MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
SIMARĬGLŬ
IL GUARDIANO ALATO
Simarĭglŭ è forse il dio slavo la cui identità presenta i dubbi più strani e curiosi. Si tratta di un dio in forma di cane alato? O forse addirittura... di due divinità, Simŭ e Rĭglŭ?

 

1 - SIMARĬGLŬ, IL GUARDIANO ALATO

Simarĭglŭ
Illustrazione di Viktor Anatol'evič Korol'kov (1958-2004)

c'era un'altra divinità il cui idolo si levava insieme agli altri, sulla cima della collina di Boričevŭ in Kievŭ. Si tratta di Simarĭglŭ.

Anche qui non ne sappiamo molto, ché le fonti non hanno tramandato molti dettagli. In forma di uccello, o forse anche di cane alato, Simarĭglŭ sembra fosse il guardiano dell'albero della vita.

Venerato durante la settimana del solstizio d'estate, questo dio-uccello era oggetto di un culto che univa danze e libagioni, del quale fan mostra le scene incise sui braccialetti kievani del secolo XII. Le giovani sacerdotesse vestivano abiti dalle lunghe maniche che lasciavano poi scivolare fino a terra, togliendosi i bracciali che le trattenevano ai polsi. Allargando allora le braccia a mo' di ali, scandivano i movimenti rituali al suono delle cetre e dei triangoli.

2 - SIMŬ E RĬGLŬ

n tempi recenti gli evangelizzatori cristiani hanno cominciato a parlare di Simarĭglŭ come se si trattasse di due distinte divinità, Simŭ e Rĭglŭ. Nella nostra ignoranza, o fratelli, non possiamo dire le ragioni di questo sdoppiamento. Se in qualche modo fosse insito nella figura originale di Simarĭglŭ oppure se si tratti di una tardiva ed errata interpretazione dei religiosi che ci hanno tramandato il suo nome.

Fonti

1 Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980]
Slova i poučenija > Slovo Christoljubca

I - PRESENZA DI SIMARĬGLŬ  NELLE FONTI ANTICHE

Di molte divinità russe non conosciamo che il nome, semplicemente citato nelle fonti antiche, senza altri ragguagli e delucidazioni, e ai ricercatori non rimane che la sola etimologia del nome, per tentare di interpretare il carattere o l'aspetto del personaggio. In molti casi gli stessi nomi compaiono in più di una fonte, compensando la scarsità dei dati con la reciproca conferma. A volte, però, rimane il dubbio che le fonti dipendano l'una dall'altra e che, quindi, non facciano che palleggiarsi la medesima informazione, corretta o errata che sia. Nel caso di Simarĭglŭ sorge una difficoltà insormontabile. Le uniche due fonti che ci tramandano questo nomen non sono nemmeno d'accordo se Simarĭglŭ sia un unico dio o se si tratti invece di una coppia di divinità, Simŭ e Rĭglŭ.

La prima fonte è il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ, o «Cronaca degli anni passati». Il dio Simarĭglŭ è infatti una delle sei divinità antico-russe contemplate del «Canone di Volodimirŭ», il cui idolo sorgeva sulla collina di Boričevŭ in Kievŭ:

И нача княжити Володимеръ въ Киевѣ единъ, и постави кумиры на холму внѣ двора теремнаго: Перуна древяна, а главу его сребрену, а усъ златъ, и Хърса, Дажьбога, и Стрибога и Симарьгла, и Мокошь. I nača knjažiti Volodimerŭ vŭ Kievě edinŭ, i postavi kumiry na cholmu vně dvora teremnago: Peruna drevjana, a glavu ego srebrenu, a usŭ zlatŭ, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga i Simarĭgla, i Mokošĭ. E cominciò a regnare Volodimirŭ in Kievŭ, da solo, ed eresse simulacri sulla collina che si trovava dietro il terem: di Perunŭ in legno, con la testa d'argento e i baffi d'oro, e di Chŭrsŭ, di Dažĭbogŭ, e di Stribogŭ, e di Simarĭglŭ, e di Mokošĭ.
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980]

La seconda fonte è un testo ecclesiastico, lo Slovo Christoljubca, il «Sermone del Christoljubec», in cui il dio viene citato due volte, ma non come un singolo personaggio, bensì sdoppiato in una coppia di divinità: Simŭ e Rĭglŭ.

