MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
LE CREDENZE DELLE ORIGINI
LE PIÙ ANTICHE FASI DELPAGANESIMO SLAVO
Secondo un antico testo ecclesiastico, la religione degli antichi Slavi avrebbe attraversato un certo numero di fasi, passando da un primitivo animismo al culto degli dèi. Quanto c'è di vero in questo?

 

1 - LE PIÙ ANTICHE FASI DEL PAGANESIMO RUSSO

Berendej
Illustrazione di Boris Ol'šanskij (1956-)
MUSEO: [Ol'šanskij]►

oco sappiamo delle più antiche tradizioni dei nostri antenati. Né conosciamo in quale modo la loro religione e le loro credenze si evolsero, dai tempi remoti in cui le prime tribù slave risalirono il Boristene e vennero ad insediarsi in questa umida terra di Rusĭ, fino a quando esse si unirono in una sola nazione sotto i grandi principi variaghi.

Per migliaia di anni i nostri antenati rimasero fedeli alle tradizioni pagane, prima che dalla Grecia arrivasse la fede ortodossa. Che cosa accadde in quei lunghi secoli nella mente e nel cuore dei nostri progenitori e come essi passassero dalla venerazione degli spiriti della natura a quella dei grandi dèi di Kievŭ, non è ben noto.

Uno dei nostri ecclesiastici, riprendendo un sermone di San Gregorio di Nazianzo, ebbe a dire: — Ecco che gli Slavi, anch'essi, si misero a offrire sacrifici a Rodŭ ed alle rožanicy, prima di sacrificare a Perunŭ, il loro dio, ma ancor prima avevano offerto sacrifici agli upyri e alle beregyni.

Se quanto affermava questo saggio uomo di chiesa risponde a verità, i nostri lontani antenati adoravano gli spiriti della natura selvaggia e facevano offerte agli spiriti dei morti. In seguito, sull'esempio della Grecia pagana, essi avrebbero cominciato ad offrire sacrifici a Rodŭ ed alle rožanicy. E solo in tempi più recenti – forse per influenza degli stessi Variaghi – avrebbero preso ad adorare un pantheon di divinità, di cui Perun era il signore e sovrano.

Fonti

1 Slova i poučenija > Slovo sv. Grigorija ob idolach
Erodoto: Storie [IV: 17-18]

I - POSSIBILI INFLUENZE NELL'ETNOGENESI DEI POPOLI SLAVI

Quando trattiamo dell'origine degli Slavi, quando cerchiamo di capire in quale contesto geografico si svilupparono come etnia, quali altri popoli ne influenzarono la cultura e quanto profondamente, diventa necessario procedere con molta cautela.

Il termine «slavo», per quanto venga usato soprattutto in senso etnico, ha un significato essenzialmente linguistico. Slavi sono quei popoli le cui lingue appartengono al ramo slavo della famiglia indoeuropea. Questo ramo può essere agevolmente diviso in tre gruppi: orientale, occidentale e meridionale. Gli odierni popoli slavi appartengono all'uno o all'altro dei tre gruppi.
 


La stretta somiglianza delle varie lingue all'interno di ciascun gruppo, e dei vari gruppi tra loro, mostra che la scissione di queste lingue è piuttosto recente. Sappiamo che gli Slavi parlavano ancora uno «slavo comune» al periodo della loro espansione, cioè intorno al V-VI secolo.

A un livello tassonomico più alto, le lingue slave mostrano strette affinità con le lingue baltiche, tanto che si parla un comune e più antico ramo linguistico balto-slavo. Nell'ambito delle lingue indoeuropee, il ramo balto-slavo sembra più vicino all'indoranico di quanto non sia al germanico, l'italico o il celtico. Senza entrare in dettagli (e ricordando che la distinzione delle lingue indoeuropee nei sotto-gruppi satǝm e kentum è oggi superata), l'evidenza mostra che le lingue slave mostrano strette affinità lessicali con le lingue iraniche. Per esempio, molti termini slavi inerenti la sfera religiosa, quali svętŭ «santo» e bogŭ «dio», le ritroviamo nel vocabolario iranico (cfr. avestico spǝnta e baγa), ed anche alcune divinità slave sembrano essere – come vedremo – di origine iranica. Resta da stabilire se i parallelismi tra lingue slave e iraniche risalgano alla comune origine indoeuropea o siano dei prestiti avvenuti in tempi più recenti attraverso la mediazione dei popolo iranici delle steppe, quali Sciti e Sarmati. Il problema, se comune eredità o prestito storico, interessa direttamente la natura e l'origine della cultura slava.

