1
- IL PRODIGIOSO ARATORE
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Vol'ga e Mikula |
Illustrazione di Ivan Jacovl'evič Bilibin (1876-1942) |
n
giorno
Vol'ga
Svjatoslavovič
galoppava in testa alla sua družina per andare a
riscuotere tributi nelle tre città di Kurcovec, Orechoec e
Krest'janovec, città che suo zio
Vladimir, gran principe di Kiev e della sacra terra di Rus', gli aveva concesso
in beneficio. Di trenta valenti giovani si componeva la družina,
e
Vol'ga era il trentesimo.
Mentre il drappello correva nell'aperta ampia steppa, si udì
il lontananza il rumore di qualcuno che arava la terra.
Si distingueva nettamente lo
scricchiolare della socha, il robusto vomere che
aprendo la terra sfregava le pietre. E al di sopra, il lieto
fischiettare del contadino che accompagnava il duro lavoro con
un motivetto soffiato tra le labbra.
Ma nonostante si udisse
nettamente sia il rumore dell'aratro sia il
fischiettare dell'aratore, nessuno era in vista.
Vol'ga e la sua družina
partirono al galoppo: cavalcarono un giorno, dalla
mattina alla sera, ma l'aratore non riuscirono a raggiungere.
Cavalcarono un secondo giorno, da mattina a sera, ma l'aratore
era ancora davanti a loro. Lo sentivano fischiettare,
sentivano il vomere sfregare le pietre, ma era ancora lontano.
Vol'ga e la sua družina
cavalcarono ancora un terzo giorno, dall'alba a mezzodì.
Trovarono
infine un robusto contadino che spingeva innanzi a sé un aratro gigantesco,
che avanzando scalzava ceppi e radici, sradicando le querce,
abbattendo pini e abeti, tanto che la terra si alzava ai lati in mucchi grandi
come montagne. Aveva, l'aratore, occhi splendenti come quelli di
un falco e sopracciglia di nero zibellino, dal berretto
piumato cadevano giù riccioli tondi come perle. Indossava un caffetano di velluto nero e calzava stivali di verde
marocchino, con tacchi e punte aguzze di dura lesina. Sotto il
tacco poteva volare un passero, sulla punta aguzza ci si
poteva rotolare un uovo. La socha che spingeva davanti a sé
era in legno di acero, ma il vomere era di acciaio brunito, la
vanghetta d'argento e il manico di oro rosso. A tirarla,
un'enorme giumenta isabella con cinghie di seta. |
2 - IL RACCONTO DI
MIKULA
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Mikula e Vol'ga |
Illustrazione di Andrej Klimenko (1956-) |
MUSEO: [Klimenko]► |
disse
Vol'ga
tali parole: — Iddio ti aiuti, caro aratore, ad arare, dissodare e lavorare
la terra, ad avanzare tracciando solchi e scalzando ceppi e radici.
E rispose
Mikula, l'aratore:
— Prova un po' tu,
Vol'ga
Svjatoslavovič!
Mi ci vuole l'aiuto divino per lavorare! Ma dove vai tu, Vol'ga, dov'è che sei
diretto?
— In beneficio m'ha dato il caro zio e padre di battesimo, il
grazioso Vladimir della grande città di Kiev, tre città con i loro contadini. La
prima città è Kurcovec, Orechovec è la seconda città, la terza si chiama Krest'janovec;
vado nelle città per riscuotere tributi!
Parlò allora
Mikula, l'aratore: — Aj, tu,
Vol'ga
Svjatoslavovič!
Quelli che vivono lì sono briganti, tagliano travi di viburno e le affondano
nel fiume Smorodina! Poco fa fui in città, il terzo giorno, acquistai tre sacchi
di sale, ogni sacco pesava cento pud, io stesso, poi, pesavo quaranta pud. Ed ecco che quegli uomini presero a chiedermi soldi ed io cominciai a
pagare. Ed ecco che, più pagavo, più i miei soldi diminuivano e più gli uomini
si facevano avanti a chiedermene. Così ecco che cominciai a menar pugni: chi
stava in piedi ora siede sedendo, e chi stava seduto ora giace
giacendo!
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3 - IL CAVALLO DI MIKULA E IL SUO ARATRO
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Mikula e Vol'ga |
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943) |
questo
punto disse
Vol'ga Svjatoslavovič: — Aj
tu, aratore mio caro! Vieni con me, come mio compagno!
E allora
Mikula sciolse le cinghie di
seta, liberò la giumenta dalla socha e le balzò in groppa. La prode
družina partì per l'aperta ampia steppa. Ma ecco che, se la cavalla di
Mikula
andava al passo, il destriero di
Vol'ga andava al galoppo. E se
la cavalla di
Mikula andava al trotto, il
destriero di
Vol'ga rimaneva indietro.
D'un tratto si fermò
Mikula. — Aj, ho
lasciato nel solco la
socha! Non è certo per chi passa: se la trova un debole, inutile che se
la prenda; se la trova un ricco, non la guarda neanche; ma un rustico contadino
potrebbe averne interesse. Credo sia meglio togliere la socha dalla
terra, scuotere la terra dal vomere e metterla dietro un cespuglio di salice.
