1
- NASCITA DI IL'JA MUROMEC
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Il'ja paralizzato |
Illustrazione di Andrej Klimenko |
el villaggio di Karačarovo, presso la grande
città di Murom, nacque un bambino, ed ebbe nome Il'ja Ivanovič.
Il padre, Ivan Timofeevič, era un contadino
che lavorava la terra dall'alba al tramonto. Egli avrebbe davvero avuto bisogno di
un paio di braccia che l'aiutassero nel suo lavoro, ma il povero Il'ja
non poteva aiutarlo, essendo paralitico. Non poteva camminare, né disporre delle
mani, né con i piedi camminare.
Ed era duro per i genitori assistere questo
povero ragazzo che trascorreva la sua fanciullezza su un giaciglio all'interno
dell'izba, intristito per essere di peso alla
sua famiglia, con il rimpianto di un'intera vita di occasioni perdute. E, con l'arrivo
dell'estate, quando il padre e la cara madre si recavano a dissodare i campi, il
giovane rimaneva solo in casa, immobile in cima alla stufa.
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2 - GUARIGIONE DI IL'JA MUROMEC
veva Il'ja trent'anni, quando tre vecchi pellegrini bussarono alla
port dell'izba: — Àlzati, Il'ja, Il'ja Muromec. Dacci da bere,
ché abbiamo fame. Dacci da mangiare a sazietà!
Non vi era nessuno in casa, e rispose Il'ja dal suo giaciglio: — Vi darei da
mangiare a sazietà, vi darei da bere fino a inebriarvi. Ma per trent'anni di lunga
vita non seppi camminare sui miei piedi e non seppi disporre
delle mani.
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Il'ja e i tre pellegrini |
Arte popolare russa |
E dissero allora i pellegrini: — Àlzati, Il'ja,
Il'ja Muromec. Àlzati, dà da bere e dà da mangiare, ché abbiamo sete.
Rispose Il'ja: — Lieto mi alzerei sui bianchi piedi, ma io ho piedi, ho anche
mani, eppure i piedi non mi sostengono, eppure le mani non mi si muovono!
La terza volta dissero i vecchi pellegrini: — Àlzati, ormai, Il'ja,
Il'ja Muromec. Con i tuoi piedi tu sai camminare, delle tue
mani tu sai disporre!
E prodigiosamente Il'ja si alzò
sulle bianche gambe e cominciò a camminare, e le travi
scricchiolarono e il pavimento si piegò sotto i suoi pesanti passi. Subito Il'ja levò gli occhi verso l'icona. — Oh,
gloria al Signore! Iddio mi ha concesso di camminare, ha infuso forza nelle mie
mani, il Signore!
E corse Il'ja Ivanovič
ad aprire la porta ai vecchi pellegrini. Scese poi di corsa
nelle profonde cantine e portò su una coppa piena.
— Bevete, dunque, o
vecchi pellegrini.
Ed essi bevvero, i santi pellegrini. — E ora, o Il'ja, scendi di nuovo nelle
cantine, porta su una coppa colma fino all'orlo e bevi anche tu alla tua salute!
Il'ja fece come gli era stato detto e bevve. E d'incanto sentì sorgere in sé
una forza smisurata.
— Che cosa senti dentro di te, Il'ja?
— Sento una grande forza in tutte le membra. Se sull'umida terra ci fosse un
anellino, rovescerei la terra sul fianco!
Dissero allora i vecchi: — O Il'ja, scendi ancora una volta nel
famoso, profondo sotterraneo, porta un'altra coppa colma fino all'orlo e bevi
ancora!
Il'ja ubbidì e bevve una seconda volta.
— Che cosa senti dentro di te, Il'ja?
— Ora la forza in me è calata fino alla metà.
Allora i vecchi pellegrini lo benedissero e lo salutarono con queste parole: — Vivi, Il'ja, per essere guerriero! In terra morte non t'è destinata, in lotta morte
non t'è destinata!
E benedissero Il'ja Muromec e si accomiatarono da lui.
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3 - LO SBARRAMENTO DEL FIUME NEPRA
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Il'ja sradica le querce |
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943) |
ubito, Il'ja corse verso i campi e i verdi
prati, dove erano i suoi amati genitori, e giunse al famoso fiume Nepra. — Iddio vi aiuti, cara madre! Iddio ti aiuti, caro padre!
E il padre e la cara madre si stupirono, nel vedere il
figlio arrivare di corsa sulle sue bianche gambe, si stupirono e furono
costernati. — Aj, tu, figlio, figlio diletto! Gloria, gloria al Signore!
Di camminare t'ha concesso Iddio, il Signore ti ha infuso forza nelle mani!
E per provare la sua energia, Il'ja sradicò una quercia con
tutte le radici dalla madre umida terra, e la
gettò nelle acque del Nepra. Si accanì poi sulle altre querce: le strappava con la sola forza delle braccia e le lanciava nel fiume, tanto da sbarrarne le
correnti.
Disse allora il padre: — Aj, tu, figlio, figlio
diletto! Tu non ci darai cibo, non ci aiuterai nel nostro lavoro. Andrai
sicuramente in campo aperto, andrai a combattere e non avrai rivali.
E disse la cara madre: — Aj, tu,
figlio, figlio diletto! Iddio ti ha dato una grande forza. Ma vedi ugualmente di
condurre la tua
vita con grande umiltà, e tieni a freno il tuo fervido cuore!
Come furono tornati al villaggio, Il'ja si rivolse ai suoi
genitori:
— Tu ormai, padre, e anche tu, cara madre, datemi la vostra
benedizione. Io intendo partire per la grande città di Kiev, dal principe
Vladimir, il piccolo sole, per mettere la mia forza al suo servizio.
— O figlio, figlio diletto, — si raccomandò la cara madre, — recati pure a
Kiev, la famosa città. Ma non insanguinare la tua spada, non rendere orfani i
piccoli bimbi, non oltraggiare le giovani donne. Abbi pietà per il contadino,
non avere pietà per il tataro pagano.
E allora Il'ja condusse fuori di primo mattino il suo cavallo grigio. — Ora,
mio Sivko, bianca criniera, ruzzola un po' nella rugiada del mattino, affinché
il pelo si ricambi. Forza aggiungerai alla mia forza. Da oggi galopperai nelle
aperte ampie steppe, salterai oltre le mura delle città e servirai il
prode Il'ja, Il'ja Ivanovič di Murom!
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4 - BATTAGLIA A ČERNIGOV
Il'jušenka, il prode bravo giovane, portò il cavallo nell'ampio cortile, gli
mise sul dorso un manto di feltro e la sottosella e, sopra, una sella circassa
trapunta di sete preziose, tempestata di pietre variopinte e recinta d'oro
rosso. Sellato il destriero, Il'ja gli balzò in groppa e dal cortile
galoppò nell'aperta ampia steppa, lasciando il villaggio di Karačarovo.
Il'ja indossava un semplice abito da viaggio, ma portava con sé una spada
affilata, una lunga lancia, un arco solido e flessibile, e molti dardi roventi
nel turcasso. Portava inoltre la sua clava di bulat, pesante novanta
pud.
All'ora del servizio mattutino, Il'ja già si trovava a Murom, e
intendeva essere alla grande città di Kiev per l'ora della messa. Accomiatatosi
dal padre e dalla cara madre, aveva fatto loro una grande
promessa: di non scontrarsi, non battersi in campo aperto, non fare lotta e
zuffa; di non usare l'arco e la lancia, non macchiare di sangue la spada
affilata.
Quand'ecco, arrivato alla città di Černigov, vide un esercito radunato
sotto le mura . Neri come nera cornacchia, i pagani
volevano prendere la città, decapitare tutti gli uomini e mandare in fumo le
chiese di Dio. In preda al terrore, tutti gli abitanti,
dal primo all'ultimo, correvano in chiesa a confessarsi e comunicarsi, prendendo
congedo dalla terra.
S'infiammò il cuore del bogatyr', del vecchio cosacco Il'ja Muromec. —
Tutti gli uomini tengono fede ai loro voti, ma non tutti i voti vanno celebrati!
