SLOVA I POUČENIJA |
SLOVO CHRISTOLJUBCA |
SERMONE DEL CHRISTOLJUBEC |
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Il Sermone del
Christoljubec
Lo Slovo někoego Christoljubca i revnitelja
po pravoj věrě, o «Sermone di un certo
Amante
di Cristo e difensore della vera fede»
è, tra gli slova i poučenija (il
corpus dei testi ecclesiastici antichi
russi), uno dei documenti più utili per lo
studio dell'antica tradizione mitologica
slavo-orientale. L'ignoto autore riprende il discorso di un precedente
evangelizzatore, conosciuto come
«Amante di Cristo» [Christoljubec],
il quale aveva denunciato la situazione di
dvoeverie ancora presente e diffusa
nella Rus' nei secoli a ridosso dalla
Conversione. Accanto al culto dovuto al Dio
cristiano, le genti russe, specialmente
nelle regioni rurali, continuavano ad invocare le antiche divinità
pagane, tributando loro sacrifici e offerte.
Questo accadeva soprattutto in occasione
delle feste contadine e dei banchetti di nozze [korovaj],
celebrati con canti profani a cui sovente si
alternavano pratiche oscene. Con parole
appassionate e frequenti richiami ai passi
delle Scritture, l'evangelizzatore condanna
senza appello qualsiasi tipo di culto non
tributato all'unico vero Dio e insieme
cerca di rendere accettabili le norme
cristiane associandole agli antichi riti e
alle credenze pagane. |
Fonti e redazioni
Il Sermone venne scoperto dal poeta Stepan Petrovič Ševyrev (1806-1864)
all'interno di un manoscritto del
secolo, il Pais'evskij Sbornik, nella
biblioteca del monastero Kirillo-Belozerskij,
quand'essa si trovava ancora a Kiev. Più
tardi, il filologo Ilarion Alekseevič Čistovič
trovò un altro testo del Sermone
in una raccolta risalente alla fine del
secolo, recata alla Duchovnaja Akademija
della Cattedrale di Santa Sofia, a Novgorod.
Entrambe le versioni furono pubblicate da
Tichonravov nella sua raccolta critica di
testi ecclesiastici (Tichonravov
1862). A queste, si aggiunse in seguito una
terza redazione, tratta dalla Slataja
Cep' (fine inizio secolo) della
Troice-Sergievskaja Lavra, che venne poi pubblicata da Sreznevskij
(Sreznevskij
1851). (Simi
2003)
Gli studi critici hanno ricondotto le molte
copie oggi conosciute dello
Slovo Christoljubca
a due distinte versioni:
una breve e una lunga, quest'ultima più
recente. La maggior parte degli studiosi
ritiene che lo slovo
risalga al periodo premongolico
(Sreznevskij 1851 | Gal'kovskij 1916); solamente
Viljo Johannis Mansikka, nel suo
studio sulle fonti della
mitologia slava,
fa risalire il documento a un'epoca più
tarda, al secolo (Mansikka 1922).
Si ritiene, sulla scolta di Evgenij
Vasilevič Aničkov, che il testo
originale del Sermone
non trattasse in alcun modo dei culti
pagani: le liste delle divinità slave
sarebbero state aggiunte infatti in epoca
posteriore (Aničkov
1914). Altri studiosi, tra cui
Henryk Łowmiański, concordano nel supporre che i
dati mitologici, anche quelli presenti negli slovesa più arcaici, avrebbero
un'origine piuttosto tarda, sicuramente non
precedente all'inizio del secolo
(Łowmiański
1986).
Secondo Aničkov, l'autore dello
slovo
avrebbe prodotto
tre opere, tutt'e tre ascrivibili a «Christoljubec»:
il presente slovo, il
«Ragionamento sulla
completa saggezza», e il
«Sermone del
Christoljubec e i castighi del padre
spirituale». Lo studioso individuò
a sua volta prestiti dello slovo in opere
successive, quali
il «Sermone
sulle condanne divine», ascritta
all'igumeno Feodosij del monastero Kievo-Pečerskij,
lo Slovo Ioanna
Zlatousta o «Sermone di Giovanni
Crisostomo su come prima i pagani credessero
negli idoli», il
«Sermone di come
devono vivere i cristiani» e l'«Ammaestramento
di Giovanni Crisostomo» (Aničkov
1914).
