Torna alla pagina principale
BIBLIOTECA

GERMANI
Scandinavi

MITI GERMANICI
Snorri Sturluson
PROSE EDDA
SKÁLDSKAPÁRMAL

DISCORSO SULL'ARTE SCALDICA

▼ Snorri Sturluson, PROSE EDDA
Prose Edda. Edda in prosa
Fyrirsögn ok Formáli, Rubrica e prologo
Gylfaginning, L'inganno di Gylfi

 
Skáldskaparmál, Discorso sull'arte scaldica
Avviso
SKÁLDSKAPARMÁL - Saggio
SKÁLDSKAPARMÁL - Testo
Note
Bibliografia
PROSE EDDA
SKÁLDSKAPÁRMAL
DISCORSO SULL'ARTE SCALDICA

Questa seconda parte della Prosa Edda di Snorri (senza contare il Formáli) è la più lunga delle tre che compongono l'opera ed è caratterizzata, rispetto alle altre due, da una generale mancanza di sistematicità e organizzazione. Si tratta infatti di un testo magmatico, pieno di citazioni e di narrazioni giustapposte senza un'apparente armonia di base, il cui intento rimane comunque chiaro, ovvero quello di fornire esempi di tecniche compositive nell'arte poetica: lo skáldskapr, appunto. Questa mancanza di organicità dello Skáldskaparmál, il «Discorso sull'arte scaldica», lascia supporre che esso sia stato l'ultima parte dell'Edda a essere composta e che al momento dell'assassinio di Snorri, nel 1241, fosse ancora incompiuto. Pertanto, non è nemmeno da escludere che sia stato completato da compilatori e da copisti successivi all'autore, i quali furono incaricati di trasmettere e divulgare la sua opera.

Diversamente dal Gylfaginning, che si proponeva di parafrasare soprattutto il canzoniere eddico, lo Skáldskaparmál indaga più a fondo la poesia cosiddetta scaldica, cioè composta dagli scaldi (italianismo per skáldr «poeta»), ovvero poeti e cantori di professione, profondissimi conoscitori della lingua, delle figure retoriche e della tecnica compositiva, il cui compito principale era quello di tramandare il patrimonio storico e letterario della propria cultura attraverso la ricapitolazione degli antichi poemi e di comporre nuove opere di carattere mitologico-religioso, encomiastico o d'occasione.

La poesia scaldica possiede caratteristiche che la rendono un fenomeno unico nella letteratura occidentale, poiché presenta un uso della metrica, della sintassi, delle figure retoriche, e di altri elementi che non ha eguali nelle culture europee.

La metrica scaldica prevede innanzitutto un numero fisso di sillabe e di versi ed è accompagnata da un complesso sistema di allitterazioni e rime interne. È frequente poi l'uso di variazioni semantiche e la ricerca di termini rari, desueti e insoliti rispetto all'uso letterario comune. Uno degli elementi più caratteristici di questa forma di poesia è la kenning, vero e proprio cuore e marchio di riconoscimento dell'arte scaldica. Kenning (plurale kenningar) è un termine tecnico che indica un insieme di metafore semplici o combinate e che sembra provenire da una tradizione molto antica e consolidata nella letteratura scandinava. Solitamente si tratta di una perifrasi poetica o di una metafora che serve a indicare in modo virtuoso, quanto oscuro e lambiccato, un qualunque soggetto, sia esso una divinità, un animale, un'arma, un utensile o una persona. Gli scaldi, e prima di loro la saggezza popolare, inventano kenningar per definire tutto e sappiamo che questo fenomeno proviene da una tradizione antichissima: molto prima degli scaldi, infatti, è attestato un linguaggio poetico comune a tutti i popoli germanici e ancor prima agli indoeuropei. Questa forma di linguaggio mostra già una consolidata tradizione di composizioni nominali utilizzate per esprimere concetti di vario tipo. A tale registro poetico ancestrale risalirebbe ad esempio una parola come verǫld, «mondo» o anche «umanità», che letteralmente significa «età degli uomini», essendo composta da verr «uomo» e ǫld «età, epoca» (da confrontarsi con anglosassone weorold, antico alto tedesco weralt e i corrispettivi moderni, variamente contratti o modificati, inglese world, svedese värld, norvegese e danese verden, tedesco Welt). A sottolineare l'origine pregermanica delle perifrasi poetiche, anche una studiosa come Gemma Manganella ha in effetti osservato che «figure poetiche come le kenningar antico-nordiche mostrano delle affinità con le perifrasi antico-indiane che possono far supporre un'origine comune» (Manganella 1979).

Comprendere il significato delle kenningar per il lettore moderno è spesso difficile, perché richiede una specifica conoscenza dei contenuti mitologici e anche per il fatto che le metafore e le sostituzioni seguono stilemi propri, molto caratteristici e consolidati nella tradizione scaldica.

Alla luce di questa intrinseca difficoltà per la comprensione dell'arte scaldica, il contributo di Snorri si rivela quindi fondamentale anche per il lettore di oggi, che proprio grazie a questo Skáldskaparmál ha l'opportunità di orientarsi nella foresta di rimandi, sostituzioni e metafore ermetiche. Per citare qualche esempio di semplici kenningar a carattere mitologico, Óðinn viene detto Mímis vinr «amico di Mímir» o úlfs bági «nemico del lupo»; la terra è detta Ymis hold «carne di Ymir»; Þórr viene definito bani jǫtna «uccisore di giganti». Qualche esempio meno intuitivo è invece land sólar «terra del sole», per indicare il cielo; dolgljós «luce della battaglia» per la spada; oppure ginnungs brú «ponte del falco» per il braccio, con rimando alla pratica della falconeria; o ancora salpenningr Svǫlnis, «moneta della sala di Svǫlnir» (uno dei nomi di Óðinn) per indicare lo scudo. Le kenningar poi si trovano sovente combinate fra loro, rendendo la poesia un intricato gioco di rimandi interni ed esterni che fuorviano l'ascoltatore o il lettore.

A complicare ulteriormente il quadro, lo scaldo spesso opera uno stravolgimento sintattico fra i versi, spostando volutamente elementi di una frase all'interno di altre, creando forme espressive altamente artificiose al solo scopo di rendere la comprensione sempre più difficile. In questo senso la composizione scaldica assomiglia molto alle contorte geometrie delle decorazioni presenti su pietre, armi e fibule scandinave, le quali sono infatti il corrispettivo plastico e visivo della composizione poetica.

Visto il livello di complessità e autoreferenzialità dell'arte scaldica, non c'è da stupirsi che Snorri decida di dedicare la maggior parte della suo manuale di arte poetica proprio alle metafore e alle kenningar, poiché i giovani poeti, oltre che conoscere alla perfezione le antiche leggende, le saghe e la mitologia del popolo cui appartengono, devono sapersi riferire a questi contenuti con altrettanta perfezione in modo artistico, sorprendente e coinvolgente. La poesia scaldica, come illustrataci da Snorri, è dunque una forma d'arte che va decodificata secondo regole prestabilite e precise che somigliano molto a quelle di una partita a scacchi ben giocata, per vincere la quale il poeta deve riuscire a conquistare e stupire il proprio pubblico.

Lo Skáldskaparmál, però, è molto di più di un commentario alla poesia scaldica: esso infatti, col pretesto di spiegare e di motivare l'origine del linguaggio poetico, prosegue la narrazione di eventi mitologici esclusi dall'Gylfaginning e racconta, riassumendole, saghe eroiche importantissime per tutta la cultura nordica e germanica quali quella di Sigurðr e dei Niflungar, di re Fróði e di Hrólfr Kraki. Questo libro è inoltre una vera e propria antologia poetica, poiché cita un grandissimo numero di versi composti da numerosi scaldi, insieme a opere integrali che non si trovano altrove, quali l'Haustlǫng di Þjóðólfr ór Hvíni, oppure la Þórsdrápa di Eilífr Goðrúnarson, o anche il Grottasǫngr, poemetto anonimo considerato appartenente al canzoniere eddico antico, ma da questo solitamente escluso in quanto non riportato sui manoscritti pervenutici.

Senza lo Skáldskaparmál di Snorri, ancorché incompiuto, risulta quindi evidente che parti significative della letteratura nordica sarebbero andate irrimediabilmente perdute, da cui si comprende l'inestimabile valore di questo libro che ha invece permesso di meglio comprendere l'arte poetica e insieme il retroterra culturale e leggendario del mondo germanico antico.
 

PROSE EDDA
SKÁLDSKAPÁRMAL
DISCORSO SULL'ARTE SCALDICA
SKÁLDSKAPARMÁL DISCORSO SULL'ARTE SCALDICA  
       

1

Frá heimboði ása með Ægi La festa degli Æsir insieme ad Ægir  
1a

Einn maðr er nefndr Ægir eða Hlér, hann bjó í ey þeiri er nú er kǫlluð Hlésey. Hann var mjǫk fjǫlkunnigr. Hann gerði ferð sína til Ásgarðs, en er æsir vissu ferð hans, var honum fagnat vel ok þó margir hlutir með sjónhverfingum. Ok um kveldit, er drekka skyldi, þá lét Óðinn bera inn í hǫllina sverð, ok váru svá bjǫrt at þar af lýsti, ok var ekki haft ljós annat meðan við drykkju var setit. Þá gengu æsir at gildi sínu ok settusk í hásæti tólf æsir, þeir er dómendr skyldu vera ok svá váru nefndir: Þórr, Njǫrðr, Freyr, Týr, Heimdallr, Bragi, Víðarr, Váli, Ullr, Hǿnir, Forseti, Loki; slíkt sama ásynjur: Frigg, Freyja, Gefjun, Iðunn, Gerðr, Sigyn, Fulla, Nanna. Ægi þótti gǫfugligt þar um at sjásk, veggþili ǫll váru þar tjǫlduð með fǫgrum skjǫldum. Þar var ok áfenginn mjǫðr ok mjǫk drukkit. Næsti maðr Ægi sat Bragi, ok áttusk þeir við drykkju ok orðaskipti. Sagði Bragi Ægi frá mǫrgum tíðindum, þeim er æsir hǫfðu átt.

Un uomo era chiamato Ægir o Hlér, il quale abitava in quell'isola che ora è chiamata Hlésey ed era molto esperto di magia. Egli si mise in cammino per Ásgarðr, ma gli Æsir già sapevano della suo viaggio e fu ben accolto, tuttavia molte cose gli furono mostrate attraverso illusioni magiche. All'imbrunire, quando era ora di bere, Óðinn portò nella hǫll delle spade così splendenti che da esse emanava luce e non vi furono altri lumi mentre si svolgeva il convivio. Giunsero dunque gli Æsir a banchetto e presero posto nei troni i dodici che dovevano essere giudici e così si chiamavano: Þórr, Njǫrðr, Freyr, Týr, Heimdallr, Bragi, Víðarr, Váli, Ullr, Hǿnir, Forseti, Loki. Parimenti le ásinjur: Frigg, Freyja, Gefjun, Iðunn, Gerðr, Sigyn, Fulla, Nanna. Ad Ægir parve meraviglioso ciò che vedeva attorno a sè. Tutti i rivestimenti erano ricoperti di bellissimi scudi. C'era anche un idromele inebriante e molto se ne bevve. L'uomo seduto più vicino ad Ægir era Bragi ed essi rimasero molto a bere e a conversare. Bragi raccontò ad Ægir di molte avvenimenti che erano capitati agli Æsir.

2

[Þjazi jǫtunn rænti Iðunni] [Il gigante Þjazi rapisce Iðunn]  
2a

Hann hóf þar frásǫgn at þrír æsir fóru heiman, Óðinn ok Loki ok Hǿnir, ok fóru um fjǫll ok eyðimerkr, ok var ilt til matar. En er þeir koma ofan í dal nakkvarn, sjá þeir øxna flokk ok taka einn uxann ok snúa til seyðis. En er þeir hyggja at soðit mun vera, raufa þeir seyðinn ok var ekki soðit. Ok í annat sinn, er þeir raufa seyðinn, þá er stund var liðin, ok var ekki soðit. Mæla þeir þá sín á milli hverju þetta mun gegna.

Egli iniziò il racconto da quando tre Æsir partirono da casa, Óðinn, Loki e Hǿnir, viaggiarono fra monti e lande desolate ed era dura trovare il cibo. Quando però giunsero in una certa valle, videro una mandria di buoi, ne presero quindi uno e lo prepararono per il seyðir. Quando pensarono che fosse pronto, scoprirono il seyðir, ma non era cotto. Una seconda volta, quando scoprirono il seyðir dopo un certo tempo, ma ancora non era cotto. Discussero fra loro su come ciò potesse accadere.

2b Þá heyra þeir mál í eikina upp yfir sik, at sá, er þar sat, kvazk ráða því er eigi soðnaði á seyðinum. Þeir litu til ok sat þar ǫrn ok eigi lítill.

Udirono allora una voce proveniente dalla quercia sopra di loro e chi stava lassù disse di essere la causa per cui nulla si cuoceva nel seyðir. Essi si volsero e videro un'aquila, non certo piccola.

 
2c Þá mælti ǫrninn: “Vilið þér gefa mér fylli mína af oxanum, þá mun soðna á seyðinum”.

Disse allora l'aquila: “Se vorrete darmi la mia parte di bue, allora il seyðir si cuocerà”.

 
2d Þeir játa því. Þá lætr hann sígast ór trénu ok sezt á seyðinn ok leggr upp þegar it fyrsta lær oxans tvau ok báða bógana.

Essi acconsentirono, perciò l'aquila scese dall'albero, si posò sul seyðir da cui prese come prima porzione le due cosce del bue ed entrambe le spalle.

 
2e Þá varð Loki reiðr ok greip upp mikla stǫng ok reiðir af ǫllu afli ok rekr á kroppinn erninum. Ǫrninn bregzk við hǫggit ok flýgr upp. Þá var fǫst stǫngin við kropp arnarins ok hendr Loka við annan enda. Ǫrninn flýgr hátt svá at fǿtr taka niðr grjótit ok urðir ok viðu, en hendr hans hyggr hann at slitna munu ór ǫxlum. Hann kallar ok biðr allþarfliga ǫrninn friðar, en hann segir at Loki skal aldri lauss verða nema hann veiti honum svardaga at koma Iðunni út of Ásgarð með epli sín, en Loki vill þat. Verðr hann þá lauss ok ferr til lagsmanna sinna ok er eigi at sinni sǫgð fleiri tíðindi um þeira ferð áðr þeir koma heim. En at ákveðinni stundu teygir Loki Iðunni út um Ásgarð í skóg nǫkkvorn, ok segir at hann hefir fundit epli þau er henni munu gripir í þykkja, ok bað at hon skal hafa með sér sín epli ok bera saman ok hin. Þá kemr þar Þjazi jǫtunn í arnarham ok tekr Iðunni ok flýgr braut með ok í Þrymheim til bús síns. Loki si infuriò, prese un grosso bastone e lo scagliò con tutta la sua forza, colpendo il corpo dell'aquila. L'aquila evitò il colpo volando in alto. Il bastone rimase però conficcato nella schiena dell'aquila e le mani di Loki dall'altra parte del bastone. L'aquila volò così in alto che i piedi di Loki prendevano contro a rocce, sassi e alberi, mentre le sue braccia gli pareva che si dovessero staccare dal tronco. Egli gridava e supplicava ripetutamente l'aquila di lasciarlo, ma ella disse che mai avrebbe lasciato andare Loki, se prima egli non le avesse giurato di portare Iðunn fuori da Ásgarðr insieme alle sue mele; Loki acconsentì. In questo modo egli tornò libero e andò dai suoi compagni e non ci sono altri fatti da raccontare sul loro viaggio, prima che tornassero a casa. Al tempo stabilito, comunque, Loki attirò Iðunn fuori da Ásgarðr presso una certa foresta e le disse di aver trovato delle mele che a lei sarebbero parse preziose e le chiese anche di portare con sé le sue mele e di paragonarle con le altre. Giunse allora il gigante Þjazi in forma d'aquila, prese Iðunn e volò rapido nella sua casa a Þrymheimr.

3

[Loki náði Iðunni ok dráp Þjaza] [Loki salva Iðunn e uccide Þjazi]  
3a En æsir urðu illa við hvarf Iðunnar, ok gerðust þeir brátt hárir ok gamlir. Þá áttu þeir æsir þing, ok spyrr hverr annan, hvat síðast vissi til Iðunnar, en þat var sét síðarst, at hon gekk út ór Ásgarði með Loka. Þá var Loki tekinn ok færðr á þingit, ok var honum heitit bana eða píslum. En er hann varð hræddr, þá kvaðst hann mundu sækja eftir Iðunni í Jǫtunheima, ef Freyja vill ljá honum valshams, er hon á. Per gli Æsir fu grave la perdita di Iðunn, poiché incanutirono e divennero vecchi. Si riunirono dunque nel þing e si chiesero l'un l'altro quali fossero le ultime nuove su Iðunn e la notizia più recente che si apprese era che fosse uscita da Ásgarðr insieme a Loki. Egli fu quindi preso e portato nel þing, dove fu minacciato di morte e di tortura. Fu così spaventato che giurò che avrebbe cercato Iðunn in Jǫtunheimr, se Freyja gli avesse prestato il travestimento da falco che possedeva.  
3b Ok er hann fær valshaminn, flýgr hann norðr í Jǫtunheima ok kemr einn dag til Þjaza jǫtuns. Var hann róinn á sæ, en Iðunn var ein heima. Brá Loki henni í hnotarlíki ok hafði í klóm sér ok flýgr sem mest. En er Þjazi kom heim ok saknar Iðunnar, tekr hann arnarharminn ok flýgr eftir Loka, ok dró arnsúg í flugnum. En er æsirnir sá, er valrinn flaug með hnotina ok hvar ǫrninn flaug, þá gengu þeir út undir Ásgarð ok báru þannig byrðar af lokarspánum. Ok þá er valrinn flaug inn of borgina, lét hann fallast niðr við borgarvegginn. Þá slógu æsirnir eldi í lokarspánuna, en ǫrninn mátti eigi stǫðva sik, er hann missti valsins. Laust þá eldinum í fiðri arnarins, ok tók þá af fluginn. Þá váru æsirnir nær ok drápu Þjaza jǫtun fyrir innan ásgrindr, ok er þat víg allfrægt. Quando si fu travestito da falco, volò a nord verso Jǫtunheimr e giunse un giorno presso il gigante Þjazi. Questi navigava in mare, mentre Iðunn era a casa. Loki la trasformò in noce, la afferrò coi suoi artigli e volò via più veloce che poté. Quando Þjazi giunse a casa e non trovò Iðunn, si mise il suo travestimento da aquila e inseguì Loki, muovendo l'aria come fanno le aquile in volo. Quando gli Æsir videro che il falco volava con la noce e anche quale aquila fosse in volo, allora uscirono sotto Ásgarðr e accumularono trucioli di legno. Quando il falco giunse alla fortezza, si lasciò cadere fra le mura. Gli Æsir appiccarono allora fuoco ai trucioli, mentre l'aquila non poté frenare il suo volo quando perse di vista il falco. Le sue piume presero fuoco e dunque il suo volo terminò. Gli Æsir erano vicini e uccisero il gigante Þjazi dentro ai cancelli di Ásgarðr e quest'impresa è risaputa.
3c En Skaði dóttir Þjaza jǫtuns, tók hjálm ok brynju ok ǫll hervápn ok ferr til Ásgarðs at hefna fǫður síns. En æsir buðu henni sætt ok yfirbǿtr ok it fyrsta, at hon skal kjósa sér mann af ásum ok kjósa at fótum ok sjá ekki fleira af. Skaði, la figlia di Þjazi, prese elmo, armatura e tutte le armi e si recò ad Ásgarðr per vendicare suo padre. Ma gli Æsir le chiesero di riconciliarsi con lei e le offrirono un risarcimento e per prima cosa che si scegliesse un uomo fra gli Æsir, ma doveva sceglierlo dai piedi, senza vedere altro.  
3d Þá sá hon eins manns fætr forkunnarfagra ok mælti: Þenna kýs ek. Fátt mun ljótt á Baldri. En þat var Njǫrðr ór Nóatúnum. Allora ella vide i piedi di un uomo particolarmente belli e disse: “Io scelgo questo. Assai pochi difetti possiede Baldr. Ma in realtà quello era Njǫrðr di Nóatún.  
3e Þat hafði hon ok í sættargerð sinni, at æsir skyldu þat gera, er hon hugði, at þeir skyldu eigi mega, at hlægja hana. Þá gerði Loki þat, at hann batt um skegg geitar nǫkkurrar ok ǫðrum enda um hreðjar sér, ok létu þau ýmsi eftir ok skrækði hvárt tveggja hátt. Þá lét Loki fallast í kné Skaða, ok þá hló hon. Var þá ger sætt af ásanna hendi við hana. Ella nei suoi patti aveva anche stabilito che gli Æsir dovessero fare una cosa di cui lei pensava non fossero capaci: farla ridere. Allora Loki legò una fune alla barba di una capra e l'altro capo al proprio scroto e presero quindi a tirarsi l'un l'altro e a gridare forte. Infine Loki si lasciò cadere in grembo a Skaði ed ella rise forte. Così fu sancita la pace fra gli Æsir e lei.  

4

[Af ætt Þjaza] [La stirpe di Þjazi]  
4a Svá er sagt at Óðinn gerði þat til yfirbóta við hana at hann tók augu Þjaza ok kastaði upp á himin ok gerði af stjǫrnur tvær». Così è detto, che Óðinn per risarcire Skaði prese gli occhi di Þjazi, li lanciò nel cielo e li trasformò in due stelle.
4b

Þá mælti Ægir: “Mikill þykki mér Þjazi fyrir sér hafa verit. Eða hvers kyns var hann?”

Quindi disse Ægir: “Davvero grande mi pare fosse Þjazi, ma a quale stirpe apparteneva?”

 
4c Bragi svarar: “Ǫlvaldi hét faðir hans, ok merki munu þér at þykkja ef ek segi þér frá honum. Hann var mjǫk gullauðigr, en er hann dó ok synir hans skyldu skipta arfi, þá hǫfðu þeir mæling at gullinu er þeir skiptu at hverr skyldi taka munnfylli sína ok allir jafnmargar. Einn þeira var Þjazi, annarr Iði, þriði Gangr. En þat hǫfum vér orðtak nú með oss at kalla gullit munntal þessa jǫtna, en vér felum í rúnum eða í skáldskap svá at vér kǫllum þat mál eða orðtak, tal þessa jǫtna”.

Rispose Bragi: “Ǫlvaldi si chiamava suo padre e ti sembrerà straordinario quel che ti racconterò di lui. Egli possedeva molto oro. Quando dunque morì e i suoi figli dovevano spartirsi l'eredità, per stabilire la misura di oro da dividersi decisero che ciascuno ne avrebbe preso a turno una boccata e tutti in egual misura. Il primo fra loro fu Þjazi, il secondo Iði e il terzo Gangr. Difatti adesso noi quale metafora per indicare l'oro diciamo «conto a bocca» di questi giganti, mentre nel formulare le rune e nell'arte poetica lo chiamiamo «discorso», «parola» o «conto» di questi giganti”.

4d

Þá mælti Ægir: “Þat þykkir mér vel fólgit í rúnum”.

Quindi disse Ægir: “Mi pare ben celato nei detti delle rune”.

5

Hér segir frá því at æsir sátu at heimboði at Ægis ok hann spurði Braga hvaðan af kom skáldskaprinn. Frá því er Kvasir var skapaðr. Hér hefir mjǫk setning skáldskapar.

Qui si narra di quando gli Æsir sedettero al banchetto nella dimora di Ægir e questi chiese a Bragi da dove fosse giunta l'arte scaldica e di quando fu plasmato Kvasir. Qui molto si dice sulla composizione poetica.  
5a Ok enn mælti Ægir: “Hvaðan af hefir hafizk sú íþrótt er þér kallið skáldskap?” E ancora chiese Ægir: “Di dove è giunta quella abilità che voi chiamate arte scaldica?”  
5b Bragi svarar: “Þat váru upphǫf til þess at guðin hǫfðu ósætt við þat fólk er Vanir heita, en þeir lǫgðu með sér friðstefnu ok settu grið á þá lund at þeir gengu hvárirtveggju til eins kers ok spýttu í hráka sínum. En at skilnaði þá tóku goðin ok vildu eigi láta týnask þat griðamark ok skǫpuðu þar ór mann, sá heitir Kvasir. Hann er svá vitr at engi spyrr hann þeira hluta er eigi kann hann órlausn. Rispose Bragi: “Essa ebbe inizio quando gli dèi erano in guerra con quel popolo chiamato Vanir, ma poi giunsero a trattative di pace e stabilirono che, quale segno di riconciliazione, entrambe le parti dovevano recarsi davanti a un vaso e sputarvi dentro. Quando si separarono, gli dei lo presero e non volendo che tal segno di riconciliazione andasse perduto, lo plasmarono in un uomo, che si chiama Kvasir. Era così sapiente che nessuno poteva fargli una domanda su di un argomento per cui egli non avesse una risposta.  
5c

Hann fór víða um heim at kenna mǫnnum frǿði, ok þá er hann kom at heimboði til dverga nǫkkvorra, Fjalars ok Galars, þá kǫlluðu þeir hann með sér á einmæli ok drápu hann, létu renna blóð hans í tvau ker ok einn ketil, ok heitir sá Óðrørir, en kerin heita Són ok Boðn. Þeir blendu hunangi við blóðit ok varð þar af mjǫðr sá er hverr er af drekkr verðr skáld eða frǿðamaðr. Dvergarnir sǫgðu ásum at Kvasir hefði kafnat í mannviti fyrir því at engi var þar svá fróðr at spyrja kynni hann fróðleiks.