Vol'ga ordinò a cinque giovani
possenti di tornare indietro, togliere la socha dalla terra e, dopo
averla ben ripulita, metterla dietro un cespuglio di salice. Partirono i cinque
bravi giovani possenti verso la socha in legno d'acero. Cercarono di
girarla per le stanghe e tirarla su dalla terra, ma non vi riuscirono. Allora
Vol'ga mandò altri cinque
robusti giovani a dar manforte ai primi cinque, ma a provarci in dieci, non
riuscirono ancora a trarre dalla terra la pesante socha.
Tutta intera la družina di
Vol'ga andò a compiere
l'impresa, trenta giovani prodi e forti, ma non riuscirono nemmeno a scuotere la
pesante socha dal solco. Allora
Mikula tornò indietro sulla
sua cavalla isabella, giunse alla socha in legno d'acero, con una sola
mano la afferrò e la trasse fuori dal solco, la scosse ripulendola dalla terra e
la pose delicatamente dietro un cespuglio di salice.
Di nuovo la prode družina partì per
l'aperta ampia steppa. Ed ancora ecco che, se la cavalla di Mikula
andava al passo, il destriero di
Vol'ga andava al galoppo. E se la cavalla di
Mikula andava al trotto, il destriero di
Vol'ga rimaneva indietro. Allora Vol'ga
si cavò il kolpak di testa e agitandolo cominciò a gridare: — Férmati, tu,
caro aratore! Se questa bestia fosse un cavallino, per la cavalla ti darebbero
cinquecento rubli!
Disse allora
Mikula l'aratore: — Stolto
sei tu, o
Vol'ga Svjatoslavovič!
Acquistai la cavalla quand'era una puledrina, dal seno di sua madre, e la pagai
cinquecento rubli. Se questa bestia fosse un cavallino, per la cavalla non ci
sarebbe prezzo!
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4 - SI PRESENTA MIKULA SELJANINOVIČ
disse
Vol'ga Svjatoslavovič:
—
Aj tu, aratore mio caro. Con quale nome vieni chiamato, di quale padre sei
detto figlio?
— Aj
tu,
Vol'ga Svjatoslavovič! — rispose l'aratore:
— Io segala coltivo e la ammucchio i covoni, la ammucchio in
covoni e la trasporto a casa, la trasporto a casa e la trebbio, fermento la
birra e la offro da bere ai contadini, così hanno preso a lodarmi i contadini,
chiamandomi il giovane
Mikuljuška
Seljaninovič!
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Vol'ga e Mikula |
Dipinto artigianale su legno laccato |
MUSEO: [Artigianato]► |
5 - MIKULA VIENE IN
CITTÀ
giunsero infine,
Vol'ga e Mikula, nella città di Kurcevec. Per la città si misero a
passeggiare, ammirandone gli edifici e i monumenti. Subito arrivò uno stuolo di
ragazzi, i quali, indicando l'aratore, cominciarono a dire:
— Aj, fu qui tre giorni fa, costui, e
picchiò la gente!
A quel richiamo si radunò la gente della
città, ma vedendo Mikula in compagnia di
Vol'ga, nessuno si fece avanti e tutti rimasero indietro titubanti. Dopo
aver a lungo riflettuto, gli uomini della città vennero infine
presso Mikula, si inchinarono e, cavandosi il cappello, gli porsero le loro
scuse.
Disse allora
Vol'ga Svjatoslavovič: —
Aj,
tu, Mikula Seljaninovič! Ho in beneficio tre città con i contadini. Tu resta qui
come mio governatore, e pensa tu a raccogliere i tributi che mi spettano!
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Fonti
1-5 |
Aleksandr Hilferding: Byliny
[?] > Vol'ga i Mikula |
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I — MIKULA SELJANINOVIČ, IL PRODIGIOSO
ARATORE
Mikula
Seljaninovič ha un patronimico trasparente: seljanin vale
infatti «campagnolo». Spesso i patronimici, nell'epica russa, non indicano una
filiazione quanto piuttosto un'affinità.
Mikula è
dunque caratterizzato non tanto dall'essere figlio di un agricoltore, quanto figlio di
quella terra di cui egli stesso è contadino e aratore.
Mikula
Seljaninovič è una figura molto antica, alla pari di
Svjatogor o
Vol'ga
Svjatoslavovič.
L'origine del personaggio non è chiara: gli studiosi hanno
cercato possibili fonti, avanzando una serie di possibilità,
nessuna delle quali si è rivelata adeguata a spiegare le
dinamiche e i vari aspetti della bylina. Questa è anche
l'opinione sostenuta da André Mazon, che in un articolo ha
cercato di ricondurre la figura di
Mikula a un personaggio
presente in due apocrifi medievali russi (Mazon
1932). Altri hanno sostenuto una qualche relazione con San Nicola di
Možaisk. La figura è stata spesso esaltata dagli studiosi sovietici, affascinata
dalla contrapposizione tra il nobile e il contadino. Lo stesso Maksim Gor'kij
riconobbe nella figura di Mikula una grandiosa creazione della letteratura
mondiale e lo pose a fianco di personaggio della statura di Eracle, Prometeo, e
altri. (Gor'kij 1930 | Propp 1958)
Conviene sospendere il giudizio:
la figura di
Mikula
Seljaninovič sembra radicata nella simbologia e nel mito
slavo, come mostra una possibile attinenza con la
leggenda cèca di Přemysl. Concludendo in semplicità,
Mikula
Seljaninovič rappresenta forse l'amore per la terra, per la vita laboriosa dei
campi. Vol'ga, con le sue imprese
guerresche e le sue trasformazioni, dovette
esercitare un enorme fascino sul popolo, ma fu
Mikula ad esprimerne
la vera anima e le più autentiche aspirazioni.