Gli etnologi hanno spesso notato che gli Slavi, indoeuropei per lingua, mostrano tratti culturali che li avvicinano assai più agli Ugrofinni. Evel Gasparini scriveva: «È perfino incerta la misura in cui [gli Slavi] sono partecipi del patrimonio indoeuropeo. La comparazione del loro corredo culturale con quello dei più noti popoli indoeuropei dell'antichità conduce alla constatazione che gli Slavi hanno appreso o adottato una lingua indoeuropea pur trovandosi nell'impossibilità di appropriarsene la cultura o, forse, ricusandola. In sostanza, essi parlano una lingua che non è quella della loro reale civiltà» (Gasparini 1973).

Secondo Gasparini, se le lingue slave appartengono alla famiglia indoeuropea, non è altrettanto certo che i popoli slavòfoni provengano dal medesimo ceppo. L'ipotesi non è irragionevole, anzi, vi sono dei casi storicamente documentati di popolazioni non slave che in seguito hanno adottato una lingua slava. È il caso dei Bulgari, che pur parlando una lingua slava meridionale, discendono da gruppi turanici e iranici che, intorno al VII secolo, si stabilirono tra il Mar Nero e il Danubio. È dunque possibile che, nella ricerca di un'originaria cultura e religione proto-slava, sia necessario distaccarsi dal modello indoeuropeo e cercare attinenze con realtà affatto diverse. È una tesi che in passato è stata abbracciata da molti studiosi, i  quali hanno messo in parallelo – spesso con successo – molti elementi della mitologia slava con dati tratti dalle mitologie ugrica, finnica, turanica e altaica.

L'ipotesi di Gasparini è provocatoria, tesa probabilmente a frantumare i pregiudizi dei più gelosi indoeuropeisti. Così, prima di procedere nel nostro studio sulla mitologia slava, se vogliamo capire da quali direzioni gli Slavi trassero gli elementi della loro cultura, religione, e mitologia, bisognerà cercare – per quanto possibile – di ricostruire la loro protostoria e di capire quali ambienti e quali popoli esercitarono su di loro gli influssi più profondi e duraturi.

L'Ur-Heimat degli Slavi, prima del loro irrompere nella storia, sembra fosse localizzata in una regione compresa grosso modo tra il Dnepr, il Dnestr e la Vistola. Da questi territori ancestrali, essi si sarebbero poi espansi improvvisamente, tra il V e il VI secolo, lungo tre direttrici: a nord, verso il Baltico e i grandi laghi della Russia settentrionale; ad est, verso la Polonia; ed a sud, verso la penisola balcanica, occupando in poco tempo quasi un terzo d'Europa.

Ma vediamo qual era la situazione etnica nell'Europa orientale intorno al I sec. a.C., al tempo in cui l'Impero Romano era al massimo del suo splendore, alcuni secoli prima che gli Slavi cominciassero la loro espansione. Naturalmente non abbiamo dati precisi e quel che sappiamo dobbiamo desumerlo dalle fonti storiche ed archeologiche.