Egli vagò a lungo per il mondo per portar saggezza agli uomini e un giorno fu ospitato da certi nani, Fjalarr e Galarr, che lo invitarono per conversare in privato e lo uccisero, fecero correre il suo sangue in due vasi e in un secchio, il quale si chiama Óðrørir, mentre i vasi si chiamano Són e Boðn. Mescolarono miele al sangue, creando quell'idromele tale che chi ne beve diviene poeta e sapiente. I nani raccontarono agli Æsir che Kvasir era affogato nella sua stessa conoscenza, poiché nessuno era abbastanza saggio da poter attingere al suo sapere.
5d Þá buðu þessir dvergar til sín jǫtni þeim er Gillingr heitir ok konu hans. Þá buðu dvergarnir Gillingi at róa á sæ með sér, en er þeir fóru fyrir land fram, røru dvergarnir á boða ok hvelfði skipinu. Gillingr var ósyndr ok týndisk hann, en dvergarnir réttu skip sitt ok reru til lands. Þeir sǫgðu konu hans þenna atburð, en hon kunni illa ok grét hátt. Þá spurði Fjalarr hana ef henni mundi hugléttara ef hon sæi út á sæinn þar er hann hafði týnzk, en hon vildi þat. Þá mælti hann við Galar bróður sinn at hann skal fara upp yfir dyrnar er hon gengi út ok láta kvernstein falla í hǫfuð henni, ok talði sér leiðask óp hennar, ok svá gerði hann. In seguito questi nani ospitarono quel gigante che si chiama Gillingr e sua moglie. Invitarono Gillingr ad andare in barca sul mare con loro, ma quando furono lontani da terra, i nani remarono contro gli scogli e capovolsero la barca. Gillingr non sapeva nuotare e affogò, mentre i nani ripresero la barca e remarono verso terra. Raccontarono l'accaduto alla moglie di Gillingr, che n'ebbe gran dolore e pianse forte. Fjalarr chiese lei se potesse esserle di sollievo vedere il punto del mare ove Gillingr era annegato ed ella rispose di sì Disse quindi a Galarr, suo fratello, di salire sopra la porta da cui sarebbe uscita e di farle cadere una macina sulla testa, dal momento che non poteva sopportare quel lamento, e così fece.  

Um Suttunga Mjǫð L'idromele di Suttungr
5e “Þá er þetta spurði Suttungr, bróðurson Gillings, ferr hann til ok tók dvergana ok flytr á sæ út ok setr þá í flǿðarsker. Þeir biðja Suttung sér lífsgriða ok bjóða honum til sættar í fǫðurgjǫld mjǫðinn dýra, ok þat verðr at sætt með þeim. Flytr Suttungr mjǫðinn heim ok hirðir þar sem heita Hnitbjǫrg, setr þar til gæzlu dóttur sína Gunnlǫðu. Af þessu kǫllum vér skáldskap Kvasis blóð eða dverga drekku eða fylli eða nakkvars konar lǫg Óðrøris eða Boðnar eða Sónar eða farskost dverga, fyrir því at sá mjǫðr flutti þeim fjǫrlausn ór skerinu, eða Suttungamjǫð eða Hnitbjargalǫgr»”.
 
“Quando però venne a conoscenza di questo Suttungr, nipote di Gillingr, si recò dai nani, li prese, li portò in mare e li mise su uno scoglio, che veniva sommerso dall'alta marea. Essi supplicarono Suttungr di risparmiar loro la vita e gli offrirono quale guidrigildo per lo zio il prezioso idromele e così fu pattuito fra loro. Suttungr portò l'idromele a casa, lo nascose in quel luogo chiamato Hnitbjǫrg e vi pose a guardia sua figlia Gunnlǫð. Da questo episodio noi chiamiamo l'arte scaldica «sangue di Kvasir», «bevanda» o «pasto dei nani», oppure con qualunque nome di liquido: «di Óðrørir», «di Boðn», «di Són», oppure «barca dei nani», poiché quell'idromele li salvò, illesi, dallo scoglio, o anche «idromele di Suttungr» o «acqua di Hnitbjǫrg»”.

6

[Hversu Óðinn komst at miðinum] [Come Óðinn giunse all'idromele]  
6a Þá mælti Ægir: “Myrkt þykki mér þat mælt at kalla skáldskap með þessum heitum, en hvernig kómu þeir æsir at Suttungamiði?” Disse quindi Ægir: “Assai oscuro mi pare questo modo di chiamare l'arte poetica mediante tali metafore, ma come giunsero gli Æsir all'idromele di Suttungr?”  
6b Bragi svarar: “Sjá saga er til þess, at Óðinn fór heiman ok kom þar, er þrælar níu slógu hey. Hann spyrr, ef þeir vili, at hann brýni ljá þeira. Þeir játa því. Þá tekr hann hein af belti sér ok brýndi ljána, en þeim þótti bíta ljárnir miklu betr ok fǫluðu heinina, en hann mat svá, at sá, er kaupa vildi, skyldi gefa við hóf. En allir kváðust vilja ok báðu hann sér selja, en hann kastaði heininni í loft upp. En er allir vildu henda, þá skiptust þeir svá við, at hverr brá ljánum á háls ǫðrum.

Rispose Bragi: “La saga racconta che, mentre Óðinn viaggiava per il mondo, giunse in un luogo dove nove schiavi mietevano il fieno. Egli chiese se volessero che affilasse loro le falci ed essi acconsentirono. Allora prese dalla sua cintura una cote, affilò le lame e quindi a costoro parve che le falci tagliassero il fieno molto meglio e gli chiesero di poter comprare la cote. Lui rispose che chi avesse voluto comprarla l'avrebbe pagata quel che valeva. Tutti però dissero di volerla, lo pregarono di vendergliela e allora lui lanciò la cote in aria. Mentre tentavano tutti di accaparrarsela, si scontrarono fra loro in tal modo che ciascuno tagliò il collo all'altro.

6c

Óðinn sótti til náttstaðar til jǫtuns þess, er Baugi hét, bróðir Suttungs. Baugi kallaði illt fjárhald sitt ok sagði, at þrælar hans níu hǫfðu drepizt, en talðist eigi vita sér ván verkmanna. En Óðinn nefndist fyrir honum Bǫlverkr. Hann bauð at taka upp níu manna verk fyrir Bauga, en mælti sér til kaups einn drykk af Suttungamiði. Baugi kvaðst einskis ráð eiga at miðinum, sagði, at Suttungr vildi einn hafa, en fara kveðst hann mundu með Bǫlverki, ok freista, ef þeir fengi mjǫðinn.

Óðinn cercò dunque un riparo per la notte presso quel gigante che si chiama Baugi, fratello di Suttungr. Baugi si lamentò della propria situazione, raccontò che i suoi nove servi si erano uccisi e credeva di non poter trovare altri lavoranti. Óðinn disse di chiamarsi Bǫlverkr e offrì a Baugi di svolgere il lavoro di nove uomini, ma domandò come ricompensa per sé un sorso dell'idromele di Suttungr. Baugi rispose che non poteva avere l'idromele, poiché Suttungr lo voleva per sé solo, ma promise che sarebbe andato insieme a Bǫlverkr e avrebbe cercato di ottenerlo.

6d

Bǫlverkr vann um sumarit níu manna verk fyrir Bauga, en at vetri beiddi hann Bauga leigu sínnar. Þá fara þeir báðir til Suttungs. Baugi segir Suttungi, bróður sínum, kaup þeira Bǫlverks, en Suttungr synjar þverliga hvers dropa af miðinum. Þá mælti Bǫlverkr til Bauga, at þeir skyldu freista véla nǫkkurra, ef þeir megi ná miðinum, en Baugi lætr þat vel vera. Þá dregr Bǫlverkr fram nafar þann, er Rati heitir, ok mælti, at Baugi skal bora bjargit, ef nafarrinn bítr. Hann gerir svá. Þá segir Baugi, at gegnum er borat bjargit, en Bǫlverkr blæss í nafarsraufina, ok hrjóta spænirnir upp í móti honum. Þá fann hann, at Baugi vildi svíkja hann, ok bað bora gegnum bjargit. Baugi boraði enn, en er Bǫlverkr blés annat sinn, þá fuku inn spænirnir. Þá brást Bǫlverkr í ormslíki ok skreið inn í nafarsraufina, en Baugi stakk eftir honum nafrinum ok missti hans.

Bǫlverkr durante l'estate fece il lavoro di nove uomini per Baugi, ma quando fu inverno chiese a Baugi la propria paga. Andarono allora entrambi da Suttungr. Baugi raccontò a Suttungr, suo fratello, il patto che aveva con Bǫlverkr, ma Suttungr negò fermamente anche una sola goccia di idromele. Bǫlverkr disse allora a Baugi che dovevano preparare un qualche piano per impossessarsi dell'idromele e Baugi si disse d'accordo. Allora Bǫlverkr estrasse quella trivella che si chiama Rati e disse a Baugi di perforare la roccia, se la trivella era abbastanza affilata e Baugi così fece. Baugi disse poi che la roccia era forata, ma Bǫlverkr soffiò dentro al foro e i frammenti gli volarono addosso. Comprese quindi che Baugi voleva ingannarlo e gli disse di perforare la roccia fino in fondo. Baugi perforò ancora, ma quando Bǫlverkr soffiò una seconda volta, i frammenti caddero all'interno. Bǫlverkr assunse allora la forma di serpente, strisciò dentro al foro, mentre Baugi cercò di infilzarlo con la trivella, ma lo mancò.
6e Fór Bǫlverkr þar til, sem Gunnlǫð var, ok lá hjá henni þrjár nætr, ok þá lofaði hon honum at drekka af miðinum þrjá drykki. Í inum fyrsta drykk drakk hann allt ór Óðrøri, en í ǫðrum ór Boðn, í inum þriðja ór Són, ok hafði hann þá allan mjǫðinn. Þá brást hann í arnarham ok flaug sem ákafast. Bǫlverkr si recò ove si trovava Gunnlǫð e giacque con lei per tre notti e allora lei gli permise di bere tre sorsi dell'idromele. Solo col primo sorso egli vuotò Óðrørir, col secondo vuotò Boðni e col terzo Són e così finì tutto l'idromele. Prese quindi forma d'aquila e volò via più veloce che poté.  
6f

En er Suttungr sá flug arnarins, tók hann sér arnarham ok flaug eftir honum. En er æsir sá, hvar Óðinn flaug, þá settu þeir út í garðinn ker sín, en er Óðinn kom inn of Ásgarð, þá spýtti hann upp miðinum í kerin, en honum var þá svá nær komit, at Suttungr myndi ná honum, at hann sendi aftr suman mjǫðinn, ok var þess ekki gǿtt. Hafði þat hverr, er vildi, ok kǫllum vér þat skáldfífla hlut. En Suttungamjǫð gaf Óðinn ásunum ok þeim mǫnnum, er yrkja kunnu. Því kǫllum vér skáldskapinn feng Óðins ok fund ok drykk hans ok gjǫf hans ok drykk ásanna.”

Quando Suttungr vide l'aquila in volo, si trasformò anch'egli in aquila e gli volò dietro. Ma quando gli Æsir videro dove stesse volando Óðinn, portarono fuori dalla corte i loro vasi e quando Óðinn giunse vicino ad Ásgarðr sputò dentro i vasi, ma stava quasi per essere raggiunto da Suttungr e perse dietro di sé una parte dell'idromele, di cui nessuno approfittò. Di questa parte può disporre chiunque lo voglia e noi la chiamiamo skáldfifl, la «parte del poetastro». L'idromele di Suttungr fu donato da Óðinn agli Æsir e a quegli uomini che sanno comporre versi. Per questo noi chiamiamo la poesia «conquista di Óðinn», «scoperta di Óðinn», «bevanda di Óðinn», «dono di Óðinn» o «bevanda degli Æsir»”.  

7

Hér segir hversu skylja skal skáldskap. Qui si dice di come si debba ripartire l'arte scaldica.  
7a Þá mælti Ægir: “Hversu á marga lund breytið þér orðtǫkum skáldskapar, eða hversu mǫrg eru kyn skáldskaparins?”

Disse quindi Ægir: “In quanti modi voi variate il repertorio poetico e quanti sono gli elementi essenziali dell'arte scaldica?”

 
7b Þá mælti Bragi: “Tvenn eru kyn þau er greina skáldskap allan”.
Ægir spyrr: “Hver tvenn?”
Bragi segir: “Mál ok hættir”.
“Hvert máltak er haft til skáldskapar?”
“Þrenn er grein skáldskaparmáls.”
“Hver?”
Disse allora Bragi: “Due sono gli elementi in cui si divide tutta l'arte scaldica”.
Chiese Ægir: “Quali sono questi due?”
Disse Bragi: “Il linguaggio e la metrica”.
“Che tipo di linguaggio viene usato per la poesia?”
“Esistono tre tipi di linguaggio poetico.”
“Quali?”
 
7c “Svá at nefna hvern hlut, sem heitir. Ǫnnur grein er sú, er heitir fornǫfn. In þriðja málsgrein er sú, er kǫlluð er kenning, ok er sú grein svá sett, at vér kǫllum Óðin eða Þór eða Tý eða einhvern af ásum eða álfum, ok hvern þeira, er ek nefni til, þá tek ek með heiti af eign annars ássins eða get ek hans verka nǫkkurra. “Il primo è chiamare ciascuna cosa col proprio nome. Il secondo tipo è detto «sostituzione» [fornǫfn] Il terzo tipo di linguaggio è chiamato «metafora» [kenning], e viene applicato in questo modo: mettiamo di voler nominare Óðinn, Þórr, Týr o uno qualunque degli Æsir o degli elfi; per ciascuno che si voglia menzionare, si usa il nome di qualche altro áss oppure si accenna a qualche sua impresa.
7d Þá eignast hann nafnit, en eigi hinn, er nefndr var, svá sem vér kǫllum sigtý eða hangatý eða farmatýr, þat er þá Óðins heiti, ok kǫllum vér þat kent heiti. Svá ok at kalla reiðartý”. Tale nome viene quindi attribuito a costui e non a chi effettivamente lo possedeva, proprio come quando diciamo «Týr della vittoria», «Týr degli impiccati» e «Týr dei carichi»: questi sono nomi di Óðinn, che noi chiamiamo «perifrasi» [kent heiti]. È così anche quando diciamo «Týr del carro»”.

8

[Orðum beint til ungra skálda] [Parole per i giovani poeti]
8a En þetta er nú at segja ungum skáldum þeim er girnask at nema mál skáldskapar ok heyja sér orðfjǫlða með fornum heitum eða girnask þeir at kunna skilja þat, er hulit er kveðit: þá skili hann þessa bók til fróðleiks ok skemmtunar. Ora occorre dire questo ai giovani poeti che desiderino apprendere il linguaggio poetico e arricchire il proprio repertorio espressivo mediante i nomi antichi, o che desiderino poter comprendere ciò che vien detto in modo oscuro: che prendano questo libro come fonte di conoscenza e di diletto.  
8b En ekki er at gleyma eða ósanna svá þessar sǫgur at taka ór skáldskapinum fornar kenningar, þær er hǫfuðskáld hafa sér líka látit. En eigi skulu kristnir menn trúa á heiðin goð ok eigi á sannyndi þessa sagnar annan veg en svá sem hér finnsk í upphafi bókar er sagt er frá atburðum þeim er mannfólkit viltisk frá réttri trú, ok þá næst frá Tyrkjum, hvernig Asiamenn þeir er Æsir eru kallaðir fǫlsuðu frásagnir þær frá þeim tíðindum er gerðusk í Troju til þess at landfólkit skyldi trúa þá guð vera. Non bisogna per altro dimenticare o discreditare queste saghe tanto da escludere dall'arte poetica le antiche kenningar, con cui grandi poeti si sono dilettati. I cristiani, inoltre, non dovranno certo mettersi a credere in dèi pagani o ritenere vere queste saghe, più di quanto non abbiano già fatto con l'inizio del libro, ove si narra degli eventi che condussero l'umanità lontano dalla vera fede e, in seguito, si racconta dei Turchi, e di come gli uomini dell'Asia, che erano chiamati Æsir, falsarono i racconti di ciò che accadde a Troja, affinché le genti li ritenessero dèi.  
8c Priamus konungr í Troju var hǫfðingi mikill yfir ǫllum her Tyrkja ok hans synir váru tignastir af ǫllum her hans. Sá salr hinn ágæti er Æsir kǫlluðu Brimis sal eða bjórsal, þat var hǫll Priamus konungs. En þat er þeir gera langa frásǫgn of ragnarøkr, þat er Trojumanna orrosta. Re Priamus a Troja fu un grande condottiero per tutta la moltitudine dei Turchi e i suoi figli erano i più rinomati di tutta la sua armata. Quella meravigliosa sala che gli Æsir chiamarono «sala di Brimir» o «sala da birra», questa era la hǫll di re Priamus. Quando poi essi raccontano la lunga storia del ragnarøkr, stavano in realtà narrando della guerra di Troja.  
8d Þat er frá sagt at Ǫkuþórr engdi oxahǫfði ok dró at borði Miðgarðsorm, en ormrinn helt svá lífinu at hann søktisk í hafit. Eptir þeim dǿmum er þetta sagt er Ektor drap Volukrontem ágætan kappa at ásjánda inum mikla Akille ok teygði hann svá at sér með hǫfði hins drepna þess er þeir jǫfnuðu til oxans þess er Ǫkuþórr hafði hǫfuðit af. Si narra poi che Ǫkuþórr mise all'amo la testa del bue e tirò fino al bordo il Miðgarðsormr, ma il serpente sopravvisse e sprofondò di nuovo in mare. Questi racconti si basano sulla storia di Ektor, il quale uccise Volukrons, famoso campione, sotto gli occhi del grande Akilleus. Ektor lo attrasse poi verso di sé con la testa dell'ucciso. Questa, dissero in seguito gli Æsir, era la testa di quel bue decapitato da Ǫkuþórr.
8e En er Akilleus var dreginn í þetta ófǿri með sínu kappi þá var honum sú ein lífshjálpin at flýja undan anvænligu hǫggvi Hektoris ok þó sárr. Svá er ok sagt at Ektor sótti svá ákafliga orrostuna ok svá miklir váru ofrhugir hans er hann sá Akilleus at engi hlutr var svá sterkr at standask mætti fyrir honum, ok er hann misti Akilleus ok hann var flýiðr þá sefaði hann svá reiði sína at hann drap þann kappa er Roddrus hét. Akilleus, però, fu attratto in questo trappola a causa della sua audacia e la sua unica salvezza fu di fuggire dai colpi di Ektor, sebbene fosse ferito. È anche detto che Ektor si gettò così violentemente in battaglia e che fosse talmente grande il suo impeto quando vide Akilleus che nulla fosse abbastanza forte da potergli stare innanzi. Quando poi mancò Akilleus e questi gli sfuggì, placò la sua ira uccidendo il campione chiamato Roddrus.
8f Svá sǫgðu Æsir at þá er Ǫkuþórr misti ormsins þá drap hann Ymi jǫtunn, en við ragnarøkr kom Miðgarðsormr váveifliga at Þór ok blés á hann eitri ok hjó hann til bana, en eigi nentu Æsir at segja svá at Ǫkuþórr hefði þí látizk at einn stigi yfir hann dauðan þótt svá hefði verit, en meir hrǫpuðu þeir frásǫgninni en satt var en þeir sǫgðu at Miðgarðsormr fengi þar bana. Per questo gli Æsir raccontarono che quando Ǫkuþórr mancò il serpente, allora uccise il gigante Hymir, ma nel ragnarøkr il Miðgarðsormr giunse da Þórr, tremendo e improvviso, soffiandogli veleno addosso e lo ferì a morte, ma gli Æsir non vollero dire che Ǫkuþórr fosse finito così e che qualcuno stesse al di sopra di lui, morto, anche se così accadde, ma esagerarono la narrazione oltre quanto fosse vero quando raccontarono che il Miðgarðsormr incontrò la morte.
8g En þat fǿrðu þeir til, þótt Akilleus bar banaorð af Ektori þá lá hann dauðr á sama velli af þeim sǫkum. Þat gerðu þeir Elenus ok Alexander. Þann Elenus kalla Æsir Ála. Þat segja þeir at hann hefndi bróður síns ok hann lifði þá er ǫll goðin váru dauð ok sloknaðr var eldrinn sá er brendr var Ásgarðr ok allar eignir goðanna. Inoltre essi addussero a prova di questo che, nonostante Akilleus fosse l'uccisore di Ektor, giacesse morto sullo stesso campo. Questo [lo] fecero Elenus e Alexander. Poi gli Æsir chiamarono Elenus Áli e raccontarono che egli vendicò suo fratello e visse quando tutti gli dèi erano morti e fu appiccato quel fuoco in cui bruciò Ásgarðr e tutti i possedimenti degli dèi.
8h En Pirrus, honum jǫfnuðu þeir til Fenrisúlfs, hann drap Óðin, en Pirrus mátti vargr heita at þeira trú þvíat eigi þyrmði hann griðastǫðunum er hann drap konunginn í hofinu fyrir stalla Þórs. Ancora essi equipararono Pirrus a Fenrisúlfr, colui che uccise Óðinn, e Pirrus poteva essere chiamato «lupo» secondo le loro credenze, poiché non mostrò pietà per i luoghi sacri quando uccise il re nel tempio davanti all'altare di Þórr.
8i Þat kalla þeir Surtaloga er Troja brann. Essi chiamarono «fuoco di Surtr» l'incendio di Troja.
8j En Móði ok Magni synir Ǫkuþórs kvámu at krefja landa Ála eða Viðar. Hann er Eneas, hann kom braut af Troju ok vann síðan stór verk. Svá er ok sagt at synir Ektoris kómu til Frigialands ok settusk sjálfir í þat ríki, en ráku í braut Elenum. Móði e Magni, figli di Ǫkuþórr, giunsero a reclamare la terra di Áli o Viðarr. Questi in realtà è Eneas, che giunse lontano da Troja e da allora compì grandi imprese. È anche detto che i figli di Ettore giunsero fino in Frigia e si stabilirono in quel regno, ma da esso bandirono Eleno.  

 

[T] Upphaf kenninga Inizio delle kenningar  
9 Óðinsheiti ok Óðinskenningar [Denominazioni e kenningar per Óðinn]  
9a Enn skal láta heyra dǿmin hvernig hǫfuðskáldin hafa látit sér sóma at yrkja eftir þessum heitum ok kenningum, svá sem segir Arnórr jarlaskáld, at hann heiti Alfǫðr: Verranno ora presentati esempi di quello che i grandi poeti siano giunti a comporre utilizzando metafore e kenningar, come quando Arnórr jarlaskáld dice di colui che si chiama Allfǫðr:
 
{1}

Nú hykk slíðrhugaðs segja,
síð léttir mér stríða;
þýtr Alfǫður, ýtum
jarls kostu, brim hrosta.

Or penso alle genti di contare
le virtù, i tormenti a lungo restan,
dello jarl mentetorta; la «spuma»
risuona «del malto di Allfǫðr».

  Hér kallar hann ok skáldskapinn hrostabrim Alfǫður. Qui egli chiama l'arte poetica anche «spuma del malto di Allfǫðr».
9b Hávarðr halti kvað svá: Hávarðr lo zoppo disse così:
 
{2}

Nú er jódraugum ægis
arnar flaug, ok bauga,
hygg ek at heimboð þiggi
Hangagoðs, of vangi.

Or per gli «equini tronchi di Ægir»
un volo d'aquila è sopra il campo
e anelli, mi par che riceveranno
da Hangagoð un invito.

9c Svá kvað Víga-Glúmr: Questo disse Víga-Glúmr:
 
{3}

Lattisk herr með hǫttu
Hangatýs at ganga,
þóttit þeim at hætta
þekkiligt, fyrir brekku.

Prese l'armata col «berretto
di Hangatýr» ad andare,
parve a lor così di osare
sul pendio, amabilmente.

9d Svá kvað Refr: Questo disse Refr:
 
{4}

Opt kom, jarðar leiptra,
er Baldr hniginn skaldi,
hollr at helgu fulli
Hrafnásar mér, stafna.

«Baldr del lampo di terra da prore
battuta», ei allo scaldo mancato,
giunse a me spesso, molto devoto
al «calice sacro di Hrafnáss».

9e Svá kvað Eyvindr Skáldaspillir: Così disse Eyvindr skáldaspillir:
 
{5}

Ok Sigurðr
hinn er svǫnum veitti
hróka bjór
Haddingja vals
Farmatýs,
fjǫrvi næmðu
jarðráðendr
á Ǫglói.

E Sigurðr
lui che ai «cigni di Farmatýr»
«birra dei cormorani del caduto»
degli Haddingjar
procurò,
della vita privarono
i sovrani della terra
a Ǫgló.

9f Svá kvað Glúmr Geirason: Così disse Glúmr Geirason:
 
{6}

Þar var, þrafna byrjar,
þeim er stýrðu goð, Beima
sjalfr í sǿkiálfi
Sigtýr Atals dýra.