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Mikula Seljaninovič |
Dipinto di Kuzma Sergeevič Petrov-Vodkin
(1878-1939) |
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II — LE FONTI E LE VARIANTI
Della bylina Vol'ga i Mikula si
conoscono una trentina di versioni, di cui ben sette sono state registrate da Aleksandr Hilferding nella zona dell'Onega:
- Rybnikov [3 | 69]
- Hilferding [32 | 45 | 55 | 73 | 131 | 156 | 195]
- Parilova e Sojmonov [3 | 8]
- Krjukova [40]
- Konaškov [11]
A queste si aggiunge la rara versione Sadko, Vol'ga
i Mikula, dove contribuisce alla vicenda anche il mercante
Sadko (Hilferding [2]).
Il racconto descrive, con poche varianti, l'incontro tra un nobile guerriero
che attraversa la steppa in testa alla sua valente družina e un possente e meraviglioso aratore. Nel testo della
bylina l'eroe
a cavallo
viene chiamato fin dall'inizio col nome di
Vol'ga Svjatoslavovič [Vseslav'evič, Seslav'evič,
Svjatoslav'evič, Svjatoslavgovič...]; l'aratore, che
nella maggior parte dei casi rivela il suo
nome quasi alla fine della bylina, è invece
Mikula
Seljaninovič.
La bylina è attestata in
due varianti principali. Nella prima variante si assiste soltanto all'incontro e
al confronto tra
Vol'ga e
Mikula,
il quale accoglie infine l'invito dell'interlocutore e si accompagna alla sua družina. Nella seconda versione si ha
un'ulteriore svolgimento, perché
Mikula giunge in città con
Vol'ga e sembra
sia disposto ad aiutare quest'ultimo nell'amministrazione dei beni che gli sono
stati concessi dal gran principe Vladimir. |
III –
IL NOBILE E IL CONTADINO: LOTTA DI CLASSE?
La bylina è interamente basata sul confronto
tra i due personaggi,
Vol'ga e
Mikula, il nobile guerriero e il rustico aratore.
Entrambi hanno la statura e la possenza primordiale che contraddistingue
i veri bogatyri.
Vol'ga Svjatoslavovič altri non è
che
Volch/Vol'ga Vseslav'evič, il quale, come abbiamo visto
nella bylina che lo riguarda [MITO],
è un guerriero-stregone con una particolare affinità col regno animale, dunque
con spiccate doti di cacciatore.
Mikula
al contrario è in tutto e per tutto un
agricoltore. Vari studiosi hanno indagato i possibili significati di tale
contrapposizione, pur senza ottenere risultati soddisfacenti.
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Mikula Seljaninovič |
Scultura di Aleksej
Ščepëlkin (1926-) |
MUSEO: [Ščepëlkin]► |
Che gli autori sovietici abbiano visto, nella bylina di
Vol'ga e
Mikula, il ricordo,
mitizzato, di un antico confronto tra le classi sociali dei nobili e dei
contadini, è conclusione scontata.
Vol'ga viene descritto come un signorotto feudale: ha ricevuto tre città in
appannaggio da suo zio lo knjaz' e, all'inizio della vicenda, si muove
per entrare in possesso del patrimonio e imporre il suo diritto di esazione
delle imposte. Al contrario dei guerrieri del ciclo di Kiev –
Il'ja Muromec e
Dobrynja Nikitič – che agiscono e
combattono per il bene della Rus',
Vol'ga agisce unicamente negli interessi della classe nobiliare. Vladimir Propp
sottolinea il fatto che personaggi «popolari» come
Il'ja e Dobrynja non vengano
mai contrapposti ai contadini (Il'ja stesso è
detto figlio di agricoltori), mentre, in questa bylina, egli vede un
forte contrasto tra
Vol'ga e
Mikula. Scrive: «La figura di
Mikula è circondata
dall'affetto del popolo; egli impersona il lavoro del contadino, mentre
Vol'ga impersona la violenza e l'asservimento» (Propp 1958).
La bylina Vol'ga i Mikula sarebbe
dunque nata in tempi piuttosto recenti, allorché i
contadini presero ad avere coscienza di sé stessi in quanto classe sociale contrapposta
alle altre, per effetto dell'acutizzazione dei contrasti tra nobili e contadini.
