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Svjatogor |
Illustrazione di Boris Ol'šanskij |
1
- SVJATOGOR
ra,
il possente Svjatogor, il più antico e
possente dei
bogatyri.
Veniva, come dice il suo nome, dai Monti Santi. Aveva una statura gigantesca e,
in groppa a un cavallo a lui proporzionato, svettava col capo al di sopra delle
cime degli alberi più alti.
Svjatogor conduceva una vita nomade ed
errabonda, vagando
oltre i confini della santa Rus'.
Dotato di un orgoglio smisurato quanto la sua statura, si dice
che camminasse sulle vette
dei monti perché l'umida nera terra non poteva sopportare il suo peso.
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Svjatogor (1990) |
Illustrazione di Sergej Petrovič Panasenko |
2 - IL SACCO DEL
VIANDANTE
n giorno Svjatogor sellò il suo cavallo
e si diresse nell'aperta ampia steppa. Cavalcando, sentiva la vita
fluire vigorosa nelle vene ed avrebbe desiderato poter gareggiare
con qualcuno, mettere alla prova la sua forza di bogatyr'. Purtroppo non c'era
nessuno in vista ed egli non poté fare a meno di lanciare una
sfida orgogliosa:
— Se trovassi un anello conficcato in terra, potrei
sollevare il mondo!
Non aveva finito di parlare che vide, lontano
davanti a sé, un giovane che procedeva a piedi lungo la strada.
Svjatogor pensò di raggiungerlo e
spronò il cavallo. Il cavallo accelerò l'andatura, passò al trotto, al galoppo,
ma per quanti sforzi facesse, l'uomo era sempre lontano.
— Aj, tu! — gridò
Svjatogor. — Aspettami! Perché il mio
cavallo non riesce a raggiungerti?
Il viaggiatore si volse, si fermò e attese
Svjatogor, appoggiando a terra il
sacco che portava in spalla.
— Che cos'hai in quel sacco, amico? — chiese
Svjatogor non appena fu accanto al
giovane viandante.
— Raccoglilo e guarda tu stesso — replicò
l'uomo.
Svjatogor scese da cavallo,
afferrò il sacco con una mano e fece
per sollevarlo. E subito gli sembrò che il braccio si staccasse dalla
spalla, ché il sacco non si mosse da terra. Allora
Svjatogor lo afferrò con ambedue le
mani ma il sacco pareva inchiodato al suolo.
Svjatogor tirò con tanta forza che
egli stesso affondò nel terreno fino alle ginocchia. Sul viso gli corsero rivoli
di sudore e di sangue, ma il sacco si sollevò quel tanto necessario da potervi
passar sotto un capello, non di più.
— Che cosa c'è mai qui dentro? — ansimò
Svjatogor. — Ho impiegato tutta la mia forza, ma il
sacco non si muove da terra.
— In questo sacco c'è il peso del mondo
intero — gli spiegò l'altro. — È come
se fosse fissato alla terra con un anello.
— Chi sei tu? — chiese allora
Svjatogor. — Come ti chiami?
— Mi chiamo
Mikula Seljaninovič — rispose
il giovane.
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Svjatogor e Mikula |
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943) |
3 - IL CONSIGLIO
DI MIKULA
opo aver fatto amicizia con
Mikula Seljaninovič,
Svjatogor gli chiese con rispetto: —
Mikuljuška, mi sembra che tu conosca molte cose.
Sai dirmi come posso sapere quale destino mi è stato riservato
da Dio?
— Cavalca diritto fino a che arriverai a un
crocevia — rispose Mikula Seljaninovič.
— Prendi la
biforcazione a sinistra e galoppa a briglia sciolta finché
arriverai ai monti del nord. Là, tra le colline, sotto un
grande albero c'è una fucina: il fabbro ferraio ti
svelerà il tuo destino.
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Svjatogor e il fabbro del destino |
Illustrazione di Andrej Klimenko (1956-) |
4 - IL FABBRO DEL
DESTINO
Svjatogor si congedò da
Mikula e cavalcò fino a
che non giunse a un crocevia; prese la biforcazione di sinistra e
galoppò in direzione delle montagne del nord. Il suo destriero
attraversò mari e fiumi, divorò verste su verste, e
finalmente, dopo tre giorni, Svjatogor giunse alle montagne del nord.