Secondo Mansikka, tracce dello
Slovo Christoljubca si troverebbero
nell'altrettanto importante
Slovo sv. Grigorija ob idolach,
«Sermone di San Gregorio sugli idoli». (Mansikka 1922).
(Simi 2003)
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Informazioni mitologiche
L'importanza dello
Slovo Christoljubca per la nostra
conoscenza delle divinità slave, soprattutto
per quelle del livello superiore, è
capitale. Il testo menziona più o meno le
stesse divinità citate dal Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ [6488/980],
con alcune interessanti differenze che
paiono confermare la relativa indipendenza
delle due fonti.
Le divinità citate dal slovo sono:
Perunŭ,
Chŭrsŭ,
Simŭ,
Rĭglŭ,
Mokošĭ e
Volosŭ.
Invece, secondo il Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ, i sei idoli che si
levavano sul colle di Kiev erano dedicati
agli dèi
Perunŭ,
Stribogŭ,
Dažĭbogŭ,
Chŭrsŭ,
Semarĭglŭ e
Mokošĭ
(il cosiddetto «Canone di Volodimirŭ»). I nomi di
Perunŭ,
Chŭrsŭ e
Mokošĭ sono identici nelle
due fonti. lo Slovo Christoljubca
chiama
Volosŭ
la divinità che il Se pověsti conosce come
Velesŭ,
pur non includendola nel «Canone», e
sdoppia infine in due nomina
indipendenti,
Simŭ
e
Rĭglŭ, quella divinità che il Se pověsti conosceva come una
figura unica
Semarĭglŭ, sottolineando ancora una volta
come il testo ecclesiastico non dipenda,
almeno direttamente, dalla composizione
annalistica.
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SLOVA I POUČENIJA |
SLOVO CHRISTOLJUBCA |
SERMONE DEL CHRISTOLJUBEC |
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SERMONE DI
UN CERTO «AMANTE DI CRISTO» [CHRISTOLJUBEC]
E DIFENSORE DELLA VERA FEDE. |
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a |
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Questo dunque è tratto da libri di
ampia stesura da un certo «Amante di
Cristo» [Christoljubec], zelante della vera fede,
per la distruzione della seduzione
diabolica, per svergognare coloro
che fanno queste cose, per
l'ammaestramento dei giusti fedeli
e per la partecipazione al secolo
futuro, per coloro che ascolteranno
questi libri santi, e che faranno
nella prassi di questa direttiva
nella remissione dei peccati.
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b |
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Come dunque Elia
Tesbite, avendo ucciso circa
trecento preti e sacerdoti degli
idoli, e disse, «difendendo ho
mostrato zelo nei riguardi del
Signore mio Dio onnipotente», così
questi [Christoljubec], non potendo
sopportare i cristiani che vivono
nella doppia fede e credono in
Perunŭ, in
Chŭrsŭ, in
Simŭ, in
Rĭglŭ, in
Mokošĭ, nelle
vile, che sono trenta
sorelle – dicono, maledetti, gli
ignoranti che le considerano dee – e
così compiono loro sacrifici e a
loro dedicano pregando il korovaj, sgozzano polli, e
pregano il fuoco, chiamandolo
Svarožičĭ, e deificano
l'aglio e quando qualcuno di loro
organizza un banchetto, allora [lo]
mettono nei secchi e nelle coppe e
bevono, festeggiando i propri
idoli. E quando qualcuno di loro
organizza un matrimonio, usano
tamburelli e zampogne, e molti
prodigi demoniaci; e c'è ancora di
peggio: avendo fabbricato un membro
maschile vergognoso, avendolo messo
nei secchi e nelle coppe, bevono, e
tiratolo fuori, [lo] annusano e
leccano e baciano.