Tuttavia, se
Vol'ga è il tipico signore feudale,
Mikula non sembra un servo
della gleba, ma un contadino libero. Sokolov definiva Mikula come un contadino
agiato o, più esattamente, un kulak (Sokolov 1931). È stato registrato solo un caso in cui
Vol'ga tratta
Mikula con un proprio
dipendente e ordina alla družina: «Portatemi qui il mužik!»
(Hilferding [195]). Ma questo caso, proprio per la
sua eccezionalità, dimostra che
Mikula non dipende da
Vol'ga, né da altri. Egli non lavora il terreno del suo padrone. Forse, suggerisce Propp, egli ara la
terra della sua comunità rurale [obščina], terra che non appartiene al
signore, bensì al popolo. La figura di
Mikula sembra dunque
incarnare la situazione ideale per i contadini ai tempi della servitù
della gleba russa. Propp aggiunge: «La contrapposizione tra
Mikula e
Vol'ga è tra due forze storiche, una delle quali è destinata a scomparire;
all'altra invece appartiene il futuro, poiché la sua potenza è nel
lavoro» (Propp 1958).
Propp sta evidentemente forzando il testo per imporgli
una visione ideologica che non gli appartiene. Prima di essere i
rappresentanti di due classi sociali storicamente determinate,
Mikula e
Vol'ga sono due archetipi. Come tali, il principe e il contadino sono elementi stabili
dell'universo descritto dalla bylina. Non vi è alcuna ragione di supporre
che
Vol'ga simbolizzi un passato destinato a scomparire e
Mikula un futuro di liberi
contadini. Propp sottolinea a più riprese un presunto antagonismo dei due
protagonisti: «coerentemente si svolge la bylina, con l'umiliazione di
Vol'ga e la celebrazione di
Mikula» (Propp 1958).
Ma, a voler essere onesti,
Vol'ga sembra piuttosto ammirato dalle capacità sovrumane di
Mikula, tanto da non volersi
privare di un uomo come lui. In nessun caso,
Vol'ga si sente umiliato dalla superiorità del lavoro agricolo sulle sue capacità magiche
di cacciatore/guerriero.
Il contrasto tra i
Vol'ga e
Mikula è in realtà più di natura
descrittiva che ideologica, e non sono mancati autori sovietici che hanno
descritto i due personaggi della bylina non come antagonisti, bensì come
compagni (Sokolov 1931). Propp ovviamente non è
d'accordo e considera la scena finale, dove
Vol'ga convince
Mikula a seguirlo in città
per aiutarlo nella riscossione dei tributi, come una
tarda aggiunta alla bylina, priva di una vera correlazione con il resto
della vicenda. «Per il progetto ideale e artistico [della bylina], che
consiste nel celebrare la figura monumentale di
Mikula e la sua
contrapposizione a quella di
Vol'ga, non è necessario che l'intreccio venga svolto fino all'arrivo di
Vol'ga in città» e nota come alcuni dei «migliori cantori» concludano il
testo al semplice confronto tra le capacità di
Mikula e quelle di
Vol'ga. In tre versioni della bylina, però, i due procedono fino alla
città, dove
Mikula aiuta
Vol'ga ad incassare i tributi e per questo viene nominato governatore. Propp si è fortemente dissociato da un tale finale, nella quale
«il contadino viene raffigurato come un amministratore del principe nell'opera
di sfruttamento dei contadini» (Propp 1958).
Può destare meraviglia che un'antica leggenda possa essere interpretata sotto
una luce ideologica tanto netta. In realtà, la seconda parte della bylina
è necessaria alla prima, e la soluzione va cercata piuttosto nella comparazione
degli aspetti funzionali, non certo nelle esigenze della lotta di classe. |
IV - INCONTRO/SCONTRO TRA VOL'GA E MIKULA
Secondo Bruno Meriggi, la bylina adombrerebbe l'incontro e il confronto
tra una società di cacciatori e una di agricoltori. La finale associazione tra
Mikula e
Vol'ga rifletterebbe invece una vicenda di
relativamente pacifica fusione tra le due società, i cui contrastanti elementi
sarebbero stati appunto conservati nella bylina. La scena dove
Mikula segue
Vol'ga in città, quale amministratore della stessa, sarebbe derivata invece
da un'epoca storica più recente, riferendosi alle condizioni politiche e sociali
dell'epoca feudale. (Meriggi
1974).
L'ipotesi di Meriggi, altrettanto «storicistica» di quella di Propp, seppure a
un livello diverso, si regge sull'identificazione tra il
Vol'ga Svjatoslavovič di questa bylina, che è descritto come il
nipote di un principe, con il
Volch Vseslav'evič della bylina omonima, che è invece un
cacciatore e guerriero. Non c'è dubbio che i due personaggi siano da
identificare l'uno con l'altro ma, rimane il fatto che, nell'ermeneutica del
testo di Vol'ga i Mikula,
Vol'ga sia il nipote di un principe, e la sua comparazione con
Mikula si giochi sul
contrasto nobile ↔ contadino, e non cacciatore ↔ contadino.