Lo stesso Sigtýr viveva
nel guerrelfo delle «belve
di Atall, per chi gli dèi guidavan
al «Beimi dei bagli del vento».

9g Svá kvað Eyvindr enn: Questo disse ancora Eyvindr:
 
{7}

Gǫndul ok Skǫgul
sendi Gautatýr
at kjósa of konunga,
hverr Yngva ættar
skyldi með Óðni fara
ok í Valhǫllu vera.

Gǫndul e Skǫgul
Gautatýr mandò
per sceglier fra re
chi di casa d'Yngvi
con Óðinn sarebbe andato
e in Valhǫll arrivato.

9h Svá kvað Úlfr Uggason: Questo disse Úlfr Uggason:
 
{8}

Ríðr at vilgi víðu
víðfrægr, en mér líða,
Hroptatýr, of hvápta
hróðrmál, sonar báli.

Lontano assai cavalca
ben celebre, ma un'ode
da' labbra mie, Hroptatýr,
dal figlio, va, sulla pira.

9i Svá kvað Þjóðólfr inn Hvinverski: Questo disse Þjóðólfr di Hvinir:
 
{9}

Valr lá þar á sandi,
vitinn inum eineygja
Friggjar faðmbyggvi,
fǫgnuðum dáð slíkri.

Un caduto sulla sabbia giaceva,
all'«occhio solo» egli era destinato
che nell'abbraccio di Frigg dimora
e ne lodammo noi la grande impresa.

9j Þat kvað Hallfrøðr: Questo disse Hallfrøðr:
 
{10}

Sannyrðum spenr sverða
snarr þiggjandi viggjar
barrhaddaða byrjar
biðkván und sik Þriðja.

Con la «schietta lingua delle spade»
svelto il «cavallo del vento» parendo
sotto di sé attrae la paziente
«moglie di Þriði» crinita di foglie.

  Hér er þess dǿmi, at jǫrð er kǫlluð kona Óðins í skáldskap. Questo è un esempio di come la terra sia chiamata «moglie di Óðinn» in poesia.  
9k Svá er hér sagt, at Eyvindr kvað: Qui si trova quel che Eyvindr disse:
 
{11}

Hermóðr ok Bragi,
kvað Hroptatýr,
gangið í gǫgn grami,
því at konungr ferr,
sá er kappi þykkir,
til hallar hinig.

Hermóðr e Bragi,
Hroptatýr disse,
l'uom d'arme incontrate,
poiché un re giunge,
che eroe si rivela,
qui nella sala.

9l Svá kvað Kormákr: Questo disse Kormákr:
 
{12}

Eykr með ennidúki
jarðhljótr díafjarðar
breyti hún sá er beinan
bindr. Seið Yggr til Rindar.

Col serto il «donator» è onorato
«del divin fiordo» da «chi ottenne
la terra», che già noce d'albero
lega. Yggr ammalia Rindr.

9m Svá kvað Steinþórr: Questo disse Steinþórr:
 
{13}

Forngervan á ek firnum
farms Gunnlaðar arma
horna fors at hrósa
hlítstyggs ok þó lítlum.

Ho io gran gioia per l'antica
«cascata dei corni» dell'alto
«fardel delle braccia di Gunnlǫð»,
sebben sia ancor ciò cosa poca.

9n Svá kvað Úlfr Uggason: Questo disse Úlfr Uggasson:
 
{14}

Þar hykk sigrunni svinnum
sylgs valkyrjur fylgja
heilags tafns ok hrafna.
Hlaut innan svá minnum

Le Valkyrjur là vedo affiancare
l'«albero saggio della vittoria»
ai corvi brindar e a sacra spoglia.
Ricordo rende all'interno onore.

9o Svá kvað Egill Skallagrímsson: Questo disse Egill Skallagrímsson:
 
{15}

Blót ek eigi af því
bróður Vílis
guðjaðar
at ek gjarna sjá.
Þó hefir Míms vinr
mér of fengit
bǫlva bǿtr
er it betra telk.

Io non immolo
al fratello di Víli,
«altissimo dio»,
non bramerei farlo.
Sebben l'«amico
di Mímir» trovòmmi
sollievi ai dolori
che al meglio racconto.

 
{16}

Gafumk íþrótt
ulfs of bági
vígi vanr
vammi firrða.

Un talento mi diede
il «nemico del lupo»
pronto a battaglia
privo d'infamia.

  Hér er hann kallaðr guðjaðarr ok Míms vinr ok úlfs bági. Qui [Óðinn] è chiamato «altissimo dio», «amico di Mímir» e «nemico del lupo».
9p Svá kvað Refr: Così disse Refr:
 
{17}

Þér eigu vér veigar
Valgautr salar brautar
Fals hrannvala fannar
framr valdi tamr gjalda.

A te dobbiamo «di Falr», o Valgautr,
«le bevande», capitano valente
della «sala del corso della folata
di neve dei destrieri dei flutti».

9q Svá kvað Einarr Skálaglamm: Così disse Einarr skálaglamm:
 
{18}

Hljóta mun ek, né hlítir,
Hertýs, of þat frýju,
fyrir ǫrþeysi at ausa
austr víngnóðar flausta.

Riuscirò io ad aggottar la sentina,
e non occorrà per ciò d'incitarmi,
«del vascello di Hertýr», davanti
a «chi le navi avviar fa veloci».

9r Svá kvað Úlfr Uggason: Così disse Úlfr Uggasson:
 
{19}

Kostigr ríðr at kesti
kynfróðs þeim er goð hlóðu
hrafnfreistaðar hesti
Heimdallr at mǫg fallinn.

Al rogo, da dèi allestito,
cavalca Heimdallr il sommo
ad onor del figlio caduto
del veggente che i corvi doma.

9s Svá er sagt í Eiríksmálum: Così è detto nell'Eiríksmál:
 
{20}

Hvat er þat drauma, kvað Óðinn,
ek hugðumk fyrir dag rísa
Valhǫll ryðja
fyrir vegnu fólki,
vekða ek einherja,
bæða ek upp rísa,
bekki at strá,
bjórker leyðra,
valkyrjur vín bera
sem vísi komi.

Che sogno è questo, chiese Óðinn,
mi parve d'alzarmi prima del giorno,
Valhǫll di allestire
per l'arme dei caduti,
di destare gli Einherhjar,
a lor dir di alzarsi,
panche disporre,
pinte mondare,
alle Valkyrjur di portar vino
tal quando un nobile giunge.

9t Þat kvað Kormákr: Così disse Kormákr:
 
{21}

Algildan bið ek aldar
allvald of mér halda
ýs bifvangi Yngva
ungr. Fór Hroptr með Gungni.

Io ancor giovane il sire prego
della stirpe di Yngvi, egregio,
sopra me dell'«arco il giaciglio»
tener. Con Gungnir, Hroptr andò.

9u Þat kvað Þórόlfr: Disse Þórόlfr:
 
{22}

Sagði hitt er hugði
Hliðskjalfar gramr sjalfum
hlífar styggs þar er hǫgnir
Háreks liðar váru.

Disse fra sé quel che pensava
a Hliðskjálf il reggente
quando abbattute fûr di Hárekr,
sdegnoso di scudo, le schiere.

9v Svá kvað Eyvindr: Così disse Eyvindr:
 
{23}

Hinn er Surts
ór søkkdǫlum
farmagnuðr
fljúgandi bar.

Esso, che dalle
profonde valli
di Surtr, Farmaguðr
in volo portò.

9w Svá kvað Bragi: Così disse Bragi:
 
{24}

Þat erumk sýnt at snemma
sonr Aldafǫðrs vildi
afls við úri þafðan
jarðar reist of freista.

Presto io intesi ben chiaro di come
il figlio di Aldafǫðr volesse
in forza il «serpe attorno la terra»
batter, contorto d'acqua percosso.

9x Svá kvað Einarr: Questo disse Einarr:
 
{25}

Þvíat fjǫlkostigr flestu
flestr ræðr við son Bestlu,
tekit hefi ek morðs til mærðar,
mæringr en þú færa.

Poiché molti campioni assai meno
di te riescon sovente vincenti
contro il figlio di Bestla, un encomio,
in poema di guerra, ho composto.

9y Svá kvað Þorvaldr blǫnduskáld: Così disse Þorvaldr blǫnduskáld:
 
{26}

Nú hef ek mart
í miði greipat
burar Bors
Búra arfa.

Ora ne ho preso
molto idromele
del figlio di Borr
di Búri erede.

10

Skáldskaparkenningar [Kenningar per l'arte scaldica]  
10a Hér skal heyra hvé skáldin hafa kennt skáldskapinn eftir þessum heitum er áðr eru rituð, svá sem er at kalla Kvasis dreyra ok dverga skip, dverga mjǫð, jǫtna mjǫð, Suttunga mjǫð, Óðins mjǫð, Ása mjǫð, fǫðurgjǫld jǫtna, lǫgr Óðreris ok Boðnar ok Sónar ok fyllr, lǫgr Hnitbjarga, fengr ok fundr ok farmr ok gjǫf Óðins. Ora si udirà come i poeti abbiano nominato l'arte poetica per mezzo delle denominazioni di cui è stato scritto in precedenza, ovvero «sangue di Kvasir», «barca dei nani», «idromele dei nani», «idromele dei giganti», «idromele di Suttungr», «idromele di Óðinn», «idromele degli Æsir», «guidrigildo dei giganti», «liquido» o anche «contenuto di Óðreyrir, di Boðn, di Són», «liquido di Hnitbjǫrg», «bottino, scoperta e dono di Óðinn», ed è anche stata chiamata così.
10b Svá sem hér er kveðit er orti Einarr skálaglamm: Come scrisse Einarr skálaglamm:
 
{27}

Hugstóran bið ek heyra,
heyr, jarl, Kvasis dreyra,
foldar vǫrð á fyrða
fjarðleggjar brim dreggjar.

Io prego il magnanimo di ascoltar,
odi il «sangue di Kvasir», o jarl
«guardian della landa», la «spuma del lievito
degli uomini delle gambe del fiordo».

10c Ok sem kvað Einarr enn skálaglamm: E così ancora disse Einarr skálaglamm:
 
{28}

Ullar gengr of alla
asksǫgn þess er hvǫt magnar
byrgis bǫðvar sorgar
bergs geymilá dverga.

Sulla «turba dei legni di Ullr»
di colui che la brama alimenta
di «dolor del riparo in battaglia»
«acqua» scorre «dai monti dei nani».

10d Svá sem kvað Ormr Steinþórsson: Così come disse Ormr Steinþórsson:
 
{29}

At væri borit bjórs
bríkar ok mitt lík,
rekkar nemi dauðs drykk
Dvalins, í einn sal

Che il corpo del «trave di vesti»
e 'l mio nato fosse, «la beva
di Dvalinn» abbian gli eroi
per il morto, in unica sala.

10e Ok sem Refr kvað: E come disse Refr:
 
{30}

Grjótaldar ték gildi
geðreinar Þórsteini.
Berg-Mǿra glymr bára,
bið ek lýða† kyn hlýða.

Del «poggio del senno» io colgo «il banchetto»
del «popol di pietra» a favore di Þórsteinn.
Dei «Mǿrir di rupe» risacca risuona
che alle genti io prego di stare a sentir.

10f Svá sem kvað Egill: Così disse Egill:
 
{31}

Buðumk hilmir lǫð,
þar á ek hróðrs of kvǫð.
Bar ek Óðins mjǫð
á Engla bjǫð.

Il re albergo per me dispose
ché cantar potessi una lode.
«Di Óðinn l'idromele» io presi
là sulla terra degli Inglesi.

10g Ok sem kvað Glúmr Geirason: E come disse Glúmr Geirason:
 
{32}

Hlýði, hapta beiðis
hefk, mildingar, gildi.
Því biðjum vér þagnar
þegna tjón at fregnum.

Udite, al «banchetto del sire
dei ceppi» pei prìncipi inizio.
Il silenzio chiediamo, poiché
degli astanti il lutto sappiamo.

10h Ok sem kvað Eyvindr: E così disse Eyvindr:
 
{33}

Vilja ek hljóð
at Hárs líði,
meðan Gillings
gjǫldum yppik,
meðan hans ætt
í hverlegi
gálga farms
til goða teljum.

Ora io voglio silenzio
per il «liquore di Hár"
mentre «di Gillingr», alto,
«l'oro» posso cantare,
mentre la stirpe sua
con l'«acqua della giara
del fardel sulla forca»
fino agli dèi contiamo.

10i Svá sem Einarr kvað skálaglamm: Così come disse Einarr skálaglamm:
 
{34}

Eisar vágr fyrir vísa,
verk Rǫgnis mér hagna,
þýtr Óðreris alda,
aldr hafs, við fles galdra.

Dinnanzi al re l'onda si riversa,
«l'opera di Rǫgnir» mi soccorre,
«di Óðrerir» risuona «il maroso»,
ritmo del mar, sugli «scogli del canto».

10j Ok enn sem hann kvað: Ed ancora egli disse:
 
{35}

Nú er þats Boðnar bára,
berg-Saxa, tér vaxa,
gørvi í hǫll ok hlýði
hljóð fley jǫfurs þjóðir.

Ecco il momento: la «risacca di Boðn»
s'ingrossa, la truppa del principe
nella hǫll resti silente ed ascolti
il «traghetto dei Sassoni di rupe».

10k Ok sem kvað Eilífr Guðrúnarson: E come disse Eilífr Guðrúnarson:
 
{36}

Verði þér, alls orða
oss grǿr of kon mæran
á sefreinu Sónar
sáð, vingjǫfum ráða.

Dacché pel nobil discendente
«di Sónr il seme» in noi cresce,
gentil, sul «campo di parole»,
un dono decider dovete.

10l Svá sem kvað Vǫlu-Steinn: Così come disse Vǫlu-Steinn:
 
{37}

Heyr Míms vinar mína,
mér er fundr gefinn Þundar,
við góma sker glymja
glaumbergs, Egill, strauma.

Ascolta – a me fu donata, o Egill,
la «scoperta di Þundr» – dal mio petto
risuonar sugli «scogli della bocca»
la «corrente dell'amico di Mímir».

10m Svá kvað Ormr Steinþórsson: Così disse Ormr Steinþórsson:
 
{38}

Seggir þurfut ala ugg,
engu sný ek í Viðurs feng
háði, kunnum hróðrsmíð
haga, of mínn brag.

Timor non occorre insinuare
sui canti miei, non certo infamia
al «bottin di Viðurr» dar voglio;
opre di lode sappiam creare.

10n Svá kvað Úlfr Uggason: Così disse Úlfr Uggason:
 
{39}

Hoddmildum ték hildar
hugreifum Óleifi,
hann vil ek at gjǫf Grímnis,
geð-Njarðar lá, kveðja.

Per Óleifr «largo con l'oro» io colgo
«dall'ingegno del Njǫrðr battagliero
il liquore»; lui ora io richiamo
all'ascolto del «dono di Grímnir».

10o Skáldskapr er kallaðr sjár eða lǫgr dverganna, fyrir því at Kvasis blóð var lǫgr í Óðreri, áðr mjǫðrinn væri gjǫrr, ok þar gerðist hann í katlinum, ok er hann kallaðr fyrir því hverlǫgr Óðins, svá sem kvað Eyvindr ok fyrr var ritat: L'arte scaldica è chiamata «mare» o «liquido dei nani», poiché il sangue di Kvasir era il liquido contenuto dentro Óðrerir prima che diventasse l'idromele. In seguito venne messo nel secchio e fu chiamato per questo «l'acqua della giara di Óðinn», così come disse Eyvindr ed è stato prima riportato:
 
{40}

Meðan hans ætt
í hverlegi
gálga farms
til goða teljum.

Mentre la stirpe sua
con l'«acqua della giara
del fardel sulla forca»
fino agli dèi contiamo.

10p Enn er kallaðr skáldskaprinn far eða líð dverganna; líð heitir ǫl ok líð heitir skip. Svá er tekit til dǿma, at skáldskapr er nú kallaðr fyrir því skip dverga, svá sem hér segir: Ancora, l'arte scaldica è chiamata «vascello» o «liquore dei nani»; la birra può chiamarsi «liquore» ed è dunque un sinonimo di «nave». Si sostiene che questa sia la ragione per cui l'arte scaldica sia ora chiamata «la nave dei nani», così come qui si dice:
 
{41}

Bæði á ek til brúðar
bergjarls ok skip dverga
sollinn vind at senda
seinfyrnd gǫtu eina.

L'indomito «vento» posseggo
«di sposa del nobil di rupe»
e «nave perpetua dei nani»
a correr medesimo passo.

11

Þórskenningar [Kenningar per Þórr]  
11a Hvernig skal kenna Þór? Svá at kalla hann son Óðins ok Jarðar, faðir Magna ok Móða ok Þrúðar, verr Sifjar, stjúpfaðir Ullar, stýrandi ok eigandi Mjǫllnis ok megingjarða, Bilskirnis, verjandi Ásgarðs, Miðgarðs, dólgr ok bani jǫtna ok trǫllkvinna, vegandi Hrungnis, Geirrøðar, Þrívalda, dróttinn Þjálfa ok Rǫsku, dólgr Miðgarðsorms, fóstri Vingnis ok Hlóru. Quali sono le kenningar per Þórr? Si può chiamarlo figlio di Óðinn e di Jǫrð, padre di Magni, Móði e Þrúðr, marito di Sif, patrigno di Ullr, portatore e padrone di Mjǫllnir, della cintura di potere e di Bilskírnir, difensore di Ásgarðr e Miðgarðr, nemico e uccisore di giganti e trollesse, uccisore di Hrugnir, Geirrǫðr e Þrívaldi, padrone di Þjálfi e Rǫskva, nemico del Miðgarsðormr, figlio adottivo di Vingnir e Hlóra.  
11b

<Omissis>

<Omissis>

12

Baldrskenningar [Kenningar per Baldr]  
12a Hvernig skal kenna Baldr? Svá at kalla hann son Óðins ok Friggjar, ver Nǫnnu, faðir Forseta, eigandi Hringhorna ok Draupnis, dólgr Haðar, Heljar sinni, gráta guð. Quali sono le kenningar per Baldr? Si può chiamalo figlio di Óðinn e di Frigg, marito di Nanna, padre di Forseti, possessore di Hringhorni e di Draupnir, avversario di Hǫðr, compagno di Hel, dio del pianto.
12b Úlfr Uggason hefir kveðit eftir sǫgu Baldrs langt skeið í Húsdrápu, ok ritat er áðr dæmi til þess, er Baldr er svá kenndr. Úlfr Uggasson ha composto un lungo brano nell'Húsdrápa ispirandosi alla saga di Baldr e anche in precedenza si trovavano altre testimonianze scritte che Baldr fosse chiamato in tali modi.  

13

Njarðarkenningar [Kenningar per Njǫrðr]  
13a Hvernig skal kenna Njǫrd? Svá at kalla hann vagnaguð eða Vananið eða Van ok fǫður Freys ok Freyju, *gefanda guð. Quali sono le kenningar per Njǫrðr? Si può chiamarlo dio del carro, discendente dei Vanir, vanr, padre di Freyr e Freyja, dio dei donatori.
13b

<Omissis>

<Omissis>

14

Freyskenningar [Kenningar per Freyr]  
14a Hvernig skal kenna Frey? Svá at kalla hann son Njarðar, bróður Freyju ok enn Vanaguð ok Vananið ok Vanr ok árguð ok fégjafa.
 
Quali sono le kenningar per Freyr? Si può chiamarlo figlio di Njǫrðr, fratello di Freyja e ancora dio dei Vanir, discendente dei Vanir, vanr, dio dei raccolti e donatore di ricchezza.  
14b

<Omissis>

<Omissis>

15

Heimdallarkenningar [Kenningar per Heimdallr]  
15a Hvernig skal Heimdall kenna? Svá at kalla hann son níu mǿðra eða vǫrð goða, svá sem fyrr er ritat, eða hvíta ás, Loka dólg, mensǿkir Freyju. Quali sono le kenningar per Heimdallr? Si può chiamarlo figlio di nove madri, guardiano degli dei, così come in precedenza è stato scritto, poi áss bianco, nemico di Loki e cercatore del monile di Freyja.  
15b Heimdalar hǫfuð heitir sverð; svá er sagt, at hann var lostinn manns hǫfði í gǫgnum. Um hann er kveðit í Heimdallargaldri, ok er síðan kallat hǫfuð mjǫtuðr Heimdallar; sverð heitir manns mjǫtuðr. La spada è detta «testa di Heimdallr», poiché è scritto che egli fu colpito da una testa d'uomo. Di lui si narra nell'Heimdallargaldr e da allora la testa è detta la «condanna di Heimdallr». La spada è invece chiamata la «condanna dell'uomo».
15c Heimdallr er eigandi Gulltopps. Hann er ok tilsǿkir Vágaskers ok Singasteins. Þá deilði hann við Loka um Brísingamen. Hann heitir ok Vindlér. Heimdallr inoltre possiede Gulltoppr. Egli si reca anche a Vágasker e a Singasteinn, laddove affrontò Loki per recuperare il Brísingamen. Egli è anche chiamato Vindlér.
15d Úlfr Uggason kvað í Húsdrápu langa stund eptir þeiri frásǫgu; er þess þar getit, at þeir váru í sela líkjum; ok sonr Óðins. Úlfr Uggason compose un lungo canto nell'Húsdrápa riguardo alla loro leggenda, ove si narra anche che avevano assunto le sembianze di foche. Anche [Heimdallr è] figlio di Óðinn.  

16

Týskenningar [Kenningar per Týr]  
16a Hvernig skal kenna Tý? Svá at kalla hann einhenda ás ok úlfs fóstra, víga guð, son Óðins. Quali sono le kenningar per Týr? Si può chiamarlo áss da una mano sola, domatore del lupo, dio delle battaglie, figlio di Óðinn.

17

Bragakenningar [Kenningar per Bragi]  
17a Hvernig skal kenna Braga? Svá at kalla hann Iðunnar ver, frumsmið bragar ok inn síðskeggja ás - af hans nafni er sá kallaðr skeggbragi, er mikit skegg hefir - ok sonr Óðins. Quali sono le kenningar per Bragi? Si può chiamarlo marito di Iðunn, primo creatore della poesia, áss dalla lunga barba – da questo nome, chiunque abbia una grande barba è chiamato skeggbragi – e figlio di Óðinn.

18

Víðarskenningar [Kenningar per Víðarr]  
18a Hvernig skal kenna Víðar? Hann má kalla hinn þǫgla ás, eiganda járnskós, dólg ok bana Fenrisúlfs, hefni ás goðanna, byggvi ás fǫðurtópta ok son Óðins, bróður Ásanna. Quali sono le kenningar per Víðarr? Si può chiamarlo l'áss silente, possessore della scarpa di ferro, nemico e uccisore del lupo Fenrir, áss vendicatore degli dei, áss che abiterà le dimore dei padri, figlio di Óðinn e fratello degli Æsir.

19

Válakenningar [Kenningar per Váli]  
19a Hvernig skal kenna Vála? Svá at kalla hann son Óðins ok Rindar, stjúpson Friggjar, bróður Ásanna, hefni ás Baldrs, dólg Haðar ok bana hans, byggvanda fǫðurtófta. Quali sono le kenningar per Váli? Si può chiamarlo figlio di Óðinn e di Rindr, figliastro di Frigg, fratello degli Æsir, áss vendicatore di Baldr, nemico e uccisore di Hǫðr, abitatore delle dimore dei padri.

20

Haðarkenningar [Kenningar per Hǫðr]  
20a Hvernig skal kenna Hǫð? Svá at kalla hann blinda ás, Baldrs bana, skjótanda mistilteins, son Óðins, Heljar sinna, Vála dólg. Quali sono le kenningar per Hǫðr? Si può chiamarlo áss cieco, assassino di Baldr, lanciatore del vischio, figlio di Óðinn, compagno di Hel, nemico di Váli.

21

Ullarkenningar [Kenningar per Ullr]  
21a Hvernig skal kenna Ull? Svá at kalla hann son Sifjar, stjúp Þórs, ǫndur ás, boga ás, veiði ás, skjaldar ás. Quali sono le kenningar per Ullr? Si può chiamarlo figlio di Sif, figliastro di Þórr, áss degli sci, áss dell'arco, áss della caccia, áss dello scudo.

22

Hǿniskenningar [Kenningar per Hǿnir]  
22a Hvernig skal kenna Hǿni? Svá at kalla hann sessa eða sinna eða mála Óðins ok hinn skjóta ás ok hinn langa fót ok aurkonung. Quali sono le kenningar per Hǿnir? Si può chiamarlo vicino, compagno o amico di Óðinn, áss veloce, lungo piede o re dell'argilla [aurkonungr].