...non potendo sopportare i cristiani che vivono nella doppia fede e credono in Perunŭ, in Chŭrsŭ, in Simŭ, in Rĭglŭ, in Mokošĭ, nelle vile...
...Quelli che pregano il fuoco sotto l'essiccatoio, le vile, Mokošĭ, Simŭ, Rĭglŭ, Perunŭ, Volosŭ dio del bestiame, Chŭrsŭ, Rodŭ, le rožanizy e tutti i loro dèi maledetti...
Slova i poučenija > Slovo Christoljubca

Non si tratta di una contraddizione da poco: tutte le teorie e le interpretazioni su Simarĭglŭ si basano sul fatto che il personaggio venga inteso come una singola divinità o come una coppia di dèi. Gli studiosi che nel corso degli anni si sono occupati di Simarĭglŭ, hanno via via abbracciato l'una o l'altra ipotesi, pervenendo a conclusioni diametralmente opposte. Consultando i testi divulgativi o i soliti dizionari mitologici, si può tuttora trovare l'una o l'altra interpretazione, a seconda di quale fonte sia stata consultata dall'autore.

Schedario: [Simarĭglŭ]►

II - UN DIO O DUE DÈI?

Simarĭglŭ
Illustrazione di Igor' Savčenko

Dobbiamo dunque parlare di un dio Simarĭglŭ o di una coppia di dèi Simŭ e Rĭglŭ? Come vedremo, gli studiosi sono ancora lontani da una soluzione univoca.

Da un lato abbiamo il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ, che sembra molto preciso nel definire il canone delle sei divinità adorate dal gran principe Volodimirŭ. Afferma che questi innalzò gli idoli «di Perunŭ, e di Chŭrsŭ, di Dažĭbogŭ, e di Stribogŭ, e di Simarĭglŭ, e di Mokošĭ» [Peruna, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga, i Simarĭgla, i Mokošĭ]. Tutti i nomi degli dèi sono individuati con precisione e separati tra loro da una congiunzione «e» [i]. Se il nome Simarĭglŭ fosse da  intendere come giustapposizione di due teonimi, lo troveremmo regolarmente spezzato dalla congiunzione. Così non è, e sembra evidente che, per l'autore del Se pověsti, Simarĭglŭ sia un unico nomen e non una coppia di nomi. Se non avessimo altre fonti, non vi sarebbe alcun dubbio nel considerare Simarĭglŭ il nome di un'unica divinità.

La contraddizione scaturisce nel confronto tra il Se pověsti e uno dei testi ecclesiastici. Nel suo elenco di divinità adorate dai pagani, lo Slovo Christoljubca afferma che gli Slavi credevano «in Perunŭ, in Chŭrsŭ, in Simŭ, in Rĭglŭ» [vŭ Peryna i vŭ Chŭrsa, i vŭ Sima, i vŭ (E)rĭgla]. Sono più o meno gli stessi nomi che vengono citati dal Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ, e anche nel medesimo ordine. L'unica differenza è questa strana scissione di Simarĭglŭ in due nomi distinti: Simŭ e Rĭglŭ.

Alcune righe più in basso lo Slovo Christoljubca cita un'altra lista di nomina divina, additando coloro che pregano «...le vile, Mokošĭ, Simŭ, Rĭglŭ, Perunŭ, Volosŭ dio del bestiame, Chŭrsŭ, Rodŭ, le rožanicy e tutti i loro dèi maledetti...», e di nuovo Simŭ e Rĭglŭ compaiono come due personaggi distinti.