Seguendo un suggerimento di Propp, Meriggi si sofferma, nella sua
analisi, sulla scena della bylina in cui vediamo
Mikula
dissodare la terra liberandola da ceppi e radici e, in talune versioni, persino
da interi alberi (Hilferding [55 | 255] | Rybnikov [69]), e ci ricorda che questa particolare tecnica agricola
corrispondeva a quella arcaica della Russia settentrionale, dove le foreste
venivano abbattute dai contadini per far posto ai campi coltivati, mentre i
tronchi degli alberi abbattuti, una volta bruciati, venivano impiegati come concime. Sui terreni così liberati si
procedeva a un'agricoltura a zappa, quindi, una volta che i campi erano divenuti
improduttivi, dopo qualche anno, si provvedeva ad abbattere un ulteriore tratto
di bosco.
Mikula non lavorava di zappa ma con la
socha,
l'arcaico aratro di legno delle genti russe. Aggiunge Meriggi: «se l'abbattere
alberi allude alle condizioni dell'agricoltura primordiale, il lavorare con
grande rapidità può corrispondere alla relativamente rapida rotazione del
terreno coltivato». (Propp 1958 | Meriggi
1974)
Fermo restando che
l'analisi storicista conduce a interessanti chiavi di lettura, è
evidente che i miti non sono semplicemente il ricordo idealizzato di antichi
avvenimenti. Sforzandosi di ricondurre il mito agli
elementi sociali e rituali delle antiche fasi della civiltà umana, i pensatori
sovietici gli negavano al
contempo le sue radici più intime e profonde. In Vol'ga
i Mikula non vi è
(soltanto) l'incontro tra due comunità, l'una di cacciatori nomadi e l'altra di
stanziali agricoltori ma, come abbiamo detto, un incrocio di simboli connaturati nella mente e nel
cuore delle genti russe.
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Vol'ga Svjatoslavič (1910) |
Dipinto di Nikolaj Roerich
(1874-1947) |
MUSEO: [Roerich]► |
Vol'ga, il possente bogatyr' che
altrove, col nome di
Volch Vseslav'evič, avevamo visto capace di sovrumane
imprese guerresche e di inaudite trasformazioni, in questa bylina è
perlopiù ritratto secondo parametri perfettamente realistici: è un giovane nobile
che si reca, in testa al suo seguito di guerrieri, a ritirare i tributi dalle
città che gli sono state assegnate dal gran principe suo zio. Piuttosto, lo
vediamo stupirsi e meravigliarsi di fronte alla possente statura di questo formidabile aratore
chiamato
Mikula,
il cui aratro spacca la terra con un frastuono udibile da verste di
distanza e la cui mano è in grado di sollevare dal solco l'aratro di
legno che l'intera družina di
Vol'ga non riesce nemmeno a smuovere.
La scuola sovietica vedeva, in questa e altre capacità esibite da
Mikula, una dimostrazione
della profonda differenza tra il ruolo del contadino da quello del nobile
rappresentato da
Vol'ga. Scriveva Maksim Gor'kij: «Il senso della bylina non è nel
fatto che il principe e gli uomini della družina non sanno arare la
terra, ma nella pesantezza del lavoro agricolo» (Gor'kij
1935).
In realtà, il mito di
Mikula si muove – anche se all'inverso
– sullo
stesso ordine di idee di quello di
Svjatogor, il
tracotante titano che, essendosi vantato di essere così forte da riuscire a
rivoltare la terra, non riesce poi a sollevare una piccola bisaccia abbandonata
sulla via, mentre in alcune versioni vi riesce invece
Mikula. Come la bisaccia di
Svjatogor, anche
l'aratro di
Mikula pare radicato al
suolo, tanto che l'intera družina di
Vol'ga è impotente a smuoverlo, mentre
il prodigioso aratore l'afferra con una sola mano e lo
ripone al sicuro dietro i cespugli. Non si tratta di una questione di forza
fisica – anche se
Mikula ha indubbiamente la statura e la
potenza dei veri bogatyri – quanto di un'affinità particolare del
prodigioso aratore con
la sacralità della terra, quella «nera umida terra» che nella tradizione russa
veniva venerata e santificata. Quando
Vol'ga saluta
Mikula con le parole «Iddio ti aiuti, aratore mio
caro»,
Mikula risponde: «Mi ci vuole l'aiuto divino per lavorare» [Mne-ka
nadobno bož'ja pomoč' krest'janovati] (Vol'ga
i Mikula [65]). Questi sono dettagli che la scuola
sovietica ha ignorato, ma che in realtà formano l'impalcatura del
pensiero mitico che è alla base di questi meravigliosi racconti. La forza di
Mikula
ha origine sacra, è una sorta di benedizione divina.
Stesso discorso può essere fatto
per la cavalla di
Mikula,
che è in grado, procedendo al passo, di non lasciarsi superare dal cavallo di
Vol'ga lanciato al galoppo e, una volta al galoppo, di superare
l'intera družina e lasciarsela alle spalle. Tale prodigio non viene
compiuto in virtù di uno sforzo fisico ma, di nuovo, di una capacità
soprannaturale. La scena è intrisa di quell'atmosfera paradossale tanta cara
agli incantamenti celtici. Nei Mabinogion,
il principe Pwyll, per quanto sproni al galoppo il
suo cavallo, non riesce a raggiungere Rhiannon che
invece procede al passo.