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c |
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Non sono peggiori dei giudei e
degli eretici e dei Bulgari [bogomili],
i quali sono nella fede e nel
battesimo, eppure così fanno. Non
solo fanno questo gli ignoranti, ma
anche coloro che sono istruiti, i
popi e gli scribi; e anche se non
fanno ciò coloro che non sono
istruiti, pur bevono e mangiano
quel cibo sacro; anche se non
bevono, non mangiano, vedono quelle
loro cattive azioni; se non le
vedono, le ascoltano, e non
vogliono ammaestrarli. |
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d |
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Di costoro infatti
il profeta disse: «si è impietrito
il cuore di questi uomini, le
orecchie hanno sentito male, e
hanno chiuso i loro occhi».
E Paolo disse [nell'epistola
rivolta] ai Romani: «si rivela
l'ira di Dio dal cielo contro ogni
empietà e ogni ingiustizia
dell'uomo che nasconde la verità
nell'ingiustizia. Poiché è
manifesto l'intendimento di Dio. In
questi, infatti, Dio manifestò a
loro [l'ira]». Ma questi non
vogliono insegnare loro. Lo stesso
Signore disse: «Molti pastori hanno
distrutto la mia vigna». I pastori
sono i maestri – i popi – e la
vigna è la fede, ed essendo nella
vigna, gli uomini sono nella fede.
Gli uomini nella fede muoiono per i
cattivi maestri, stolti ignoranti.
E quelli che fanno così, non
abbandonano quella preghiera
maledetta e quegli uffici del
diavolo, allora saranno meritevoli
del fuoco inestinguibile e della
pece sempre ardente. E questi
maestri saranno sotto di loro, se
non li allontanano da queste azioni
sataniche. Il profeta, infatti,
dice dalla parte delle persone
false che giungono al battesimo e
all'insegnamento delle buone
azioni: «Ché ci convertano coloro
che Ti temono e che conoscono le
Tue dottrine». |
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e |
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Questo dice agli scribi, questi
infatti conoscono le dottrine di
Dio; ma per coloro che non
conoscono le dottrine non è degno
essere popi, come, infatti, anche
nei comandamenti è detto: se un
ignorante sarà fatto pope, sia
deposto. Paolo infatti disse: «Guai
a colui per mezzo del quale
arriverà lo scandalo». Ma ecco è
arrivato e si è diffuso ovunque. E
ancora disse il Signore: «Colui che
insegna bene, costui grande sarà
chiamato nel regno celeste». Anche
se qualcuno avesse voluto
insegnare, gli altri ignoranti non
lo avrebbero permesso per invidia,
e si lasciano andare
all'assassinio, così come con Gesù
i sommi sacerdoti giudei e gli
scribi.
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f |
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E di nuovo Paolo
disse [nell'epistola rivolta] ai
Romani: «Anche se avete molti
pedagoghi su Cristo, tuttavia, non
avete molti padri. Infatti, in
Cristo Gesù io vi ho generati
mediante il Vangelo. Vi prego di
essermi simili».
Questo a voi popi, dice Paolo,
pregando. Siate, dunque, voi
scribi, popi, simili a Paolo,
grande maestro; insegnate, dunque,
alla gente il bene e respingeteli
dalla menzogna diabolica nella fede
vera, a servire l'unico Dio. E
direte di fronte a Dio con voce
profetica: «Questo sono io e i miei
figli, che mi ha dato il Signore».
Io ho generato attraverso
l'insegnamento. Altrimenti, cosa
puoi rispondere, ma ascolta: «A lui
sarà dato molto, e molto a lui sarà
tolto»; e nuovamente disse: «Avendo
legato le mani e i piedi, nel buio
pesto gettate il servo fannullone
che ha nascosto il talento».
Il talento è l'insegnamento. Per
questo, infatti, bevete e mangiate
e da loro accettate i doni. E se
non volete ammaestrarli e se vi
comportate in questo modo, non vi
mescolate a questi, non fate
amicizia con questi, secondo la
parola evangelica, dove è detto:
«Se il tuo occhio è malvagio,
strapparlo, se lo è la tua mano,
tagliala. È,
infatti, meglio che muoia un
membro, piuttosto che tutto il
corpo». Non può, infatti, morire il
giusto al posto di colui che viola la legge. |
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g |
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«Cosa hanno in comune la luce il buio, cosa ha in comune Cristo con il
demonio?». Così allora riguardo ai servi di Cristo, cosa hanno in comune con i
servi dei dèmoni e con coloro che fanno il piacere ai dèmoni. Paolo disse ai Corinti: «Fratelli, vi ho
scritto delle epistole, non vi
mischiate ai peccatori e agli
usurai, ovvero, ai briganti e ai
rapinatori, e ai mistificatori e
agli adoratori di idoli e ai
calunniatori».