— E implorando l'aiuto del Signore e della santa Vergine, lanciò il suo destriero
contro il grande esercito. Infilzò con la lancia e scagliò dardi, tirò frecce, tagliò con
l'aspra spada, calpestò tutti i barbari pagani.
S'aprì allora la porta della città di Černigov,
e davanti a lui i cittadini fecero un profondo inchino. — Aj, tu, robusto
bravo giovane! Rimani con noi, difendici dai pagani! Vivi nella città come nostro
voevod, giudica tutti secondo la legge, e noi ti ubbidiremo.
E disse il vecchio cosacco Il'ja Muromec: — Aj, voi, gente di
Černigov! Come voevod con voi non resterò.
Mostratemi invece la via diretta, la via diretta per Kiev capitale.
E rispose la gente di Černigov: — La via diretta per Kiev ha solo cinquanta verste, la via più lunga ne conta
mille. Da trent'anni, però, nessuno transita più per la strada diretta, che è
ormai impraticabile.
Infatti, nei boschi di Brjansk, lungo il fiume Smorodina e la palude di Černoja, presso la betulla inclinata, presso
la croce di Leonid, sta Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant. Il
brigante ha fatto il nido su sette querce, su nove rami. Trilla, Solovej, come
usignolo, latra come cane, sibila come serpente. Si intrecciano allora le erbe
dei prati, si sparpagliano i fiori azzurri, gli alberi si chinano verso terra,
trema la terra, si intorbida l'acqua, e
quanti sono nei pressi, cadono morti al suolo.
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Battaglia tra Slavi e Sciti |
Dipinto di Viktor Vasnecov (1848-1926) |
MUSEO: [Vasnecov]► |
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5 - SOLOVEJ RAZBOJNIK
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Il'ja Muromec e Solovej |
Illustrazione di
Ivan Bilibin (1876-1942) |
l'ja Muromec, il vecchio cosacco, implorò allora l'aiuto del Signore, e lanciò il
destriero bogatyrico lungo la via diretta per Kiev capitale.
La strada era resa
impraticabile dalla vegetazione, ma Il'ja, avanzando sul bravo cavallo, reggeva le briglie con la mano sinistra,
e con la destra strappava le querce. Sui fiumi e sulle paludi gettò ponti
roventi, spianando la strada.
Cavalcò così al
fiumiciattolo Smorodina, fino alla palude di Černoja,
alla betulla inclinata, alla croce di Leonid. Appena lo scorse, Solovej Razbojnik
volò su una grande quercia, e prese a trillare come usignolo, a latrare come cane, a sibilare come serpente.
Si
intrecciarono allora le erbe dei prati, si sparpagliarono i fiori azzurri, gli
alberi si chinarono verso terra, tremava la terra, si intorbidava l'acqua, e
quanti erano nei pressi, cadevano morti al suolo.
Al vecchio cosacco Il'ja Muromec, incespicò il cavallo tra le sterpaglie. Allora
prese Il'ja la frusta di seta, colpì il cavallo sui grassi fianchi, tra le zampe
posteriori. — Aj, tu, cibo da lupi, sacco d'erba! Non hai mai sentito un trillo di
usignolo? mai il latrato di un cane? mai il sibilo di un serpente? Non puoi
portarmi, o non vuoi andare?
Sganciò allora l'arco solido e flessibile, trasse
dal turcasso una freccia e, incoccandola, gli parlò: — Parti fischiando, dardo
rovente, come lama affilata di coltello. Colpisci Solovej Razbojnik, fallo
cadere dalla verde quercia, dalla verde quercia sulla madre umida terra.
Partì fischiando il dardo rovente e colpì Solovej Razbojnik in un occhio, e gli
uscì dall'orecchio. Lo fece cadere
dalla verde quercia, dalla verde quercia sulla madre umida terra. Il'ja Muromec,
il vecchio cosacco, afferrò Solovej per i
gialli riccioli, gli incatenò le svelte gambe, gli legò le bianche mani. E
assicuratolo alla staffa di bulat, cavalcò poi per la via diretta, alla
volta della grande città di Kiev.
Nelle byliny, la «croce di Leonid» (o di Levanid) è frequentemente
indicata come il luogo dove si dànno convegno o sostano i bogatyri. |
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6 - LA FAMIGLIA DI
SOLOVEJ
entre
Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, cavalcava alla volta di Kiev, si trovò a
passare presso il nido di Solovej Razbojnik.
In quel nido, il brigante aveva tre dilette figlie.
Guardò dalla finestra la maggiore: — Su un
bravo cavallo sta nostro padre, e si trascina appresso un mužik che ha
legato alla staffa destra.
Guardò dalla finestra la mediana: — Su un bravo cavallo sta nostro padre, e si
trascina appresso un mužik che ha legato alla staffa destra.
Guardò dalla finestra la minore: — O mie amate sorelline! I vostri occhietti
sono un po' ottusi, senno e intelletto sono in voi spenti. Chi sta a cavallo è
proprio il mužik ed è nostro padre legato alla staffa!
Gridarono allora le figlie di Solovej: — Mariti nostri, sposi diletti! Prendete
gli spiedi, correte in campo aperto e uccidete quel mužik!
E i mariti, gli sposi diletti, presero gli spiedi e corsero in
campo aperto. Quando li scorse, Solovej Razbojnik così si mise a gridare: — Aj, voi, generi miei amati! Gettate da parte gli spiedi, accorrete vicino al bravo giovane, afferratelo per le bianche mani,
afferratelo per gli anelli d'oro, portatelo nel nido di Solovej, offritegli cibi
prelibati, porgetegli dolci bevande, donategli doni preziosi!
Allora quei generi gettarono da parte gli spiedi, accorsero verso Il'ja,
cercarono di prenderlo per le bianche mani, di afferrarlo per gli anelli d'oro,
di portarlo nel nido di Solovej. Ma Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, sguainò
allora la spada affilata e tagliò loro il capo impetuoso. Ne gettò metà ai lupi
grigi, l'altra metà ai corvi neri, e tenne tra sé e sé questo discorso:
— Non
era boccone per voi, non roba per voi da mangiare, non potevate uccidere Il'ja
Muromec, il vecchio cosacco.
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Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik (1985) |
Illustrazione di Aleksandr Koškin (1950-) |
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7 - L'ARRIVO DI IL'JA
ALLA CORTE DI VLADIMIR KNJAZ'
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Solovej Razbojnik |
Illustrazione di autore sconosciuto |
egnava a quel tempo, sulla Santa Rus', lo knjaz' Vladimir, il bel
solicello. Giunse allora per la strada diritta, Il'ja Muromec alla città
di Kiev. Fermò il destriero nell'ampio cortile, entrò nell'edificio di bianca
pietra e con un colpo spalancò la porta.
Era appena tornato Vladimir dalla messa, e
sedeva al tavolo di quercia. A tutti fece Il'ja Muromec, un profondo inchino. Al
principe in particolare, e a tutto il suo seguito, ai bojari e agli altri
dignitari. Disse Vladimir queste parole: — Di dove vieni, robusto bravo
giovane, da quale paese, da quale orda? Chi è tuo padre, chi tua madre,
qual è la tua stirpe? Con quale nome vieni chiamato, qual è il tuo patronimico?
Secondo il nome, ti assegneremo un posto, per tuo padre ti daremo il bevenuto.
Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Io provengo dalla città di Murom,
del villaggio di Karačarovo sono originario. Sono Il'ja Ivanovič Muromec, e sono
appena giunto alla grande città di Kiev per servirti in fede e verità, per
difendere la Santa Rus' e la nostra fede ortodossa.
Disse Vladimir
knjaz': — Aj, tu, vecchio cosacco, Il'ja Muromec, quale
strada hai percorso per giungere alla grande città di Kiev? La strada diretta,
oppure la più lunga?
Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Vladimir
knjaz'! Dalla città di Murom sono venuto, per la strada diretta,
alla grande città di Kiev.