In quest'epoca, le steppe a nord del Mar Nero erano percorse da varie popolazioni nomadi che i  Greci accomunavano sotto il vago termine di «Sciti». Queste popolazioni parlavano lingue iraniche e tutte insieme si stendevano negli aperti, immensi territori che dalle porte del Caucaso arrivavano ad ovest fino alla puszta ungherese. I Greci sapevano poi dell'esistenza, da qualche parte a nord dell'Ellesponto, risalendo il fiume Boristene [il Dnepr], di «Sciti» che coltivavano la terra. Afferma Erodoto:

Muovendo dal porto dei Boristeniti (è questo infatti che occupa il punto centrale della regione costiera di tutta la Scizia), a partire da questo, si incontrano per primi i Callipidi, che sono sono Greco-Sciti, ed a nord di questi un altro popolo, gli Alizoni. Questi ultimi, come anche i Callipidi, praticano le stesse usanze degli Sciti, ma seminano grano, cipolle, aglio, lenticchie e miglio, e se ne cibano. Oltre gli Alizoni vivono gli Sciti aratori, che seminano il grano pure loro, ma non per cibarsene, bensì per venderlo; oltre gli Sciti aratori si trovano i Neuri; a nord dei Neuri, per quanto ne sappiamo, non ci vive uomo.   Sono queste le popolazioni stanziate lungo il fiume Ipani, a occidente del Boristene.
Attraversato il Boristene, la prima regione che si incontra, partendo dal mare, è l'Ilea; dopo di questa, procedendo verso l'interno, sono stanziati gli Sciti agricoltori, che i Greci residenti sul fiume Ipani chiamano Boristeniti (mentre a sé stessi danno il nome di Olbiopoliti). Questi Sciti agricoltori abitano un territorio che si estende verso oriente per tre giorni di cammino fino al fiume chiamato Panticape, e verso settentrione per undici giorni di navigazione, risalendo il Boristene. A settentrione di questi popoli c'è una vasta zona deserta [...]. Al di là di questa ormai è deserto pieno e, per quanto ne sappiamo, non vi è stanziato nessun popolo.
Erodoto: Storie [IV: 17-18]

Gli antenati degli Slavi sarebbero probabilmente da identificare con una di queste popolazioni di «Sciti coltivatori» stanziati lungo il Dnepr. Erodoto non è molto preciso riguardo i dati geografici di queste regioni: il fiume che chiama Ipani corrisponde all'odierno Bug; gli Alizoni potrebbero essere identificati con qualche tribù protoslava. Sono probabilmente protoslavi anche i cosiddetti «Boristeniti» stanziati lungo il fiume Panticape, che è un affluente di sinistra del Dnepr non facile da identificare. In questo vasto territorio, vagamente compreso tra l'Ucraina occidentale e la Polonia sudorientale, abitavano dunque gli antenati degli Slavi nei primi secoli avanti Cristo. Gli antenati dei Balti erano stanziati più a nord, in una vasta regione che dalla costa baltica penetrava profondamente nell'odierna Bielorussia.

L'ora del castigo
Illustrazione di Andrej Klimenko (1956-)
MUSEO: [Klimenko]►

I progenitori comuni di Balti e Slavi erano presumibilmente giunti nei territori sopra delineati provenendo da sud-est. Difficile dire se i due rami, slavo e baltico, si fossero separati prima o dopo il loro arrivo in Europa. È possibile che, in un tempo remoto, i loro antenati abbiano condiviso le sorti dei popoli nomadi della steppa, quei non ben definiti «Sciti» che l'esperienza greca collocava a nord del Mar Nero. Se si potesse risalire ancora più indietro nel tempo si vedrebbero probabilmente i progenitori di tutti questi popoli – il gruppo satǝm della famiglia indoeuropea, forse una diramazione della cultura Kurgan – originarsi da qualche parte nelle steppe ad est del Dnepr. Un ramo, i futuri Indoiranici, si sarebbero sparsi in tutta la fascia a nord del Mar Nero, con importanti migrazioni verso l'Irān e l'India. Un altro ramo si sarebbe attestato a sud del Caucaso, per originare il futuro popolo degli Armeni. Un terzo ramo, i futuri Baltoslavi, si sarebbero diretti verso l'Europa centrale, attestandosi ad est del territorio occupato dai Germani.