Vol'ga è battuto da
Mikula non per vigore fisico o
coraggio – anche se queste doti non difettano certo al portentoso aratore – ma
perché
Mikula, essendo un contadino, ha un rapporto più profondo e diretto con
le forze della terra. In un certo senso,
Mikula è la terra. Il diabolico
Vol'ga ne è surclassato allo stesso modo in cui il possente
Svjatogor, nella bylina che vedremo tra poco, non riesce a sollevare una semplice
bisaccia. Ma mentre
Svjatogor viene sconfitto dalla sua stessa tracotanza,
l'astuto
Vol'ga si allea con
Mikula riconoscendone il potere e
– potremmo dire – la sacralità.
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Mikula Seljaninovič (1910) |
Dipinto di Nikolaj Roerich
(1874-1947) |
MUSEO: [Roerich]► |
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V – L'ARATORE
NELLA TRADIZIONE SLAVA OCCIDENTALE
Alla ricerca di possibili paralleli sulla figura
dell'aratore portentoso, gli studiosi di mitologia hanno individuato un'altra
interessante figura di aratore nelle tradizioni degli Slavi occidentali, più
precisamente tra i Boemi.
Nella leggenda della fondazione di Praga, che
presto vedremo, la duchessa e profetessa dei Cèchi, Libuše,
viene obbligata dai suoi sudditi a sposarsi. Lei accetta ma impone una
condizione: avrebbe preso per marito l'uomo che stava seduto a un tavolo di
metallo, presso il quale si sarebbe fermato il suo cavallo,
lasciato libero di vagare per la campagna. Il cavallo di Libuše, dopo lungo girare, si ferma presso un contadino del villaggio di Stadice
che sta mangiando appoggiato al suo aratro di ferro. L'uomo, informato
di essere stato scelto quale marito della granduchessa, lascia liberi i suoi
buoi che scompaiono nel nulla, pianta il suo bastone al suolo, il quale fiorisce e
lascia spuntare tre rami, dei quali poi rimane soltanto uno, quindi segue i
messi e sposa la granduchessa Libuše. Quell'uomo è
Přemysl, capostipite della dinastia reale cèca
dei Přemyslidi.
Bruno Meriggi, nel suo raffronto tra
l'aratore
Mikula e l'aratore
Přemysl,
afferma che l'aratro di
Mikula,
il quale rimane piantato al suolo, potrebbe essere messo in relazione col bastone di
Přemysl, che conficcato al suolo fiorisce e mette
rami, ma in realtà l'attinenza è assai vaga. I tre rami che fioriscono dal
bastone di Přemysl sono il simbolo delle varie
stirpi principesche e dell'unica dinastia reale che discenderà dalle nozze tre
l'aratore e la granduchessa. Ha un
significato assai diverso dall'aratro di legno di
Mikula,
che solo il formidabile aratore bogatyrico è in grado di trarre dalla terra e di
spostare (Meriggi
1974).
Meriggi cerca anche di mettere in correlazione il
cavallo profetico di Libuše, che aveva
condotto i messi della granduchessa presso Přemysl,
e il cavallo di
Vol'ga. Meriggi ricorda che gli
Slavi del Baltico, ancora nel XII secolo, si servivano di cavalli a cui venivano
attribuite facoltà oracolari, e questo, secondo lo studioso, potrebbe spiegare
la presenza nella bylina del mago e indovino
Vol'ga/Volch
(Meriggi
1974). Anche questa attinenza, però, non è così convincente: non vi è
nella bylina Vol'ga i Mikula alcun accenno a un
cavallo profetico, anzi, l'unico equino dotato di capacità fuori dal comune è
la puledra isabella di
Mikula,
che lascia magicamente indietro i destrieri di
Vol'ga e della sua družina.
Si potrebbe però (e strano che Meriggi non ci abbia
pensato) istituire un parallelo tra Libuše, che
manda i suoi messi da Přemysl, per condurlo a sé
quale suo sposo, e la vicenda di
Vol'ga che incontra
Mikula e lo porta in città
come amministratore dei tributi. Ma le omologie non sono così rigorose: Libuše
è una profetessa e non una strega, mentre
Volch è uno stregone e non un profeta. I due
racconti hanno in comune un aratore dagli straordinari poteri che viene condotto
dalla campagna in un centro urbano, ma scenario, personaggi e fini del racconto
presentano aspetti che non combaciano nei dettagli.
Naturalmente rimane la
possibilità che alla base delle due figure di aratore vi sia un archetipo
comune, che probabilmente ritroviamo nella figura russa di
Mikula, mentre si ha
l'impressione che in Boemia l'antichissima figura dell'aratore prodigioso sia stata riadattata e ricucita su quella di
Přemysl al fine di dare un'immagine mitica alla
dinastia reale.
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VI – VOL'GA E MIKULA: INCONTRO FUNZIONALE
Esaminiamo adesso i due personaggi della nostra bylina,
Vol'ga e
Mikula,
secondo gli schemi della tripartizione funzionale.