23

Lokakenningar [Kenningar per Loki]  
23a Hvernig skal kenna Loka? Svá at kalla hann son Fárbauta ok Laufeyjar, Nálar, bróður Býleists ok Helblinda, fǫður Vánargands, þat er Fenrisúlfr, ok Jǫrmungands, þat er Miðgarðsormr, ok Heljar ok Nara ok Ála, frænda ok fǫðurbróður, sinna ok sessa Óðins ok Ása, heimsǿki ok kistuskrúð Geirrǫðar, þjóf jǫtna, hafrs ok Brísingamens ok Iðunnar epla, Sleipnis frænda, ver Sigynjar, goða dólgr, hárskaði Sifjar, bǫlva smiðr, hinn slǿgi Áss, rǿgjandi ok vélandi goðanna, ráðbani Baldrs, hinn bundni, þrætudólgr Heimdalar ok Skaða. Quali sono le kenningar per Loki? Si può chiamarlo figlio di Fárbauti e di Laufey, di Nál, fratello di Býleistr ed Helblindi, padre del Vánargandr, ovvero il lupo Fenrir, di Jǫrmungandr, ovvero il Miðgarsðormr, di Hel, di Nari e di Áli; parente, zio, compagno e vicino di Óðinn e degli Æsir, ospite e ornamento della cassa di Geirrǫðr, ladro dei giganti, del capro, del Brísingamen e delle mele di Iðunn, congiunto di Sleipnir, marito di Sygin, nemico degli dèi, scempio dei capelli di Sif, creatore di avversità, l'astuto áss, calunniatore e ingannatore degli dèi, colpevole della morte di Baldr, l'incatenato, acerrimo nemico di Heimdallr e di Skaði.
23b Svá sem hér segir Úlfr Uggason:  Così disse Úlfr Uggason:
{64}

Ráðgegninn bregðr ragna
rein at Singasteini
frægr við firnaslǿgjan
Fárbauta mǫg vári.
Móðǫflugr ræðr mǿðra
mǫgr hafnýra fǫgru
kynni ek, áðr ok einnar
átta, mærðar þáttum.

Lui che sempre saggio pondera
«somma guardia del passo divino»
a Singasteinn, famoso, si scontrò
col figlio di Fárbauti, sinistro.
Per primo, io ne canto, lui vinse
fiero il bel «rene dell'oceano»,
«di madri otto figlio e una ancora»,
con un intreccio d'encomio.

Hér er þess getit at Heimdallr er son níu mǿðra. Qui è detto che Heimdallr è figlio di nove madri.

24

Frá Hrungni jǫtni [Del gigante Hrungnir]
24a Nú skal enn segja dǿmi, af hverju þær kenningar eru er nú váru ritaðar, er áðr váru eigi dæmi til sǫgð, svá sem Bragi sagði Ægi at Þórr var farinn í Austrvega at berja troll, en Óðinn reið Sleipni í Jǫtunheima ok kom til þess jǫtuns er Hrungnir hét. Þá spyrr Hrungnir, hvat manna sá er með gullhjálminn er ríðr lopt ok lǫg ok segir at hann á furðu góðan hest. Óðinn sagði at þar vill hann veðja fyrir hǫfði sínu at engi hestr skal vera jafngóðr í Jǫtunheimum. Hrungnir sagði at sá er góðr hestr, en hafa lézk hann mundu myklu stórfetaðra hest; sá heitir Gullfaxi. Ora bisogna stilare un saggio per ciascuna delle kenningar sopra descritte, di cui però non sono ancora stati dati esempi. Come quella volta in cui Bragi raccontò ad Ægir di quando Þórr si era recato sulle vie dell'oriente a combattere i troll, mentre Óðinn cavalcava con Sleipnir in Jǫtunheimr, e giunse presso quel gigante chiamato Hrungnir. Allora Hrungnir chiese che tipo di uomo fosse colui che portava l'elmo dorato e cavalcava attraverso l'aria e l'acqua; e aggiunse che aveva proprio un cavallo meraviglioso. Óðinn disse che avrebbe scommesso la propria testa che in Jǫtunheimr nessun cavallo fosse pari al proprio. Hrungnir rispose che quello era un buon cavallo, ma dichiarò di possederne uno dal passo molto più lungo, che si chiamava Gullfaxi.
24b Hrungnir varð reiðr ok hleypr upp á hest sinn ok hleypir eptir honum ok hyggr at launa honum ofrmæli. Óðinn hleypti svá mikit at hann var á ǫðru leiti fyrir, en Hrungnir hafði svá miklum jǫtunmóð at hann fann eigi fyrr en hann sótti inn of Ásgrindr. Hrungnir divenne furioso; montò in sella al proprio cavallo e galoppò dietro [a Óðinn], pensando di fargli pagare le sue sbruffonate. Óðinn galoppava così veloce che giunse per primo sulla sommità della collina più vicina, ma Hrungnir era preda di uno jǫtunmóðr talmente smodato che non tornò cosciente finché non irruppe dentro i cancelli di Ásgrindr.
24c Ok er hann kom at hallardurum, buðu Æsir honum til drykkju. Hann gekk í hǫllina ok bað fá sér drykkju. Váru þá teknar þær skálir er Þórr var vanr at drekka ór, ok snerti Hrungnir ór hverri. En er hann gerðist drukkinn þá skorti eigi stór orð. Hann lézk skyldu taka upp Valhǫll ok færa í Jǫtunheima, en søkkva Ásgarði en drepa guð ǫll, nema Freyju ok Sif vill hann heim hafa með sér. En Freyja fór þá at skenkja honum, ok drekka lézk hann mundu alt Ása ǫl. Quando giunse alle porte della hǫll, gli Æsir lo invitarono a bere. Egli entrò e ordinò che gli fosse servito da bere. Gli furono quindi recati i boccali da cui solitamente beveva Þórr, e Hrungnir li svuotò tutti. Quando fu ubriaco, non risparmiò le sbruffonate. Disse che avrebbe sollevato Valhǫll e se la sarebbe portata nello Jǫtunheimr; che avrebbe sprofondato Ásgarðr, ucciso tutti gli dèi e portato a casa con sé Freyja e Sif. Mentre Freyja versava da bere, giurò che avrebbe bevuto tutta la birra degli Æsir.
24d En er Ásum leiddisk ofrefli hans þá nefna þeir Þór. Því næst kom Þórr í hǫllina ok hafði uppi á lopti hamarinn ok var allreiðr ok spyrr hverr því ræðr er jǫtnar hundvísir skulu þar drekka, eða hverr seldi Hrungni grið at vera í Valhǫll eða hví Freyja skal skenkja honum sem at gildi Ása. Quando però gli Æsir si stancarono della sua insolenza, invocarono Þórr. Subito giunse Þórr nella hǫll, brandendo il martello in aria. Era furibondo e chiese chi permettesse ai giganti dalla mente contorta di bere proprio lì, o chi avesse concesso a Hrungnir di entrare in Valhǫll, o perché mai Freyja dovesse mescergli da bere come fosse a un banchetto degli Æsir.
24e Þá svarar Hrungnir ok sér ekki vinaraugum til Þórs, sagði, at Óðinn bauð honum til drykkju ok hann var á hans griðum. Þá mælti Þórr, at þess boðs skal Hrungnir iðrask, áðr hann komi út. Hrungnir rispose, guardando Þórr con occhi tutt'altro che amichevoli, che era stato Óðinn ad averlo invitato a bere, e che quindi era sotto la sua protezione. Þórr rispose a Hrungnir che si sarebbe pentito di quell'invito prima di andarsene.
24f Hrungnir segir, at Ásaþór er þat lítill frami at drepa hann vápnlausan. Hitt er meiri hugraun ef hann þorir at berjask við hann at landamæri á Grjóttúnagǫrðum. Hrungnir rispose che Ásaþórr non avrebbe certo compiuto un'impresa memorabile se l'avesse ucciso quando era disarmato. Sarebbe stata una prova di maggior valore combattere con lui ai confini dei Grjóttúngarðar.
24g “Ok hefir þat verit mikit fólskuverk”, sagði hann, “er ek lét eptir heima skjǫld minn ok hein. En ef ek hefða hér vápn mín, þá skyldum vit nú reyna hólmgǫnguna. En at ǫðrum kosti legg ek þér við níðingsskap, ef þú vill drepa mik vápnlausan”. “È stato davvero sciocco”, proseguì, “aver lasciato a casa il mio scudo e la mia cote. Se avessi qui le mie armi, potremmo incontrarci in un hólmganga. Ti adonterai invece di vigliaccheria, se mi ucciderai disarmato”.
24h Þórr vill fyrir øngan mun bila at koma til einvígis er honum var hólmr skoraðr, því at engi hafði honum þat fyrr veitt. Fór þá Hrungnir braut leið sína ok hleypði ákafliga, þar til er hann kom í Jǫtunheima, ok varð fǫr hans allfræg með jǫtnum ok þat at stefnulag var komit á með þeim Þór. Þórr non intendeva certo mancare di presentarsi al duello, ora che veniva «invitato sull'isola», poiché nessuno l'aveva mai sfidato prima. Hrungnir quindi se ne andò, galoppando impetuosamente, finché non tornò nello Jǫtunheimr e fra i giganti si parlò molto del suo viaggio e dello scontro con Þórr che era stato stabilito.
24i Þóttust jǫtnar hafa mikit í ábyrgð, hvárr sigr fengi; þeim var ills ván af Þór ef Hrungnir léti, fyrir því at hann var þeira sterkastr. Ai giganti parve che le conseguenze del duello sarebbero state assai grandi, a seconda di chi avesse vinto; si aspettavano infatti gravi mali da Þórr se Hrungnir fosse perito, dal momento che egli era il più forte di tutti loro.
24j Þá gerðu jǫtnar mann á Grjóttúnagǫrðum af leiri ok var hann níu rasta hár en þriggja breiðr undir hǫnd, en ekki fengu þeir hjarta svá mikit, at honum sómði fyrr en þeir tóku úr meri nǫkkvorri, ok varð honum þar eigi stǫðugt þá er Þórr kom. Fu allora che i giganti, nei Grjóttúnagaðar, plasmarono un uomo d'argilla; era alto nove rastar e largo tre intorno al petto. Non trovarono però un cuore abbastanza grande per lui, finché non ne presero uno da una cavalla, e non gli stava ancora ben saldo quando Þórr arrivò.
24k Hrungnir átti hjarta þat, er frægt er, af hǫrðum steini ok tindótt með þrimr hornum, svá sem síðan er gert ristubragð þar er Hrungnis hjarta heitir. Af steini var ok hǫfuð hans. Skjǫldr hans var ok steinn, víðr ok þjokkr, ok hafði hann skjǫldinn fyrir sér, er hann stóð á Grjóttatúnagǫrðum ok beið Þórs, en hein hafði hann fyrir vápn ok reiddi of ǫxl ok var ekki dælligr. Á aðra hlið honum stóð leirjǫtunninn, er nefndr er Mǫkkurkálfi, ok var hann allhræddr. Svá er sagt, at hann meig, er hann sá Þór. Hrungnir aveva quel cuore, che è famoso, fatto di pietra dura e dotato di tre punte affilate di corno, da cui è originato il simbolo che si chiama Hrungnishjartr. Di pietra era anche la sua testa, così come il suo scudo, ampio e spesso, e lo teneva davanti a sé, mentre attendeva Þórr ai Grjóttúnagarðar. Come arma aveva una cote, che brandiva sopra le spalle, e non era rassicurante da vedere. Di fianco a lui c'era il gigante d'argilla, chiamato Mǫkkurkálfi, il quale era assai spaventato. Si dice che se la fece sotto quando vide Þórr.
24l Þórr fór til hólmstefnu ok með honum Þjálfi. Þórr corse al luogo del duello e con lui Þjálfi.
24m Þá rann Þjálfi fram at þar er Hrungnir stóð, ok mælti til hans: “Þú stendr óvarliga, jǫtunn, hefir skjǫldinn fyrir þér, en Þórr hefir sét þik, ok ferr hann it neðra í jǫrðu, ok mun hann koma neðan at þér”. Þjálfi corse fin dove stava Hrungnir e gli disse: “Non sei al sicuro, gigante, se resti con lo scudo davanti a te. Poiché Þórr ti ha veduto, andrà sottoterra e ti raggiungerà dal basso”.
24n Þá skaut Hrungnir skildinum undir fǿtr sér ok stóð á, en tvíhendi heinina. Því næst sá hann eldingar ok heyrði þrumur stórar. Sá hann þá Þór í ásmóði, fór hann ákafliga ok reiddi hamarinn ok kastaði um langa leið at Hrungni. Hrungnir fǿrir upp heinina báðum hǫndum, ok kastar í mót. Mǿtir hon hamrinum á flugi, heinin, ok brotnar sundr heinin; fellr annarr hlutr á jǫrð, ok eru þar af orðin ǫll heinberg. Annarr hlutr brast í hǫfði Þór, svá at hann fell fram á jǫrð. En hamarrinn Mjǫllnir kom í mitt hǫfuð Hrungni ok lamði hausinn í smán mola ok fell hann fram yfir Þór, svá at fótr hans lá of háls Þór. En Þjálfi vá at Mǫkkurkálfa, ok fell hann við lítinn orðstír. Hrungnir si mise allora lo scudo sotto i piedi e rimase fermo, tenendo con due mani la cote. Subito dopo vide un lampo e udì forti rombi di tuono. Vide quindi Þórr in preda all'ásmóðr che avanzava furiosamente. [Þórr] roteò il martello e lo scagliò da lontano contro Hrungnir. Hrungnir sollevò la cote con le due mani e gliela lanciò contro. Essa incontrò il martello a mezz'aria e si frantumò. Una parte cadde sulla terra, e da essa ebbero origine tutte le pietre [da cui si traggono le] coti. Una scheggia si conficcò nulla testa di Þórr ed egli rovinò a terra. Il martello Mjǫllnir invece colpì in pieno la testa di Hrungnir, distruggendogli il cranio in mille pezzi. Questi cadde addosso a Þórr in modo tale che un suo piede giacque sul collo dell'áss. Nel frattempo Þjálfi colpì Mǫkkurkálfi, il quale cadde con ben poca dignità.
24o Þá gekk Þjálfi til Þórs ok skyldu taka fótinn af honum ok gat hvergi valdit. Þá gengu til Æsir allir er þeir spurðu at Þórr var fallinn, ok skyldu taka fótinn af honum ok fengu hvergi komit. Þjálfi si recò da Þórr per togliergli di dosso il piede di Hrungnir, ma non aveva abbastanza forza. Giunsero quindi tutti gli Æsir quando seppero che Þórr era caduto e provarono a liberarlo del piede, ma nessuno vi riuscì.
24p Þá kom til Magni, sonr Þórs ok Járnsǫxu. Hann var þá þrívetr. Hann kastaði fǿti Hrungnis af Þór ok mælir: “Sé þar ljótan harm, faðir, er ek kom svá síð. Ek hygg at jǫtun þenna mundak hafa lostit í hel með hnefa mér ef ek hefða fundit hann”. Si fece quindi avanti Magni, figlio di Þórr e Járnsaxa, che aveva allora tre inverni. Egli gettò il piede di Hrungnir via da Þórr e disse: “Che peccato, padre, che io sia giunto così tardi! Avrei colpito a morte questo gigante con un pugno, penso, se l'avessi trovato”.
24q Þá stóð Þórr upp ok fagnaði vel syni sínum ok sagði hann myndi verða mikinn fyrir sér. Quindi Þórr si alzò, diede il benvenuto a suo figlio e disse che in futuro sarebbe certamente divenuto possente.
24r “Ok vil ek”, sagði hann, “gefa þér hestinn Gullfaxa, er Hrungnir hafði átt”. “E ti darò”, gli disse, “il cavallo Gullfaxi, che prima d'ora è stato di Hrungnir.
24s Þá mælir Óðinn ok sagði at Þórr gerði rangt, er hann gaf þann inn góða hest gýgjarsyni en eigi fǫður sínum. Parlò quindi Óðinn e disse che Þórr aveva fatto male a dare quel buon cavallo al figlio di una gýgr, anziché al proprio padre.

25

Frá Gróu vǫlu [Di Gróa, la vǫlva]  
25a Þórr fór heim til Þrúðvanga ok stóð heinin í hǫfði honum. Þá kom til vǫlva sú er Gróa hét, kona Aurvandils ins frǿkna. Hon gól galdra sína yfir Þór til þess er heinin losnaði. Þórr tornò a casa a Þrúðvangar, ma la cote gli era rimasta conficcata in testa. Giunse quindi da quella vǫlva che si chiamava Gróa, moglie di Aurvandill il valoroso.
25b En er Þórr fann þat ok þótti þá ván, at braut mundi ná heininni, þá vildi hann launa Gró lækninguna ok gera hana fegna, sagði henni þau tíðindi, at hann hafði vaðit norðan yfir Élivága ok hafði borit í meis á baki sér Aurvandil norðan ór Jǫtunheimum, ok þat til jartegna at ein tá hans hafði staðit ór meisinum ok var sú frerin svá at Þórr braut af ok kastaði upp á himin ok gerði af stjǫrnu þá, er heitir Aurvandilstá. Ella recitò su Þórr i suoi incantesimi finché la cote iniziò a muoversi. Quando Þórr se ne accorse e pensò di potersene ormai liberare, allora volle ringraziare Gróa per la guarigione e renderla felice. Le raccontò dunque di essere giunto da nord guadando gli Élivágar e di aver portato Aurvandill fuori dallo Jǫtunheimr, dentro una gerla sulla schiena. A prova di questo, disse che un alluce di Aurvandill spuntava fuori dalla gerla e si era congelato, cosicché Þórr lo aveva spezzato e lo aveva lanciato nel cielo, facendone la stella che si chiama Aurvandilstá.
25c Þórr sagði at eigi myndi langt til, at Aurvandill mundi heim koma, en Gróa varð svá fegin, at hon munði ønga galdra, ok varð heinin eigi lausari ok stendr enn í hǫfði Þór; ok er þat boðit til varnanar at kasta hein of gólf þvert, þvíat þá hrǿrist heinin í hǫfði Þór. Þórr disse che non sarebbe passato molto tempo prima che Aurvandill fosse tornato a casa, e Gróa ne fu così felice che si dimenticò dei suoi incantesimi e non terminò di estrarre la cote, che si trova ancora nella testa di Þórr. È per questo che è proibito lanciare una cote attraverso una stanza: poiché si scuote quella dentro la testa di Þórr.
25d Eftir þessi sǫgu hefir ort Þjóðólfr hvinverski í Haustlǫng. Svá segir þar: Da questa saga Þjóðólfr di Hvinir compose [il poema] Haustlǫng, ove dice:

<Omissis>

<Omissis>

25e Þá mælir Ægir: “Mikill þótti mér Hrungnir fyrir sér. Vann Þórr meira þrekvirki nokkvot þá er hann átti við trǫll?” Disse quindi Ægir: “Mi sembra che Hrungnir fosse davvero potente. Ci sono altre imprese eroiche compiute da Þórr, quando ha avuto a che fare con i troll?”

26

Fǫr Þórs til Geirrøðargarða [Il viaggio di Þórr alla corte di Geirrøðr]
26a Þá svarar Bragi: “Mikillar frásagnar er þat vert er Þórr fór til Geirrøðargarða. Þá hafði hann eigi hamarinn Mjǫllni eða megingjarðar eða járngreipr, ok olli því Loki. Rispose allora Bragi: “È assai degna d'essere raccontata la volta in cui Þórr si recò alla corte di Geirrøðr. In quell'occasione egli non aveva con sé il martello Mjǫllnir, né la cintura di potere, né i guanti di ferro e questo fu a causa di Loki.
26b Hann fór með honum, þvíat Loka hafði þat hent þá er hann flaug einu sinni at skemmta sér með valsham Friggjar, at hann flaug fyrir forvitni sakar í Geirrøðargarða ok sá þar hǫll mikla, settist ok sá inn of glugg. En Geirrøðr leit í móti honum ok mælir at taka skyldi fuglinn ok fǿra honum. En sendimaðr komsk nauðuliga á hallar vegginn, svá var hann hár. Þat þótti Loka gott er hann sótti erfiðliga til hans ok ætlaði sér stund at fljúga eigi upp fyrr en hann hafði farit allt torleiðit. En er maðrinn sótti at honum þá beinir hann fluginn ok spyrnir við fast ok eru þá fǿtrnir fastir. Þórr andò con lui poiché a Loki, mentre si divertiva a volare con le piume di falco di Frigg, capitò di attraversare la corte di Geirrøðr. Qui egli vide una grande hǫll, quindi atterrò e scrutò dentro una finestra. Geirrøðr se ne avvide e ordinò di prendere l'uccello e di portarlo a sé, ma l'incaricato faticava ad arrivare sul tetto della hǫll poiché era molto alto. Per Loki era un piacere vedere l'uomo affannarsi per raggiungerlo e decise di non volare via finché non avesse terminato la pericolosa scalata. Quando però l'uomo stava per raggiungerlo, allora spiegò le ali e le agitò con forza, ma i suoi piedi ora erano bloccati.
26c Var Loki tekinn þar hǫndum ok fǿrðr Geirrøði jǫtni. En er hann sá augu hans þá grunaði hann at maðr myndi vera, ok bað hann svara, en Loki þagði. Þá læsti Geirrøðr Loka í kistu ok svelti hann þar þrjá mánuðr. En þá er Geirrøðr tók hann upp ok beiddi hann orða, ok sagði Loki hverr hann var, ok til fjǫrlausnar vann hann Geirrøði þess eiða, at hann skyldi koma Þór í Geirrøðargarða svá at hann hefði hvárki hamarinn né megingjarðar. Loki venne quindi catturato e portato dinanzi al gigante Geirrøðr. Quando questi vide gli occhi di Loki, sospettò che potesse essere un uomo e gli ordinò di confessarlo, ma Loki tacque. Geirrøðr chiuse Loki in una cassa, lasciandolo alla fame per tre mesi. Quando poi Geirrøðr lo tirò fuori e gli comandò di parlare, allora Loki raccontò chi era e in cambio della propria vita giurò a Geirrøðr che avrebbe fatto in modo che Þórr fosse giunto a Geirrøðargarðr senza avere con sé né il martellò né la cintura di potere.
26d Þórr kom til gistingar til gýgjar þeirar er Gríðr er kǫlluð. Hon var móðir Víðars ins þǫgla. Hon sagði Þór satt frá Geirrøði at hann var jǫtunn hundvíss ok illr viðreignar. Hon léði honum megingjarða ok járngreipr er hon átti ok staf sinn er heitir Gríðarvǫlr. Þórr giunse per passare la notte con la gigantessa chiamata Gríðr, che era la madre di Víðarr il silente. Ella disse a Þórr la verità su Geirrøðr, che si trattava di un gigante dalla mente contorta e difficile da affrontare. Gli prestò anche la cintura di potere e i guanti di ferro che possedeva, insieme alla sua verga, chiamata Gríðarvǫlr.
26e Þá fór Þórr til ár þeirar er Vimur heitir, allra á mest. Þá spennti hann sik megingjǫrðum ok studdi forstreymis Gríðarvǫl, en Loki helt undir megingjarðar. Ok þá er Þórr kom á miðja ána þá óx svá mjǫk áin at uppi braut á ǫxl honum. Þórr si recò allora presso quel fiume chiamato Vimur, fra tutti il più grande. Là si cinse con la cintura di potere e rimase fermo lungo la corrente con Gríðarvǫlr, mentre Loki stava dietro, stretto alla cintura di potere. Quando Þórr si portò in mezzo alla corrente, il fiume si ingrossò talmente tanto che si infrangeva sulle sue spalle.
26f Þá kvað Þórr þetta: Þórr recitò allora questi versi:
{72¹}

Vaxattu nú, Vimur,
alls mik þik vaða tíðir
jǫtna garða í;
veiztu ef þú vex
at þá vex mér ásmegin
jafnhátt upp sem himinn.

Ora non crescere, Vimur,
poiché giunger guadando voglio
al recinto degli jǫtnar;
se or cresci sappi tu che
in me cresce l'ásmegin
in altezza pari al cielo.

26g Þá sér Þórr uppi í gljúfrum nǫkkurum at Gjálp, dóttir Geirrøðar, stóð þar tveim megin árinnar ok gerði hon árvǫxtinn. Þá tók Þórr upp ór ánni stein mikinn ok kastaði at henni ok mælti svá: “At ósi skal á stemma”. Eigi misti hann þar er hann kastaði til. In seguito Þórr vide che Gjálp, figlia di Geirrøðr, stava sull'alto di un burrone, poggiando a gambe divaricate su entrambe le rive del fiume ed era lei la causa della piena. Þórr prese allora una grossa pietra dal fiume e glielo lanciò contro, dicendo: “Un fiume va arginato alla sorgente”. Non mancò di colpire il bersaglio. Non mancò di colpire il bersaglio.
26h Ok í því bili bar hann at landi ok fekk tekit reynirunn nǫkkvorn ok steig svá ór ánni. Því er þat orðtak haft at reynir er bjǫrg Þórs. E quando giunse all'altra riva, afferrò un ramo di sorbo e uscì dal fiume. Da qui ebbe origine il detto: «il sorbo è la salvezza di Þórr».
26i En er Þórr kom til Geirrøðar þá var þeim félǫgum vísat fyrst í geitahús til herbergis, ok var þar einn stóll til sætis, ok sat þar Þórr. Þá varð hann þess varr at stóllinn fór undir honum upp at ræfri. Hann stakk Gríðarveli upp í raptana ok lét sígask fast á stólinn. Varð þá brestr mikill, ok fylgði skrækr mikill. Þar hǫfðu verit undir stólinum dǿtr Geirrøðar Gjálp ok Greip, ok hafði hann brotit hrygginn í báðum. Quando Þórr arrivò da Geirrøðr, allora ai due compagni come alloggio fu mostrato inizialmente un ovile, ove c'era una sedia e Þórr si sedette. Si rese però conto che la sedia sotto di lui si stava sollevando verso il soffitto. Si puntellò quindi con Gríðarvǫlr sulle travi e spinse con forza sulla sedia. Ci fu un grande schianto, seguito da alte grida: sotto la sedia c'erano infatti le figlie di Geirrøðr, Gjálpi e Greip, ed egli aveva rotto la schiena ad entrambe.
26j Þá kvað Þórr: Così disse Þórr:
{72²}

Einu sinni
neytta ek alls megins
jǫtna gǫrðum í
þá er Gjálp ok Gneip
dǿtr Geirraðar
vildu hefja mik til himins.