Nella loro espansione verso nord, i Balti prima e gli Slavi poi, trovarono un immenso territorio popolato da genti di lingua ugrofinnica, giunte da oriente in tempi preistorici, la cui religione si basava sullo sciamanesimo e sul patto animale. È difficile dire quanto furono antichi e quanto profondi i rapporti tra Baltoslavi e Ugrofinni. Probabilmente i Baltoslavi cominciarono a premere sui vasti territori degli Ugrofinni fin dal loro arrivo in Europa centrale, e la loro lenta e costante infiltrazione fu favorita dalla bassa densità delle popolazioni boreali. È ragionevole presumere che, colonizzando la regione della tajga, Slavi e Balti abbiano assunto molti tratti culturali di coloro che vi abitavano da secoli, non esclusi elementi religiosi e mitologici.

Fu sicuramente questo il crogiolo culturale da cui emersero gli  Slavi e non c'è da stupirsi se essi mostrino una natura composita. Parlano una lingua indoeuropea, la cui terminologia religiosa sembra provenire dal fondo iranico: è un tratto originario o il risultato di un tardo influsso scito-sarmatico? Probabilmente entrambe le cose: questi popoli avevano un'eredità comune e la lunga vicinanza deve aver contribuito a uniformare molti elementi linguistici e religiosi. Per altri tratti della cultura materiale, gli Slavi sembrano debitori dei popoli ugrofinni. Anche qui non c'è da stupirsi, visto che, diffondendosi nei territori abitati dagli Ugrofinni, gli Slavi hanno potuto assorbire alcuni elementi della loro cultura. Stessa origine hanno probabilmente certe figure della mitologia slava, alcune classi di spiriti naturali che sembrano riportare al mondo dello sciamanesimo siberiano.

Concludendo, la mitologia slava è di sicuro impianto indoeuropeo, con strette affinità al mondo baltico e iranico. Questo senza ignorare influssi di origine ugrofinnica, di cui troveremo agevolmente i modelli tra i Finni nel nord o tra alcuni popoli uralici, come i Voguli e gli Ostjaki. Aggiungiamo pure che, nel corso della loro grande espansione, nei secoli V e VI, in cui dai territori di origine essi arrivarono a coprire quasi un terzo dell'Europa, furono molti i popoli con cui gli Slavi vennero a contatto. I più importanti dal punto di vista culturale furono i Greci, che trasmisero al mondo slavo la scrittura e la religione ortodossa. Anche gli invasori variaghi, di origine scandinava e ceppo germanico, non mancarono di influenzare – ma è difficile stabilire fino a che punto – le credenze degli slavi pagani.

Al novero di popoli con cui gli Slavi interagirono nel corso della loro storia, bisogna ancora aggiungere i popoli turchici, genti di origine altaica le cui invasioni, che si sarebbero successe da oriente a occidente per più di un millennio, interessarono profondamente la cultura russa. L'avanguardia delle invasioni turaniche, nel IV secolo, era costituita dagli Unni e fu proprio del vuoto che questi lasciarono in Europa orientale che gli Slavi approfittarono nella loro prima espansione. Per tutta la loro storia, gli Slavi orientali subirono i contraccolpi di invasori provenienti dall'Asia centrale, quali i Pečenegi, i Klobuki, i Polovcy fino ai Mongoli, la cui tempesta si abbatté sulla Russia nella prima metà del XIII secolo. Buona parte della letteratura epica russa, dallo Slovo o pŭlku Igorevě alle byliny, si incentra sul motivo della difesa della Santa Rus' contro gli invasori nomadi delle steppe. Senza dubbio molti elementi di origine turanica o altaica finirono con l'essere conglobati nell'epica russa. Difficile però stabilire quanto profondamente questa presenza turanica abbia influenzato la poesia epica degli Slavi orientali: al riguardo gli studiosi hanno opinioni contrastanti, tra chi difende la «purezza russa» della letteratura epica a chi ritiene che essa sia sorta in ambienti profondamente influenzati dalla cultura turanica. Come sia, sembra comunque certo che gli elementi turanici e altaici non appartengono al più antico strato mitologico slavo.

II - TRE FASI NEL PAGANESIMO SLAVO?