Cosa sono, infatti, gli adoratori di
idoli? Questo sono gli adoratori di
idoli, coloro che preparano mense
alle
rožanizy, che
dedicano pregando il korovaj
alle
vile e al fuoco sotto
l'essiccatoio e altre loro
maledizioni. [E di nuovo disse]:
«Ma dovrete uscire da questo mondo
cioè morire, ora vi ho scritto di
non mischiarvi, se ti è fratello
uno così, o peccatore, o brigante,
o mistificatore, o ubriaco, o
adoratore degli idoli, con questi
non mangiare, né bere».
Allontanatevi da questo, «questi,
infatti, non erediteranno il regno
di Dio», si è impietrito, infatti,
il loro cuore nella folle
ubriachezza e sono diventati servi
degli idoli; e così è scritto: «si
sedettero, infatti, le genti a
mangiare e bere non nella legge, ma
nell'ebbrezza e si ubriacarono e si
misero a scherzare e si dettero
alla fornicazione con i propri
vicini e quel giorno morirono
ventitremila di loro»
per la loro sfrenata ubriachezza. |
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h |
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Perciò non si addice ai Cristiani
divertirsi con divertimenti
demoniaci nei banchetti e nei
matrimoni, altrimenti non deve
essere chiamato matrimonio, ma
adorazione di idoli. - Che sono
balli, musica a corde, canzoni
profane, – zampogne e tamburelli, –
e tutti i sacrifici degli idoli,
quelli che pregano il fuoco sotto
l'essiccatoio, le
vile,
Mokošĭ,
Simŭ,
Rĭglŭ,
Perunŭ,
Volosŭ dio del bestiame,
Chŭrsŭ,
Rodŭ,
le
rožanizy e tutti i
loro dèi maledetti. Questo
insegnamento fu scritto per noi
fino alla fine dei secoli. Perciò
colui che ritiene di star dritto,
che non cada. Amati, fuggite il
sacrificio idolatra e i riti pagani
e tutti i servizi degli idoli.
Affinché non parliamo nella
menzogna, battezzandoci;
respingiamo Satana, e tutte le sue
cose, e tutti i suoi angeli e i
suoi servizi a lui resi e tutta la
sua vergogna. Così come abbiamo
proprio promesso a Cristo. E se
abbiamo promesso a Cristo di
servirlo, allora perché non lo
serviamo, ma serviamo i dèmoni e
facciamo tutti i loro comodi per la
perdizione della propria anima? Non
soltanto per ignoranza facciamo del
male, ma mischiamo alcune preghiere
pure alle maledette preghiere degli
idoli, – cioè [la preghiera] della
tre volte Santa Madonna con le
rožanizy, – alcuni
pongono vanamente la kut'ja, altri dispongono mense
per il pasto legittimo, che in
realtà va chiamato illegittimo,
quando è dedicato a
Rodŭ e
alle
rožanizy suscitando
l'ira di Dio. |
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Lo stesso Signore,
infatti, disse: «Non entrerà nel
regno chiunque mi dica: Signore,
Signore, ma colui che fa la volontà
del Padre mio».