Usai una volta
la mia forza tutta
nel recinto degli jǫtnar,
quando Gjálp e Greip
figlie di Geirrøðr
tentarono di portarmi fino al cielo.

26k Þá lét Geirrøðr kalla Þór í hǫllina til leika. Þar váru eldar stórir eftir endilangri hǫllinni. En er Þórr kom í hǫllina gagnvart Geirrøði þá tók Geirrøðr með tǫng járnsíu glóandi ok kastar at Þór, en Þórr tók í móti með járngreipum ok fǿrir á lopt síuna, en Geirrøðr hljóp undir járnsúlu at forða sér. Þórr kastaði síunni ok laust gegnum súluna ok gegnum Geirrøð ok gegnum vegginn ok svá fyrir útan í jǫrðina. Geirrøðr fece quindi chiamare Þórr nella hǫll per sfidarlo. Grandi fuochi ardevano per tutta la lunghezza della hǫll. Quando Þórr entrò e si trovò di fronte a Geirrøðr, questi prese una barra di ferro incandescente con le tenaglie e la lanciò a Þórr, il quale afferrò la barra coi guanti di ferro e la sollevò in aria, mentre Geirrøðr balzò dietro a una colonna di ferro per salvarsi. Þórr lanciò la barra, che trapassò la colonna, Geirrøðr, il muro e così fuori fino a terra.
26l Eftir þessi sǫgu hefir ort Eilífr Guðrúnarson í Þórsdrápu: Da questa saga Eilífr Guðrunarson ha composto la Þórsdrápa:

<Omissis>

<Omissis>

27

Friggjarkenningar [Kenningar per Frigg]  
27a Hvernig skal kenna Frigg? Svá at kalla hana dóttur Fjǫrgyns, kona Óðins, móður Baldrs, elju Jarðar ok Rindar ok Gunnlaðar ok Gerðar, sværa Nǫnnu, dróttning Ása ok Ásynja, Fullu ok valshams ok Fensala. Quali sono le kenningar per Frigg? Ella si chiama figlia di Fjǫrgynn, moglie di Óðinn, madre di Baldr, rivale di Jǫrð, di Rindr, di Gunnlǫð e di Gríðr, suocera di Nanna, signora degli æsir e delle ásinjur, di Fulla, della veste di falco e di Fensalir.

28

Freyjukenningar [Kenningar per Freyja]  
28a Hvernig skal Freyju kenna? Svá at kalla dóttur Njarðar, systur Freys, konu Óðs, móður Hnossar, eigandi valfalls ok Sessrúmnis ok fressa, Brisíngamens, Vana goð, Vana dís, it grátfagra goð. Quali sono le kenningar per Freyja? La si può chiamare figlia di Njǫrðr, sorella di Freyr, moglie di Óðr, madre di Hnoss, padrona dei caduti, di Sessrúmnir, dei gatti, del Brisíngamen, dea dei Vanir, signora dei Vanir, dea dalle splendide lacrime.
28b Svá má kenna allar Ásynjur at nefna annarrar nafni ok kenna við eign eða verk sín eða ættir. Si possono parafrasare tutte le ásinjur usando il nome di altre e facendo riferimento a ciò che possiedono, alle loro opere o alla loro stirpe.

29

Sifjarkenningar [Kenningar per Sif]  
29a Hvernig skal kenna Sif? Svá at kalla hana konu Þórs, móður Ullar, it hárfagra goð, elja Járnsǫxu, móðir Þrúðar. Quali sono le kenningar di Sif? La si può chiamare moglie di Þórr, madre di Ullr, dea dagli splendidi capelli, rivale di Járnsaxa, madre di Þrúðr.

30

Iðunnarkenningar [Kenningar per Iðunn]  
30a Hvernig skal kenna Iðunni? Kalla hana konu Braga ok gætandi eplanna, en eplin ellilyf Ásanna; hon er ok ránfengr Þjaza jǫtuns, svá sem fyrr er sagt at hann tók hana braut frá Ásum. Eptir þeiri sǫgu orti Þjóðólfr inn hvinverski í Haustlǫng. Quali sono le kenningar per Iðunn? La si può chiamare moglie di Bragi, custode delle mele, e le mele posso essere chiamate «rimedio per la vecchiaia degli Æsir». Ella è anche chiamata «bottino del gigante Þjazi». È stato infatti narrato in precedenza di come egli l'avesse sottratta agli Æsir. Da questa storia Þjóðólfr di Hvinn ha composto l'Haustlǫng:

<Omissis>

<Omissis>

30b Ásu er svá rétt at kenna at kalla einnhvern annars nafni ok kenna við verk sín eða eign eða ættir. Questa è la maniera corretta di parafrasare gli Æsir: usando per ciascuno il nome di un altro e facendo riferimento alle loro opere, a ciò che possiedono o alla loro stirpe.

31

Himinskenningar [Kenningar per il cielo]  
31a Hvernig skal kenna himin? Svá at kalla hann Ymis haus ok þar af jǫtuns haus ok erfiði eða byrði dverganna eða hjálm Vestra ok Austra, Suðra, Norðra, land sólar ok tungls ok himintungla, vagna ok veðra, hjálmr eða hús lopts ok jarðar ok sólar. Quali sono le kenningar per il cielo? Lo si può chiamare cranio di Ymir e quindi cranio del gigante, fatica o fardello dei nani, elmo di Vestri, Austri, Suðri e Norðri, terra del sole, della luna, e degli astri del cielo, del Carro e dei venti, elmo o casa dell'aria, della terra e del sole.
31b Svá kvað Arnórr jarlaskáld: Così disse Arnórr jarlaskáld:
 
{105}

Ungr skjǫldungr stígr aldri
jafnmildr á við skjaldar
þess var grams, und gǫmlum,
gnóg rausn, Ymis hausi.

Nessun giovane sire mai salirà più
d'egli liberal sull'«albero di scudi»,
sotto il «cranio di Ymir» vetusto,
fu di tal condottiero grande il fasto.

31c Ok enn sem hann kvað: Ancora così disse:
 
{106}

Bjǫrt verðr sól at svartri,
søkkr fold í mar døkkvan,
brestr erfiði Austra,
allr glymr sjár á fjǫllum.

Il fulgido sole diverrà scuro,
la terra affonderà nel mare buio,
la «fatica di Austr» si scoperchierà,
l'oceano sui monti s'infrangerà tutto.

31d Ok enn sem kvað Kolli: Ancora, Kolli disse così:
 
{107}

Alls engi verðr Inga
undir sólar grundu
bǫðvar hvatr né betri
brǿðr landreki ǿðri.

Nessuno più nobil diverrà
sotto la «terra del sole»
in battaglia più ardito
né del «fratel di Ingi» migliore.

31e Ok sem kvað Þjóðólfr inn hvinverski: Così disse Þjóðólfr di Hvinir:
 
{108}

Ók at ísarnleiki
Jarðar sunr ok dunði
móðr svall Meila blóða,
mána vegr und hánum

Allo «scontro dei ferri» sul carro
giunse il figlio di Jǫrð e tuonava
il sangue di Meili d'ira avvampò,
sotto lui scosse il «sentier della luna».

31f Svá sem kvað Ormr Barreyjarskáld: E così disse Ormr, lo scaldo di Barra:
 
{109}

Hvégi er, Draupnis drógar
dís, ramman spyr ek vísa,
sá ræðr, valdr, fyr veldi,
vagnbrautar mér fagnar.

Io pur seppi che il sire è possente,
o diva del sorto da Draupnir,
lui che governa, il padron, sul regno,
del «sentiero del carro» mi guarda.

31g Svá sem kvað Bragi skáld: Così disse lo scaldo Bragi:
 
{110}

Hinn er varp á víða
vinda Ǫndurdísar
of manna sjǫt margra
munnlaug fǫður augum.

Colui che lanciò i morti occhi
del «padre della celeste diva»
nell'ampia «conca dei venti»
sulle «dimore di uomini molti».

31h Ok sem Markús kvað: E così disse Markús:
 
{111}

Fjarri hefir at fǿðisk dýrri
flotna vǫrðr á élkers botni,
háva leyfir hverr maðr ævi
hringvarpaðar, gjalfri kringðum.

Difficil sarà che più nobil nasca
custode d'uomini in «fondo alla giara»,
col mare attorno, «di procelle», tutti
vita eccelsa lodan del »lancia-anelli».

31i Svá sem kvað Steinn Herdísarson: Così disse Steinn Herdísarson:
 
{112}

Hás kveð ek helgan ræsi
heimtjalds at brag þeima,
mærð ræzk fram, en fyrða
fyrr þvíat hann er dyrri.

Saluto dell'«alta tenda del mondo»
con tal poema il divino reggente,
un encomio avanti si fa, siccome
lui più che l'uomo di questo è degno.

31j Ok sem kvað Arnórr jarlaskáld: E così disse Arnórr jarlaskáld:
 
{113}

Hjalp þú dýrr konungr dýrum
dags grundar Hermundi.

Salva, o stimato re, tu «del giorno
pianura», il caro Hermundr.

31k Ok enn kvað Arnórr: E ancora Arnórr:
 
{114}

Saðr stillir hjalp þú snjǫllum
sóltjalda Rǫgnvaldi.

Autentico re delle «tende del sole»,
aiuta tu l'impavido Rǫgnvaldr.

31l Ok sem kvað Hallvarðr: Così dice Hallvarðr:
 
{115}

Knútr verr jǫrð sem ítran
alls dróttinn sal fjalla.

Knútr guarda la terra come il glorioso
signore di tutto la «sala dei monti».

31m Sem Arnórr kvað: Come Arnórr disse:
 
{116}

Míkáll vegr þat er misgért þykkir
mannvits fróðr ok allt it góða,
tyggi skiptir síðan seggjum
sólar hjalms á dǿmistóli.

Mikáll quel che malfatto par misura,
lui così saggio, e le buone cose tutte,
il monarca del «solar elmo» in seggio
sentenziando i mortali discerne.

       

32

Jarðarkenningar [Kenningar per la terra]  
32a Hvernig skal jǫrð kenna? Kalla Ymis hold ok móður Þórs, dóttur Ónars, brúði Óðins, elju Friggjar ok Rindar ok Gunnlaðar, sværu Sifjar, gólf ok botn veðra hallar, sjá dýranna, dóttir Náttar, systir Auðs ok Dags. Quali sono le kenningar per Jǫrð, la terra? La si può chiamare carne di Ymir, madre di Þórr, figlia di Annarr, sposa di Óðinn, rivale di Frigg, Rindr, Gunnlǫð, suocera di Sif, pavimento o fondo della sala dei venti, mare delle fiere, figlia di Nótt, sorella di Auðr e Dagr.
32b Svá sem kvað Eyvindr skáldaspillir: Così disse Eyvindr skáldaspillir:
 
{117}

Nú er alfrǫðull elfar
jǫtna dolgs of folginn,
ráð eru rammrar þjóðar
rík, í móður líki.

L'«alfrǫðull di fiume» è ora nascosto,
sono l'imprese d'un forte popolo
inarrestabili, in corpo alla «madre
di chi ai giganti è sommo nemico».

32c Sem kvað Hallfrøðr vandræðskáld: Così disse Hallfrøðr vandræðskáld:
 
{118}

Ráð lukusk at sá síðan
snjallráðr konungs spjalli
átti eingadóttur
Ónars viði gróna.

Avvenne l'unione allorquando
il savio reggente al re fido
in moglie ebbe l'«unica figlia
di Annarr», verde di foreste.

32d Ok enn sagði hann: E ancora egli disse:
 
{119}

Breiðleita gat brúði
Báleygs at sér teygja
stefnir stǫðvar hrafna
stála ríkismálum.

La «sposa dall'ampio viso
di Báleygr» riuscì ad avere
il condottiero dei «corvi
di porto», in armi parlando

32e Svá semfyrr er ritat, «Fjarri hevir at fǿðisk dyrri...». Svá sem kvað Þjóðólfr: Si confronti la strofa che è stata prima riportata: «Difficil sarà che più nobil nasca...». Così come disse Þjóðólfr:
 
{120}

Útan bindr við enda
elgvers glǫðuðr hersa
hreins við húfi rónum
hafs botni far gotna.

Al limitar del «mare d'alci»
chi allieta i signori le navi
dispone degli uomini addentro
la baia da scafi solcata.

32f Sem Hallfrøðr kvað: Come Hallfrøðr disse:
 
{121}

Því hygg fleygjanda frægjan,
ferr jǫrð und menþverri,
ítran eina láta
Auðs systur mjǫk trauðan.

Così par che il «lanciator» rinomato,
va la terra sott'il «rompimonili»,
molto sia riluttante a lasciar sola
la magnifica «sorella di Auðr».

32g Svá kvað Þjóðólfr: Così disse Þjóðólfr:
 
{122}

Dolgljóss hefir dási
darrlatr staðit fjarri,
endr þá er elju Rindar
ómynda tók skyndir.

Lontano se ne stava il «misero
fugalance» allor che «l'istigator
di luce della guerra» ebbe di Rindr
la rivale, senza pagar dono.

       

33

Sjávarkenningar [Kenningar per il mare]  
33a Hvernig skal sæ kenna? Svá at kalla hann Ymis blóð, heimsǿkir goðanna, verr Ránar, faðir Ægis dǿtra, þeira er svá heita: Himinglæva, Dúfa, Blóðughadda, Hefring, Uðr, Hrǫnn, Bylgja, Bára, Kólga; land Ránar ok Ægis dǿtra ok skipa ok sæskips heita, kjalar, stála, súða, sýju, fiska, ísa, sækonunga leið ok brautir, eigi síðr hringr eyjanna, hús sanda ok þangs ok skerja, dorgar land ok sæfugla, byrjar.
 
Quali sono le kenningar per il mare? Lo si può chiamare sangue di Ymir, visitatore degli dèi, marito di Rán, padre delle figlie di Ægir, i cui nomi sono Himinglæva, Dúfa, Blóðughadda, Hefring, Uðr, Hrǫnn, Bylgja, Bára, Kólga; terra di Rán e delle figlie di Ægir, delle navi e dei termini per le navi marine, della chiglia, della polena, delle assi e del fasciame, dei pesci, del ghiaccio; strada e sentiero dei re del mare; parimenti anello delle isole, casa delle sabbie, delle alghe e degli scogli, terra degli arnesi da pesca, degli uccelli marittimi e dei venti.
33b Svá sem kvað Ormr Barreyjarskáld: Così come disse Ormr, lo scaldo di Barra:
 
{123}

Útan gnýr á eyri
Ymis blóð fara góðra.

Là sulle rive dei quieti vascelli
risuona il «sangue di Ymir».

33c Svá kvað Refr: Così disse Refr:  

<Omissis>

<Omissis>

33d Sem Snæbjǫrn kvað: Come disse Snæbjǫrn:
 
{133}

Hvatt kveða hræra Grotta
hergrimmastan skerja
út fyrir jarðar skauti
eylúðrs níu brúðir,
þær er, lungs, fyrir lǫngu,
líðmeldr, skipa hlíðar
baugskerðir rístr barði
ból, Amlóða mólu.

Che muovano, dicono, un tal «Grotti
di scogli», alle schiere crudelissimo
fuori dell'orlo terrestre
le nove fanciulle del «mulino delle isole»,
lor che da lungi macinano
il «malto del liquore di Amlóði»; la «tana
dei fianchi delle navi» fende
il «dispensator d'anelli» colla prua della galea.

  Hér er kallat hafit Amlóða kvern. Qui esso è chiamato «mulino di Amlóði».
33e Enn sem kvað Einarr Skúlason: Come disse ancora Einarr Skúlason:
 
{133}

Viknar ramr í, Rakna,
reksaumr flugastraumi,
dúks hrindr bǫl, þar bleikir
bifgrund, á stag rifjum.

Si flette, «ben piantato», ove «il suolo
di Rakni agitato» s'imbianca, «il chiodo»
in forte corrente; spinge «il nemico
di drappi» le sàrtie contro le vele.

       

34

Sólarkenningar [Kenningar per il sole]  
34a Hvernig skal kenna sól? Svá at kalla hana dóttur Mundilfǿra, systur Mána, kona Glens, eldr himins ok lopts. Quali sono le kenningar per il sole? Lo si può chiamare figlia di Mundilfǿri, sorella di Máni [la luna], moglie di Glenr, fuoco del cielo e dell’aria.
34b Svá sem kvað Skúli Þorsteinsson: Così disse Skúli Þórsteinsson:  
 
{135}

<Omissis>

<Omissis>

 
 
{136}

<Omissis>

<Omissis>

 
       

35

Vindskenningar [Kenningar per il vento]  
35a Hvernig skal kenna vind? Svá at kalla hann son Fornjóts, bróður Ægis ok elds, brjót viðar, skaði ok bani eða hundr eð vargr viðar eða segls eða seglreiða. Quali sono le kenningar per il vento? Lo si può chiamare figlio di Fornjótr, fratello di Ægir e del fuoco, distruttore del legno, danno e rovina, cane, lupo del bosco, della vela o del sartiame.  
35b Svá sagði Sveinn í Norðrsetudrápu: Così dice Sveinn nello Norðrsetudrápa:
 
{137}

Tóku fyrst til fjúka
Fornjóts synir ljótir.

Prese a volare per primo
il figlio spietato di Fornjótr.

       

36

Eldskenningar [Kenningar per il fuoco]  
36a Hvernig skal kenna eld? Svá at kalla hann bróður vinds ok Ægis, bana ok grand viðar ok húsa, Hálfs bani, sól húsanna. Quali sono le kenningar per il fuoco? Lo si può chiamare fratello del vento e di Ægir, distruttore e rovina dei boschi, uccisore di Hálfr, sole delle case.
       

37

Vetrarkenningar [Kenningar per l'inverno]  
37a Hvernig skal kenna vetr? Svá at kalla hann son Vindsvals ok bana orma, hríðmál. Quali sono le kenningar per l’inverno? Lo si può chiamare figlio di Vindsvalr, uccisore dei serpenti, stagione della tempesta.
37b Svá kvað Ormr Steinþórsson: Così dice Ormr Steinþórsson:
 
{138}

Ræð ek þenna mǫg manni
Vindvals unað blindum.

Porto gioia all’uomo cieco
per questo «figlio di Vindsvalr».

37c Svá kvað Ásgrímr: Così disse Ásgrímr:
 
{139}

Sigrgœðir var síðan
seimǫrr í Þrándheimi,
þjóð veit þínar íðir,
þann orms trega, sannar.

Chi portò vittorie e fu di tesori
generoso, a Þrándheimr infine egli fu,
ognun conosce l’imprese tue vere,
al tempo dell’«avversario di serpi».

       

38

Sumarkenningar [Kenningar per l'estate]  
38a Hvernig skal kenna sumar? Svá at kalla son Svásaðar ok líkn ormanna, gróðr manna.

Quali sono le kenningar per l’estate? La si può chiamare figlio di Svásuðr, conforto dei serpenti, crescita degli uomini.

38b Svá sem kvað Egill Skalla-Grímsson: Come disse Egill Skallagrímsson:
 
{140}

Upp skulum órum sverðum,
ulfs tannlituðr, glitra,
eigum dáð at drýgja
í dalmiskunn fiska.

Alziam brillanti le nostre spade,
«imbrattatori dei denti di lupo»,
un’impresa abbiamo a compiere
durante la «grazia dei pesci di valle».

       

39

Mannkenningar ok kvenkenningar [Kenningar per l'uomo e la donna]  
39a Hvernig skal kenna mann? Mann skal kenna við verk sín, þat er hann veitir eða þiggr eða gerir. Hann má ok kenna til eignar sinnar, þeirar er hann á ok svá ef hann gaf, svá ok við ættir þær er hann kom af, svá þær er frá honum kómu. Quali sono le kenningar per l’uomo? Lo si può appellare a seconda delle sue azioni: ciò che possiede, che offre e che compie. Lo si può anche chiamare in virtù dei suoi possedimenti, quelli di sua proprietà o quelli che egli eventualmente dona; anche a seconda della stirpe da cui egli proviene, così come di coloro che da lui discendono.  
39b Hvernig skal hann kenna við þessa hluti? Svá at kalla hann vinnanda eða fremjanda eða til fara sinna eða athafnar, víga eða sæfara eða veiða eða vápna eða skipa. Quali appellativi possono dunque derivare da queste cose? Lo si può chiamare artefice o esecutore delle sue spedizioni, delle sue attività, dei suoi omicidi, delle sue traversate, delle sue cacce, delle sue armi o delle sue navi.  
39c Ok fyrir því at hann er reynir vápnanna ok viðr víganna – allt eitt ok vinnandi; viðr heitir ok tré, reynir heitir tré – af þessum heitum hafa skáldin kallat menn ask eða hlyn, lund eða ǫðrum viðarheitum karlkenndum ok kennt til víga eða skipa eða fjár. D’altro canto l’uomo è chiamato «intenditore [reynir] di armi» e «autore [viðr] di omicidi», che è come dire «artefice». Osserviamo che «legno» [viðr] è un altro modo per dire «albero» e che «sorbo» [reynir] è il nome di un tipo di albero, per cui, a partire da tali termini, gli scaldi hanno chiamato l’uomo «frassino», «acero», «bosco» ovvero con altri nomi d’albero maschili e l’hanno parafrasato con espressioni relative a battaglie, navi e possedimenti.
39d Mann er ok rétt at kenna til allra Ása heita. Kennt er ok við jǫtna heiti, ok er þat flest háð eða lastmæli. Vel þykkir kennt til álfa. È anche corretto chiamare l’uomo con tutti gli appellativi degli Æsir. Lo si nomina anche coi nomi dei giganti e questi sono maggiormente usati per satira o dileggio. Sono invece considerati elogiativi i nomi degli elfi.  
39e Konu skal kenna til alls kvenbúnaðar, gulls ok gimsteina, ǫls eða víns eða annars drykkjar þess er hon selr eða gefr, svá ok til ǫlgagna ok allra þeira hluta, er henni samir at vinna eða veita. La donna dovrebbe essere apostrofata tramite i nomi di tutti gli ornamenti femminili, l’oro e i gioielli, la birra, il vino e le altre bevande che ella serve o dona, parimenti coi nomi di recipienti da birra e tutto ciò che per ella è appropriato fare o provvedere.  
39f Rétt er at kenna hana svá at kalla hana selju eða lóg þess er hon miðlar, en selja eða lág, þat eru tré. Fyrir því er kona kǫlluð til kenningar ǫllum kvenkenndum viðar heitum. È corretto anche chiamarla «donatrice» [selja] o «perdita» [log] di ciò che offre, ma «salice» [selja] e «legno» [log] sono anche nomi d’albero. Per questo la donna è anche chiamata con le kenningar di tutti i nomi d’albero femminili.
39g En fyrir því er kona kennd til gimsteina eða glersteina, þat var í forneskju kvinna búnaðr er kallat var steinasørvi, er þær hǫfðu á hálsi sér. Nú er svá fært til kenningar at konan er nú kennd við stein ok við ǫll steins heiti. Kona er ok kennd við allar Ásynjur eða valkyrjur eða nornir eða dísir. Konu er ok rétt at kenna við alla athǫfn sína eða við eign eða ætt. Ci si riferisce inoltre alla donna con nomi di gioielli o di agate, poiché in tempi antichi esisteva un ornamento femminile, che era chiamato «collana di pietra» ed era portato al collo. Ora si usa nelle kenningar per indicare la donna come pietra e con tutti i nomi di pietre. La donna viene anche chiamata metaforicamente coi nomi delle Ásinjur, delle Valkyrjur, delle Nornir e delle divinità femminili. È anche corretto chiamare la donna riferendosi alla sua condotta, ai suoi averi e alla sua stirpe.  

A SEGUIRE...

NOTE

Discorso sull'arte scaldica

1a ― L'incipit dello Skáldskaparmál ricorda molto quello del Gylfaginning e in effetti le due opere condividono altri dettagli, come il viaggio del protagonista verso Ásgarðr, i sjónhverfingar, ovvero le illusioni magiche operate dagli Æsir, e la struttura a dialogo, che, sebbene frammentaria, è comunque presente nei primi capitoli del libro. Gli attori di questo dialogo sono Ægir e Bragi. Ægir è un gigante e divinità marina, nella cui dimora si colloca anche la sala dei banchetti ove si riuniscono gli Æsir per bere e festeggiare. Bragi è invece il dio della poesia, la cui identità però è tutt'altro che chiara, dal momento che in diverse fonti lo stesso personaggio sembra piuttosto essere un famoso poeta dei tempi antichi che è stato in seguito divinizzato. A dire il vero, potrebbe anche darsi il caso inverso, ovvero che il famoso poeta norvegese Bragi Boddason, detto anche Bragi hinn gamli, «il vecchio», abbia ricevuto il nome del dio omonimo a segno delle sue straordinarie doti compositive. Resta comunque certo che le due figure, quella del dio e quella dell'antico poeta, nella letteratura nordica sono sovrapposte l'una all'altra e questo fa propendere per una sostanziale identificazione di un unico personaggio, a metà strada fra storia e mitologia. ― Hlésey, l'«isola di Hlér», dimora di Ægir, è identificabile con l'attuale isola di Læsø in Danimarca. ― I «dodici che dovevano essere giudici» [tólf æsir, þeir er dómendr skyldu vera]: questa frase rimane piuttosto enigmatica poiché dal resto del libro non è chiaro che cosa siano chiamati a giudicare gli Æsir. Probabilmente significa che il dialogo fra Ægir e Bragi verrà ascoltato dall'assemblea di tutti gli dèi.

