotatorio. Giorgio De Santillana ed Hertha Von Dechend, che hanno
studiato il motivo del mulino cosmico, notano una serie di parole affini, legate
a una radice indoeuropea *MANTH-,
che sembrano legate al motivo di una rotazione vorticosa e trapanante. Parole
legate a questo motivo sarebbero il sanscrito mantha «rimescolamento»,
il greco mínthē «mescolare», il latino mentula «pene».
Sempre in sanscrito, manthana è l'operazione
per cui si accende un fuoco per attrito facendo rotare un bastoncino in un
incavo, e manthaka è la paletta di una zangola. Al centro vi è il mito
dell'Amṛtamanthana, in cui i
Deva e gli Asura fanno
roteare una montagna nell'oceano primordiale per ottenere vari tesori e l'Amṛta,
la bevanda dell'immortalità.
Il mito della «frullatura dell'oceano» sembra
avere un legame con la leggenda scandinava del mulino
Grotti, il quale, mosso dalle due gigantesse
Fenja e
Menja, produceva pace e prosperità per il regno di
Fróði, com'è riportato è riportata nella
Canzone del Grótti. Ma un giorno Mýsingr
(anch'egli presente insieme a Mondull nel novero dei ventiquattro «re del
mare» delle þulur) rubò il mulino. Così
narra Snorri:
...Á þeiri nótt kom þar sá sækonungr, er Mýsingr hét, ok drap
Fróða, tók þar herfang mikit. Þá lagðist Fróðafriðr. Mýsingr hafði með sér
Grotta ok svá Fenju ok Menju ok bað þær mala salt. Ok at miðri nótt spurðu þær,
ef eigi leiddist Mýsingi salt. Hann bað þær mala lengr. Þær mólu litla hríð, áðr
niðr sǫkk skipit, ok var þar eftir svelgr í hafinu, er særinn fellr í
kvernaraugat. Þá varð sær saltr. |
...Quella notte giunse quel re del mare che si chiamava
Mýsingr,
il quale uccise
[re]
Fróði ed ivi trovò
un grande bottino. Fu allora che
ebbe fine la pace di
Fróði.
Mýsingr
prese con sé il Grotti ed anche [le gigantesse]
Fenja e
Menja,
e ordinò loro di macinare del sale.
Quando fu mezzanotte esse chiesero
a Mýsingr
se il sale fosse abbastanza. Egli
ordinò di macinare ancora. Avevano
macinato giusto un altro poco,
quand'ecco che la nave sprofondò e
da allora vi fu un gorgo nel mare,
ove le acque cadono nell'occhio
della macina. Per questo il mare è
divenuto salato. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Skáldskaparmál [53] |
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