Il nome Simarĭglŭ è dunque da considerare un intero o va invece scisso in due nomina separati: Simŭ e Rĭglŭ? È evidente che uno dei due testi è sbagliato, ma quale? Il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ o lo Slovo Christoljubca? O c'è qualche altra possibile interpretazione? Il problema ha di fatto diviso gli studiosi, alcuni dei quali considerano Simarĭglŭ un singolo nomen divinum, mentre altri hanno voluto vedere in Simarĭglŭ la fusione di due nomi distinti.

Poiché non esiste ancora una risposta, analizzeremo entrambe le ipotesi.

Schedario: [Simarĭglŭ]►

III - SIMŬ E RĬGLŬ: L'INTERPRETAZIONE COME COPPIA DIVINA

Molti studiosi ritengono possibile che il teonimo antico russo Simarĭglŭ andrebbe visto come giustapposizione dei nomi di due distinte divinità, Simŭ e Rĭglŭ. Costoro si appoggiano ovviamente all'elenco fornito dallo Slovo Christoljubca e ritengono che l'autore del Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ  abbia fuso due nomi originariamente separati. In tal senso, sostengono che lo Slovo sia una fonte più attendibile, in quanto si tratta di un sermone religioso, mentre è fuor di dubbio che l'autore del Se pověsti abbia un interesse esclusivamente storico e poca inclinazione alle faccende teologiche.

D'altra parte, è anche possibile che Simŭ e Rĭglŭ fossero una coppia di divinità strettamente associate. In tal caso bastava forse un solo idolo per rappresentarle entrambe. È fuor di dubbio, in effetti, che l'elencazione del «Canone di Volodimirŭ» si riferisca non tanto agli dèi, ma agli idoli che li rappresentano. Nel testo antico-russo del Se pověsti i nomi delle divinità sono infatti declinati al genitivo, in quanto riferiti ai rispettivi idoli. Dunque, là dove il testo dice che il gran principe eresse i simulacri  «di Perunŭ, e di Chŭrsŭ, di Dažĭbogŭ, e di Stribogŭ, e di Simarĭglŭ, e di Mokošĭ» [Peruna, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga, i Simarĭgla, i Mokošĭ], la congiunzione «e» [i] separerebbe non tanto i nomi degli dèi, quanto i rispettivi idoli, uno dei quali dedicato alla coppia formata da Simŭ e Rĭglŭ. Si noti inoltre che il Se pověsti non pone la congiunzione «e» [i] nemmeno tra Chŭrsŭ e Dažĭbogŭ, anche se non abbiamo dubbi a considerare distinte le due divinità, anche grazie alle attestazioni fornite in altre fonti (cfr. lo Slovo o pŭlku Igorevě). In linea di principio, dunque, nulla vieta di presumere che anche il nome Simarĭglŭ possa essere inteso, nel Se pověsti, come la giustapposizione di due nomina divina declinati al genitivo: Sima genitivo di Simŭ più Rĭgla genitivo di Rĭglŭ. (Brückner 1923)

Un simile costrutto grammaticale, in cui due divinità strettamente associate finiscono per essere indicate con un unico nome, è ben conosciuto agli indoeuropeisti. In sanscrito è chiamato dvandva ed è utilizzato negli inni vedici per unire divinità come Mitra e Varuṇa – tra loro poste in associazione complementare – in un unico sostantivo duale: Mitravaruṇa. Questo potrebbe anche spiegare perché, nell'ipotesi che Simŭ e Rĭglŭ siano due divinità separate, il copista del Se pověsti non abbia lasciato alcuno spazio tra i due nomina.