Disse Vladimir
knjaz': — Di me, villano, ti vuoi prendere gioco. Da trent'anni, nessuno transita più per la strada diretta, bloccata da cespugli ed erbacce.
Infatti, nei boschi di Brjansk, lungo il fiume Smorodina e la palude di Černoja, presso la betulla inclinata, presso
la croce di Leonid, sta Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant. Trilla, Solovej,
come usignolo, latra come cane, sibila come serpente. Si intrecciano allora le
erbe dei prati, si sparpagliano i fiori azzurri, gli alberi si chinano verso
terra, trema la terra, si intorbida l'acqua, e
quanti sono nei pressi, cadono morti al suolo.
Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Vladimir
knjaz'! Nel tuo cortile è Solovej Razbojnik, nel tuo cortile, sul
mio cavallo, incatenato alla staffa destra.
Il termine slavo knjaz', titolo nobiliare della Rus' kievana, viene
tradotto come «principe». O «gran principe», nel caso del sovrano di Kiev, a cui
erano sottomessi i principi di tutta la Rus'. Il termine deriva da un paleoslavo
kŭnędzĭ,
a sua volta dal norreno kuningr «re».
In seguito, soppiantato da car' «imperatore, zar».
Le forme slave occidentali (cèco kněz, polacco ksiądz) sono di
solito tradotte con «duca». |
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8 - MORTE DI SOLOVEJ
RAZBOJNIK
llora Vladimir,
knjaz' della grande città di Kiev, uscì celermente nell'ampio
cortile, con i suoi dignitari e bojari, per vedere Solovej Razbojnik.
Come scorse Solovej, disse Vladimir: — Aj, tu, Solovej
Razbojnik, figlio di Dichmant! Trilla, Solovej, come usignolo, latra come cane,
sibila come serpente!
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Il'ja giunge a Kiev con Solovej prigioniero |
Illustrazione di Andrej Petrovič Rjabuškin (1861-1904), dal libro Russkie bylinnye bogatyri
(1895). |
Rispose Solovej Razbojnik: — Aj, tu, Vladimir
knjaz'! Non da te, oggi, ho mangiato o bevuto. Non ti darò
ascolto! Io mangerò con il vecchio cosacco Il'ja Muromec, e obbedirò solo a lui.
Disse allora Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Solovej
Razbojnik, figlio di Dichmant! Trilla, Solovej, ma solo un mezzo trillo. Latra,
ma solo un mezzo
latrato. Sibila, ma solo un mezzo sibilo!
Rispose a lui Solovej: — Aj, tu, Il'ja Muromec, vecchio
cosacco! Mi si son chiuse le ferite insanguinate e ho secche le labbra. Versami prima una coppa di vino
novello.
Gli portarono una coppa di vino novello, un boccale non piccolo, da un
secchio e mezzo. E Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant, bevve la coppa di vino
novello e comprese che la sua fine era vicina. Trillò allora, Solovej, a pieno trillo,
latrò a pieno latrato, sibilò a pieno sibilo. Si intrecciarono allora le erbe
dei prati, si sparpagliarono i fiori azzurri, gli alberi si chinarono verso
terra, tremò la terra, si intorbidò l'acqua. Si scoperchiarono i tetti del
grande palazzo e volarono già le tegole, dalle alte stanze
del principe crollarono giù le finestre di cristallo. Vladimir,
knjaz' della grande città di Kiev, corse a nascondersi
in una pelliccia di martora. I dignitari e i bojari, e quanti erano nei
pressi, caddero morti al suolo.
Disse allora Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu,
Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant! Perché hai trillato a pieno trillo,
latrato a pieno latrato, sibilato a pieno sibilo?
Rispose Solovej: — Aj, tu, Il'ja Muromec, vecchio
cosacco! Ho compreso che la mia fine è vicina. Per questo ho trillato a pieno trillo,
latrato a pieno latrato, sibilato a pieno sibilo.
Allora Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, afferrò Solovej per le
bianche mani e lo portò nel campo di Kulikovo, lo mise sul patibolo di quercia e
gli staccò il capo impetuoso. Ne gettò metà ai lupi grigi, metà ai corvi neri. E
da quel momento in poi, non ci fu più Solovej Razbojnik sulla strada per la
grande città di Kiev.
Nelle byliny, solitamente, il campo di Kulikovo viene menzionato come
il luogo dove vengono eseguite le condanne a morte. In una piana così chiamata
si svolse, nel 1380, la memorabile battaglia nella quale i Russi batterono per
la prima volta i tatari, argomento di un ciclo interessante di ballate popolari. |
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Fonti
1-2 |
Sokolov ~ Čičerov:
Onežskie byliny [70]
|
3 |
Sokolov ~ Čičerov:
Onežskie byliny [70]
Ončunov: Pečorskie
byliny [19]
Grigorev: Archangelskie byliny i istoriceskie
pesni sobrannye [III: 50] |
4 |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym
[127 | 170 | 189] |
5 |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym
[127] |
6-7 |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]
|
8 |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym
[4 | 5] |
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I - IL CICLO DI KIEV E I SUOI EROI
Il ciclo di Kiev, si incentra sulle gesta dei
bogatyri che circondano Vladimir krasnoe solniško, «bel solicello», knjaz' della grande
città di Kiev e della Santa Rus'. I principali eroi di questo secondo ciclo
bylinico sono Il'ja Muromec, Dobrynia Nikitič e
Alëša Popovič.
Il'ja Muromec è figlio di contadini: è un eroe
dalla forza erculea, ma generoso e leale, sempre dalla parte dei poveri e dei
deboli. Dobrynja Nikitič di Rjazan' è
il prototipo del guerriero aristocratico, a suo agio tanto con le armi quanto
con la diplomazia.
Alëša Popovič, figlio di un pope
della città di Rostov, è un guerriero giovane e astuto, a tratti sleale, e gran
seduttore. Tutti e tre, presi nel loro complesso, individuano un microcosmo che
rappresenta in qualche modo l'intero popolo russo: il contadino onesto e
generoso, il nobile intelligente e valoroso, e il religioso dal carattere ironicamente
ambivalente.
Vi sono poi molti altri personaggi, e bogatyri. Nelle prossime pagine,
assisteremo alle loro avventure.
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II – IL'JA MUROMEC, COLUI CHE APRE LE STRADE
|
Il'ja Muromec (1999) |
Scultura di V. Klykov, a Murom |
Il'ja Muromec è forse l'eroe più caro al popolo russo, certamente il più
amato. E non soltanto per la sua forza erculea, che lo porta a scendere
in campo, spesso da solo, contro eserciti sterminati, o trionfare in duelli contro
nemici più simili a mostri che a esseri umani, ma soprattutto per la sua
generosità e la sua saldezza morale.
L'epiteto con cui Il'ja è conosciuto, Muromec, lo associa alla città
russa di Murom, che però non compare mai nelle byliny. Secondo Vladimir
Propp, l'eroe sarebbe stato, sì, originario di Murom, ma i cantori
avrebbero successivamente sostituito la grande città con il piccolo villaggio di Karačarovo,
forse
per sottolineare le sue origini contadine. Attribuendogli questa origine, il
popolo avrebbe accostato l'immagine di Il'ja alla propria, esprimendo una
comunanza di origini (Astachova 1948 | Propp 1958).
Il'ja appartiene, sia di provenienza che di cuore, ai ceti più umili, e anche se
compie le sue imprese [podvigi] al servizio di Vladimir knjaz', i
cantori non trascurano mai di accennare alla sottile diffidenza che corre tra
lui e il gran principe di Kiev. I nobili e bojari sono spesso
sprezzanti nei suoi confronti, considerandolo un semplice mužik. Salvo
però rivolgersi a Il'ja ogni volta che un'orda nemica arriva alle porte di Kiev, minacciando
di tagliare la testa a tutti i suoi abitanti, distruggere le case e «sciogliere
in fumo» le chiese. Il'ja accorre puntualmente, e sbaraglia il nemico, ma è
evidente che la sua forza sia al servizio non tanto di Vladimir e del suo nobile
seguito, ma di ciò che essi in qualche modo essi rappresentano: il
popolo russo e la religione ortodossa.