2a Hǿnir: divinità appartenenti agli Æsir, i quali lo cedettero ai Vanir in cambio di Njǫrðr, come segno di pace, come descritto in Gylfaginning [23]. Nella Vǫluspá egli sopravviverà al ragnarǫk. Gianna Chiesa Isnardi sostiene che il nome Hǿnir significa «gallo», per analogia con con hani «gallo» e hǿna «gallina» (Isnardi 1975). ― Seyðir: sorta di «forno di terra», preparazione utilizzata soprattutto per le carni, in cui il cibo era cotto in una buca nel terreno, magari fra lastre di pietra arroventate e coperta con foglie, cenere, rami o panni.

2eÞrymheimr «casa del frastuono»: il nome delle dimora di Þjazi rimanda al nome del gigante Þrymr, protagonista della Þrymskvíða, celebre poema eddico nel quale si narra del furto del martello di Þórr. Il termine þrymr letteralmente significa «rumore, baccano, frastuono».

3b ― I cancelli di Ásgarðr: nel testo Ásgrindr, lett. «cancello degli Æsir».

4a«Occhi di Þjazi» [augu Þjaza] è uno dei pochissimi nomi di costellazioni della cultura nordica tramandati fino ai giorni nostri. L'episodio del lancio degli occhi di Þjazi si trova anche nell'Hárbarðsljóð, ove è invece attribuito a Þórr:

Þórr kvað:

Disse Þórr:

«Ek drap Þjaza,
inn þrúðmóðga jǫtun,
upp ek varp augum
Allvalda sonar
á þann inn heiða himin;
þau eru merki mest
minna verka,
þau er allir menn síðan of sé.
Hvat vanntu þá meðan, Hárbarðr?»

«Io uccisi Þjazi,
quell'impavido gigante,
scagliai in alto gli occhi
del figlio di Allvaldi
lassù nel ciel sereno;
son essi somma prova
delle imprese mie,
essi, che gli uomini tutti da allor vedono.
Cosa facevi tu allora, Hárbarðr

Ljóða Edda > Hárbarðsljóð [19]

Non è molto chiaro a quale odierna costellazione corrispondano gli «Occhi di Þjazi»; secondo Cleasby e Vigfússon si tratta delle due maggiori stelle dell'attuale costellazione dei Gemelli: Castore e Polluce (α e β Geminorum) (Cleasby ~ Vigfússon 1874), ma non esistono prove convincenti di questa indicazione.

4c Munntal: letteralmente significa proprio «conto a bocca».

4d ― «…nel formulare le rune» [vér felum í rúnum]: sembra evidente che Snorri faccia differenza fra la creazione poetica, quindi un'attività artistica, e la formulazione delle rune, attività sempre letteraria ma legata invece alla religione e forse alla divinazione di cui però non sono rimaste che tracce. Gustav Neckel vede nell'espressione í rúnum un antico modo di indicare la kenning stessa, ipotizzandone quindi una diretta discendenza di questa da pratiche misteriche, specialmente legate al culto di Óðinn, probabilmente già antiche ai tempi di Snorri. Dolfini sottolinea che la poesia scaldica sia un'arte derivata «che dalle origini odiniche ha ripreso soltanto delle strutture concettuali e formali ormai fossilizzate, non più motivate nel vivo gioco dell'emozione, dell'intuizione e della fantasia». (Dolfini 1975)

5cFjalarr: il nome di questo nano è di etimologia incerta, non ci sono notizie sufficienti per formulare un'ipotesi. Galarr: letteralmente «incantatore, ammaliatore», corradicale di gala «cantare» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). ― Óðrørir: probabilmente significa «sepolcro dell'ispirazione poetica», dal sostantivo óðr «furore potetico» (è anche la radice del nome di Óðinn) e dal verbo reyra «seppellire, tumulare». Són: letteralmente «sacrificio» o «espiazione». Boðn: probabilmente correlato a boð «offerta».

5e ― «Nipote di Gillingr» [bróðurson Gillings]: probabilmente bróðurson «nipote», è un errore in luogo di sonr «figlio». Sia il Codex Regius che il Traiectinus presentano bróðurson, mentre solo il Wormianus presenta sonr. A conferma di tale errore poco dopo troviamo infatti il sostantivo fǫðurgjǫld, attestato in tutti e tre i manoscritti, che letteralmente significa «guidrigildo per il padre», che però nella nostra traduzione, come altrove, è emendato in «guidrigildo per lo zio», per coerenza col testo precedente. ― Hnitbjǫrg: nome dall'etimologia incerta. Esiste nell'odierna Islanda nordorientale un luogo che porta questo nome.

6b ― «…Quel che valeva» [gefa við hóf]: per questa espressione poco nota, Anthony Faulkes propone «secondo quanto fosse ritenuto equo» [in accordance with what is reasonable] (Faulkes, 1998).

6cBaugi: forse da baugr «anello», ma anche «risarcimento». ― Bǫlverkr: letteralmente «lavoro dannoso», nel senso di «[colui che] opera il male».

6d ― Rati: propriamente il viaggiatore, nel senso di «[colui che] fa il proprio percorso», in questo caso per trovare l'idromele della poesia. Cfr. anche il nome dello scoiattolo Ratatoskr in Gylfaginning [16].

7c ― «Il linguaggio e la metrica» [mál ok hættir]: Bragi enuncia i due argomenti di cui si occuperanno rispettivamente gli ultimi due libri dell'Edda di Snorri: lo Skáldskaparmál («discorso sull'arte scaldica») che tratterà il linguaggio poetico [skáldskapr], e l'Háttatal («trattato di metrica»), che tratterà dei metri poetici. ― La «sostituzione» [fornǫfn]: Snorri non spiega ulteriormente questa pratica retorica, ma è molto probabile che il fornǫfn sia del tutto analogo alla pronominatio latina, ovvero la sostituzione di un nome proprio con un'altra espressione (Faulkes 1998). Cicero ne dava questa definizione: «La pronominatio è quella che indica, ad esempio mediante qualche soprannome, ciò che non è possibile chiamare col proprio nome» [pronominatio est, quae sicuti cognomine quodam extraneo demonstrat id, quod suo nomine appellari non potest] (De ratione dicendi ad C. Herennium [IV, 42]). ― La «metafora» [kenning]: Snorri non spiega chiaramente la differenza fra fornǫfn e kenning, tuttavia dal contesto possiamo inferire che la kenning sia uno sviluppo estremizzato ed enfatizzato del fornǫfn, in quanto sostituisce nomi propri o comuni con perifrasi complesse e combinate e che sono decifrabili, nei casi più difficili, solamente dagli iniziati all'arte scaldica.

7d ― «Týr di vittoria» [Sigtýr], «týr degli impiccati» [Hangatýr], «týr delle navi» [Farmatýr], «týr del carro» [Reiðartýr]: Si tratta di nomi perifrastici [kent heiti] in cui Óðinn viene chiamato usando il termine týr. Tale nome si presta particolarmente alla pratica della kenning in quanto ambiguo: può infatti essere sia il nome proprio del dio Týr che il sostantivo týr «dio». Siccome Snorri sta facendo esempi di kenningar che sostituiscono il nome di Óðinn menzionando un'altra divinità, il suffisso -týr va interpretato come nome proprio del dio Týr, sebbene sia chiaro che in poesia, specialmente in quella scaldica, lo stesso elemento stesse ad indicare il sostantivo generico «dio». Si veda anche Faulkes (Faulkes, 1998) e Brodeur (Brodeur, 1916). Si noti, infine, che l'epiteto «týr del carro» [Reiðartýr] è riservato a Þόrr.

8 ― La narrazione riguardante la guerra di Troia, che in questo capitolo viene adoperata come interpretazione evemerizzatrice del mito nordico, più che rifarsi all'Iliade omerica è ripresa dalla Trójumanna saga («Saga dei Troiani»), che racconta la guerra di Troia basandosi sul De excidio Troiæ historia («Storia del massacro di Troia») di Darete Frigio (V secolo).

8dVolukrontes: secondo Faulkes corrisponde all'eroe greco Polypoítēs (it. Polipete) (Faulkes, 1998). Capo tessalo, re dei Lapíthai, figlio di Peirítoos e di Hippodámeia, fu pretendente di Helénē, partecipò alla guerra di Troía e fu tra coloro che si nascosero nel cavallo di legno. Nell'Iliás il suo epiteto è meneptólemos, traducibile con «forte guerriero», «bellicoso».

8eRoddrus: eroe troiano, nominato come Rodus (o Rhodus) e Rodius (o Odius) nella Trójumanna saga.

8fHymir: coerentemente con quanto stabilito per la Gylfaginning, nel testo nordico abbiamo preferito lasciare la grafia più frequente, ovvero Ymir, ma per maggiore chiarezza nella traduzione utilizziamo la forma Hymir. Si veda anche la nota a Gylfaginning [48b].

8g ― Il racconto qui riferito sull'eroe greco Hélenos (chiamato in norreno Áli), è da collegarsi al personaggio di Váli/Áli, figlio di Óðinn e di Rindr, uno degli dèi destinati a sopravvivere al ragnarøkr. Si veda Gylfaginning [30 | 53].

8h ― Pirrus (gr. Pýrrhōn) poteva essere chiamato «lupo»: data la sua ferocia in battaglia e dato che non rispettava nemmeno i luoghi sacri, Pirrus viene così chiamato forse per equipararlo ad un úlfhéðinn o a un berserkr.

9a ― Arnórr Þórðarson jarlaskáld «poeta degli jarlar» (ca. 1012-1070): scaldo islandese figlio di Þórðr Kolbeinsson. Fu anche mercante e visitò più volte le isole Orcadi, ove compose versi per gli jarlar, da cui derivò il suo appellativo. ― «Colui che si chiama Allfǫðr»: ovviamente, Óðinn. ― {1} Quarta strofa della Þorfinnsdrápa («Eulogia per Þorfinn»), composta da Arnórr jarlaskáld in onore dello jarl Þorfinn delle Orcadi, probabilmente poco dopo la sua morte nel 1064 (Faulkes 1998). ― «Spuma del malto di Allfǫðr» [Alfǫður brim hrosta]: come spiegato sotto, è una kenning a indicare l'arte poetica.

9b ― Hávarðr halti «lo zoppo», scaldo islandese vissuto attorno all'anno 1000. ― {2} Probabilmente un lausavísa, poesia di un'unica strofa, che presagisce l'inizio di una battaglia: il «volo d'aquila» sopra il campo, gli anelli e l'invito di Óðinn (sottinteso, in Valhǫll, quindi a morire) ne sono tipici riferimenti. ― «Equini tronchi di Ægir»: lett. «stalloni dei tronchi di Ægir» [jódraugum ægis], è una kenning estremamente sintetica e intricata che in ultima analisi può interpretarsi come «alberi [uomini] dei cavalli del mare [navi]», ovvero guerrieri del mare, vichinghi. Per questa particolare kenning si veda anche (Faulkes 1997). ― Hangagoð: «dio degli impiccati», nome di Óðinn.

9c ― Víga-Glúmr Eyjόlfsson, letteralmente «Glúmr l'uccisore», vichingo e scaldo norvegese, di origine islandese, vissuto del X secolo († 1003). La Víga-Glúms saga racconta della lancia e del mantello prodigiosi ricevuti dal nonno, della visione della morte di quest'ultimo, della sua triste e amara vecchiaia. ― {3} La strofa appare fra le undici lausavísur attribuite a Víga-Glúmr nella saga, ed è anche citata nel Landnámabók, o «Libro toponomastico». ― «Berretto di Hangatýr» [hǫttu Hangatýs]: kenning per «elmo».

9d ― Refr Gestsson, conosciuto anche come Skáld-Refr e Hofgarða-Refr, scaldo islandese vissuto nel sec. XI. ― {4} Versi probabilmente composti in memoria di Gizurr Gullbrárskáld, che morì nella battaglia di Stiklarstaðir nel 1030 (Faulkes, 1998). In questa strofa c'è una evidente difficoltà di comprensione dovuta al fatto che Baldr è contemporaneamente il soggetto di due frasi («è allo scaldo mancato» e «giunse a me spesso»), di un predicativo («devoto») e di una triplice kenning («del lampo di terra da prore battuta«), molto difficile da rendere in lingua italiana senza sciogliere almeno in parte la voluta ambiguità originaria. ― «Baldr del lampo di terra da prore battuta»: la «terra battuta da prore» (cioè dalle navi) è il mare. Il «lampo del mare» è l'oro. «Baldr dell'oro» è infine kenning per «re» o «uomo», riferita dunque a Gizurr Gullbrárskáld. ― «Calice sacro di Hrafnáss», cioè dell'«áss dei corvi», cioè di Óðinn, è una kenning per «poesia».

9e ― Eyvindr Finnson Skáldaspillir, letteralmente «rovina-scaldi», forse per la sua bravura o forse per la sua abitudine a plagiare il lavoro di altri, fu uno scaldo norvegese di famiglia reale (ca. 915-990). Fu poeta di corte presso re Hákon I di Norvegia e presso lo jarl Hákon II Sigurdsson di Hlaðir. ― {5} La strofa appartiene all'Háleygjatal [11], e si riferisce allo jarl Sigurðr Hákonarson, morto nel 962. ― «Birra dei cormorani del caduto»: kenning composita; i «cormorani del caduto» sono i corvi, la «birra dei corvi» è il sangue. ― «Cigni di Farmatýr», cioè di Óðinn, è una kenning per «corvi». ― Haddingjar: questo nome plurale si riferisce solitamente a due eroi leggendari ricordati in alcune fonti come due fratelli, appartenenti ad un mito risalente al periodo proto-germanico. Si suppone infatti che il loro nome originario possa derivare dalla forma *Hazdingōz «lunghi capelli». Tracce di questo mito ancestrale sembra siano riportate nella Germania di Tacito, che li chiama Alci e li identifica con Castore e Polluce. In alcune saghe islandesi si ritrova il nome degli Haddingjar, ad esempio nella Hervarar saga ok Heiðreks, e nelle Gesta Danorum di Sassone Grammatico, ove è attestato un eroe Haddingus. ― «Sovrani della terra»: siccome la strofa si riferisce alla leggenda di Sigurðr, coloro che lo uccisero sono i figli di Gunnhildr.― Ǫgló: località situata nel Trøndelag, nella Norvegia centrale.

9f ― Glúmr Geirason: scaldo islandese del sec. X. ― {6} Strofa probabilmente tratta dalla Gráfeldardrápa («Eulogia per Gráfeldr»), in memoria di Haraldr Gráfeldr di Norvegia che morì a Limfjorden nel 970. Il senso di questa strofa non è compiuto perché probabilmente proseguiva in altre parti del poema e pertanto non permette una piena comprensione del significato. Sembra comunque che descriva come lo spirito di Óðinn (non a caso qui chiamato Sigtýr «dio [týr] di vittoria») abbia ispirato il nemico di re Haraldr e lo abbia favorito in battaglia. ― «Guerrelfo» [sǿkiálfi], cioè «elfo della guerra» composto lessicale, che si è cercato di ricostruire in italiano, kenning per «re» o «condottiero», che potrebbe riferirsi a re Haraldr Gráfeldr o al suo avversario. ― «Belve di Atall»: kenning per «guerrieri» o «vichinghi». Atall è un nome di re guerriero. ― «Beimi dei bagli del vento»: kenning per «re del mare» o «vichingo». Beimi è un altro nome di re guerriero che potrebbe riferirsi sempre a re Haraldr, ma dal contesto non è possibile stabilirlo. «Baglio» è termine nautico che indica la trave che collega le due murate opposte di una nave e può corrispondere alla larghezza massima dello scafo. Si trova nelle kenningar in combinazione con altri termini per indicare la nave.

9g{7} Prima strofa dell'Hákonarmál («Discorso per Hákon»), scritto da Eyvindr skáldaspillir probabilmente a seguito della morte di Hákon I il Buono, dopo la battaglia di Fitjar, circa nel 961. Si tratta di un'opera scaldica, ma di stile chiaramente eddico, riportante numerosi rifermenti mitologici, come era in voga nelle corti norvegesi del sec. X. ― Gǫndul e Skǫgul: nomi di valchirie. ― Gautatýr: nome di Óðinn di non facile soluzione, probabilmente «dio dei Gautar», popolo abitante del Gautaland, nella Svezia occidentale, cfr. anglosassone Geātes.

9h ― Úlfr Uggason: scaldo islandese vissuto alla fine del sec. X. ― {8} Strofa dall'Húsdrápa («Eulogia della casa»), di cui in seguito si troveranno ulteriori citazioni. Il poema è stato parzialmente conservato proprio nello Skáldskaparmál, e non si trova in altre fonti. Un passo della Laxdǿla saga («Saga dei valligiani della Valle del Salmone») afferma fosse scritto in onore di Óláfr Pái, e si ispirasse alle scene dipinte sui pannelli della casa di costui a Hjarðarholt, in Islanda. ― L'ordine delle parole sarebbe il seguente: «Lontano assai cavalca [il] ben celebre Hroptatýr dal figlio sulla pira [Baldr], ma un'ode da' labbra mie va». Hroptatýr: «dio che annuncia», o anche «dio profeta», è epiteto di Óðinn.

9i ― Þjóðólfr inn Hvinverski: «di Hvinir», dal nome del fiordo oggi chiamato Fedafjorden, in cui scorre appunto il fiume Hvín (oggi Kvina), nel Kvinesdalr, Norvegia meridionale. ― {9} Questa strofa è tratta da un poema noto come Haraldskvæði («Carme di Haraldr») o Hrafnsmál («Discorso del corvo»), incentrato sul dialogo fra una valchiria e un corvo (Faulkes 1998). Il suo autore era forse Þorbjǫrn Hornklofi, e non Þjóðólfr di Hvinir. ― «Occhio solo» si riferisce a Óðinn, il quale, secondo un mito, aveva donato un occhio a Mímir in cambio di un sorso alla fonte della sapienza. ― «[Colui] che nell'abbraccio di Frigg dimora» è sempre Óðinn, marito di Frigg.

9j ― È Hallfrøðr Óttarsson vandræðaskáld «scaldo molesto», celebre vichingo e scaldo islandese, morto attorno al 1007. La sua saga racconta della sua fedeltà verso il re norvegese Óláfr Tryggvason, per cui compose tra l'altro una bella erfidrápa, e della poco convinta conversione al cristianesimo imposta dal re; narra delle sue imprese guerresche e dell'amore contrastato per una donna sposata, Kolfinna. ― {10} Si ritiene che questa strofa provenga dall'Hákonardrápa («Eulogia per Hákon»), composta attorno al 990 in onore dello jarl Hákon Sigurðarson, e i cui versi pervenuti si trovano unicamente come citazioni dello Skáldskaparmál. La strofa è di difficile interpretazione ed è caratterizzata da numerosi errori di scrittura, indice del fatto che gli stessi copisti avessero difficoltà a comprenderne il linguaggio (Faulkes 1998). ― «Schietta lingua delle spade»: kenning per «battaglia». ― «Cavallo del vento»: kenning per «nave». ― Þriði è un epiteto di Óðinn; sua moglie è Jǫrð, dea della terra, prima sposa del dio; l'espressione «moglie di Þriði» è dunque una kenning per «terra», come spiegato dallo stesso Snorri. All'ultimo verso appare il controverso termine biðkván, presente in tale forma solo nel Codex Uppsaliensis, che tuttavia sembra la più plausibile, mentre le altre fonti riportano bifkván, che che può essere interpretato come «moglie tremante», con riferimento all'Islanda in quanto ricca di vulcani e fenomeni tellurici, ma che però si spiegherebbe con più difficoltà. In tal caso, il precedente aggettivo barrhaddaða «crinita di foglie», pare invece riferirsi alla Norvegia come personificazione femminile della terra (Faulkes 1998). Il connotato biðkván, «paziente» o «abbandonata» fa forse riferimento all'allontanamento di Óðinn da Jǫrð (con cui concepì Þórr) per unirsi a Frigg.

9k ― Cfr. Hákonsmál [13] di Eyvindr skáldaspillir.

9l ― Kormákr Ǫgmundarson, scaldo islandese vissuto nel sec. X. ― {12} Strofa ritenuta proveniente dalla Sigurðsdrápa («Eulogia per Sigurðr»), composto da Kormákr attorno al 960 per lo jarl Sigurðr Hákonarson. La seconda parte della strofa qui citata è piuttosto difficile da comprendere, perché probabilmente mancano gli altri riferimenti che chiarivano il senso. ― «Donator del divin fiordo»: colui che dona la poesia, kenning per scaldo (qui riferito allo stesso Kormákr). ― «Chi ottenne la terra»: è lo jarl a cui la poesia è dedicata. ― «Noce d'albero» non è una kenning, ma un termine nautico che indica una struttura rigonfiata a forma di noce della parte superiore degli alberi delle navi. La frase «che già noce d'albero | lega» è forse un riferimento alle abitudini dello jarl di navigare spesso o ad una sua imminente partenza.

9m ― Steinþórr: scaldo islandese di cui si conosce solamente ciò che Snorri qui riporta. ― {13} Questa strofa, che è tutto ciò che resta della produzione di Steinþórr, sembra l'inizio di un poema, siccome fa appello alle virtù dell'autore. ― «Cascata dei corni» dell'alto «fardel delle braccia di Gunnlǫð»: kenning composita che sta per «idromele della poesia», in quanto la «cascata dei corni» è l'idromele e il «fardel delle braccia di Gunnlǫð» è Óðinn. Il riferimento è alla leggenda, narrata da Snorri più avanti, del furto dell'idromele della poesia da parte di Óðinn, il quale arrivò al suo scopo appunto seducendo Gunnlǫð, figlia del gigante Suttungr, la quale custodiva la magica bevanda che rendeva poeti chi la beveva.

9n{14} Nona strofa dell'Húsdrápa di Úlfr Uggasson, che si riferisce al funerale di Baldr. ― «Albero saggio della vittoria»: kenning per Óðinn. ― «Ai corvi brindar e a sacra spoglia»: espressione che accenna al rito funebre per Baldr. ― L'ultimo verso potrebbe essere un cosiddetto klofastef, ovvero metà di un ritornello [stef], la cui seconda parte terminava nella strofa successive e conteneva il resto della frase, insieme al soggetto di hlaut (qui tradotto con «rende onore»).

9o{15-16} Strofe 23-24 del Sonatorrek («Perdita dei figli»), splendido poemetto composto da Egill Skallagrímsson intorno al 961 e conservato in Egils saga Skallagrímssonar [78]. Come qui si narra, entrambi i figli di Egill morirono in giovane età. Il maggiore, Gunnarr, di malattia. Il minore, Bǫðvarr, che a Egill era immensamente caro, morì in un naufragio alla sua prima uscita in mare. Egill lo seppellì a Digranes, nel tumulo di suo padre Skállagrimr e, tornato a casa, si infilò nel letto rifiutandosi di mangiare e di bere, deciso a seguire il figlio nella morte. Fu sua figlia Þorgerð a strapparlo dai suoi propositi di suicidio, inducendolo a comporre dei versi affinché la memoria di Bǫðvarr venisse perpetuata. Nonostante il vecchio Egill fosse convinto che il dolore gli avrebbe impedito di poetare, si cimentò ugualmente e creò questo splendido poema, la prima composizione interamente soggettiva della letteratura islandese, giustamente considerata una vetta della poesia scaldica. ― Come specificato da Snorri, le kenningar «altissimo dio», «amico di Mímir» e «nemico del lupo», sono riferite a Óðinn.

9p{17} Versi di ringraziamento a Óðinn per il dono della poesia, composti da Refr Gestsson e presumibilmente provenienti dallo stesso poema citato nella strofa {4}. ― Valgautr: «Gautr dei caduti», epiteto di Óðinn. ― «Bevande di Falr» è kenning per «poesia». Falr è un nome di nano. ― «Sala del corso della folata di neve dei destrieri dei flutti» è una kenning composita per «cielo». I «destrieri dei flutti» sono le navi; la «folata di neve delle navi» sono le onde; il «corso delle onde» è il mare; la «sala del mare» è il cielo. L'espressione risolta come «capitano del cielo» è infine una kenning per Óðinn.

9q ― Einarr Helgason skálaglamm «suonascaglie», scaldo islandese del sec. X. ― {18} Terza strofa del Vellekla («Penuria d'oro»), poemetto composto in onore dello jarl Hákon Sigurðarson attorno all'anno 986. ― «Vascello di Hertýr»: kenning per «poesia». La sentina è la parte più bassa della nave, ove si raccolgono tutti i liquidi e i reflui. L'espressione «aggottare la sentina», sempre mutuato dal gergo nautico, significa quindi «liberare la poesia», «far irrompere l'impeto poetico». Hertýr è il «dio degli eserciti», Óðinn. ― «Chi le navi avviar fa veloci»: condottiero o capo vichingo, riferimento allo jarl.