Lo Slovo Christoljubca ci dà due elencazioni di divinità, di cui la prima enuncia i nomi nello stesso ordine del «Canone di Volodimirŭ» (Perunŭ, Chŭrsŭ, Simŭ, Rĭglŭ, Mokošĭ, le vile), mentre la seconda enuncia i nomi più o meno al contrario (le vile, Mokoš', Simŭ, Rĭglŭ, Perunŭ, Volosŭ, Chŭrsŭ). E qui si nota un interessante dettaglio: anche se nella seconda elencazione i nomi procedono in senso inverso rispetto alla prima, Simŭ e Rĭglŭ si trovano tra loro nel medesimo ordine, con Simŭ che precede Rĭglŭ. Questo sembra indicare che, se pure Simŭ e Rĭglŭ erano due personaggi distinti, venivano enunciati  insieme e sempre nel medesimo ordine, come se costituissero una coppia divina. Si tratterebbe allora di una sorta di dvandva slavo, l'indicazione di una coppia di divinità strettamente associate e dunque inseparabili?

Ma è davvero così? Due sole occorrenze (tre se consideriamo anche il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ) non bastano per stabilire se due nomi, posti nel medesimo ordine, formino una coppia indissociabile. Ma poiché non abbiamo altre indicazioni, si può considerare l'idea della coppia divina un'interessante ipotesi di lavoro. Più difficile, piuttosto, è capire quale fosse la natura di questa coppia; quali elementi caratterizzassero i due dèi; quali li accomunassero e quali invece li distinguessero; se avessero la stessa funzione, oppure funzioni complementari. Sono state tentate delle analisi filologiche dei due teonimi, presi separatamente, ma senza grandi risultati.

L'ipotesi più spesso citata è quella di Brückner, secondo cui le due distinte divinità Simŭ e Rĭglŭ, presiedevano all'insieme dei beni animati e terrieri: ai servi e al bestiame, alla segala e agli altri cereali. Secondo Brückner, il nome Simŭ andrebbe collegato allo slavo sěmija «insieme dei servi, familia», mentre Rĭglŭ deriverebbe da un paleoslavo *rŭgjŭ «segale» (cfr. antico russo rŭžĭ, russo rož', lituano rugiaĩ «segale», polacco rzysko «campo di segale»), uno dei cereali più diffusi nell'Europa settentrionale (Brückner 1923). Si tratta però di un'ipotesi molto debole, che cerca di estrapolare l'etimologia di due nomina già di per sé stessi, ipotetici. Quello di Brückner è uno dei classici «eccessi di bravura» a cui sono andati spesso incontro gli studiosi nel tentativo di spiegare il carattere delle divinità slave a partire dalla pura etimologia del nome, senza altri dati su cui basarsi. Il guaio è che non abbiamo nulla di meglio. Ad ogni buon conto, l'ipotesi di Brückner ebbe una certa fortuna nella prima metà del Novecento e fu largamente accettata da molti studiosi, tra i quali il nostro Vittore Pisani (Pisani 1949). In tempi più recenti, tuttavia, i linguisti ne hanno preso le distanze, in quanto le trasformazioni fonetiche ipotizzate da Brückner sono considerate inaccettabili per le lingue slave (Vitčak 1994). Sono subentrati tuttavia nuovi studi tra cui, interessante, quello di K.T. Vitčak, il quale ha fatto notare che il nome di Rĭglŭ potrebbe essere, almeno sul piano linguistico, compatibilissimo con quello del dio vedico Rudra (Vitčak 1994). Se l'ipotesi fosse corretta, l'interpretazione di Rĭglŭ ne verrebbe rivoluzionata, ma possiamo anche chiederci se siamo autorizzati a disegnare la fisionomia di un dio a partire da un lavoro interpretativo talmente ipotetico.

Ma queste sono soltanto ipotesi. In verità, è difficile dire, da un'unica ricorrenza, se il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ consideri davvero Simarĭglŭ una giustapposizione di due nomi e non un nome unico. Con la possibilità, peraltro, che nell'uno o nell'altro l'autore del testo potrebbe essersi sbagliato. Analogamente, le due citazioni dello Slovo Christoljubca non sono probative. Tanto più che l'ipotesi di  Simarĭglŭ quale coppia di divinità non è sorretta da alcun modello o alcuna omologia che chiarisca, almeno in modo generale, la natura del personaggio.