Là, in una fucina posta sotto un grande
albero, Kuznec
sud'by, il fabbro del destino, stava forgiando due
lunghissimi e sottili capelli d'oro.
— Che cosa fai, fabbro? — chiese
Svjatogor.
— Sto forgiando i destini di coloro che si
sposeranno — rispose il fabbro.
— E io chi sposerò?
— La tua sposa abita nel Regno Oltre il Mare, nella
Città Reale, e per trent'anni ha dormito sopra un
letamaio.
— Io non prenderò mai la mia sposa da un letamaio! — gridò
Svjatogor.
E, spronato il cavallo, si diresse nel Regno Oltre il Mare,
nella Città Reale. Prima di varcare le porte della città, decise di
trovare un posto per riposarsi e vide una povera, umile
casupola. Entrò, si guardò intorno e,
coricata su un mucchio di letame, scorse una fanciulla con la pelle
scura e screpolata come la corteccia di un abete. Allora prese
cinquecento rubli, li posò sul tavolo, poi afferrò la
sua affilatissima spada e la conficcò nel petto della
fanciulla. Fatto questo, balzò a cavallo e ripartì.
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5 - LA SPOSA DI
SVJATOGOR
ualche minuto più tardi, la fanciulla si
risvegliò e si alzò dal letamaio. La corteccia nera
scivolò via dal suo corpo ed essa diventò bella come nessun'altra fanciulla al mondo. Prese il denaro sul tavolo, si
recò al mercato e cominciò a commerciare. Quando ebbe
ammassato un incalcolabile tesoro, si costruì una
flotta di navi, le caricò con ogni sorta di merci preziose e
salpò verso terre lontane. Giunta alla grande città sui
Monti Santi cominciò a vendere la sua mercanzia, e la fama
della sua straordinaria bellezza si sparse per tutto il paese. Anche
Svjatogor volle conoscerla, si innamorò di lei, la
corteggiò e riuscì a sposarla.
Quando la sera si coricò accanto a lei, notò una
cicatrice sul suo petto. — Cos'è mai questa cicatrice, moglie mia? — le chiese.
E la fanciulla rispose: — Nel Regno Oltre il Mare, nella Città
Reale,
arrivò un giorno uno straniero. Giunto nell'umile capanna dove
per incantesimo io dormivo un lungo sonno sdraiata su un mucchio di
letame da ben trent'anni, posò cinquecento rubli sul tavolo e
se ne andò. Quando mi svegliai, avevo questa cicatrice sul
petto e dal mio corpo era caduta la dura scorza che lo ricopriva,
ruvida come corteccia d'abete.
E così
Svjatogor, il grande eroe, si
rese conto che nessuno può sfuggire al suo destino.
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6 - LA MORTE DI SVJATOGOR
olte
storie si intrecciano su
Svjatogor, in molte versioni, ed alcune vogliono che egli sia morto a causa
del suo orgoglio smisurato e della sua tracotanza. Altri narrano infatti in
maniera tragicamente diversa la leggenda del sacco che conteneva il «peso del mondo intero».
Secondo questa versione,
Svjatogor cavalcava un giorno nella nuda pianura. La sua forza di bogatyr'
gli scorreva nelle membra con rapidi battiti ed egli la avvertiva, penosa come una gravidanza.
Ma nessuno, ahimé, vi era, che potesse metterla alla
prova con la sua.
Ed ecco che gonfio di orgoglio
Svjatogor esclamò: — Trovatemi i tiranti,
solleverò la terra!
Cavalcava per la steppa quando, di traverso sulla via, vide una
piccola bisaccia.
Svjatogor fermò il
cavallo e, senza scendere di sella, brandì la frusta e la urtò, ma la bisaccia non si mosse.
Allora si chinò da cavallo e la sfiorò col dito: quella non si
rivoltò.
La afferrò con la mano: non riuscì a sollevarla!
E disse
Svjatogor: — Molti anni cavalcai per le vie del mondo, e mai trovai simile prodigio,
mai vidi uguale portento. Una piccola bisaccia, di traverso sulla via che non si
lascia smuovere, né rivoltare, né sollevare!