Fiero delle sue origini, Il'ja non ambisce a elevarsi socialmente. Rifiuta
regolarmente i titoli e gli onori che Vladimir gli offre per i
suoi innumerevoli servigi; i tesori e i bottini che conquista sul campo di battaglia, li
devolve sempre ai poveri e agli orfani. E quando gli abitanti di Černigov,
riconoscenti per essere stati salvati dai nemici, offrono a Il'ja di
diventare loro voevod, in modo che possa continuare a proteggerli, l'eroe
sdegnosamente rifiuta.
Il'ja Muromec ha un'altra importante caratteristica: è «vecchio». Il suo epiteto
principale, «vecchio cosacco» [staryi kazak], esprime un'immagine di
forza mitigata dall'esperienza, dalla calma, dal necessario distacco nei confronti delle
lusinghe e delle trappole della vita. E non bisogna qui lasciarsi ingannare
dall'altro intercalare bylinico, quel «robusto bravo giovane» [dorodnyj
dobryj molodec] che viene riferito
indistintamente a tutti i bogatyri. Questa «gioventù» non
è l'età anagrafica, ma il vigore che accomuna
tutti i guerrieri kievani. Nonostante si muova con l'energia e
l'ardore di un giovanotto, Il'ja è sempre immaginato vecchio.
Il compito principale di Il'ja, nell'epica, sembra essere l'apertura delle
strade. Appena guarito dalla paralisi che lo ha costretto al letto per i primi
trent'anni della sua vita, egli sradica
enormi querce con la sola forza delle braccia e le getta nel fiume Nepra. Non è
soltanto l'ovvio aiuto ai genitori che stanno dissodando il bosco per trarne
terreno da semina: sbarrando il fiume, Il'ja sta gettando un ponte che permetta
di transitare dall'una all'altra parte. L'operazione
già prelude all'apertura della strada diretta che conduce a Kiev. Impraticabile da trent'anni, essa è sbarrata dal
terribile brigante Solovej. Ma Il'ja non devia la sua rotta: si reca alla grande
città di Kiev passando per la via più breve, abbattendo tutti gli ostacoli. Anche se l'epica si accentra unicamente
sull'eliminazione di Solovej, diverse versioni della bylina mostrano
infatti Il'ja abbattere gli
alberi con una mano per gettare ponti sulla palude e sul fiume. Il suo compito è
ancora una volta quello di abbattere la
barriera che divide la grande città di Kiev dalla Santa Rus', rispecchiando
un'aspirazione di carattere politico-ideologico: l'intento di unificare tutte le
terre russe intorno al centro politico rappresentato da Kiev. (Propp
1958 | Meriggi 1974).
Può dunque Il'ja ben vantarsi: «Io ho aperto la strada per Kiev, che porta al caro principe
Vladimir» (Hilferding [120]).
Anche se la maggior parte delle avventure di Il'ja Muromec sono perfettamente
leggendarie, si ritiene che la figura dell'eroe si sia formata dalla fusione di
leggende di diversa origine e provenienza, ma anche dalla convergenza di alcuni
personaggi storici. Si pensa, tra gli altri, anche a un certo Sant'Il'ja
Pečorskij, un guerriero del XII secolo, famoso per la sua forza, che divenne
monaco nella sua vecchiaia. Canonizzato dalla Chiesa Ortodossa nel 1643, i suoi
resti sono ancora oggi conservati nel Monastero delle Grotte [Pečers'ka-Lavra]
in Kiev.
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III - LA GUARIGIONE DI IL'JA MUROMEC: UN
RACCONTO INIZIATICO?
La bylina Iscelenie Il'ji Muromca,
«La guarigione di Il'ja Muromec», è una vicenda essenzialmente fiabesca,
conosciuta in una quarantina di varianti, ma anche attraverso
testi prosastici diffusi su un'area che oltrepassa i limiti della diffusione
della tradizione bylinica. Tra le versioni conosciute, contempliamo:
- Rybnikov: [51 | 139]
- Grigorev: [III: 50]
- Kirevskij [I: 1]
- Markov [42 | 67]
- Ončunov [19]
- Sokolov ~ Čičerov
[70]
In effetti, la povera izba nella quale Il'ja trascorre
i primi trent'anni della sua vita è un'ambientazione assai rara nell'epica, ma
comune nelle fiabe, il ché potrebbe spiegare perché questa bylina venga spesso
raccontata più che cantata, anche per via del suo ritmo zoppicante (Propp 1958).
Orest Fëdorovič Miller riteneva che questa bylina fosse molto antica e che i
suoi versi fossero andati disgregandosi nel corso del tempo (Miller 1869).
Secondo gli studiosi successivi, si tratterebbe invece di una composizione recente,
come dimostrerebbe il contenuto che poco ha a che vedere
con l'epica. Secondo Anna Astachova, questa bylina sarebbe
stata creata posteriormente, rispetto al resto del patrimonio bylinico, seguendo il desiderio del popolo di completare e
aggiornare la biografia poetica di Il'ja Muromec, introducendo l'episodio
della nascita dell'eroe, ma anche per rispondere all'aspirazione popolare che
voleva fare «del bogatyr' più amato, il portatore di profonde qualità
democratiche che rispecchiassero gli ideali popolari [...], nonché il rappresentante
delle grandi masse contadine» (Astachova 1948 | Propp
1958).
Dunque, secondo la scuola sovietica, la bylina sarebbe stata creata
ad hoc per fare del maggior campione dell'epica bylinica un eroe di origine
contadina. Il nostro Bruno Meriggi prende però le distanze e avverte che «tale
concezione conserva la sua validità indipendentemente dal fatto che nella
bylina appaiano anche elementi risalenti alla più remota
antichità» (Meriggi 1974).
La bylina fa nascere solitamente Il'ja nel villaggio
di Karačarovo, anche possono essere indicate altre località. In tutti i casi, si
dice che Il'ja sia rimasto paralizzato fino all'età di trent'anni. L'eroe
trascorre questo tempo sdraiato sulla stufa di mattoni, all'interno dell'izba.
Si tratta di un quadro
familiare tipico delle famiglie contadine russe: durante l'estate i
genitori di Il'ja si recano ad abbattere i boschi per ricavarne aree da semina; gli
alberi vengono bruciati e tagliati, la terra dissodata. Il figlio rimane a casa da
solo, allorché dei misteriosi viandanti bussano alla porta dell'izba.
Le versioni descrivono in maniera molto diversa questi misteriosi visitatori. Possono essere uno, due, o tre vecchi pellegrini, due kalik ambulanti, un orfanello, due giovanotti. Chiedono
da bere, da mangiare, oppure l'elemosina. Il'ja risponde dapprima che non può alzarsi ma, alle
insistenze dei nuovi arrivati, avviene il miracolo: le gambe dell'eroe si
distendono, ed egli corre ad aprire la porta e offre subito da bere.
Dopo che i viandanti hanno bevuto, chiedono a Il'ja di bere a sua volta. In tutte
le versioni, la potenza di Il'ja cresce smisuratamente alla prima bevuta; a volte Il'ja beve due
volte. Sia come sia, il risultato è lo stesso: il contadino è ora divenuto un bogatyr' e la
sua forza è talmente grande che, se la terra avesse un anellino, egli potrebbe
rovesciarla su un fianco. È la stessa formula che utilizza Svjatogor
quando si vanta della sua potenza. I viandanti chiedono tuttavia a Il'ja di bere
un'ultima volta e, a questo punto, la forza dell'eroe scende della metà. Il suo
vigore fisico, per quanto prodigioso, non supera ora i
limiti imposti dalla natura, e può essere utilizzato per imprese eroiche, ma non
sovrumane.