Schedario: [Simarĭglŭ]►

IV - SIMARĬGLŬ , IL GRIFONE SLAVO?

Al contrario, altri studiosi tendono a fidarsi delle informazioni fornite dal Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ e sono persuasi che sia errato scindere il nome Simarĭglŭ. Secondo costoro, sarebbe l'autore dello Slovo Christoljubca a sbagliarsi, anche tenendo conto della vis polemica che anima l'intero sermone. Bisognerà dunque trarre il maggior numero di informazioni dall'analisi etimologica del nomen Simarĭglŭ, inteso come unico e non separabile.

Ma anche in questo caso le interpretazioni avanzate nel corso degli anni non sono state meno varie e contrastanti. Alcuni studiosi hanno proposto di confrontare il nome del dio col lettone saims «gigante» (cfr. Saimi devos). Altri hanno tirato in ballo un ipotetico antico russo *Semĭgolvŭ o Sedmor(o)golvŭ «sette teste», con riferimento alla policefalia di alcune divinità degli Slavi del Baltico, sul tipo di Triglav. (Ivanov ~ Toporov 1992 | Michajlov 1995)

Due grifoni divorano un cavallo
Dal corredo del kurgan Aržan 2, necropoli regale scitica (tardo VII sec. a.C.)
Tuva, Siberia meridionale (confine russo-mongolo)

Secondo un'ulteriore ipotesi, il teonimo Simarĭglŭ, deriverebbe da un'antica forma sarmatica oggi rinvenibile nell'ossetico marġ «uccello» (cfr. avestico mǝrǝγo). In tal caso, il nome del dio russo può essere agevolmente confrontato con quello dell'uccello Saǝna-mǝrǝγo dell'epica iranica (Avestā: Yasnā [10: 10]), ovvero il meraviglioso Sīmorġ della letteratura mistica neo-persiana (cfr. il Mantiq aṭ-Ṭayr di Farīd ud-Dīn ‛Aṭṭār).

Questa teoria ha goduto in passato di un certo credito. Per quanto col tempo sia stata parzialmente messa in discussione, è ancora oggi considerata attendibile da molti studiosi. Il problema che pone è stabilire come l'immagine del Sīmorġ sia pervenuta dall'Īrān alla Russia.

Secondo la ricostruzione effettuata da Boris Rybakov, un prototipo proto-iranico del mitico uccello Sīmorġ sarebbe passato nel mondo slavo attraverso la mediazione dei popoli iranici delle steppe (Sciti, Sarmati, Alani), divenendo infine il dio Simarĭglŭ citato dal Se pověsti. Naturalmente a questo punto il problema è stabilire se una simila figura mitologica sia effettivamente attestata presso tali popoli.

Al riguardo, Aleksandr Gieysztor cita la scoperta, effettuata nel 1933 da Camilla Trever, di alcune raffigurazioni iraniche e caucasiche in cui un Sīmorġ cinocefalo apparirebbe come protettore della vegetazione. Secondo l'autore, nella Russia del XII e XIII secolo sarebbe molto diffusa la raffigurazione di un grifone dalla testa di cane rappresentato come guardiano dell'albero della vita, funzione nel quale lo si incontrerebbe spesso in coppia ai lati dell'albero stesso (Gieyszotr 1986 | Adinolfi 2003).

Che figure di grifoni fossero ampiamente conosciute tra i popoli iranici delle steppe, quali gli Sciti, è noto non solo dalle figurazioni su braccialetti e pendenti, dove queste creature appaino essere degli ibridi tra aquile e lupi, ma anche da una notizia riferita da Hēródotos, che poneva nelle steppe grifoni a guardia di tesori, in lotta con il popolo degli Arimaspi:

A nord degli Issedoni abitano gli Arimaspi che hanno un occhio solo, più in là dei quali vivono i grifoni custodi dell'oro; oltre i grifoni e fino al mare gli Iperborei. Questi popoli, tranne gli Iperborei, avrebbero premuto sui loro confinanti, a partire dagli Arimaspi: gli Issedoni furono spinti fuori del loro paese dagli Arimaspi, gli Sciti dagli Issedoni, e i Cimmeri, stanziati lungo le coste del mare meridionale, abbandonarono la loro terra scacciati dagli Sciti...
Hēródotos: Historíai [IV: 13]