Vol'ga/Volch è un personaggio dal carattere odinico, e già Georges Dumézil lo classificava nell'ambito della prima
funzione. È anche la nostra opinione:
Volch si presenta nell'aspetto
guerriero, ma fa uso della stregoneria, più che della forza, chiaro indice
di appartenenza alla sfera del sacro e della magia. In questo è molto
vicino a personaggi come l'Óðinn
scandinavo, che in battaglia lanciava incantesimi in grado di atterrire gli
eserciti, o il Gwydion gallese, altro personaggio
di sublime sapienza, in grado di operare inaudite metamorfosi. Non soltanto
siamo perfettamente d'accordo con l'analisi di Dumézil ma, secondo la nostra opinione,
Vol'ga/Volch è forse
una derivazione finale di Veles,
l'antico dio della magia e dei vaticini, personaggio forse omologo ad
Hērmês,
Lúg e Óðinn.
Quel mitema divino che nel corso di quest'opera abbiamo definito «dio-vento».
Non si può tuttavia negare
che, pur appartenendo principalmente alla prima funzione,
Vol'ga/Volch sconfini nell'area
della seconda. Questo è anche vero per
Lúg ed Óðinn,
la cui sapienza è più volte impiegata nelle faccende di guerra. D'altronde, il
personaggio compare nella bylina
Vol'ga i Mikula nei panni di
Vol'ga Svjatoslavič, che non viene mai descritto come
stregone, ma piuttosto come un giovane e nobile guerriero. Concludendo,
Vol'ga/Volch
è un personaggio che, pur appartenendo soprattutto alla prima funzione,
racchiude in sé anche la seconda.
Mikula Seljaninovič è invece un personaggio
che appartiene completamente alla terza
funzione. Il suo legame con la terra è ovvio: è un aratore e un contadino,
perfettamente in sintonia con le energie ctoniche, con la profonda sacralità
della terra. Dal punto di vista tradizionale, l'aratura è considerata alla
stregua del rapporto sessuale: si «penetra» il suolo perché i semi ne
raggiungano le oscure profondità, affinché la terra stessa li lasci poi germogliare,
diventando ubertosa e feconda.
Mikula è l'archetipo dell'aratore, lo sposo della madre
terra, una sorta di genio guardiano e protettore della fecondità del suolo
e delle ricchezze che esso custodisce. Non è possibile purtroppo delineare
omologie precise: ne sappiamo troppo poco. Ma localizzare
Mikula nella terza funzione ci dà la possibilità di
inserirlo, oltre che nella sfera della fecondità ctonica, anche in quello della
ricchezza, intesa pure in termini economici.
La scena finale della bylina, in cui
Vol'ga conduce
Mikula in città per farne l'amministratore dei tributi,
non è affatto, come hanno creduto molti studiosi, una scena posticcia e priva di
correlazioni con la scena principale della bylina. Tali studiosi, rimasti
abbagliati dall'immagine del possente aratore – immagine che non ci stupirebbe
di vedere su un manifesto di propaganda sovietica –, hanno dimenticato di inserirla
nel giusto contesto funzionale.
Mikula non è solo in grado di
rendere feconda la terra che ara, ma anche di moltiplicare le ricchezze che
amministra. La prima e la seconda funzione, incarnate da
Vol'ga, hanno bisogno della
terza funzione per completarsi. Questo spiega la richiesta di Vol'ga a
Mikula affinché si unisca
alla družina e lo segua in città. Come esponente della terza funzione,
Mikula saprà amministrare i tributi della città, saprà
farli fruttare ed accrescere le ricchezze.
In altre mitologie indoeuropee assistiamo spesso a
miti di unificazione delle prime due funzioni con la terza, anche se in contesti
diversi. La tradizione scandinava racconta di come, alla
fine di una guerra che aveva opposto l'una contro l'altra le stirpi divine degli
Æsir
(prima e seconda funzione) e dei
Vanir (terza
funzione), le due fazioni si riconciliarono e gli
Æsir
proposero ad alcuni dei
Vanir di trasferirsi nella
loro cittadella, Ásgarðr.
In questo modo la funzione magico-sacrale e quella guerriera potranno
completarsi grazie all'apporto della funzione economica, che garantirà agli dèi
ricchezza e fecondità. L'invito che
Vol'ga rivolge a
Mikula
di seguirlo in città, non è una
scena posticcia aggiunta alla bylina in un'epoca successiva, ma il giusto
riconoscimento da parte di
Vol'ga delle capacità «economiche» di
Mikula. Questi entra nella
città di
Vol'ga per la stessa ragione
per cui nel mito nordico i
Vanir si erano trasferiti nella
città degli Æsir.
Completare lo spettro funzionale e garantire il funzionamento della società a
tutti i livelli.
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Mikula Seljaninovič (1900) |
Disegno di Michajl Vrubel'
(1856-1910) |
MUSEO: [Vrubel']► |
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VII – MIKULA,
IL SIGNORE DELLA BEVANDA INEBRIANTE
Ma vi è ancora un altro punto molto interessante da
considerare. Nella bylina, quando
Vol'ga chiede a
Mikula quale sia il suo nome, questo risponde:
Ай же
ты Вольга Святославович! Я как
ржи-то напашу да во скирды сложи, Я во скирды сложи да домой выволочу, Домой пива наварю
да мужичков напою, А я
пива
наварю да мужичков напою, А тут станут мужички меня похваливати: Молодой
Микулушка
Селянинович! |
Aj že ty Vol'ga
Svjatoslavovič!