9r{19} Altra strofa dell'Húsdrápa di Úlfr Uggasson, incentrato sul funerale di Baldr. Qui le perifrasi che descrivono Óðinn sono due creazioni apparentemente dovute al poeta: il primo è l'aggettivo kynfróðr, ovvero «magicamente saggio», quindi «veggente», sebbene l'accezione del prima parte kyn- presupponga anche una sfumatura inquietante e misteriosa. Il secondo epiteto è hrafnfreistuðr, «colui che ammaestra i corvi», modellato secondo l'usanza della kenning.

9s{20} Prima strofa dell'Eiríksmál («Discorso per Eiríkr») poema anonimo scritto per Eiríkr blóðøx «ascia di sangue», morto in Inghilterra nel 954. Pare che fosse stato commissionato dalla moglie Gunnhildr, come narrato nel Fagrskinna. Si noti che qui compare esplicitamente il nome di Óðinn, senza ricorso a kenning o epiteti.

9t{21} Altra strofa dalla Sigurðsdrápa di Kormákr Ǫgmundarson. L'ultima frase è probabilmente tronca. ― «Sire della stirpe di Yngvi»: signore di Svezia, in quanto Yngva ǫld sono gli Ynglingar, stirpe regale svedese, discendenti di Yngvi [Freyr]. Si tratta di un appellativo (forse adulatorio) per lo jarl Sigurðr. ― «Giaciglio dell'arco» [ýs bifvangr]: kenning per «mano». ― Gungnir: nome della lancia di Óðinn. Hroptr è un nome di Óðinn.

9u ― Þórόlfr: scaldo islandese probabilmente del sec. XI, di cui nulla si sa eccetto questa citazione di Snorri. Chiamato Þórálfr in altri manoscritti e Þorvaldr nel Codex Uppsaliensis. ― {22} Strofa dall'oscuro significato, citata solo nello Skáldskaparmál. ― «Il reggente di Hliðskjálf»: Hliðskjálf è il trono di Óðinn, il suo reggente è ovviamente lo stesso Óðinn. ― Hárekr: nome di uno sconosciuto condottiero, ma anche nome ricorrente di vari personaggi nelle saghe dei tempi antichi [fornaldarsǫgur].

9v{23} Probabilmente dall'Háleygjatal di Eyvindr skáldaspillir, questa strofa non riporta una frase compiuta, ma una relativa che si riferisce probabilmente all'idromele della poesia. ― Farmaguðr: epiteto di Óðinn in forma d'aquila, letteralmente «colui che accelera il viaggio».

9w ― Bragi Boddason hinn gamli, «il vecchio», scaldo norvegese vissuto nel sec. IX. La tradizione nordica lo considera il primo scaldo; certamente fu il primo in assoluto di cui si ricordi il nome e di cui rimangano testimonianze scritte. [supra]▲ ― {24} Strofa della Ragnarsdrápa («Eulogia per Ragnarr»), che secondo Snorri fu composta per il semi-leggendario re Ragnarr Sigurðson loðbrók, «bracapelosa», vissuto nel IX secolo. Il poema sarebbe stato scritto quale ringraziamento per il dono di uno scudo decorato con immagini di miti e leggende che sono narrate dal poeta. La strofa qui riportata si riferisce all'episodio di Þórr che pesca il Miðgarðsormr (Jǫrmungandr). ― Aldafǫðr: «padre dell'umanità», epiteto di Óðinn. Il «figlio di Aldafǫðr» è Þόrr. ― «Serpe attorno alla terra» è una kenning per il Miðgarðsormr.

9x{25} Altra strofa del Vellekla di Einarr skálaglamm. ― Il figlio di Bestla è Óðinn. L'espressione «riuscire vincenti contro il figlio di Bestla» può significare «prevalere in battaglia», «vincere una guerra».

9y ― Þorvaldr blǫnduskáld: letteralmente «scaldo che rimescola», scaldo islandese del sec. XII. ― {26} Non si sa nulla della provenienza di questa strofa; si tratta probabilmente dei versi conclusivi di un poema, in cui lo scaldo dichiara di aver fatto largo uso dell'arte poetica. ― «Figlio di Borr», «erede di Búri»: si tratta di Óðinn (si veda Gylfaginning [6]). ― «Idromele di Óðinn» è nota kenning per «poesia».

10a ― Il secchio Óðreyrir citato al § [5], nel testo originale si trova scritto con una grafia leggermente diversa: Óðrerir.

10b {27} Questa e la successiva sono le prime due strofe del già citato Vellekla di Einarr skálaglamm. ― «Guardian della landa»: kenning per «sovrano» o «jarl», in questo caso Hákon Sigurðarson. ― «Magnanino» è sempre riferito allo jarl. ― «Sangue di Kvasir»: la «poesia». ― «Spuma del lievito degli uomini delle gambe del fiordo»: kenning composita per «poesia». «Spuma del lievito» è l'idromele. «Uomini delle gambe del fiordo» è a sua volta una kenning composita: le «gambe del fiordo» sono le rocce, quindi gli «uomini delle rocce», possono essere i nani o i giganti. L'intera espressione vale «idromele dei nani» o «dei giganti», che a sua volta, come abbiamo detto, è una kenning per «poesia».

10c{28} «Turba dei legni di Ullr»: kenning per «guerrieri». I «legni di Ullr», che qui letteralmente sarebbero i «frassini di Ullr», sono gli scudi. ― «Dolor del riparo in battaglia»: kenning composita per «spada». Il «riparo della battaglia» è lo scudo. ― «Colui che la brama alimenta | di dolor del riparo in battaglia» è il comandante, in questo caso lo jarl. ― «Acqua dai monti dei nani»: è l'idromele della poesia, liquido tenuto celato dai nani all'interno dei monti.

10d ― Ormr Steinþórsson: scaldo islandese del sec. XII. ― {19} Strofa proveniente da un poema di Ormr sconosciuto altrove, che pare fosse dedicato a una donna ed era forse basato su di una favola o un racconto popolare in cui Haraldr hárfagri era un protagonista (Faulkes 1998). A parte le altre citazioni di Snorri, null'altro si sa del poema né dell'autore. La strofa citata è composta da una frase secondaria (introdotta da at al primo verso) la cui principale non ci è pervenuta, per cui non è possibile ricostruire il significato originale. ― «Trave di vesti» [bjórs bríkar]: kenning per donna, in cui il primo termine (bjórr) probabilmente indicava un vestito o una parte di esso. ― «Beva di Dvalinn»: kenning per «poesia».

10e{30} Altra strofa di Refr Gestsson (cfr. {4}). Si tratta di una di quattro strofe citate soltanto nell'Edda di Snorri (cfr. Skáldskaparmál {216 | 264} e Háttatal [8 | 34-37]), forse da un poema che narrava di un certo Þórsteinn, figlio del goði Snorri citato nel Landnámabók e nell'Eyrbyggja saga. ― «Poggio del senno»: il sostantivo geðrein, letteralmente «terreno della mente», che spesso si assume come kenning per «petto». Qui è da intendersi nel senso di sede dell'ispirazione, «animus poetico». ― «Popol di pietra»: kenning per nani o giganti, in riferimento all'idromele della poesia. ― «Mǿrir di rupe»: altra kenning per giganti o nani. La «risacca dei Mǿrir di rocca» è una kenning per poesia.

10f{31} Parte della seconda strofa dell'Hǫfuðlausn («Perdita della testa») di Egill Skallagrímsson, scritto per Eiríkr blóðøx (si veda anche Egils saga [60]). ― «Re» [hilmir]: Eiríkr blóðøx in questo caso. ― «Di Óðinn l'idromele«: kenning per «poesia».

10g{32} Strofa di apertura della Gráfeldardrápa («Eulogia per Mantogrigio») di Glúmr Geirason, disponibile solamente nella citazione di Snorri (si veda anche la nota alla strofa {6}). Si conferma essere un poema di elogio, che si rivolge presumibilmente ad un auditorio di nobili e di stretti parenti del re. ― «Banchetto del sire dei ceppi» [gildi hapta beiðis]: kenning per poesia. «Sire dei ceppi» è Óðinn, il cui «banchetto» è la poesia, analogamente alla kenning della strofa {30}, «banchetto del popol di pietra». «Ceppi» è un nome spregiativo degli dei pagani e dei loro idoli. ― «Chiediamo»: è il poeta che parla in plurale maiestatis.

10h{33} Prima strofa dell'Háleygjatal, opera citata anche alla strofa {5}, la cui seconda parte è ripresa anche alla strofa {40}. ― «Liquore di Hár» e «oro di Gillingr»: kenningar per «poesia», ove Hár è un nome di Óðinn e Gillingr è un nome di gigante. ― «Acqua della giara del fardel sulla forca»: altra kenning per «poesia», in cui «fardel sulla forca» è Óðinn, che fu impiccato come si legge nell'Hávamál [138], dunque il significato è «idromele di Óðinn».

10i{34} Cfr. Vellekla [5]. La sintassi di questo passo è di dubbia interpretazione, probabilmente a causa dell'assenza di un contesto più ampio. Sono riconoscibili almeno tre kenning per «poesia», ma non è possibile stabilire l'interdipendenza di tutti i termini che le compongono, a meno di non operare delle scelte. Per sciogliere i vari significati abbiamo seguito l'ordine delle parole che ci pareva più logico, senza forzare il senso di alcun termine. ― Non è stato possibile stabilire l'esatto significato di aldr hafs, che abbiamo qui reso come «ritmo del mare», intendendolo come predicativo di «maroso» [alda]. ― «L'onda»: nella nostra interpretazione, è metafora a sé stante per «poesia», a cui farebbe eco la kenning «opera di Rǫgnir» al verso successivo. ― Il «re» qui citato è lo jarl Hákon Sigurðarson. ― «Opera di Rǫgnir»: kenning per «poesia»; Rǫgnir è un nome di Óðinn. ― «Maroso di Óðrerir»: kenning per «poesia». ― «Scogli del canto»: più propriamente «scogli dell'incantesimo» [fles galdra], kenning per «denti», su cui la poesia irrompe come un'ondata.

10j{35} Cfr. Vellekla [6]. ― «Risacca di Boðn»: kenning per «poesia». ― «Principe»: lo jarl Hákon Sigurðarson. ― «Sassoni di rupe»: i nani. «Traghetto dei nani» è una kenning per «poesia».

10k ― Eilífr Guðrúnarson: scaldo islandese vissuto attorno all'anno 900, cui è anche attribuita la Þórsdrápa. ― {36} Strofa di poema altrimenti ignoto sullo jarl Hákon Sigurðarson, sul cui nome è presente un ofljóst, una sorta di gioco di parole, come «nobile discendente» [kon mæran]. ― «Seme di Sónr»: kenning per «idromele della poesia», come spiegato da Snorri all'inizio del capitolo. ― «In noi»: plurale del poeta che parla. ― «Campo delle parole»: kenning per «lingua».

10l ― Vǫlu-Steinn: scaldo islandese del sec. X di cui sono pervenute solo due strofe, entrambe riportate da Snorri. Esse provengono da un componimento rivolto al figlio Egill e scritto probabilmente dopo la morte dell'altro suo figlio Ǫgmundr. ― {37} Þundr: nome di Óðinn. «La scoperta di Þundr» vale «idromele della poesia», come spiegato da Snorri all'inizio del capitolo. ― «Scogli della bocca»: più letteralmente la traduzione sarebbe «scogli della gengiva», ovvero kenning per «denti». ― «La corrente dell'amico di Mímir»: kenning per «poesia». L'amico di Mímir è Óðinn.

10m{38} Si tratta probabilmente di una strofa tratta da un mansǫngr, ovvero di una poesia di argomento erotico dedicata a una donna (Faulkes 1998). La composizione e la recitazione di mansǫngvar erano severamente puniti in tutta la Scandinavia, non tanto per l'argomento in sé, piuttosto per il timore di incantamento magico che si credeva potessero produrre. Erano inoltre considerati estremamente offensivi per la donna cui erano dedicati. ― «Bottin di Viðurr»: kenning per «idromele della poesia»; Viðurr é un nome di Óðinn.

10n{39} Cfr. Húsdrápa [1]. Si tratta qui di Óláfr pái «pavone», detto «largo con l'oro» in quanto molto generoso. ― «Dall'ingegno del Njǫrðr battagliero il liquore»: più letteralmente, «il liquore della mente del Njǫrðr di battaglia», è una kenning per «idromele della poesia», in quanto il «Njǫrðr di battaglia» è Óðinn. ― «Dono di Grímnir»: kenning per «poesia»; Grímnir è un nome di Óðinn.

10o{39} Cfr. {33} [supra]▲.

10p ― «La birra può chiamarsi liquore ed è dunque un sinonimo di nave» [líð heitir ǫl ok líð heitir skip]: più letteralmente, la frase si potrebbe tradurre: «la birra si chiama liquore e anche la nave si chiama liquore», tuttavia va tenuto conto che nel contesto dell'opera di Snorri il verbo heita ha un significato tecnico di cui in traduzione va tenuto debito conto. Si tratta comunque di un passaggio logico poco chiaro, forse volutamente oscuro o forse incompiuto, in cui l'autore porta l'esempio di come due termini semanticamente distanti come «birra» e «nave» possano diventare sinonimi nella poesia scaldica grazie all'intreccio artificioso delle kenningar. Siccome «birra» è un sinonimo di «liquore» e siccome la poesia può essere chiamata «nave dei nani», per una sorta di proprietà transitiva «birra» può allora divenire un sinonimo di «nave». Si tratta di una logica molto lontana dalla nostra, ma il passaggio rimarcato da Snorri ci è molto utile per capire che nell'arte scaldica non c'è praticamente limite al gioco dei rimandi fra kenningar e sostituzioni di nome. ― {40} Strofa di poema anonimo, forse di argomento amoroso. ― «Vento di sposa del nobil di rupe»: probabile kenning per «pensiero», in cui «sposa del nobil di rupe» vale «gigantesca» o «donna-troll», quindi «vento della gigantessa». «Nave perpetua dei nani»: kenning per «poesia», come spiegato nel testo. Le due kenningar per «pensiero» e per «poesia» sono felicemente accostate nella strofa in un'immagine di vento che sospinge e quindi sostiene l'ispirazione poetica, qui figurata come una nave.

12a ― Hringhorni: è la nave di Baldr, «di tutte la più grande» [Hann var allra skipa mestr] (Gylfaginning [49o]). Hringr o Hringi, oltre ad altri significati, può trovarsi come nome di nave, tal quale o come composto.

13a ― «Dio del carro» [vagnaguð]: la ragione dell'associazione fra Njǫrðr e il carro è piuttosto complessa ed è da ricercarsi nell'evoluzione cui questa figura divina è andata incontro nelle varie popolazioni germaniche. Il culto di Njǫrðr è molto antico ed è raccontato anche nella Germania di Tacito, ove l'autore latino parla di Nerthus, divinità femminile associata alla terra e alla fertilità. L'inversione di genere da femminile a maschile può essere dovuta all'interpretazione di Tacito, oppure ad una vera e propria anomalia della trasmissione del culto. Il dato certo invece è che in diversi siti archeologici sono stati scoperti carri con valenza votiva o rituale, dedicati a divinità appartenenti ai Vanir, come Freyr, Freyja e Njǫrðr. Alcuni carri votivi di questo tipo sono stati trovati anche nel corredo della famosa nave di Oseberg, conservata al Vikingskipshuset di Bygdøy, a Oslo, in Norvegia. Per approfondire questi aspetti del culto arcaico di Nerthus/Njǫrðr si vedano le opere della Davidson e di Turville-Petre (Davidson 1990 | Davidson 1998 | Turville-Petre 1964). ― Vanr: singolare di Vanir, quindi Njǫrðr, per antonomasia, anche se lo stesso appellativo viene indicato anche per Freyr, si veda il capitolo successivo.

15b ― La spada è detta «testa di Heimdallr»: la vera ragione mitologica che sta dietro questa kenning, insieme all'episodio della morte di Heimdallr mediante una «testa d'uomo» erano narrati nell'Heimdallargaldr, poema che Snorri dà per scontato ma che per noi è purtroppo perduto, a parte i due versi citati dallo stesso Snorri in Gylfaginning [27c]. Il motivo originario può risiedere nel fatto che Heimdallr è anche detto Hallinskíði, che è una kenning per «ariete». Effettivamente, la parte dell'ariete usata come arma è effettivamente la «testa». Si veda anche Gylfaginning [27].

15c Vágasker e Singasteinn: sono due toponimi probabilmente collegati da uno o più episodi non pervenutici, in cui si svolge il già citato duello fra Loki ed Heimdallr, che si affrontano in forma di foche per ottenere la collana Brísingamen. Vágasker letteralmente significa «scoglio delle onde» ed è un toponimo non trovato altrove. Più incerto il significato di Singasteinn, forse «pietravecchia» e probabile nome di scogliera. ― Vindlér: letteralmente «che protegge dal vento», da vindr «vento» e hlýja «proteggere».

17aSkeggbragi, letteralmente «barba-Bragi», appellativo riservato a scaldi e cantastorie, spesso immaginati come aventi lunghe barbe, anche per analogia con Óðinn, dio donatore dell'arte poetica, caratterizzato dalla lunga barba. Bragi è in effetti figlio di Óðinn. (Grimm 1835).

18a ― «Possessore della scarpa di ferro» [eiganda járnskós]: secondo quanto narrato da Snorri in precedenza, Víðarr «indossa una scarpa pesante» [hann hefir skó þykkan] (Gylfaginning [29]), poiché «è stata fabbricata nel corso di tutte epoche coi brani di pelle che gli uomini tagliano dalla punta o dal tacco» (Gylfaginning [51]). ― «Áss che abiterà le dimore dei padri» [byggvi ás fǫðurtópta]: secondo quanto racconto da Snorri, Víðarr sopravviverà al ragnarøkr e abiterà a Iðavǫllr, insieme a Váli, Móði, Magni, Baldr e Hǫðr, al principio del nuovo ciclo cosmico (Gylfaginning [53]).

19a ― «Figliastro di Frigg» [stjúpson Friggjar]: Váli è figliastro di Frigg in quanto figlio di Óðinn e della gigantessa Rindr, quindi adottato da Frigg a seguito della sua unione con Óðinn.― «Abitatore delle dimore dei padri»: si veda la nota 18a.

20a ― Per l'origine degli appellativi di Hǫðr si veda Gylfaginning [28 | 49].

21a ― Per gli appellativi di Ullr si rimanda a Gylfaginning [31].

22aAurkonungr: con questa grafia il significato letterale del nomen parrebbe «re dell'argilla» o «re d'argilla», che però non sembra giustificato dal contesto, né da quanto sappiamo su Hǿnir. È dunque possibile che si tratti di un errore dalle forme ǫr-konungr «re generoso» o «re della freccia», oppure da ár-konungr «re prosperoso» o anche «re dei raccolti». (Faulkes 1998).

23aVánargandr: nome del lupo Fenrir, che probabilmente significa «mostro del fiume Vö́n» (Jónsson ~ Egilsson 1966). Un altro possibile significato è «inganno della speranza». ― «Ospite e ornamento della cassa di Geirrǫðr» [heimsǿki ok kistuskrúð Geirrǫðar]: la ragione di queste kenning è raccontata nell'episodio di Þórr e Loki presso il gigante Geirrǫðr più avanti, al cap [26].

23b{19} Altra strofa della Húsdrápa di Úlfr Uggasson. Si noti che per l'episodio dello scontro fra Loki e Heimdallr a Singasteinn non esistono altre fonti se non questo passo riportato da Snorri. ― «Somma guardia del passo divino [Ráðgegninn ragna rein [...] vári]: kenning composita per Heimdallr. Il «passo divino» [ragna rein] è il ponte Bifrǫst, di cui Heimdallr è il guardiano. Reinvári è un composto dissociato per tmesi che significa «difensore del passo». ― Il figlio di Fárbauti è Loki. ― «Rene dell'oceano»: kenning per «gioiello, tesoro»; in questo caso si riferisce alla collana dei Brísingar, che Loki ha rubato e che Heimdallr recupera per restituirla a Freyja. ― «Di madri otto figlio e una ancora»: espressione convoluta per indicare Heimdallr, detto «figlio di nove madri», come spiegato da Snorri nel testo.

24 ― Questo episodio dello scontro fra Þórr e il gigante Hrungnir è una narrazione in prosa che si può ricollegare alle avventure di Þórr nella Gylfaginning o, più probabilmente, una prosecuzione dei primi quattro capitoli dello Skáldskaparmál. Quel che sembra più evidente comunque è la scarsa attinenza di questo brano con l'elenco delle kenningar e con l'arte scaldica.

24a ― «Vie dell'oriente» [Austrvegr] è un toponimo che nei racconti mitici e nelle saghe dei tempi antichi [fornaldarsǫgur] rappresenta la patria di giganti e troll. Secondo alcuni autori, sarebbe da identificarsi con l'antica Scizia, un territorio che si collocava tra il Mar Nero settentrionale, le pendici meridionali dei Monti Urali e l'attuale Kazakistan (Faulkes 1998). Gullfaxi: letteralmente «manto d'oro». ― Gullfaxi è un nome abbastanza peculiare per il cavallo di un gigante: per la forma assomiglia infatti quello degli animali guidati dagli Æsir, come Gullinbursti, il cinghiale di Freyr, o Gulltoppr, il cavallo di Heimdallr. Di solito ciò che è «dorato» è infatti associato agli Æsir e non ai giganti.

24g ― Cote [hein]: strumento di pietra per affilare le lame, che Hrungnir usa come arma. ― Hólmganga: letteralmente «andare sull'isola», tipica forma di duello nordico con connotazioni rituali che probabilmente in origine si svolgeva su di un'isola o comunque in luoghi delimitati da corsi d'acqua o da un recinto. Successivamente, per estensione, assunse il significato più generico di «duello, singolar tenzone».

24h ― Come già specificato nella nota precedente, «invitato sull'isola» equivale a «sfidato a duello», in quanto l'hólmr, l'isola, era il luogo elettivo per i combattimenti rituali tra due duellanti.

24j ― Il rǫst (plur. rastar), in genere tradotto con «miglio» o «lega», è un'unità di misura scandinava di incerta lunghezza, variabile a seconda dell'epoca storica e anche del tipo di territorio che misurava.

24k Hrungnishjartr «cuore di Hrungnir», simbolo di oscuro significato e menzionato soltanto nell'Edda di Snorri. Non esistono altre fonti medievali che descrivano l'esatta forma e il significato di questo simbolo. Il riferimento al numero tre fa pensare a qualche tipo di trischele. Secondo alcuni studiosi sarebbe da assimilare al valknut «nodo dei caduti», visibile su alcune incisioni rupestri, presenti ad esempio in Svezia e Inghilterra (vedi a fianco la nostra versione stilizzata). Ma si tratta di semplici congetture.― Mǫkkurkálfi: nome difficilmente traducibile, che significa qualcosa come «polpaccio di polvere», da mǫkkr «polvere» e kálfi «polpaccio».

24nÁsmóðr: letteralmente «furia dell'áss», furia divina, tipica di Þórr e probabile corrispettivo dello jǫtunmóðr dei giganti.

24p ― «Tre inverni»: [þrívetr]: Magni aveva compiuto tre anni di vita.

25a ― Gróa: il nome della vǫlva è formalmente identico al verbo gróa che significa «crescere» (cfr. inglese grow) o anche «guarire», e quindi può significare «guaritrice». ― Aurvandill è un personaggio poco definito, probabilmente parte di un antico mito germanico perduto di cui non esistono più fonti certe, se non queste vaghe allusioni di Snorri. Restano tracce riconoscibili del nome anche nella forma danese antica Ǿrwændel, nell'antico inglese Éarendel e nel tedesco Orentil/Erentil. Aurvandill compare anche col nome latinizzato di Horvandillus nelle Gesta Danorum di Saxo Grammaticus quale padre di Amlethus. Ci sono notizie anche di un longobardo Auriwandalo, quale nome proprio di re o principe. Del perduto mito di Aurvandill, questo breve cenno di Snorri è tutto quello che rimane. Per l'interpretazione approfondita della figura si rimanda alla voce [Aurvandill]►.

25bAurvandilstá: letteralmente «alluce di Aurvandill», nome di corpo celeste non ben identificato. Poteva trattarsi secondo alcuni del pianeta Venere, la «stella del mattino», o secondo altre proposte della stella Sirio, nella costellazione del Cane Maggiore che «accompagna» Orione, oppure Rigel, nell'asterismo di Orione, in quest'ultimo caso assumendo che Aurvandill sia da identificare con l'intera costellazione. De Santillana e Von Dechend propendono per l'ipotesi di Sirio, ma si tratta comunque di supposizioni non verificate (De Santillana ~ Von Dechend 1969).

25c ― «...È proibito lanciare una cote attraverso una stanza»: espressione poco chiara riportata da Snorri, forse una sorta di proverbio che ammoniva a non infrangere le pietre da affilatura e a non causare danni per mezzo di esse, ricorrendo alla superstizione della cote che si scuote nella testa di Þórr.

26 ― Il seguente racconto sembra aver poco a che fare con l'arte scaldica, avendo invece più affinità con i temi della Gylfaginning. In questo capitolo si assiste inoltre all'ultimo riferimento a Bragi ed Ægir come interlocutori nello Skáldskaparmál.