Allora scese
Svjatogor dal buon cavallo,
afferrò la bisaccia con due mani e la sollevò con tutte le sue forze. La sollevò
fino al ginocchio... ma
fino al ginocchio egli era affondato nella terra. Sul bianco volto non scorsero
lacrime, ma sangue. Dove Svjatogor affondò, là non restò in piedi. E per lui
giunse la fine.
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La fine di Svjatogor (1917) |
Illustrazione di Ivan Vasil'evič Simakov |
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Fonti
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Svjatogor |
Illustrazione di Aleksandr Koškin |
I
- SVJATOGOR, L'ULTIMO
DEI TITANI
Tra gli eroi bylinici, Svjatogor
si staglia d'un canto, isolato. Egli è, come
Volch Vseslav'evič e
Mikula Seljaninovič, un
personaggio che non fa parte del ciclo di Kiev. Le stesse byliny ne
sottolineano l'antichità. Svjatogor
è una figura che appartiene a un tempo passato e, anzi, a un passato che si
allontana sempre di più. È un avanzo dei tempi precristiani, l'ultimo eroe di una remota generazione
titanica. È l'ultimo di una schiatta di giganti presuntuosi, orgogliosi, carichi
di hýbris, in lotta con il destino e con
Dio. È una figura ingombrante, a disagio nel mondo ormai convertito alla fede di
Cristo.
Tutti i bogatyri compiono imprese ai confini
dell'umano, ma Svjatogor non è un personaggio di
dimensioni umane. È un essere
imponente, un gigante che cavalca un cavallo a
lui proporzionato e conduce una vita nomade vagando per la terra. Egli cammina
sulle vette dei monti perché il suolo non può sopportare il suo peso. La sua
statura è indice di primordialità: Svjatogor
non appartiene semplicemente al passato, quando a un ciclo precedente.
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II – SVJATOGOR,
INCARNAZIONE DELLE MONTAGNE
Il
primo punto da sottolineare è etimologico. Il nome di Svjatogor
significa «monte santo». Il personaggio appare
infatti intimamente legato all'elemento montano, a quelle montagne sulle cui
cime cavalcava per evitare alla terra di sprofondare sotto il suo peso.
Ma detto questo, bisogna riconoscere che le località chiamate Svjatye Gory
sono, in Russia, numerosissime e Svjatogor
non pare avere alcuna connessione con qualche luogo
in particolare. Secondo Mazon, che cita una vasta
serie di dati toponomastici, Svjatogor altro non è che la personificazione delle montagne
stesse: è un gigantesco uomo-montagna che, nell'ingenua
fantasia contadina, è stato immaginato come un individuo disteso, il cui corpo
forma l'ossatura dei monti (nella bylina
Svjatogor e la bara, Svjatogor si sdraia in un avello di pietra, tra le montagne,
dove rimane rinchiuso)
(Mazon 1932).
Su questa linea, Vladimir Propp ha proposto una contrapposizione tra le Svjatye
Gory e la Svjataja Rus', vale a dire le sacre montagne opposte alle
sacra terra russa: mentre le montagne sono assegnate a
Svjatogor, le steppe sarebbero dominio
dei bogatyri (Propp 1958). In effetti sembra
esservi una contrapposizione tra la titanica, isolata figura di
Svjatogor da una parte, e il gruppo
dei bogatyri kievani dall'altra. Svjatogor
non compie imprese epiche, non compie podvigi. Si limita ad esistere ai
confini dello spazio, relitto di una mitologia perduta.
La figura di Svjatogor è intrisa di motivi antichissimi. È un eco di arcaiche figure
mitologiche, una personificazione delle forze della natura.
Meriggi notava che in slavo comune *svętŭ significava
più precisamente
«carico di potenza numinosa» (cfr. latino sacer e greco ágios). Questa parola era un
vox media,
dato che tale «potenza» poteva essere rivolta tanto al bene che al male: tutto
quello che era *svętŭ
incuteva timore, veniva evitato o avvicinato con cautela. Questa parola acquistò
il senso positivo di «santo» soltanto dopo
l'introduzione di concetti cristiani, allorché l'originaria ambivalenza della
parola venne eliminata e si verificò una scelta semantica, grazie alla quale
l'aggettivo *svętŭ assunse un significato specializzato, dapprima nella traduzione della Bibbia e
nei testi ecclesiastici, poi nell'uso comune. Poiché
Svjatogor
non ha alcun tratto che lo avvicini a un
«santo» nel senso cristiano, ed è invece dotato di una forza magica, pagana,
bisogna riconoscere nella prima parte del suo nome l'originario significato.