Ma d'altra parte già Rybakov riteneva che Simarĭglŭ potesse essere raffigurato come cane alato. Questi esseri cinocefali potrebbero peraltro avere qualche connessione con gli Aralez armeni, anch'essi raffigurati con l'aspetto di cani alani. Nella leggenda armena, riportata da Movsēs Xorenac‘i nella sua monumentale Hayoc Ceġaspanowtyown, o «Storia della Grande Armenia», la regina assira Šamiram li prega affinché scendano dal cielo e riportino in vita il suo amato Aray, caduto in battaglia.

Գտանեն զԱրայն մեռեալ ի մէջ քաջամարտկացն, եւ հրամայէ դնել զնա ի վերնատան ապարանիցն: Gtanen zArayn meŕeaj i mēǰ k‘aǰamartkac‘n, ew hramayē dnej zna i vernatan aparanic‘n. Aray fu trovato senza vita insieme ai suoi valorosi compagni d'armi. Šamiram [lo portò a Ninive e] lo fece deporre sulla terrazza della sua reggia.
Իսկ ի գրգռել միւսանգամ զօրացն Հայոց ի մարտ պատերազմի ընդ տիկնոջն Շամիրամայ, քինախնդիր լինել մահուանն Արայի՝ ասէ. «Հրամայեցի աստուծոցն իմոց լեզուլ զվէրս նորա եւ կենդանասցի»: Isk i grgŕej miwsangam zōrac‘n Hayoc‘ i mart paterazmi ənd tiknoǰn Šamiramay, k‘inaxndir jinej mahowann Arayi asē: «Hramayec‘i astowcoc‘n imoc‘ jezowj zvērs nora ew kendanasc‘i». Quando gli eserciti armeni si riunirono di nuovo, pronti a marciare contro la regina Šamiram, per vendicare la morte di Aray, lei disse: «Ho ordinato ai miei dèi di leccare le ferite di Aray, ed egli tornerà in vita».
Միանգամայն եւ ակն ունէր դիւթութեամբ վհկութեան իւրոյ կենդանացուցանել զԱրայ, ցնորեալ ի տռփական ցանկութենէն: Իսկ իբրեւ նեխեցաւ դի նորա՝ հրամայէ ընկենուլ ի վիհ մեծ եւ ծածկել. Miangamayn ew akn ownēr diwt‘owt‘eamb vhkowt‘ean iwroy kendanac‘owc‘anej zAray, c‘noreaj i tŕp‘akan c‘ankowt‘enēn. Isk ibrew nexec‘aw di nora hramayē ənkenowj i vih mec ew cackej; Ella sperava di poter resuscitare Aray in virtù dei suoi incantesimi, tanto il desiderio aveva offuscato la sua ragione. Ma quando il cadavere cominciò a decomporsi, ella ordinò di gettarlo in un profondo pozzo e di ricoprirlo di terra, così da celarlo alla vista di tutti.
Movsēs Xorenac‘i: Hayoc Ceġaspanowtyown [6488/980]

È l'apologista armeno Eznik Kołbac‘i, in un suo libro polemico contro le eresie, lo zervanismo e le dottrine filosofiche greche, a descriverci l'aspetto cinomorfo di questi esseri: «Anche le immaginarie creature simili a cani, chiamate Aralez, che si crede possano curare le ferite leccandole, non esistono affatto. Sono soltanto fiabe» (Contro le sette [I: 26]). La figurazione è peraltro molto antica e piuttosto radicata, nei paesi del Caucaso, dove i cani soprannaturali sono presenti al seguito di varie divinità (Charachidzé 1981). ①②