E Paolo disse: «Ho visto una nube
insanguinata estendersi sopra tutto
il mondo. E chiesi, dicendo:
Signore cosa è? E mi disse: questa
è la preghiera umana, mischiata
all'empietà». Per questo disse il
Signore: «Non può un servo lavorare
per due padroni: amerà l'uno e
odierà l'altro; e così noi,
fratelli, odieremo il diavolo e
ameremo Cristo, in Lui, infatti,
siamo battezzati, e mangiamo il suo
pane, e beviamo della sua tazza e
moriamo e siamo sani in Lui,
dicendo: Gloria a te, Signore, per
tutto quello che ci è stato dato da
Te, non soltanto in questa vita ma
ancora più in quella futura». E
disse ancora Paolo: «Perché,
dunque, le genti fanno sacrifici ai
dèmoni e non a Dio? Non vi dico di
essere compagno dei dèmoni. Non
potete, infatti, bere dalla tazza
del Signore e dalla tazza dei
dèmoni, non potete prendere parte
alla mensa del Signore e alla mensa
dei dèmoni»,
per non suscitare l'ira di Dio. Le
stesse cose disse: «se qualcuno vi
racconterà che questo va fatto agli
idoli, non mangiate, a causa di
colui che vi ha raccontato. Se
infatti, bevete e mangiate, fate
tutto a gloria di Dio». «Del
Signore, infatti, è la terra, il
suo compimento e la sua fine». Le
stesse cose disse: «tutto mi è
lecito, ma non tutto a giovamento,
se il ventre è per il cibo e il
cibo è per il ventre e questo Dio
renderà vano». E di nuovo Paolo
disse: «Fratelli, purifichiamoci da
ogni macchia della carne e dello
spirito, portando a compimento la
santificazione nel timore di Dio». |
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j |
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A tutti noi
toccherà presentarci di fronte al
giudizio di Cristo, per ricevere
ognuno di noi secondo le nostre
azioni, come [le] abbiamo compiute:
bene o male. Conoscendo il timore
del Signore, perché non accogliamo
coloro che parlano ragionevolmente
e coloro che ci conducono con un
ammaestramento conforme al Signore
alla salvezza? E confido nella
vostra salvezza e comprensione,
così da non parlare inutilmente. So
che ci sarà il raggiungimento della
vostra e della mia salvezza. «Se,
infatti, ci fossimo giudicati da
noi, non saremmo stati giudicati.
Giudicati dal Signore, saremo
castigati, per non essere castigati
con i non castigati».
Fratelli, non vi dico di ignorare
questo passo, anzi, anche ad altri
sarete di beneficio, a quelli che
vorranno essere ammaestrati per la
salvezza, ché ne strappiate molti
dalle reti del diavolo, condotti
alla purissima luce del Signore
nostro Gesù Cristo e ricevuto la
grazia non solo questi, loro, ma
anche voi. E a Timoteo disse: «sappiamo che come legge è buona,
se qualcuno fa le cose secondo la
legge, così per il giusto la legge
non è fatta».
Agli empi come ai ribelli e coloro
che contrastano il corretto
insegnamento e a coloro che non
onorano e denigrano le sacre
scritture e che violano i
comandamenti dei santi padri,
[loro] non erediteranno la gloria
di Dio C'è gloria in questa nostra
comprensione nella semplicità e
nella purezza di Dio, ma non nella
saggezza della carne. «Vi prego,
in nome del Signore nostro Gesù
Cristo, questo stesso ditelo tutti,
affinché non siano in voi
discordie. Siate compiuti in questo
intendimento e in quella
ragionevolezza». |
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Si è rivelata a me, infatti, su voi
e davanti a voi la grazia e la pace
da Dio e padre del nostro Signore
Gesù Cristo. Lodo il mio Dio per
voi, per la grazia di Dio, concessa
a voi: come a voi non tolga alcun
dono, come comprensione di Cristo
si annunci fra di voi che aspettate
la venuta del Signore nostro Gesù
Cristo, il quale vi porrà nelle
corti della vita eterna con tutti i
suoi servi e sempre e ora e sempre. |
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NOTE
a ―
Questo culto domestico
del fallo può essere messo
in relazione con una scena
narrata in un curioso
testo scandinavo, il
Vǫlsa Þáttr,
nel quale si narra di una
bizzarra avventura che
capitò a re Óláfr il
Santo, il quale, capitato
in un luogo sperduto della
Norvegia, venne ospitato
da una famiglia di
contadini rimasti legati
alla tradizione pagana,
presso i quali pote
assistere ad a una
cerimonia incentrata su un
fallo di cavallo chiamato
Vǫlsi. Questo
fallo, tagliato via ad un
cavallo morto, era stato
raccolto dalla padrona di
casa, la quale lo aveva
avvolto nel lino e
conservato per mezzo di
erbe. Ogni sera il fallo
veniva fatto circolare tra
le persone di casa,
ciascuna delle quali
recitava una breve strofa
terminante con le parole
«accolga Mǫrnir questo
sacrificio» [þiggi
Mǫrnir þetta blǿti].