(Meriggi 1974)
Questa natura pagana di
Svjatogor
è forse la ragione per cui, a livello popolare, sono stati tentati alcuni
tentativi di «recupero» del personaggio in senso biblico-cristiano. Ad esempio, in alcune
byliny,
Svjatogor
viene chiamato Sanson, confondendo così la figura
del bogatyr' con quello dell'eroe biblico. E sotto questo nome, il
titanico eroe è protagonista di una vicenda, tratta di
peso dalla leggenda biblica di Sansone e Dalila, in cui egli finisce per perdere
tutta la sua forza, grazie alle arti seduttive esercitate ai suoi danni da
un'affascinante maliarda. Speranskij ha anche ipotizzato che alcuni motivi della bylina
Svjatogor e la bara siano proprio ispirati alle
rappresentazioni cristiane di Sansone (Speranskij
1917).
Parallelamente, l'etimologia popolare, trasformando Svjatyj Gor in Svjatyj
Egor, è finita con l'identificare Svjatogor
con San Gregorio, confondendo così i due personaggi in un unico Egor Svjatogor.
Per la definizione della figura di Svjatogor
sono stati tentati raffronti con molti miti, anche se senza un risultato
definitivo. Sia il particolare dei monti, estranei alla natura russa, sia quello
della corporatura eccezionale, hanno fatto supporre per l'eroe un'origine caucasica.
Il foklorista Ivan Nikolaevič Ždanov ha suggerito paralleli biblici e fatto
raffronti con testi apocrifi, citando tra l'altro Osiride
e Aronne (Ždanov 1884). Si è
anche ipotizzato che Svjatogor altro non
sia che l'eroe estone
Kalevipoeg russizzato
(Šambinago 1958). André Mazon, nel suo poderoso studio, ha
stabilito
una serie di confronti con miti dell'antico Egitto, apocrifi medievali ebraici, arcaiche leggende musulmane
e tradizioni popolari
greche, serbe, casciubiche ed italiane. (Mazon 1932
| Meriggi 1974)
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III — IL MOTIVO
DELLA «TRAZIONE DELLA TERRA»
La leggenda per cui Svjatogor è giustamente famoso, quella che è generalmente riportata nei
libri di divulgazione, è quella
della tjaga zemnaja, espressione che Edgardo Saronne traduce con
«trazione della terra». (Saronne ~ Danil'čenko
1997)
Svjatogor e la
trazione della terra è una bylina di cui si conoscono una
decina di versioni differenti, di cui nove provenienti dalla regione dell'Onega
e una da Mezen. Formalmente, ciò darebbe diritto di affermare che tale bylina
sia a carattere locale, ma gli studiosi sono persuasi – vista la sua atmosfera
arcaica – che essa non si sia conservata altrove proprio a causa della sua antichità
(Propp 1958).
Queste le versioni conosciute:
- Hilferding: [1 | 118 | 119 | 185 | 265 | 270 |
273]
- Rybnikov I: [7 | 8] Rybnikov III: [1
| 2]
- Grigorev: [III: 114]
- Parilova ~ Sojmonov:
[4]
- Sokolov: [159 | 269]
- Kirevskij [I]
Le
varie composizioni iniziano con Svjatogor
a cavalca senza scopo per i confini della Santa Rus'. A volte egli è solo;
in altri casi, ha un compagno di viaggio, oppure lo incontra per via. Questo può
essere un giovane, un viandante, un vecchietto. In alcune varianti, l'eroe incontra
Il'ja Muromec
(Hilferding [1 | 265 | 270 | 273] | Rybnikov [I: 8 | III: 2]); in
un'altra,
Mikula Seljaninovič
(Sokolov [159]). In un'occasione, Svjatogor
incontra Dobrynja Nikitič (Hilferding
[118]), in un'altra il mercante Sadko
(Hilferding [119]), ma poco sappiamo dire
sull'effettivo contenuto di queste versioni. A volte, egli è solo
(Rybnikov [I: 7] | Parilova ~
Sojmonov [4]), ed è probabilmente questa la forma originaria della
bylina (Propp 1958).