Meriggi sottolinea il fatto che Il'ja impari a camminare e a servirsi degli
arti soltanto a trent'anni, come se solo a quell'età – il «mezzo del cammin» di
vita umana – egli sia divenuto un uomo, e
sottolinea il carattere iniziatico della visita dei misteriosi viandanti che lo
guariscono dalla malattia. Lo stesso motivo ricomparirà nella bylina
Il'ja Muromec i Svjatogor, dov'è l'antico
bogatyr' Svjatogor, in punto di
morte, a insufflare la sua forza a Il'ja Muromec. In entrambi i casi, vi è una sorta
di iniziazione cavalleresca, attraverso la quale Il'ja si carica di quell'energia
prodigiosa che farà di lui un bogatyr'.
A questo punto i viandanti lasciano Il'ja, ma in alcune varianti pronunciano una
profezia, del tipo: «non morirai in combattimento»:
А ведь и живи, Ильа, да
будешь воином!
А на земли тебе ведь смерть буде не писана,
А во боях тебе ли смерти буде не писана. |
A bed' i živi, Il'ja, da
budeš' voinom!
A na zemli tebe bed' smert' bude ne pisana,
a na bojach tebe li smerti bude ne pisana. |
Vivi, Il'ja, per esser guerriero!
In terra morte non t'è destinata,
in lotta morte non t'è destinata. |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]:
Iscelenie Il'ji Muromca [67-69]
(Traduzione di Bruno Meriggi) |
Si
chiede Propp in cosa consista allora l'eroismo di Il'ja se egli sa in anticipo che non morirà in
battaglia, e tenta una spiegazione: «Le parole dei viandanti non sono uno
scongiuro magico: esse significano che Il'ja non si porrà mai il problema della
propria morte. [...]. Questa completa mancanza di paura della morte, la completa
esclusione di questo problema dalla sua coscienza, lo rende immortale agli occhi
del popolo. Il'ja si lancerà sempre nei combattimenti più terribili e non
cadrà mai, proprio perché non teme la morte; perché la morte per lui,
semplicemente, non esiste» (Propp 1958).
L'impressione è che Propp razionalizzi troppo. Nell'epica,
l'eroismo è indipendente dal fatto che il destino dell'eroe sia già segnato in
principio. Il coraggio di Il'ja sussiste avviene nonostante la profezia, non a causa di essa. Lui
e tutti i bogatyri, infatti, termineranno i loro giorni non in battaglia,
contro il nemico, ma trasformati in pietra da Dio. Subito Il'ja, fuori di sé dalla gioia, corre nel luogo dove i genitori stanno
lavorando. Ma la felicità del padre e della madre
diventa sorpresa, e anche paura, quando vedono il figlio sradicare una quercia
con le mani, procedendo a liberare i campi con la sola forza delle braccia. In
alcune versioni, Il'ja getta i tronchi nel fiume Nepra. I genitori
capiscono che il figlio non li avrebbe
aiutati nel loro duro lavoro, ma sarebbe andato a combattere, mettendo la sua
forza di bogatyr' al servizio della Santa Rus'. In alcune versioni è il
padre stesso a consigliare a Il'ja di partire per Kiev. Le benedizioni e
raccomandazioni dei genitori sono diverse nelle varie versioni, ma in genere
esortano il figlio a non inorgoglirsi della sua forza, né a utilizzarla contro i
contadini e gli innocenti, ma solo per colpire i pagani e i nemici della Santa Rus'.
|
IV - IL
PRIMO VIAGGIO DI IL'JA, NELLE SUE VARIANTI
La bylina
Il'ja Muromec i Solovej Razbojnik «Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik», anche conosciuta come
Pervye podvigi Il'i
Muromca «Il primo viaggio di Il'ja Muromec», è una delle più note dell'intero repertorio
epico russo. Ne
sono state registrate più di cento varianti (pare, più di 130). Questa bylina
la si ritiene, al contrario della precedente, una delle più antiche in assoluto.
Nonostante lo scarto temporale e stilistico, però, i due soggetti appaiono
strettamente legati tra loro, tanto che spesso i cantori eseguivano insieme le due byliny,
a volte passando dalla prosa al canto, e così infatti sono state talvolta registrate
(cfr. Rjabinin-Andreev [2]).
Tra le molte versioni conosciute, contempliamo:
- Danilov [49]
- Hilferding: [3 | 16 | 56 | 74 | 104 | 112 | 120 |
171 | 210 | 212 | 274]
- Rybnikov I [9 | 10 | 11];
Rybnikov II [2 | 3];
Rybnikov III [4 | 5 | 6]
- Astachova [1 | 32]
- Kirevskij [I: 34 | I: 77 | IV: 1]
- Tichonravov ~ Miller [1 | 5]
- Miller [1]
- Markov [68]
- Ončunov [53]
- Rjabinin-Andreev [2]
- Sokolov ~ Čičerov
[70]
|
Il'ja Muromec cattura Solovej |
|
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Il'ja Muromec arriva a Kiev |
Acquarelli di autore sconosciuto |
La bylina prende l'avvia con con la partenza di Il'ja dal
villaggio natio di Karačarovo, diretto alla grande città di Kiev. Non in tutte
le versioni egli intende mettersi al servizio dello knjaz' Vladimir; in
certi casi, vuole semplicemente assistere al mattutino a Murom e alla prima messa a Kiev.
Secondo alcune varianti, Il'ja si reca a Kiev per celebrare la Pasqua e, per
tale ragione, fa voto di non versare sangue lungo la strada, di non usare
l'arco, di non insanguinare la spada.
L'episodio della battaglia sotto le mura di una città assediata è presente
solo accessoriamente, per quanto appaia necessario alla completezza del racconto. Nella maggior parte delle versioni
la città è appunto Černigov, ma sono attestati anche altri nomi (Běžegov, Beketovec,
Turgov, Orechov, Obalchov, Didoša, Ciženec, Smoljagin, etc.; in alcune versioni
prosastiche è Černigov o Sebež). In quanto ai nemici, non sono mai ben definiti. Talvolta
sono definiti semplicemente pagani, altre volte tatari, a volte ancora lituani
(o lituani e tatari insieme).
A quella vista, il cuore di Il'ja si infiamma. Ma l'eroe è legato al voto
pasquale di non insanguinare le armi, voto che è costretto a infrangere per la
salvezza della città. «Perdonami, signore, di questa colpa, | non terrò fede al
grande giuramento» (Markov [68]), o, con
maggiore ironia, «Tutti gli uomini tengono fede ai patti | ma non tutti i patti
vanno celebrati» (Rybnikov [?]). Il
combattimento è descritto rapidamente: Il'ja sbaraglia i nemici e
non ne lascia in vita nemmeno uno.
A questo punto, Il'ja entra in città. In certe versioni non trova nessuno:
tutti i cittadini sono in chiesa a confessarsi e comunicarsi, e non si sono nemmeno accorti che la città è
già stata salvata (Rybnikov [?]). Propp ha
sicuramente ragione quando definisce ironico il contrasto tra i cittadini
terrorizzati, che nel momento del pericolo non trovano niente di meglio che
mettersi a pregare, e il prode Il'ja che si scioglie dal proprio
voto allorché subentra un impegno etico più elevato: quello di salvare
la città (Propp 1958). Alla
proposta degli abitanti, di
rimanere presso di loro come voevod, principe o governatore, Il'ja
rifiuta: l'eroe ama la sua libertà ed è fedele alle sue origini contadine per
ambire a un diverso status sociale. «Fa, o Signore, che non divenga da
padrone servo, | da padrone servo e da servo nobile, | da nobile servo, da pope
carnefice, | e anche da bogatyr' non divenga voevod»
(Rybnikov [?]).
A questo punto, Il'ja chiede quale sia la strada più diretta per arrivare a
Kiev e gli abitanti della città lo informano che ve ne sono due: una molto lunga
e l'altra breve, solo che quest'ultima non viene più praticata da trent'anni,
perché vi risiede Solovej Razbojnik. «Siede su tre volte nove querce, e sta lì da trent'anni,
| non lascia passare nessuno, né a cavallo né a piedi» (Kireevskij
[I: 34]); «ha sbarrato la strada diritta | ha sbarrato la strada e l'ha
murata; | non può passare il lupo grigio, | non può sorvolare il corvo nero»
(Rybnikov [4]).