Quando il fallo venne
consegnato nelle mani di
re Óláfr, questi lo gettò
al cane che lo divorò. La
famiglia venne in seguito
convertita al
cristianesimo. Tanto
il nome Vǫlsi (da
vǫlr «bastone,
verga, bacchetta magica»),
quanto, seppur con minor
certezza, Mǫrnir
(che è anche denominazione
di spada, forse
corradicale del verbo merja «sfondare»)
sembrano indicare il
membro virile.
(Isnardi 1991).
d ― La citazione iniziale
è dal libro di Isaia: «Rendi insensibile il
cuore di questo popolo,
fallo duro d'orecchio e
acceca i suoi occhi e non
veda con gli occhi, né oda
con gli orecchi, né
comprenda con il cuore, né
si converta in modo da
esser guarito»
(Isaia
[VI: 10]).
f ― «Potreste infatti avere
diecimila pedagoghi in
Cristo, ma non certo molti
padri, perché sono io che
vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il Vangelo.
Vi esorto dunque, fatevi
miei imitatori!» (Prima
lettera ai Corinzi [IV:
15-16]).
―
«E il servo fannullone
gettatelo fuori nelle
tenebre!» (Matteo
[XXV: 30]).
―
«Se il tuo occhio destro
ti è occasione di
scandalo, cavalo e gettalo
via da te: conviene che
perisca uno dei tuoi
membri piuttosto che tutto
il tuo corpo venga gettato
nella Geenna»
(Matteo
[V: 29]).
g ― «Vi ho scritto nella
lettera precedente di non
mescolarvi con gli
impudichi. Non mi riferivo
però agli impudichi di
questo mondo o agli avari,
ai ladri o agli idolatri:
altrimenti dovreste uscire
dal mondo!» (Prima
lettera ai Corinzi [V:
9-10]).
―
«Né effeminati, né
sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci
erediteranno il regno di Dio. Non diventate idolatri come alcuni di loro,
secondo quanto sta scritto: il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò
per divertirsi. Non abbandoniamoci alla fornicazione, come si abbandonarono
alcuni di essi e ne caddero in un sol giorno ventitremila» (Prima
lettera ai Corinzi
[VI: 10 | X: 7-8]).
i
― «Non chiunque mi dice:
Signore, Signore, entrerà
nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà
del padre mio che è nei
cieli»
(Matteo
[VII: 21]).
― «Non potete bere il
calice del Signore e il
calice dei dèmoni, non
potete partecipare alla
mensa del Signore e alla
mensa dei dèmoni» (Prima
lettera ai Corinzi [X:
21]). ― «Tutto mi è lecito!
Ma non tutto giova.
Tutto mi è lecito! Ma
non mi lascerò dominare da
nulla.
I cibi sono per il
ventre e il ventre per i
cibi! Ma Dio
distruggerà questo e
quelli; il corpo poi non è
per l'impudicizia, ma per
il Signore, e il Signore è
per il corpo»
(Prima
lettera ai Corinzi [VI: 12-13]).
j
― «Se però ci esaminassimo
attentamente da noi
stessi, non saremmo
giudicati; quando poi
siamo giudicati dal
Signore, veniamo ammoniti
per non essere condannati
insieme con questo mondo»
(Prima
lettera ai Corinzi [XI:
31-32]).
― «Certo, noi sappiamo che
la legge è buona, se uno
ne usa legalmente; sono
convinto che la legge non
è fatta per il giusto, ma
per gli iniqui e i
ribelli, per gli empi e i
peccatori, per i
sacrileghi e i
profanatori, per i
parricidi e i matricidi,
per gli assassini»
(Timoteo
[I: 8-9]).
|
Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ► |
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