A volte, l'eroe è conosciuto con nomi diversi. Si chiama ad esempio Kolyvan
(Hilferding [185]), versione russificata del
Kaleva finnico; oppure Samson
(Rybnikov [III: 1]), o Samson Svjatogor
(Hilferding [270]), con evidente riferimento
all'eroe biblico Šimšôn.
Svjatogor si sente colmo di forza e di vigore e, non avendo
nessuno con cui provare la propria potenza, si vanta di poter rovesciare
la terra sul fianco, se solo questa avesse un anello. Mentre così ragiona, Svjatogor vede davanti a sé un piccolo sacco.
Per tre volte
prova a sollevarlo ma, per quanti sforzi egli faccia,
non vi riesce. In alcune versioni,
Svjatogor si allontana riconoscendo la propria
sconfitta; in altre, in un ultimo tentativo di sollevare il sacco, sprofonda nella terra
e muore.
La comparsa della bisaccia è la risposta diretta alla vanteria
di Svjatogor. A seconda delle
varianti, essa può essere semplicemente trovata in terra, oppure l'eroe vi
inciampa sopra. A volte, a porla su una pietra, sono un giovane viandante o dei
vecchi pellegrini che subito dopo scompaiono misteriosamente
(Hilferding [119]). In una versione, è il Signore stesso che invia i suoi angeli a porre il
sacco sulla strada percorsa da Svjatogor.
Oppure è un vecchio che invita Svjatogor
a sollevarla (Grigorev [III: 114]). Nelle versioni
dove è presente
Mikula Seljaninovič, la
bisaccia appartiene a lui. Questa versione è la più densa di significato, anche
se probabilmente è anche la più elaborata dal punto di vista letterario e quindi la più lontana dal
soggetto originale. È tra l'altro la versione disposta da Lev Tolstoj nel primo
dei suoi Quattro libri di lettura (Tolstoj 1875).
L'antichità del mitema sembra dimostrata
dalla sua ampia diffusione nell'area slava. Lo ritroviamo ad esempio nei
racconti popolari jugoslavi, nei quali si narra come l'eroe
Marko Kraljević, malgrado tutti gli sforzi
compiuti, non riesca a sollevare da terra una bisaccia, proprio come in Russia
capita a Svjatogor.
In questo motivo, Bruno Meriggi ha voluto vedere il
ricordo di antichi tabù legati alla terra, la presenza di prescrizioni,
attestate nel mondo slavo, che vietavano di battere la terra o di conficcarvi
qualcosa, specialmente in primavera, quando essa era gravida. Oppure, secondo
credenze altrettanto diffuse, dei divieti di sollevare dal suolo certe pietre,
per non incorrere in qualche disgrazia (Meriggi 1975).
Ma di
nuovo, quella di Meriggi, è l'interpretazione storicistica-folkloristica cara alla scuola di
Vladimir Propp. Non si tratta certo dell'infrazione di un costume popolare se Svjatogor
viene umiliato e/o sprofondato nella terra. Vi è, in effetti, qualcosa di
beffardo, nel vedere un gigante possente come Svjatogor trovare la morte in maniera talmente antieroica. Se gli eroi bylinici muoiono di rado, e se la loro morte è di solito vista come
una tragica ingiustizia, la fine di Svjatogor è invece recepita come inevitabile e necessaria
(Propp 1958 | Saronne ~ Danil'čenko
1997). Il punto è che Svjatogor appartiene ad una generazione sorpassata di
eroi precristiani, sui quali pesa il destino (o la volontà divina) di svanire, per lasciare
il posto a una nuova generazione di bogatyri fedeli ai nuovi valori.
Come dice la bylina, il sacco
conteneva bsju zemlju «la terra intera».
È dunque Mat-syra-zemlja,
la «madre umida terra», a opporsi agli sforzi del bogatyr'. Nella
visione russa, non si può contrastare la «madre umida terra», la quale
fa germogliare la vita, nutre e disseta le sue creature, le accoglie e le
protegge. La spacconata di Svjatogor di poter rivoltare la terra non è semplicemente presuntuosa, ma è
sacrilega, in quanto diretta contro la santità della terra stessa (Saronne
~ Danil'čenko
1997).