Ma ci stiamo avventurando per un sentiero fragile e ancora molto dibattuto dagli specialisti. Se l'ipotesi di Rybakov è corretta, Simarĭglŭ deriverebbe, attraverso la mediazione scitica dei grifoni cinomorfi, dal Sīmorġ iranico, il volatile sacro che rappresentava il ritorno della primavera, il sole che riscaldava la terra dopo le rudi gelate dell'inverno. Al riguardo, George Vernadsky suggerisce che il Sīmorġ iranico potrebbe anche spiegare la fisionomia del dèmone Divŭ citato nello Slovo o pŭlku Igorevě [19 | 21] (Vernadsky 1959).

L'uccello Sīmorġ rapisce il piccolo Zāl
Da un manoscritto persiano dello Šāhnamè.

In seguito, trasformato nello Žar-ptica, l'«uccello di fuoco» delle fiabe russe, Simarĭglŭ divenne il simbolo per eccellenza del sole (Vernadsky 1959), l'uccello sacro che veniva nel giardino reale a becchettare le mele d'oro, rotonde come soli. «Verso la mezzanotte lo carevič Ivan scorse una forte luce che si avvicinava al giardino, e, ben presto, vi si poté veder chiaro come in pieno giorno» (Afanas'ev 1855-1864).  È vero del resto che vi sono importanti relazione tra la fiaba dello Žar-ptica e la leggenda iranica di Zāl e dell'uccello Sīmorġ, narrata da Ferdowsī nello Šāhnamè, ma di questo parleremo in altra occasione.

Ci troviamo forse in presenza di un mitema diffuso in tutto il mondo, di cui il Sīmorġ persiano è forse il modello più vicino a quello russo ma non è né l'unico né il più antico.

In tutti i miti del mondo troviamo delle creature a guardia dell'albero della vita, talora in numero di due, e più specificatamente un serpente e un uccello. Ne troviamo l'esempio più antico in un racconto sumerico, dove l'albero di Huluppu, sacro alla dea Inanna, ha un serpente alle radici e l'uccello-tempesta Imdugud appollaiato tra i rami. Il mito biblico dell'Eden, con serpente e cherubini, potrebbe derivare dal medesimo mitemo. Ne troviamo poi un esito in Grecia, con gli alberi delle Hesperídes protetti dal serpente Ládōn. Il frassino Yggdrasill nel mito nordico è raffigurato col serpente Níðhöggr avvinghiato alle radici e un'aquila posata tra i rami, la quale ha a sua volta il falco Veðrfolnir appollaiato tra gli occhi. Persino nella leggenda azteca, la città di Tenochtitlán venne fondata nel punto dove un'aquila era scesa su un cactus, tenendo un serpente stretto tra gli artigli.

Ma detto questo, bisogna fare un passo indietro, e ribadire che non sappiamo se il dio chiamato Simarĭglŭ sia davvero da mettere in correlazione con il Sīmorġ, e d'altra parte non sappiamo nemmeno se vi sia una relazione con i grifoni scitici o con i cani alati delle leggende caucasica, e anche se questi abbiano a loro volta qualcosa a che vedere con il mitema del guardiano dell'albero della vita. Infine, molti studiosi hanno giustamente osservato che non vi è alcuna prova che l'immagine del grifone o cane alato fosse diffusa presso gli slavi. Insomma, siamo avanzati lungo un percorso altamente ipotetico, allacciando idee molto vaghe, sulla base di una debole ipotesi etimologica: che Simarĭglŭ derivi da Saǝna-mǝrǝγo.

Ma c'è ancora un'ulteriore difficoltà: se Simarĭglŭ fosse stato davvero una sorta di uccello, o grifone, ci si potrebbe chiedere se la sua importanza fosse tale da giustificare la sua presenza nel «Canone di Volodimirŭ» e l'erezione di un idolo.

Studi: [Il prometeo incatenato > Tra l'aquila e il serpente]►
Immagine: [Aralez]►

Bibliografia

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti.
Creazione pagina:26.10.2004
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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