Ja kak rži-to napašu da vo skirdy složi,
ja vo skirdy složi da domoj vyvoloču,
domoj piva navarju da mužičkov napoju,
a ja piva navarju da mužičkov napoju,
a tut stanut mužički menja pochvalivati:
molodoj Mikuluška
Seljaninovič! |
Ehi tu, Vol'ga Svjatoslavovič! Segala coltivo e in covoni ammucchio, in covoni ammucchio e trasporto a casa, a casa la trasporto e la trebbio, fermento birra e ne do da bere ai contadini, così hanno preso a lodarmi i contadini: il giovane
Mikuljuška
Seljaninovič! |
Aleksandr Hilferding: Byliny [?]: Mikula i Vol'ga
[12-18] |
Scopriamo qui un dettaglio curioso:
Mikula coltiva segala dalla
quale ricava birra. Dunque, egli non è solo un personaggio legato alla fecondità
della terra e alla moltiplicazione della ricchezza, ma è anche il signore della
bevanda inebriante.
In
Mikula converge il
Soma
del mito vedico, ma ancora più il Mada del racconto
indiano, il dio dell'ebbrezza che venne creato allorché la guerra aveva opposto
gli dèi della prima e seconda funzione a quelli della terza funzione, in questo
caso i Nasatya. Alla fine del conflitto,
quando la terza funzione viene ricondotta presso le prime due,
Mada viene ucciso e dal suo sacrificio gli dèi
ottengono la bevanda
inebriante (Mahābhārata [III: 123-125]).
Nel mito nordico, analogamente, quando
Æsir
e
Vanir stipulano la
pace, riunendo la terza funzione alle prime due, essi sputano insieme in
una coppa; in seguito gli
Æsir
da quello sputo creano Kvasir, un uomo così
saggio che nessuno era capace di fargli domande a cui non sapesse rispondere.
L'atto di sputare nella coppa ricorda una tecnica, largamente attestata, dove le
bevande ricavate dai vegetali venivano portate a fermentazioni dallo sputo: nel
mito nordico, il trattato di pace tra
Æsir
e
Vanir viene evidentemente sancito dalla fabbricazione di una
bevanda cerimoniale portata a fermentazione con gli sputi di tutti i
partecipanti (Dumézil 1959). In
seguito, Kvasir viene ucciso e dal suo sangue,
versato in due coppe e in un vaso, venne tratto un magico idromele che reca a
chi lo beve la poesia e la saggezza delle cose profonde.
Óðinn ruberà quell'idromele,
appropriandosene. (Edda
> Skáldskaparmál [2])
Dunque il dettaglio di
Mikula che fermenta la birra
non è assolutamente da considerare estraneo al complesso della vicenda. La
comparazione dei miti ne rivela infatti l'essenzialità. Nel mito indoeuropeo
originale, la riunificazione delle prime due funzioni con la terza, mostrava il
motivo di un sacrificio dal quale si ricavava una bevanda di sapienza poetica.
Nella bylina russa,
Mikula non solo è in grado di incrementare la prosperità e
la ricchezza della città di
Vol'ga, aggiungendo così la
terza funzione alle prime due, ma è detto
essere egli stesso il fabbricante della birra che dovrà sancire tale
riunificazione. Anzi, nella bylina
Mikula si presenta con nome e patronimico proprio nel
momento in cui annuncia di saper fermentare la birra (sarebbero anzi i contadini
a invocarlo con questo nome per essere stati forniti di birra). Dunque non si
tratta di un dettaglio casuale:
Mikula è un personaggio intimamente legato alla
fabbricazione della birra.
Potrebbe sembrare che stiamo forzando il testo della bylina oltre il suo
effettivo significato, ma vale la pena sottolineare ancora un piccolo dettaglio. Nella
bylina,
Mikula afferma di fabbricare
della «birra» [pivo], ma il liquore
ottenuto dalla fermentazione dell'orzo è in russo più propriamente chiamato kvas.
Questa parola, che in danese e in norvegese è venuto in seguito a indicare il
mosto ricavato dalla spremitura della frutta, si trova alla base del nome di
Kvasir (ma del resto anche il nome di
Mada trovava la sua radice nel sanscrito medu
«miele», da cui anche l'idromele tanto apprezzato dai popoli nordici, che in
norreno è mjöðr).
Anche se non abbiamo delle precise corrispondenze,
le indicazioni che abbiamo portato sembrano suggerire che, alla base della bylina
Vol'ga i Mikula, vi sia
un antico mito indoeuropeo dove le divinità della prima e seconda funzione
associano al pantheon le divinità della terza funzione, che vi porteranno,
insieme alle tecniche agricole e alle conoscenze della fabbricazione della
bevanda inebriante, i princìpi della fecondità, della ricchezza e dell'ebbrezza poetica.
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BIBLIOGRAFIA ► |
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