Che l'antico paganesimo slavo abbia attraversato uno sviluppo nel tempo, passando un certo numero di fasi, lo si evince unicamente da un passo di un testo ecclesiastico, lo Slovo sv. Grigorija ob idolach o «Sermone di San Gregorio sugli idoli», dove si dice:

...Da cui impararono gli Elleni a compiere sacrifici ad Artemid e Artemide, cioè a Rodŭ e alle rožanicy, così anche gli Egiziani e anche i Romani. Così, dunque, anche agli Slavi è giunto questo racconto. E questi iniziarono a compiere sacrifici a Rodŭ e alle rožanizy prima di Perunŭ, loro dio, e prima di questo facevano sacrifici agli upyri e alle beregyni...
Slova i poučenija > Slovo sv. Grigorija ob idolach
Un idolo russo
Illustrazione di autore sconosciuto

Questo brano sembra individuare tre fasi nel paganesimo russo:

  1. il culto degli upyri e delle beregyni;
  2. il culto di Rodŭ e delle rožanicy;
  3. il culto di Perunŭ e delle altre divinità.

Sembra di capire – interpretando il brano – che la prima fase sia l'unica autoctona presso gli Slavi. Il testo dello Slovo sv. Grigorija ob idolach ci informa che il successivo culto di Rodŭ e delle rožanicy sia di origine greca, una sorta di interprætatio slava delle divinità elleniche Artemid [sic] e Artemide. Si potrebbe dunque presumere che gli Slavi abbiano desunto questi tratti nel periodo della loro migrazione nella penisola balcanica, quindi tra il V e il VI secolo. E dunque, seguendo questa linea interpretativa dello slovo, il culto di Perunŭ e degli altri dèi si sarebbe sviluppato soltanto intorno al VII-VIII secolo, all'epoca dei Variaghi.

Si potrebbe qui riandare a certe concezioni, diffuse negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, da studiosi tedeschi come Erwin Winecke e Leonard Franz. Costoro sostenevano che, a causa della loro inferiorità razziale, gli Slavi originari fossero stati incapaci di «sollevarsi» al di sopra di qualche vaga forma di animismo o culto della natura; e che, se intorno all'VIII secolo essi avevano un pantheon organizzato sul tipo di quello classico e germanico, era solo grazie all'influenza dei dominatori Variaghi, di origine germanica.

Queste concezioni non sono mai state del tutto abbandonate. Anche se la polemica ideologica è caduta, molti studiosi continuano a sostenere uno sviluppo della religione slava da quella germanica (Boyer 1989). E il modello dello sviluppo in tre fasi del paganesimo slavo era ancora sostenuta, in tempi recenti, da uno studioso del calibro Boris Rybakov (Rybakov 1987). Al contrario, la maggioranza degli slavisti nega la validità di tale ipotesi.

La prima domanda da porci, naturalmente, è se lo Slovo sv. Grigorija ob idolach possa essere un testo affidabile ai fini di un'effettiva ricostruzione dello sviluppo dell'antica religione slava. Alla base del testo vi sono i sermoni di San Gregorio di Nazianzo, pronunciati tra il Natale del 308 e l'Epifania del 381 (o tra il 379-380). Diffusisi da Bisanzio nel mondo slavo subito dopo l'evangelizzazione cristiana, tali sermoni si prestavano ad essere adoperati in senso anti-pagano e per tale ragione attirarono subito l'interesse degli evangelizzatori slavi. Vennero tradotti – o piuttosto rielaborati in chiave slava – nel periodo tra l'XI e il XII secolo. Le parti relative alle divinità slave sembra fossero interpolate  in epoca ancora più tarda. I riferimenti alle divinità classiche presenti nel sermone greco subirono – quando non furono mal tradotti – una sorta di interprætatio slava (Simi 2003). Aggiungiamo che l'intento del testo non era informativo ma polemico: il suo traduttore-interprete non intendeva tanto darci una visione dell'antica religione slava, quanto denigrarla al fine di combattere il paganesimo e favorire l'evangelizzazione. Le informazioni dello slovo vanno dunque lette in controluce e accolte con prudenza.

