I - PRESENZA DI STRIBOGŬ NELLE FONTI ANTICHE
Stribogŭ è citato
soltanto in due fonti. È una
delle sei divinità appartenenti al «Canone di Volodimirŭ», i cui idoli,
cioè, erano stati innalzati dal gran principe Volodimirŭ
sulla collina di Boričevŭ in Kievŭ, come
riportato nel
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ,
o «Cronaca degli anni passati»:
И нача княжити Володимеръ въ
Киевѣ
единъ, и постави кумиры на холму внѣ
двора теремнаго: Перуна древяна, а главу его
сребрену, а усъ златъ, и Хърса, Дажьбога, и
Стрибога и Симарьгла, и Мокошь. |
I nača knjažiti Volodimerŭ vŭ Kievě edinŭ, i postavi
kumiry na cholmu vně dvora teremnago: Peruna drevjana, a glavu ego srebrenu, a
usŭ zlatŭ, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga i Simarĭgla, i Mokošĭ. |
E cominciò
a regnare Volodimirŭ
in Kievŭ, da solo, ed eresse simulacri sulla
collina che si trovava dietro il terem:
di
Perunŭ
in legno, con la testa d'argento e i baffi
d'oro, e di
Chŭrsŭ, di
Dažĭbogŭ, e di
Stribogŭ,
e di
Simarĭglŭ,
e di
Mokošĭ. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980] |
Poi è citato
in un verso dello
Slovo o pŭlku Igorevě,
o «Cantare delle gesta di Igorĭ»,
dove si aggiunge un'informazione relativa ai venti:
Се
вѣтри, Стрибожи
внуци,
вѣютъ съ моря
стрелами на храбрыя полки Игоревы! |
Se větri, Striboži vnuci, vějutŭ sŭ morja strelami na
chrabryja polki Igorevy! |
Ecco i venti, nipoti di
Stribogŭ,
soffiano le frecce dal mare contro
la schiera valorosa di Igorĭ. |
Slovo o pŭlku Igorevě
[31] |
Vittore Pisani, che traduce
«ecco i venti, o nipoti di
Stribogŭ,
che soffiano le frecce dal mare...», nega quest'associazione di
Stribogŭ
ai venti e ritiene l'espressione virtualmente identica
al «nipoti di
Dažĭbogŭ»
come metafora per indicare il popolo russo, suggerendo un'identificazione tra
Stribogŭ e
Dažĭbogŭ. Lo studioso aggiunge tuttavia che tale identificazione potrebbe essere
stata fatta secondariamente, forse dal poeta stesso dello
Slovo o pŭlku Igorevě
(Pisani 1949). L'interpretazione di Pisani non è
accettata dalla maggior parte degli esegeti del poema. Se teniamo poi presente
che il
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ cita separatamente le due divinità nel
«Canone di Volodimirŭ»,
difficilmente si può accettare la reciproca identificazione di
Stribogŭ e
Dažĭbogŭ.
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I nipoti di Stribogŭ |
Illustrazione di Viktor Križanovskij |
II - ANALISI ETIMOLOGICA
Molte ipotesi sono state avanzate per spiegare
il nome di
Stribogŭ, a,
ma nessuna ha convinto del tutto gli studiosi.
Si è proposta una radice
stri- (< *strigo) connessa al greco rhîgos e latino frigus «freddo»
(Pisani 1949),
che troverebbe una connessione nel lituano styrus
«rigido» (Jagić 1920 | Vasmer 1950-1958 | Bazzarelli 1991). Su questa
linea è stata anche proposta un'analogia con il norreno strykr «vento».
Sicuramente infondata
l'etimologia proposta da Brückner, che farebbe
derivare il nome del dio da una radice strib «saltare, danzare», da cui
la difficilmente motivabile interpretazione di
Stribogŭ quale dio della
primavera (Brückner
1918).
Interessante l'etimologia avanzata da Enrico Campanile, che proporrebbe una
derivazione di
Stribogŭ
da un iranico *Srībaγa «dio alto»
(Campanile 1994).