Il'ja si mette ovviamente in cammino per la strada diretta. Mentre alcune varianti
giungono subito all'incontro con Solovej, altre presentano Il'ja spianare la
strada man mano che avanza, abbattendo gli alberi e costruendo passaggi sui fiumi
(Rybnikov [?]). La
lotta con Solovej è più o meno simile in tutte le versioni. Il'ja resiste al suo
terribile fischio e abbatte il brigante con una freccia, senza
ucciderlo. Lo lega e lo appende alla staffa, o al pomo della sella. In alcune
varianti lo infila in una rete, come si fa con la selvaggina. In altre ancora, Solovej
è costretto a correre accanto al cavallo di Il'ja (Miller
[1]). L'episodio del passaggio di Il'ja presso la casa di Solovej non
si trova in tutte le versioni e, comunque, si presenta in un gran numero di
varianti. L'abitazione di Solovej può essere descritta come una casa, un
cortile, una foresteria, un terem; altre volte invece è un nido. Anche la
famiglia di Solovej presenta una composizione diversa. Si parla talora di tre
figlie con i mariti (Rjabinin-Adreev [2]),
altrove di una moglie, nove figli e nove figlie, questi ultimi
addirittura sposati tra loro (Kireevskij [I: 34]). Il'ja
li uccide tutti. In alcune versioni della bylina, la famiglia di Solovej tenta di
allettare l'eroe e gli offre ricchezze come
riscatto per la liberazione del bandito. Solitamente Il'ja non accetta e, quando
lo fa, conduce ugualmente Solovej a Kiev e consegna il denaro a Vladimir. In
una versione, la figlia di Solovej invita Il'ja in casa, ma i
battenti della porta sono costruiti in modo tale che, al passaggio di un ospite,
l'architrave gli piombi addosso, uccidendolo. Il'ja si accorge del
trabocchetto e, con un calcio, fa volare la perfida donna per tutta la casa.
Nella versione di Kirša Danilov, i figli di Solovej si trasformano in corvi con
il becco giallo e attaccano Il'ja (Danilov 1742).
Quando Il'ja giunge finalmente a Kiev, l'ascoltatore si aspetta che venga
accolto da Vladimir come un eroe, e in realtà vi sono versioni dove il knjaz'
apprezza la
liberazione di Černigov, l'abbattimento di Solovej, l'apertura della
strada per Kiev, ma sono le meno riuscite (Propp 1958). Nella maggior parte delle
byliny, Vladimir è diffidente. Non crede al
racconto di Il'ja. «Il ragazzo evidentemente le racconta grosse, | il ragazzo si
gloria di sciocchezze» (Astachova [1]); in
un caso, addirittura, insinua sia ubriaco: «Evidentemente, robusto bravo
giovane, | sei stato nella grande osteria reale | e ti sei ubriacato di vino
bianco?» (Rybnikov [?]). A volte, Vladimir
offende Il'ja definendolo «paesano, cafone, mužik». Il'ja propone allora di
scendere nel cortile, in modo che possa mostrar loro Solovej legato presso
il cavallo. Vladimir e i suoi dignitari vanno a vedere e, infatti, trovano
il brigante prigioniero. Vladimir ordina al bandito di
fischiare, ma questi rifiuta di ubbidirgli, in quanto non è stato sottomesso da
lui, ma da Il'ja:
Ай же князь Владимир
столно-кневский!
Не у тя сегодня я ведь ел и пил,
Не тебя я буду слушаться. |
A j že knjaz' Vladimir
stolno-knevskij!
Ne u tja segodnja ja bed' el i pil,
ne tebja ja budu slušat'sja. |
Aj, tu, Vladimir knjaz' della grande città di
Kiev!
Non da te, oggi, ho mangiato o bevuto,
non darò io ascolto a te! |
Rjabinin-Andreev: Byliny Petra
Ivanoviča Rjabinina-Andreeva [2]:
Iscelenie Il'ji Muromca [264-266]
(Traduzione di Bruno Meriggi) |
Oppure: «Io non mangerò con voi oggi, |
io non voglio ascoltarvi, |
io mangerò con il vecchio cosacco Il'ja Muromec |
e voglio ascoltare soltanto lui» (Rybnikov [I: 10]). Propp ci assicura che questa risposta, presente nella maggior parte
delle versioni, è molto amata dal popolo. La Astachova riferisce che, quando
Smenov, un cantore di Mezen, cantava la bylina, interrompeva a questo
punto il canto e assicurava: «rispose proprio così» (Astachova
[1]). Il'ja chiede a Solovej di emettere il suo terribile fischio ma, conscio
del pericolo, ordina al bandito di fischiare a mezza
voce. In alcune versioni, invita Vladimir e la sua sposa Apraksija a
coprirsi con delle pellicce. In un'altra, stringe lo knjaz' e la
knjaginja sotto le proprie ascelle. Solovej fischia con tutta
la sua forza e, a questo punto, le varie byliny si
divertono a descrivere gli effetti del fischio, con voluti effetti comici:
salta il tetto del palazzo, volano via le tegole, si spaccano le finestre. I palazzi nuovi tremano,
quelli vecchi crollano, si rovesciano le cupole delle chiese. I bojari
fuggono spaventati, stramazzano al suolo, o muoiono sul
colpo. Vladimir e Apraksija restano illesi, anche se rimangono assordati o
cadono al suolo privi di sensi.
In tutte le versioni, Solovej viene
portato da Il'ja in campo aperto e giustiziato.
|
Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik |
Illustrazione di Aleksandr Koškin (n. 1950)
(Warner 1985) |
|
V - VARIANTI PROSASTICHE Nel patrimonio
delle skazki, le fiabe russe di magia, sono state registrate diverse
versioni prosastiche del «Primo viaggio di Il'ja Muromec». La famosa raccolta di Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev, Narodnye russkie skazki,
comprende ben due rielaborazioni della bylina.
La prima, Istorija o slavnom i chabrom bogatyre Il'e
Muromce i Solovye-razbojnike «Storia del famoso e possente bogatyr'
Il'ja Muromec e di Solovej Razbojnik» [308-309],
segue da vicino la
bylina Il'ja Muromec i Solovej-razbojnik. L'unica variante di un certo rilievo è il combattimento di Il'ja
contro una masnada di briganti, che precede la vittoria sui «musulmani» che
assediano Černigov. L'incontro con Solovej non presenta variazioni di
sorta. Giunto a Kiev, Il'ja riceve il plauso del principe
Vladimir e si unisce agli altri campioni, Dobrynia Nikitič e Alëša Popovič.
La vicenda continua con la lotta tra Il'ja e Idolišče, che appartiene in
realtà a un'altra bylina.
Assai più interessante, la seconda skazka,
Il'ja Muromec i zmej, «Il'ja Muromec e il drago»
[310], che comprende entrambe le
vicende byliniche qui trattate, ma le svolge in maniera fiabesca. A dispetto del titolo, che è stato
probabilmente inserito dal redattore, l'eroe del racconto è chiamato sempre Il'ja Ivanovič, e mai con l'epiteto di Muromec. D'altra parte,
mentre la bylina collocava la nascita di Il'ja in un luogo
preciso (il
villaggio di Karačarovo), questa skazka elimina
qualsiasi riferimento geografico e ci proietta fin dall'inizio nello spazio
indeterminato delle fiabe...