D'altro canto, il traduttore-interprete del Slovo sv. Grigorija era assai più vicino di noi al mondo del paganesimo slavo, di cui sicuramente aveva esperienza diretta. Molte informazioni sono certamente attendibili. Ad esempio, è sicuro che la credenza negli  upyri e nelle vily sia molto antica, visto che queste creature soprannaturali sono conosciute presso tutti i popoli slavi, essendo attestate nel folklore tanto russo quanto bulgaro e jugoslavo. Stessa cosa si può dire per le rožanicy, attestate in Serbia col nome di rođanice. Sicuramente le fasi 1 e 2 del paganesimo slavo, come afferma lo slovo risalgono alle origini stesse dei popoli slavi.

Ma il fatto che le fasi 1 e 2 siano molto antiche, non ci autorizza a sostenere che siano tra loro in situazione diacronica. E sicuramente non ci autorizza ad affermare che siano più antiche della fase 3.

Come vedremo quando tratteremo in dettaglio le varie divinità, Perunŭ e gli altri dèi del pantheon slavo appartengono anch'essi al fondo comune indoeuropeo. È presumibile che gli Slavi li conoscessero fin dall'epoca della loro etnogenesi. Sembra quindi ovvio che, anche nelle fasi più antiche della loro storia, gli Slavi abbiano affiancato il culto degli upyri e delle beregyni, a quello di Rodŭ e delle rožanicy, e questi al culto di Perunŭ e degli altri dèi. Le tre fasi sarebbero dunque sincroniche e non diacroniche.

Schedario: [Upyri | Beregyni | Rodŭ | Rožanicy ]►

Bibliografia

  • BOYER Régis, Gli Slavi. Miti, riti, divinità. In: BONNEFOY Yves [cura], Dictionnaire des Mythologies. Parigi 1981. → I., Dizionario delle mitologie e delle religioni, 3. Milano 1989.
  • BOYER Régis, Slavi e Germani. Due mitologie a confronto. In: BONNEFOY Yves [cura], Dictionnaire des Mythologies. Parigi 1981. → I., Dizionario delle mitologie e delle religioni, 3. Milano 1989.
  • CAMPANILE Enrico, La religione degli Slavi e dei Balti. In: FILORAMO Giovanni [cura], Storia delle religioni, 1. Le religioni del mondo antico. Bari 1994.
  • GASPERINI Evel, Il matriarcato slavo. Firenze 1973..
  • MICHAJLOV Nikolaj: Mitologia Slava. Corso di lezioni tenuto all'Università degli Studi di Pisa. In: I. [cura]: «Mitologia Slava: Antologia di studi sulla mitologia dei popoli slavi». Pisa, 1995.
  • MIRCEA Eliade, Il paganesimo slavo. In MIRCEA Eliade, Histoire des croyances et des idées religieuses. → I., Storia delle credenze e delle idee religiose. Firenze 1990.
  • PISANI Vittore, Il paganesimo balto-slavo. In: TACCHI-VENTURI Pietro [cura], Storia delle religioni, II. UTET, Torino 1949.
  • RYBAKOV Boris, Jazyčeskoe drevnej Rusi. Mosca, 1987.
  • SIMI Simonetta, Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo in due sermoni antico-russi. In «eSamizdat», 2003 (I).
  • STENDER-PETERSEN Adolf, Russian Paganism. In «Russian Studies, Acta Jutlandica», XXVIII.2. Copenhagen 1956.
  • SULEJMENOV Olžas, Az i ja. Alma Ata 1975.

  • VYNCKE Frans, La religion des Slaves. In: PUECH Henry-Charles [cura], Histoire des religions, I. Parigi 1970-1976. → VYNCKE Frans, La religione degli Slavi. In: PUECH Henry-Charles [cura], Le religioni dell'Europa centrale precristiana. Bari 1988.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti.
Creazione pagina:13.12.2004
Ultima modifica: 16.08.2015
 
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