Per tale ragione Vladimir Propp considera molto significativa – per
quanto indubbiamente posteriore – la vicenda in cui è
Mikula Seljaninovič, il
prodigioso aratore, a contrastare Svjatogor. La bylina Vol'ga
i Mikula ha molti punti in comune con
Svjatogor e la
trazione della terra. In quella bylina, il cavallo di
Vol'ga lanciato al galoppo non riesce a
raggiungere la giumenta di
Mikula
che procede al passo; in questa, pur essendo a cavallo, Svjatogor
non riesce a raggiungere
Mikula che cammina a piedi.
Analogamente,
il sacco che
Mikula porta disinvoltamente in spalla e che
Svjatogor non riesce
nemmeno a sollevare, appartiene allo stesso ordine di idee dell'aratro
dello stesso
Mikula, che i trenta
guerrieri della družina di
Vol'ga
non riescono nemmeno a smuovere dal solco, mentre
Mikula
vi riesce senza sforzo.
Mikula Seljaninovič è, in un certo senso, l'amico della terra, il guardiano
della sacralità del santo suolo russo. Come abbiamo già detto al riguardo di
Vol'ga e Mikula,
non si tratta di
forza fisica, quanto di virtù. La stessa terra che benedice l'alacre
Mikula,
si oppone al presuntuoso
Vol'ga
e punisce l'empio Svjatogor.
Lo scrittore Gleb Ivanovič Uspenskij, che doveva avere una
conoscenza orale di
Svjatogor e la
trazione della terra, sottolinea il contrasto tra Svjatogor,
che vaga senza meta sui monti selvaggi, e il contadino
Mikula che personifica un
rapporto forte e significativo tra l'uomo e la terra. «Il popolo conserva
tuttora la potenza e la mansuetudine della sua personalità, poiché regna su di
lui l'autorità della terra. Alla radice della sua esistenza c'è
l'impossibilità di disobbedire ai suoi comandi, che dominano la sua mente e la
sua coscienza, poiché essi riempiono tutta la sua vita» (Uspenskij
1883). La bylina viene citata da Uspenskij proprio a dimostrazione di
questa sua idea. Com'è ovvio, Vladimir Propp si dissocia dall'interpretazione di
Uspenskij, esaltando un'etica attiva del lavoro, laddove è piuttosto il
contadino (Mikula) a dominare
la terra, ragion per cui egli porta sulle sue spalle il peso del lavoro
sostenuto dall'intera classe
contadina, laddove l'autarchico Svjatogor,
pur con tutta la sua potenza, è letteralmente incapace di assumersi quel peso e
sprofonda nella terra
(Propp 1958).
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IV - IL MATRIMONIO DI SVJATOGOR
La storia del matrimonio di Svjatogor
è attestata in una sola versione, dove è la continuazione della bylina
Svjatogor e la
trazione della terra, in una delle due versioni raccolte da Rybnikov
(Rybnikov [51]). La vicenda non esiste dunque come bylina a
sé stante, ma come episodio accessorio di una bylina che, in tutti gli
altri casi conosciuti, è completa in sé stessa. Che l'episodio sia stato
aggiunto successivamente, e non è originale, lo si evince innanzitutto dal fatto
che, in questa versione, Svjatogor non muore nell'impresa
della trazione della terra, di fatto rendendo meno efficace il finale e il
significato della vicenda. Inoltre, la presenza di
Mikula Seljaninovič, che
funge da collante tra la storia della trazione della terra e quella del viaggio
di Svjatogor alla ricerca della sua
sposa, è a sua volta un elemento non necessario della bylina stessa,
presente solo in un'altra versione e dunque aggiunto posteriormente.
L'episodio del matrimonio di Svjatogor è assai lontano dallo stile e dall'atmosfera tipici delle
byliny, e lo si ritiene estraneo. Esso risalirebbe al patrimonio fiabesco e
sarebbe pervenuto solo in un secondo tempo in quello bylinico. Secondo Ivan
Ždanov, a cui risale uno dei più dettagliati studi
su Svjatogor,
soltanto le byliny
Svjatogor e la
trazione della terra e
Svjatogor e la bara sarebbero temi originali. Le
altre vicende aventi Svjatogor come
protagonista, proverrebbero dalle fiabe. (Ždanov 1881
| Propp 1958) Propp confronta la leggenda del matrimonio di Svjatogor con una bylina
presente nella raccolta della Krjukova (Krjukova [II:
91]). |
Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ► |
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