Не в котором царстве, не в котором
государстве жил-был мужичок и с хозяюшкою. Живет он богатой рукой, всего у него
довольно, капитал хороший имеет. И говорят они промеж собой, сидя с хозяйкою:
Вот, хозяйка, довольно всего у нас, только у нас детей нету; станем просить бога,
авось господь нам создаст детище хотя бы напоследях, при старости. - Стали
просить бога, и забрюхатела она, и время пришло - родила детище. Прошел год, и
два, и три года прошли, ноги у него не ходят, а должно б ему ходить;
восемнадцать годов прошло - все без ног сидит. |
Ne v kotorom carstve, ne v kotorom
rosudarstve, žil-byl mužičok i s chozjajuškoju. Živet on bogatoj rukojm vsego u
nego dovol'no, kapital chorošij imeet. I govotjat oni promež soboj, sidja s
chozjajkoju: "Vot, chozjajka, dovol'no vsego u nas, tol'ko u nas detej netu;
stanem prosit' boga, abos' gospod' nam sozdast detišče chotja by naposledjach,
pri starosti». Stali prosit' boga, i zabrjuchatela ona, i vremja prišlo – rodila
detišče. Prošel god, i dva, i tri goda prošli, nogi u nego ne chodjat, a dolžno
b emu chodit', vosemnadcat' godov prošlo – vse bez nog sidit. |
In un certo reame, in terre lontane, c'era
una volta un contadino con la moglie. Vive agiatamente, ha tutto in quantità, ha
un buon capitale. E dicono tra loro, seduti lui e la moglie: «Ecco, cara,
abbiamo tutto in quantità, ma non abbiamo figli; se pregheremo Dio, forse il
signore ci darà una creatura anche se alla fine, in vecchiaia». Si misero a
pregare Dio, e lei rimase incinta e, arrivato il momento, partorì una creatura.
Passò un anno, e due, e tre anni passarono, non riesce a camminare, e avrebbe
dovuto; passarono diciotto anni: continua a restare senza gambe. |
Aleksandr Afanas'ev:
Narodnye russkie skazki [310] |
In questa versione, è un vecchio viandante a chiedere da bere al giovane
paralitico. Miracolosamente guarito e colmato di forza prodigiosa, Il'ja corre
fuori di casa e comincia a saggiare la sua forza. I genitori, di ritorno dalla
falciatura, si stupiscono nel trovare il bosco «tutto rivoltato». La notizia
della forza di Il'ja si sparge per la contrada, cosicché il re convoca il
giovane e, fattolo rivestire con abiti suntuosi, lo prende al suo seguito.
Nel frattempo un altro sovrano chiede l'aiuto di Il'ja per sconfiggere uno
zmej («drago, serpente») a dodici teste il quale, nottetempo, insidia la
figlia del re. Il'ja accetta
l'incarico e prova tutti i puledri della scuderia, prima di trovarne uno abbastanza
robusto da trasportarlo.
Messosi in marcia, Il'ja arriva in cima a una montagna e, dopo aver lungo cavalcato per fitti boschi, giunge a
un'izba. Bussa, e la Baba Jaga, armata di falce, tenta di ucciderlo. Il'ja non si lascia sorprendere e sconfigge la
vecchia strega. Ella, ammansita, lo accoglie nella sua dimora, gli offre ricche vivande e
un caldo bagno di vapore. Ripartito, Il'ja trova presto un'altra izba, e
dentro vi è un'altra strega, sorella della precedente. Costei lo avverte che
lungo la strada incontrerà Solovej Razbojnik.
L'incontro con Solovej è ancora una volta simile a quello raccontato nella bylina.
Il'ja lo abbatte con una freccia, lo caccia nella bisaccia e
prosegue il suo viaggio. Quando poi arriva alla reggia del nuovo sovrano, sono
tutti stupiti del fatto che Il'ja abbia vinto il tremendo brigante, e gli chiedono di
poter udire il suo famoso fischio.
Вот и говорит король Илье Ивановичу: Велите
Соловью-разбойнику засвистать. - А Соловей-разбойник говорит: Вы бы накормили и
напоили Соловья-разбойничка: у меня уста запеклися. - Вот и принесли ему винца,
а он говорит: Что мне штофик! Вы бы бочоночек принесли мне порядочный. -
Принесли ему бочонок вина, вылили в ведро. Он выпил зараз и говорит: Еще бы
Соловью-разбойничку две ведерочки, так выпил бы! - да уж не дали ему. И просит
король: Ну, прикажи, - говорит, - ему засвистать. - Илья велел ему засвистать, а
короля и всю его фамилию поставил к себе под руки, под мышки: А то, - говорит, -
он оглушит вас! - Как засвистал Соловей-разбойник, насилу остановил его Илья
Иванович, ударил его жезлом - он и перестал свистать, а то было попадали все! |
Vot i govorit korol' Il'e Ivanoviču:
«Velite Solov'ju-razbojniku zasvistat'». A Solovej-razbojnik govorit: «Vy by
nakormili i napoili Solov'ja-razbojnička: u menja usta zapeklisja». Vot i
prinesli emu vinca, a on govorit: «Čto mne štofik! Vy by bočonoček prinesli mne
porjadočnyj». Prinesli emu bočonok vina, vylili v vedro. On vypil zaraz i
govorit: «Ešče by Solov'ju-razbojničku dve vederočki, tak vypil by!» da už ne
dali emu. I prosit korol': «Nu, prikaži» govorit, «emu zasvistat'». Il'ja velel
emu zasvistat', a korolja i vsju ego familiju postavil k sebe pod ruki, pod
myški: «A to» govorit, «on oglušit vas!» Kak zasvistal Solovej-razbojnik,
nasilu ostanovil ego Il'ja Ivanovič, udaril ego žezlom – on i perestal svistat',
a to bylo popadali vse! |
Allora dice il re a Il'ja Ivanovič:
«Ordinate a Solovej Razbojnik di mettersi a fischiare». Ma Solovej Razbojnik
dice: «Dovreste prima dar da mangiare e da bere a Solovej Razbojnik: mi si sono
screpolate la labbra». Allora gli portarono un po' di vino, e lui dice: «Che me
ne faccio di un fiaschetto! Dovete portarmi un bel bariletto». Gli portarono un
bariletto di vino, lo versarono in un secchio. Quello bevve d'un fiato e dice: «Solovej
Razbojnik se ne berrebbe ancora un paio di secchielli!», ma non gliene diedero.
E chiede il re: «Be', ordinagli di mettersi a fischiare». Il'ja gli ordinò di
mettersi a fischiare, ma si mise il re e la sua famiglia sottobraccio, sotto le
ascelle: «Altrimenti vi assorderà!» dice. Come Solovej Razbojnik si mise a
fischiare, lo fermò con la forza Il'ja Ivanovič, lo colpì con un bastone: quello
smise di fischiare, perché tutti stavano per stramazzare! |
Aleksandr Afanas'ev:
Narodnye russkie skazki [310] |
La skazka si concluda con il racconto – svolto in maniera piuttosto
affrettata – della lotta di Il'ja Ivanovič contro la zmej. Il'ja affronta il mostro nella camera da letto
della principessa e gli stacca tutt'e dodici le teste. Dopodiché torna dal primo
sovrano e, come in ogni fiaba che si rispetti, ne sposa la figlia.
|
VI - SOLOVEJ
RAZBOJNIK, IL BRIGANTE USIGNOLO
Solovej Razbojnik, il «Brigante
Usignolo», è uno dei personaggi più bizzarri e particolari dell'epica russa. È
anche uno dei più difficili da analizzare, privo com'è di riscontri diretti con
altre figure mitologiche. Gli
studiosi si sono accaniti, cercando di comprendere le
origini e la natura di questo personaggio. Si è cercato di dare alla figura di
Solovej interpretazioni
mitologiche o simboliche; si è cercato parallelismi con motivi fiabeschi,
biblici, orientali, siberiani, ma senza raggiungere nulla di determinante.