26a ― Geirrøðargarðr: letteralmente, «recinto, fortezza, corte di Geirrøðr».

26dGríðavǫlr: «verga, bacchetta magica di Gríðr».

26f{72¹} Strofa di un poema eddico andato perduto e presente soltanto nello Skáldskaparmál. ― {72¹e} Ásmegin: letteralmente «potere divino», forse sinonimo di ásmóðr, la «furia divina» che prende Þórr, cfr. [§ 24].

26i ― Gjálp e Greip: i due nomi assonanti delle figlie di Geirrøðr sembrano derivare rispettivamente dai verbi gjalla «gridare, rumoreggiare» e greipa «afferrare».

26j{72²} Questa strofa, probabilmente facente parte dello stesso poema da cui è tratta la strofa {72¹}, è stata conservata soltanto nel Codex Uppsaliensis [U]. Si noti la somiglianza fra le formule jǫtna garða í, «alla [verso la] corte dei giganti» {72¹c} e jǫtna gǫrðum í, «nella corte dei giganti» {72²c}, che forse indicano l'uso di una medesima formula in due situazioni diverse, ovvero quando Þórr si sta recando presso Geirrøðr e in seguito, quando invece si trova già nella corte di Geirrøðr. Può essere indice del fatto che le due strofe appartengano allo stesso componimento. ― {72²d}Il nome Greip nel manoscritto è erroneamente sostituito con Gneip (n è frequente lapsus calami per r).

27a ― Secondo una vecchia ipotesi assai amata dagli indoeuropeisti, il nome Fjǫrgynn (o Fjǫrgvinn) sarebbe un'attestazione germanica di un'antica divinità indoeuropea del tuono o degli elementi, associato al tuono e alla pioggia, il cui nome deriverebbe da quello della quercia *PERKʷU-, e che avrebbe lasciato traccia in altri nomina divina, quali il sanscrito Parjanya, il lituano Perknas e lo slavo Perunŭ. Il corrispettivo femminile Fjǫrgyn (con una sola n), che è un altro nome di Jǫrð, non a caso è la madre di Þórr (Jakobson 1970 | Mallory ~ Adams 2006). ― Frigg viene qui considerata come l'unica vera «sposa» [kona] di Óðinn, mentre è detta «rivale» [elja] delle altre figure femminili, fra cui una gigantessa, che rappresenterebbero unioni illegittime del dio.

Radice: [*PERKʷU-]

28a ― «Dea dalle splendide lacrime» [grátfagra goð]: in Gylfaginning [35g] è infatti detto che le lacrime di Freyja sono d'oro rosso.

29a ― «Rivale di Járnsaxa» [elja Járnsǫxu]: Sif è qui considerata la legittima moglie di Þórr, mentre la gigantessa Járnsaxa solo un'amante. «Dea dagli splendidi capelli» [hárfagra goð]: i capelli di Sif sono d'oro, come ricordato nel Prologo [3f] e più avanti in Skáldskaparmál [40 | 43].

31a ― «Terra del Carro»: con riferimento a una costellazione chiamata «Carro» dai popoli nordici. Non ci sono indicazioni precise che si possa trattare dell'Orsa Maggiore o dell'Orsa Minore, come le intendiamo noi oggi; tuttavia va segnalato che anche in numerose tradizioni popolari è rimasto il nome di «Carro» per designare l'Orsa Maggiore: in Scandinavia si hanno infatti Karlsvognen in norvegese e danese, Karlavagnen in svedese (letteralmente «carro dell'uomo»). In Gran Bretagna, accanto a Plough «aratro», è attestato l'obsoleto Charle's Wain (di nuovo «carro dell'uomo»). È interessante che anche nella cultura greca lo stesso asterismo fosse riconosciuto sia come «orso» che come «carro»: nel libro XVIII dell'Iliás si trova infatti:

Plēïádas th' Hyádas te tó te sthénos Ōríōnos
Árktón th', hḕn kaì Ámaxan epíklēsin kaléousin,
hḗ t' autoû stréphetai kài t' Ōríōna dokeúei,
oíē d'ámmorós èsti loetrôn Ōkeanoîo.

E le Pleiadi, e l'Iadi, e la stella
d'Orïon tempestosa, e la grand'Orsa
che pur Plaustro si noma. Intorno al polo
ella si gira ed Orïon riguarda,
dai lavacri del mar sola divisa.

Hómēros: Iliás [XVIII: -]

Ove «plaustro» è il carro, specialmente quello impiegato al trasporto merci o quello agricolo.

31b{105} Strofa forse tratta dalla Magnúsdrápa («Eulogia per Magnús») di Arnórr, composta dopo la morte del góði Magnús (nel 1046 o 1047). Secondo altri invece la strofa appartiene alla Þorfinnsdrápa («Eulogia per Þorfinn»), come la strofa {1} e la successiva {106}. ― {105b} «Albero di scudi»: kenning per nave, ove gli scudi erano disposti sulla fiancata e somigliavano alle foglie di un albero.

31c{106} Strofa tratta dalla Þorfinnsdrápa di Arnórr (cfr. la nota alla strofa {1}). I versi qui citati sembrano richiamare la Vǫluspá [57]. La stessa strofa compare anche nella Orkneyinga saga («Saga degli uomini delle Orcadi»).

31d ― Kolli inn prúði, «lo splendido», scaldo islandese vissuto nel sec. XII. ― {107} Questi versi, erroneamente attribuiti a Kolli, appartengono in realtà alla Sigurðardrápa di Bǫðvarr balti, dedicata a re Sigurðr munnr Haraldsson, morto nel 1155. L'attribuzione varia nei manoscritti: in U sono attribuiti a Bǫðvarr, in T e W sono attribuiti ad Arnórr. Solo il Codex Regius e il manoscritto B (AM 757a 4°, custodito nella Stofnun Árna Magnússonar, Reykjavík) attribuiscono la strofa a Kolli. ― {107b} «Terra del sole»: kenning per «cielo». ― {107d} «Fratello di Ingi»: re Sigurðr munnr.

31e {108} Strofa tratta dall'Haustlǫng («Lungo come un autunno») di Þjóðólfr ór Hvíni. ― {108a} «Scontro dei ferri»: kenning per «battaglia». ― {108b} Figlio di Jǫrð: kenning per Þórr. ― {108c} Meili: fratello di Þórr e figlio di Óðinn. ― {108d} «Sentier della luna»: kenning per «cielo».

31f ― Ormr Barreyjarskáld, probabilmente originario delle Orcadi, visse nel sec. X o XI nell'isola di Barra nelle Ebridi. Delle opere di Ormr restano solo questa quartina {109} e il distico {123}, entrambi citati da Snorri. ― {109} Il contesto è difficile da comprendere, ma la strofa potrebbe riferirsi a Óðinn e all'arrivo del poeta nella Valhǫll (Faulkes 1998). ― {109a} Forse Óðinn. ― {109b} «Diva del sorto da Draupnir»: probabile kenning per «donna». Il «sorto da Draupnir» [Draupnis dróg] è a sua volta kenning per «oro». Si tratta nel complesso di un'espressione vocativa che non è possibile comprendere, dato che manca un contesto più ampio. ― {109cd} «Sentiero del carro» è kenning per «donna»; «padron del sentiero del carro» potrebbe dunque riferirsi a Óðinn.

31g {110} Strofa probabilmente parte della Ragnarsdrápa (si veda nota alla strofa {24}) e costituita solamente di una frase relativa, la cui principale doveva trovarsi in una parte perduta del poema. Il riferimento è a Óðinn, all'episodio della morte di Þjazi e al lancio dei suoi occhi, a creare le due stelle note come «Occhi di Þjazi» [augu Þjaza] – per maggiori dettagli si veda la nota al paragrafo [4a]. ― {110b} «Padre della celeste diva»: è Þjazi, padre di Skaði (dea del cielo). ― {110c} «Conca dei venti»: kenning per «cielo». ― {110d} «Dimore di uomini molti»: kenning per «mondo».

31h ― Markús Skeggjason (1084-1107), scaldo islandese e lǫgsǫgumaðr (alta carica durante le assemblee del þing). ― {111} Strofa tratta dalla Eiríksdrápa in memoria del re danese Eiríkr inn góði «il buono» Sveinsson. Altre citazioni del poema si trovano di seguito in Skáldskaparmál {398 | 409 | 391}, ma la maggior parte dell'opera è stata tramandata nella Knýtlinga saga («Saga dei Knýtlingar», i discendenti di re Canuto) (ca 1260). ― {110bc} «In fondo alla giara, col mare attorno, di procelle»: kenning composita per «terra, mondo». «In fondo alla giara di procelle» sta per «sul fondo del cielo», che a sua volta è kenning per «terra». «Col mare attorno» è un ulteriore attributo della terra. ― {110d} «Lancia-anelli»: kenning per «condottiero, sovrano generoso».

31i ― Steinn Herdísarson, scaldo islandese del secolo XI. ― {112} Si pensa che sia la prima strofa dell'Óláfsdrápa («Eulogia per Óláfr»), composta attorno al 1070 per re Óláfr kyrri. ― {112a} «Alta tenda del mondo»: kenning per «cielo».

31j{113} Si pensa che la citazione sia tratta da un perduto poema scritto per Hermundr Illugason, morto attorno al 1055 e fratello di Gunnlaugr ormstunga, «lingua di serpe». ― {113ab} «Del giorno pianura»: kenning per «cielo».

31k{114} Dalla Rǫgnvaldsdrápa («Eulogia per Rǫgnvaldr»), scritta per la morte dello jarl Rǫgnvaldr delle Orcadi, circa 1045. ― {114a} «Tende del sole»: kenning per «cielo».

31l ― Hallvarðr Háreksblesi, scaldo islandese del sec. XI. ― {115} Il ritornello che qui compare è tratto dalla Knútsdrápa («Eulogia per Knútr»), unica opera nota di Hallvarðr su Knútr inn ríki (Canuto il Grande) e sulla sua presa di potere in Inghilterra, brani della quale sono preservati solamente nello Skáldskaparmál di Snorri e nella Knýtlinga saga, che tratta dei discendenti del re. ― {115b} «Sala dei monti»: kenning per «cielo».

31m{116} Frammento di poema sconosciuto. Alcuni studiosi pensano potesse essere parte dello Hrynhenda di Arnórr (Fidjestøl 1982). ― {116c} «Sala dei monti»: kenning per «cielo».

32aJǫrð significa letteralmente «terra» e Snorri utilizza il medesimo termine per riferirsi alla terra in quanto tale e alla dea-terra Jǫrð, purtroppo impossibile in italiano. ― «Figlia di Annarr» (Ónarr, Ánarr), «figlia di Nótt», «sorella di Auðr e Dagr»: per i legami di parentela di Jǫrð si veda Gylfaginning [10]. ― «Sala dei venti»: kenning per cielo.

32b{117} Seconda metà di un lausavísa composto attorno all'anno 965, dopo la caduta di Hákon inn góði, il «buono» e la presa del potere da parte di Eiríkr blóðøx «asciadisangue» e Gunnhildr. La prima metà del lausavísa comparirà nella strofa {143}. ― {117a} «Alfrǫðull di fiume»: kenning per «oro», in quanto Alfrǫðull è un epiteto o nome proprio del sole, letteralmente «ruota degli Elfi» (cfr. Gylfaginning [53g] e Vafþrúðnismál [47]. ― Il «sole del fiume» è nota kenning per «oro». ― «Madre di chi ai giganti è sommo nemico»: kenning composia per Jǫrð, in quanto «chi ai giganti è sommo nemico» è riferito a Þórr; «madre di Þórr» è per l'appunto Jǫrð. ― {117bc} La frase parentetica, «sono l'imprese d'un forte popolo | inarrestabili», si riferisce, forse, agli effetti del nuovo potere.

32c{118} Strofa tratta dall'Hákonardrápa. Si veda la nota alla strofa {10}. ― {118cd} «Unica figlia di Annarr»: kenning per «terra», in particolare la Norvegia, che lo jarl Hákon riuscì a conquistare, quindi simbolicamente a «sposare». La personificazione della Norvegia come donna da conquistare sembra essere un leitmotiv di tutto il drápa di Hallfrøðr. ― Si veda anche la strofa seguente {119}.

32d{119} Altra strofa dall'Hákonardrápa. Si veda la nota alla strofa {10}. ― {119ab} «Sposa dall'ampio viso di Báleygr»: kenning per «terra», in quanto Báleygr è un nome di Óðinn, e «dall'ampio viso» in quanto vasta. Anche in questo caso il riferimento è alla Norvegia personificata come figura femminile. ― {119cd} «Corvi del porto»: kenning per «navi». Anthony Faulkes sostiene che in questo caso «corvi» possa essere un fornǫfn (pronomen) per «cavalli», e l'espressione sarebbe quindi da interpretare come «cavalli del porto», che è frequente kenning per «navi» (Faulkes 1998). La probabile ragione di questo complesso scambio di significati è che Hrafn (letteralmente corvo) era un nome proprio di cavallo, come quello di re Áli.

32e{120} Si pensa che questa strofa possa appartenere al Sexstefja di Þjóðólfr Arnórsson, scritto per Haraldr harðráði attorno al 1065 (come anche le strofe {122 | 385 | 186 | 389 | 309 | 318 | 333 | 336 | 380}). ― {120a} «Mare d'alci»: kenning per «terra».

32f{121} Altra strofa proveniente dall'Hákonardrápa. Si veda la nota alla strofa {10}. ― {121a} «Lanciator»: il sovrano generoso, che «lancia» doni ai suoi uomini. Potrebbe anche trattarsi di una kenning incompleta (Faulkes 1998). ― {121b} «Rompimonili»: è sempre un riferimento allo járl, che rompe collane per farne dono. «Va la terra sott'il rompimonili»: la Norvegia si sottomette allo járl. ― {121d} «Sorella di Auðr»: kenning per «terra», anche in questo caso intesa come Norvegia. Lo járl Hákon è riluttante ad abbandonarla in quanto la ama moltissimo.

32g{122} Come la strofa {120}, forse apparteneva al Sexstefja di Þjóðólfr Arnórsson. La seconda metà della strofa si riferisce alla campagna in Africa di Haraldr harðráði. ― {122ab} «Misero fugalance»: riferito al re dell'Africa. ― {122bc} «L'istigator di luce della guerra»: è il sovrano. «luce della guerra» è kenning per spada; «istigatore di spada» è chi conduce la battaglia, il sovrano.

33a ― Etimologie proposte per i nomi delle nove figlie di Ægir: Himinglæva: «mare celeste» (?), da himinn «cielo», e glæ, forma poetica per «mare». Dúfa «colomba» (cfr. inglese dove). Blóðughadda: molto incerto, forse «dai capelli rossi come il sangue», o addirittura «dai capelli insanguinati» (?). Hefring e Uðr: non determinati. Hrǫnn: letteralmente, «onda». Bylgja: «cavallone, ondata». Bára e Kólga: nomi poetici per «onda». ― Polena: nel gergo marinaresco, decorazione lignea, spesso figura di animale o di donna che si trovava a prua delle navi. Le imbarcazioni vichinghe [dreki] avevano spesso polene a forma di draghi o serpenti.

33b ― Questi versi forse appartengono allo stesso poema di Ormr Barreyjarskáld citato alla strofa {109}. ― {123b} «Sangue di Ymir»: kenning per «mare».

33d ― Snæbjǫrn: scaldo islandese forse vissuto nel secolo XI, del quale sono state tramandate unicamente le strofe {133} e {289}. ― {133} Questa celebre strofa presenta un intricato gioco di kenningar, molte delle quali fanno riferimento al mito di Amlóði e del mulino Grotti. Per un approfondimento più completo si vedano le note al Grottasǫngr (v. anche Skáldskaparmál [52]). ― {133ab} «Grotti di scogli», cioè «mulino di scogli», essendo il Grotti un mitico mulino. La kenning sta per per «gorgo marino». ― {133d} «Nove fanciulle»: kenning per «onde del mare» (cfr. le figlie di Ægir, [33a]). ― {133f} «Malto del liquore di Amlóði»: il «liquore di Amlóði» è kenning per «mare», e quindi il suo «malto» è la sabbia. ― {133fg} «Tana dei fianchi delle navi»: altra kenning per «mare». ― {133h} «Dispensatore d'anelli: kenning per «sovrano», probabilmente il Mýsingr citato nel Grottasǫngr.

33e ― Einarr Skúlason: sacerdote (cristiano) e scaldo islandese del sc. XII. ― {134} Strofa tratta da poema ignoto. ― {134ab} «Ben piantato [...] il chiodo»: sembra essere una kenning per indicare l'albero della nave, che si flette in quanto scosso insieme allo scafo della nave stessa. ― {134ab} «Il suolo di Rakni agitato»: Rakni è il nome di un re del mare (Faulkes 1998); il suolo di un re del mare è il mare stesso, che s'imbianca di spuma quando è agitato. ― {134d} «Nemico di drappi»: kenning per «vento». Sartie: nel gergo marinaresco sono le corde che sostengono gli alberi delle navi.

34a ― «Figlia di Mundilfǿri», «sorella di Máni», «moglie di Glenr»; si ricorda che in norreno (come in altre lingue germaniche moderne) il genere del sole [Sól] e della luna [Máni] sono invertiti rispetto all’italiano: il sole è femminile e la luina maschile.

35b ― Sveinn: scaldo vissuto in Islanda o in Groenlandia forse nel secolo XI, citato solo da Snorri. ― {137} Versi tratti dal poema noto come Norðrsetudrápa, «Encomio delle dimore a nord», che probabilmente ricordava una spedizione in Groenlandia.

36a ― «Uccisore di Hálfr»: nella Hálfs saga ok Hálfsrekka, «Saga di Hálfr e dei suoi guerrieri», Fornaldarsaga composta attorno al sec. XIV, il leggendario re del mare Hálfr fu arso vivo nella hǫll del suo patrigno, Asmundr.

37aVindsvalr: letteralmente «falco dell’inverno» o anche «caduto (morto) d’inverno». In Gylfaginning [19b] chiamato anche Vindlóni. ― L’inverno visto come uccisore di serpenti era probabilmente dovuto all’osservazione che durante l’inverno (specie in Scandinavia) non fossero visibili serpenti e altri rettili.

37b{138} Frammento di poema sconosciuto, fra l’altro citato solamente nel Codex Uppsaliensis [U]. La mancanza di allitterazione indica che i due versi non appartengono allo stesso distico (Faulkes 1998).

37c ― Forse Ásgrímr Ketilsson, scaldo islandese del sec. XII che compare anche nella Sturlungasaga e nello Skáldatál. ― {139} Frammento di poema composto attorno al 1200 e forse riferentesi a re Sverrir di Norvegia, morto nel 1202. ― {139d} «Avversario di serpi»: kenning per «inverno», come spiegato sopra.

38a ― Figlio di Svásuðr: sumar «estate», in norreno, al contrario dell’italiano, è di genere maschile. ― «Conforto dei serpenti»: i serpenti sono visibili nella stagione calda e gli Scandinavi pensavano dunque che l’estate li facesse nascere, al contrario dell’inverno, che li faceva morire (si veda nota al paragrafo precedente).

38b{140} Versi di un lausavísa citato in Egils saga Skallagrímssonar [47]. ― {140b} «Imbrattatori dei denti di lupo»: kenning per «guerrieri», i cui cadaveri, abbandonati sui campi di battaglia, finivano spesso divorati dai lupi. ― {140d} «Grazia dei pesci di valle»: i «pesci di valle» sono i serpenti e la «grazia dei serpenti» è, ovviamente, kenning per «estate».

39cÈ impossibile rendere in italiano i riferimenti crociati possibili nell'originale norreno: per due casi di omofonia infatti reynir significa «sorbo», ma anche «intenditore, utilizzatore», mentre viðr significa sia «albero, legna», in senso generico, che «autore, responsabile di qualcosa». Non abbiamo avuto altra scelta che citare fra parentesi i sostantivi originali.

39f ― Come nel caso maschile, anche le kenningar per «donna» possono derivare da nomi d’albero, i quali nella lingua originale possono avere altri significati distinti. Anche in questo caso per chiarire il senso della frase abbiamo dovuto citare fra parentesi i sostantivi originali che sono usati come kenningar: abbiamo infatti selja, «colei che dona», ma con la stessa grafia si può anche intendere «salice». Il termine successivo, log, nel gioco di parole spiegato da Snorri indica sia «perdita» che «albero», derivando da un'ambiguità che nel testo islandese è resa molto più complessa dalla confusione storica fra scrittura e pronuncia. In effetti le parole che costituiscono il gioco di parole dovrebbero essere lóg «dispendio, perdita», e lág «legno», che è anche un classico nome alternativo di «albero», in senso generico. I due termini, così come si evincerebbe dalla normalizzazione dei manoscritti originali, presentano una grafia differente e non sembrano semanticamente correlati. Si può pertanto ipotizzare che in questo contesto il gioco di parole fosse possibile in epoca medievale esclusivamente grazie all'ambiguità della pronuncia: abbiamo infatti lóg, che secondo la dizione più classica sarebbe pronunciato [loːg] (con o lunga) e lág che poteva esser pronunciato [laːg] (con a lunga), [lɔg]  (con o aperta), oppure [log] (con o breve), dal momento che, nei manoscritti del XIII secolo, ǫ ed o possono essere usati per rappresentare sia á che ó. (Faulkes 1998). Senza queste considerazioni il gioco di parole descritto da Snorri non sembra comprensibile. Significativo in tal senso è che nei manoscritti Codex Regius [Rs], Trajectinus [T] e Wormianus [W] entrambi i termini siano scritti log. Nel Codex Uppsaliensis [U] si trova lág e lag rispettivamente, mentre nel ms. AM 757a 4° [B] la lezione è lág.

Bibliografia

  • ANDERSON Rasmus Bjǫrn [cura], The Young Edda, also called Snorre's Edda, or the Prose-Edda. Chicago 1879.

  • BRANSTON Brian, Gods of the North. Thames & Hudson, London 1955. → ID. Gli dèi del nord. Mondadori, Milano 1991.
  • CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
  • DAVIDSON Hilda R. Ellis, Gods and Myths of Northern Europe. Penguin, London 1964.
  • DAVIDSON Hilda R. Ellis, Roles of the Northern Goddess. Routledge, London 1998.
  • DE SANTILLANA Giorgio ~ VON DECHEND Hertha, Hamlet's Mill. Gambit, Boston 1969. → ID., Il mulino di Amleto. Adelphi, Milano 1983 [1990].
  • DOLFINI Giorgio [cura]: SNORRI Sturluson, Edda Adelphi, Milano 1975.
  • FAULKES Anthony, Poetical inspiration in old norse and old english poetry. In «Northern Studies». Viking Society for Northern Research. London 1997 [1998].
  • FAULKES Anthony [cura], Edda. Prologue and Gylfaginning. Viking Society for Nothern Research, London 2005.
  • FAULKES Anthony [cura], Edda. Skáldskaparmál. In «Northern Studies». Viking Society for Northern Research. London 1998.
  • FIDIESTØL Bjarne, Det norrøne fyrstediktet. Alvheim ~ Eide (Øvre Ervik), Bergen 1982.

  • GERING Hugo [trad.], Die Edda. Liepzig 1892.
  • GRIMM Jacob, Deutsche Mythologie. Gütersloh 1835.
  • ISNARDI Gianna Chiesa [cura]: SNORRI Sturluson, Edda di Snorri. Rusconi, Milano 1975.
  • ISNARDI Gianna Chiesa [cura], Leggende e miti vichinghi. Rusconi, Milano 1977.
  • ISNARDI Gianna Chiesa, I miti nordici. Longanesi, Milano 1991.
  • JAKOBSON Roman, Rol' lingvističeskich pokazanij v sravnitel'noj mifologii. In: «Meždunarodnyi kongress antropologičeskich i etnografičeskich nauk». Moskva 1970. → ID.: Linguistic Evidence in Comparative Mythology. In: «Selected Writings», VII.
  • JÓNSSON Finnur ~ EGILSSON Sveinbjörn, Lexicon poeticum antiquae linguae septentrionalis. København 1966
  • MALLORY James P. ~ ADAMS Douglas Q., The Oxford Introduction to Proto-Indo-European and the Proto-Indo-European World. Oxford University Press, Oxford 2006
  • MANGANELLA Gemma, Antichi dialetti germanici: origini e sviluppo. Liguori, Napoli 1979.
  • KOCH Ludovica [cura], Gli Scaldi. Poesia cortese d'epoca vichinga. Einaudi, Torino 1984.
  • SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.], Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
  • TURVILLE-PETRE Gabriel, Myth and Religion of the North. The Religion of Ancient Scandinavia. Weidenfeld & Nicholson, London 1964.
  • ZOËGA Geir T., A coincise Dictionary of Old Icelandic. Clarendon Press, Oxford 1910.
BIBLIOGRAFIA
  Prose Edda
GYLFAGINNING
    Prose Edda
HÁTTATAL
 
Archivio: Biblioteca - Guglielmo da Baskerville
Area: Germanica - Brynhilldr
Introduzione, traduzione e note di: Stefano Mazza.
Grazie a:
Luca Taglianetti, Michele Mondia.
Creazione pagina: 18.10.2007
Ultima modifica: 28.01.2017
 
POSTA
© BIFRǪST
Tutti i diritti riservati