Si è pure ipotizzato una derivazione dallo slavo stĭrti
«spargere, dispensare», per la quale
Stribogŭ diverebbe un dio dispensatore di ricchezza, esattamente come
Dažĭbogŭ (Vyncke 1970 | Boyer 1981). Il
suffisso bogŭ «dio», che
Stribogŭ ha in comune con
Dažĭbogŭ,
aveva infatti, all'origine, il significato di
«ricchezza» (cfr. avestico baγa).
È stata anche avanzata
– lo aggiungiamo per curiosità – una discutibile derivazione da staryj bogŭ
«vecchio dio», giustificata dal fatto che le antiche forme cirilliche spesso
abbreviavano le parole non scrivendo le vocali.
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III - STRIBOGŬ:
POSSIBILE ESITO SLAVO DEL DIO-CIELO INDOEUROPEO
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Stribogŭ |
Illustrazione di Viktor Križanovskij |
Se il nome
Stribogŭ deriva,
secondo l'etimologia fornita da Enrico Campanile, dall'iranico Srībaγa
«dio alto» (Campanile 1994), potrebbe darsi che questo dio possa essere considerato
un esito russo
dell'antico dio-cielo
indoeuropeo. La nostra è soltanto un'ipotesi di lavoro che poggia su una dubbia
etimologia, vale comunque la pena di spenderci sopra due parole.
Gli esiti del dio-cielo
del mondo indoeuropeo non mostrano molti dettagli che permettano di costruire
una figura ben delineata. Si tratta di una divinità alta, lontana
dagli affari umani, una sorta di deus otiosus caratterizzato da una
sovranità distaccata, celeste, che non ha nulla a che vedere con la regalità
legata alla seconda funzione del dio-tuono.
Ciò che ci permette di mettere in correlazione gli esiti del dio-cielo
indoeuropeo è l'etimologia del loro nome, che deriva in molti casi da un antico
*DʲĒW- «cielo» indoeuropeo, spesso
accompagnato dalla specificazione *PHTER
«padre».
Abbiamo così Dyauṣ Pitār
in India, Zeús Patḗr in Grecia,
Iūppiter a Roma. Ma tali esiti sono parecchio
diversi gli uni dagli altri: Dyauṣ Pitār
è
quasi scomparso dalla mitologia, Zeús ha
assorbito i tratti temporaleschi delle divinità semitiche,
Iūppiter ha mantenuto un carattere celeste, pur assorbendo la
mitologia del suo omologo greco. Dalla medesima radice, tramite la formazione
aggettivale *DEJW-
«celeste», è invece derivato il termine per «dio» in molte lingue indoeuropee (cfr.
sanscrito deva, iranico daēva, latino deus, norreno pl.
tívar). Questo termine si è ipostasizzato, a volte, nel nome di
specifiche divinità: il Tīwaz/Týr
germanico, o il baltico
Diēvs. Ma in questi ultimi casi, trattandosi
di individuazioni particolari di un sostantivo generale, non si tratta
necessariamente di figure omologhe al mitema del dio-cielo.
La nostra ipotesi di un'omologia
Stribogŭ con gli dèi-cielo del gruppo *DʲĒW-,
è piuttosto fragile, anche in mancanza della corradicalità del nome. Non vi sono
d'altra parte elementi per sostenerla, a parte la ipotetica etimologia di
campanile e l'idea, anch'essa piuttosto vaga, dei venti che soffiano sotto la
volta del cielo. C'è anche da spiegare perché il dio non abbia conservato la
radice *DʲĒW- visto la tenacia che
essa ha dimostrato nei vari esiti indoeuropei del dio cielo. Il problema può
forse essere risolto col fatto che in Russia la stessa radice indoeuropea
*DEJW-
«dio» sua stata soppiantata dal termine bogŭ, di origine iranica.
Inoltre, alcune caratteristiche dell'antico *DʲĒW-,
quale la sua sovranità celeste, potrebbero essersi diluite in
Stribogŭ per
esaltare la regalità guerriera del dio-tuono
Perunŭ.
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BIBLIOGRAFIA ► |
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