(Meriggi 1974)
Nell'interpretazione meteorologica di Orest Fëdorovič Miller, il fischio di Solovej
rappresenterebbe il vento e la tempesta, e la sua casa-nido le nuvole; tutto il
racconto sarebbe dunque da vedere come allegoria della tempesta che offusca il
sole, qui da identificare con Vladimir «bel solicello», liberato e tornato a far
splendere da Il'ja Muromec (Miller
1869). Fëdor Ivanovič Buslaev rimprovera tuttavia a Miller di essere
andato troppo lontano nella sua interpretazione, e spiega che
Solovej altro non è che un operaio che lavora il
rame grezzo (Buslaev 1887).
|
Il'ja Muromec e Solovej |
Arte popolare russa |
Altri hanno voluto scorgere in Solovej un vero e proprio brigante, e non sono
mancate connessioni con avvenimenti storici. Secondo il folklorista Vsevolod
Fëdorovič Miller, il prototipo storico di Solovej sarebbe stato un certo
brigante Moguta, ricordato nelle cronache, che fu fatto prigioniero e portato
presso lo knjaz' Vladimir, dove «pianse a lungo e le lacrime gli colarono
abbondanti dagli occhi» e giurò di redimersi. Il fischio di
Solovej sarebbe stato appunto il lamento di Moguta.
In quanto al nome Solovej, «usignolo», sarebbe stato un soprannome del
brigante (più o meno simile al nostro «uccel di bosco»). Secondo Miller, uno dei
patronimici che l'epica fornisce a Solovej, ovvero
Rachmantevič, deriverebbe da un vor Achmatovič, «ladro Achmatovič», con
questa volta riferimento a un certo Achmat, brigante attivo presso di Mosca
intorno al 1480, sconfitto presso il fiume Ugra, poi fuggito.
(Miller 1924)
Ipotesi di questo tipo, tuttavia, non hanno avuto
seguito. Infatti, nonostante sia chiamato razbojnik,
Solovej non sembra un brigante, se non in senso
molto generico. Solovej non rapina nessuno:
si limita a bloccare la strada per Kiev con la sua presenza e i suoi terribili
fischi. D'altra parte, nelle byliny dove Il'ja Muromec si batte con bande
di malfattori, costoro sono sempre definiti staničniki (letteralmente, «abitanti
della stanica», il villaggio cosacco). Sembra dunque esserci una differenza
sostanziale tra gli staničniki (veri e propri briganti da strada) e
il razbojnik. (Propp 1954)
L'aspetto di Solovej non è mai descritto con precisione. Ha attributi umani,
ma sono indefiniti e sfocati: quando Il'ja lo abbatte, lo afferra per i riccioli
gialli, gli lega le gambe e le braccia. E quando al palazzo di
Vladimir gli
offrono da bere, Solovej afferra la coppa con le mani. Ma alternativamente, sembra che
Solovej abbia aspetto di uccello: lo
vediamo svolazzare in cima a una quercia, o sul tetto del palazzo reale, e in certe
byliny, Il'ja lo colpisce a un'ala (Kirienskij
[I: 21]). È detto aver fatto un nido «su sette querce, su nove rami», e,
in certi casi, la casa dove abita è anch'essa un nido. Nelle incisioni popolari,
Solovej è
a volte rappresentato con aspetto umano, a volte è un ibrido tra uomo e uccello.
Le rare byliny che descrivono Solovej con aspetto umano sono delle eccezioni: Propp ne cita una dove
Solovej è un cavaliere e
combatte contro Il'ja stando a cavallo. (Propp 1958)
Solovej non ha armi, né zanne, né artigli. Il suo unico mezzo di
offesa è il suo soffio, il suo tremendo fischio. Questo viene emesso con tale
forza che l'erba si attorciglia nei prati, gli alberi si spezzano, le montagne
tremano, la terra sussulta, l'acqua si intorbida, e tutti gli esseri umani
presenti nelle vicinanze muoiono. Il fischio stesso è descritto nelle byliny
con gusto dei dettagli: rassomiglia al grido dei draghi, al ringhio dei cani, al
ruggito dei leoni, al sibilare dei serpenti. Il'ja è in grado di resistere, grazie alla sua forza bogatyrica, mentre
il suo cavallo cede,
attirandosi la sprezzante rampogna del padrone: «non hai mai sentito il
mugghiare di una mucca, il pigolio di un merlo?» (Kirienskij
[I: 77]).
Bruno Meriggi ha cercato di spiegare il fischio di Solovej con i rumori che,
nel corso dei riti di passaggio, si odono provenire dalle foreste, e che sono
prodotti da rombi, pietre, o legni fatti vorticare intorno a una cordicelli.
Agli iniziandi viene fatto credere che si tratti della voce dell'essere che
uccide, inghiotte e rivomita i novizi. Le donne e i bambini,
cui è interdetto di assistere ai riti, ne hanno un terrore panico. «Può darsi che
l'antagonismo tra Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik debba essere considerato
alla luce della connessione di Il'ja con situazioni di cerimonie iniziatiche»,
scrive Meriggi, con riferimento al racconto della miracolosa guarigione di Il'ja.
Ammette tuttavia che «il brigante Solovej non
svolge certamente la funzione di un essere iniziatico, e la sua contrapposizione
ad Il'ja riveste tutt'altro carattere».
(Meriggi 1974)
Difficile comprendere le origini mitologiche di un personaggio bizzarro come
Solovej Razbojnik. L'unica attinenza sembra ritrovarsi in due passi dello
Slovo o pŭlku
Igorevě, il «Cantare delle gesta
di Igor'», dove, tra i presagi che sbarrano la strada alla sfortunata spedizione
del principe Igor', vi è l'apparizione di un misterioso essere,
Divŭ, che in forma di uccello lo guata dall'alto di
un albero, e le cui grida – mescolate a quelle degli animali selvaggi – si odono
per tutta la terra russa:
Солнце
єму тъмою путь
заступаше; нощь стонущи єму грозою
птичь убуди; свистъ звѣринъ
въста; збися дивъ, кличетъ връху
древа: Велитъ послушати земли
незнаємѣ,
Влъзѣ,
и Поморію, и Посулїю, и Сурожу, и
Корсуню, и тебѣ
Тьмутораканьскый блъванъ! |
Solnce ėmu tŭmoju putĭ zаstupаše; noštĭ
stonušti ėmu grozoju ptičĭ ubudi; svistŭ zvěrinŭ vŭstа; zbisja divŭ, kličetŭ
vrŭchu drevа: Velitŭ poslušаti zemli neznаėmě, Vlŭzě, i Pomoriju, i Posulïju, i
Surožu, i Korsunju, i tebě Tĭmutorаkаnĭskyj blŭvаnŭ! |
Il sole gli sbarrò il
cammino di tenebra. La notte
gemette tempesta, risvegliando
gli uccelli. Si levò l'ululato
ferino delle belve. Gridò
Divŭ dall'alto di un albero, affinché lo
udisse la terra straniera: la Vol'ga e il
litorale di Crimea, e Surož, e la
terra oltre la Sula,
e il Chersoneso, e te, grande idolo
di Tmutorokan'! |
Slovo o pŭlku
Igorevě [19] |
Уже снесеся
хула на хвалу; уже тресну нужда на
волю; уже връжеса дивь на землю. Се
бо готскїя
красныя дѣвы
въспѣша
на брезѣ
синему морю... |
Uže snesesja chulа
nа chvаlu; uže tresnu nuždа nа volju; uže vrŭžesа divĭ
nа zemlju. Se bo gotskïja krаsnyja děvy vŭspěšа nа brezě
sinemu morju... |
Già il disonore ha sommerso la gloria, la
schiavitù ha schiacciato la libertà, già
Divŭ
è piombato sulla terra di Rus' e le
belle fanciulle dei Goti cantano sulle rive del mare... |
Slovo o pŭlku
Igorevě [65] |
Difficile dire chi sia questo Divŭ.
Il nome ricorda i daēvā
iranici, i dèmoni
malvagi della religione mazdea (ma il termine, prima della riforma religiosa di
Zaraθuštra, indicava
piuttsto gli dèi). Quale fosse l'aspetto e il ruolo di
Divŭ nell'antica mitologia slava non ci è dato di
sapere – esso compare soltanto nello
Slovo – ma la sua rassomiglianza con Solovej
Razbojnik sembra molto accentuata. In entrambi i casi si tratta di una creatura
eversiva,
dall'aspetto ornitomorfo, che dall'alto di una quercia emette grida apportatrici di sventura.
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Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik |
Stampa popolare russa (Rovinskij
1881) |
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Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ► |
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