MITI

ALTAICI
Altai

MITI ALTAICI
PAŞKA ÇÄR
ÄRLIK QAN E GLI SPIRITI DEGLI INFERI
Agli strati celesti, corrisponde un certo numero di strati inferi. È un percorso assai più orribile quello che lo sciamano deve percorrere per inoltrarsi nel mondo ipoctonio, fino a giungere al nero palazzo di Ärlik Qan

1 - PAŞKA ÇÄR, IL MONDO IPOCTONIO

l terzo qat del trimundio, il mondo ipoctonio, è il Paşka Çär (Ol Çär), il regno dei morti. Il signore di questa parte del trimundio è il dio Ärlik Qan, coadiuvato dai suoi sei figli. I loro palazzi, le loro armi, le loro slitte e le loro armi sono fatte di ghisa.

Ärlik Qan governa il mondo infero come Bay Ülgän regna in quello celeste. Questi due personaggi, sebbene opposti, non sono antagonisti, e il culto dell'uno non esclude il culto dell'altro. Ärlik e Bay Ülgän sono addirittura complementari: cultualmente gli altaici cercano di mantenere l'equilibrio tra l'alto e in basso, preoccupati che la bilancia dei poteri sia regolata con esattezza. I suoi sei figli, poi, corrispondono passo passo ai sette figli di Bay Ülgän, i Quday.

Ärlik Qan
Ken Kelly (1946-), illustrazione

Come il mondo celeste è diviso in diciassette livelli o taptï, così il mondo ipoctonio è diviso in sette strati chiamati pūdaq, «ostacoli». A ognuno dei primi sei pūdaq regna uno dei sei figli di Ärlik Qan. Secondo una tradizione, i loro nomi sono: Ärkä Solton, Tämir Qan, Yalbaq Tämir Yarïndu, Qaraş Qam, Qara Quş, Qaqïr Qam. Essi guidano la turba degli spiriti [körmös] e fanno da intermediari fra lo sciamano che li deve affrontare uno a uno per scendere nel profondo degli inferi e il qan dei morti.

Ärlik Qan ha la sua dimora nel settimo e più profondo pūdaq. Qui egli abita in un palazzo di ghisa posto alla confluenza di nove fiumi inferi. Qui si trova il lago Toybodïm, «mai sazio», detto anche e più semplicemente Qara Köl, il «lago nero». Come le anime dei bambini vengono prelevate dal Süt-aq-Köl, così le anime dei morti tornano al Toybodïm. Il lago è attraversato da un ponte sottile come un crine di cavallo: le anime nell'attraversarlo precipitano in acqua e si trasformano in orribili larve.

In genere la vita che le anime dei morti conducono nel Paşka Çär è identica a quella terrena: le anime vivono in villaggi con yurt, hanno un cielo particolare, con una luna e un sole, e con ritmi di tempo identici a quelli del nostro mondo attuale. I Teleuti dicono che chi sposa una vedova resterà senza moglie nell'altro mondo, poiché ella si riunirà al suo primo marito.

Ma tutto, nel regno dei morti, è capovolto e invertito rispetto al nostro mondo. La destra diviene la sinistra, dunque l'abito del defunto è abbottonato a sinistra, non a destra, mentre la spada è collocata a destra, in modo che egli possa afferrarla con la sinistra. Il tempo è pure capovolto, nel senso che la notte terrena è il giorno per i morti e viceversa. Il sole e la luna sorgono a ovest e tramontano ad est, e così via.

2 - DISCESA ATTRAVERSO I SETTE PŪDAQ

Discesa verso Ärlik Qan  ( ?)
Azat Şamil'eviç Minnekaev (1958-). Acrilico su tela.

li sciamani, nella loro spaventosa discesa nel Paşka Çär, devono oltrepassare i sei pūdaq, sorvegliati dai sei figli di Ärlik. Nel settimo, raggiungeranno finalmente l'örgö del re degli inferi, Ärlik Qan.

I pūdaq inferi sono descritti con immagini di movimento, rumore e oscurità; talvolta sono assimilati a fucine, con incudini e tenaglie eternamente al lavoro. Vi vivono bestie e mostri terrificanti, quali i pağa, o «batraci», abitatori del mondo infero che a volte fungono da adiutori sciamanici; o i đutpa, i «divoratori», rettili mostruosi e voracissimi. Solo i più esperti qam o sciamani possono scendere i quei recessi senza esserne distrutti.

Ecco come un coraggioso qam descrisse gli spettacoli incontrati durante un viaggio estatico nel Paşka Çär:

Primo pūdaq
Nero ceppo, luogo di divinazione,
luogo pauroso in cui è dato conoscere la vita e la morte.
Nero cammino, dalla profondità fino alle assi [sic].
Nero cammino su cui galoppano i vecchi.
Nero gioco al quale prendono parte i vecchi.

Secondo pūdaq
Scena nera in perpetuo movimento.
Granaio quadrato di ghisa;
incudine sacra dai quattro lati,
nere pinze, che si chiudono continuamente e tagliano!
Nero martello risonante,
nero mantice tonante,
creazione del padre mio Ärlik!
Luogo che toglie le forze ai grandi sciamani
e dei cattivi sciamani prende la testa!
Se [Ärlik] nel tempo propizio concede la grazia,
noi attraversiamo questo luogo aperto,
il luogo in cui nel tempo sfavorevole viene presa la testa dell'uomo.

Terzo pūdaq
Salice nero con chioma simile a quella dell'orzo,
creazione del padre mio Ärlik.
Verde vallata creata dal verde,
piccolo campo con giovani boschetti!
Vallata azzurra, sempre più azzurra…
Vallata verde, sempre più verde…
campo con il grigio salice […].

Quarto pūdaq
Sabbie nere, che la voce non attraversa,
creazione del padre mio Ärlik.
Neri dirupi attraverso i quali la voce non s'ode,
creazione del padre mio Ärlik
Neri pağa brulicanti,
neri đutpa brulicanti,
neri orsi ringhianti, creazioni di Ärlik Qan.
Questi sono i duri ostacoli;
sia grazie alla divinità, Qayra Qan!

Quinto pūdaq
Oscillante, dondolante,
ruotante, oscillante,
nero vortice polveroso,
lago nero ribollente,
nero inferno gorgogliante.
Nove gradi infernali,
la scena dei nove venti.

Sesto pūdaq
Luogo in cui nove tori combattono tra loro
con tonanti ruggiti.
Profondo lago Çāyq,
nero fiume agitato,
nero mare vorticoso.

Settimo pūdaq
Pallidi đutpa dai fianchi verdeggianti,
Riva dell'azzurro fiume, riva del Toybodïm.
Umar-tïmar: luogo di confluenza dei nove fiumi.
Il Toybodïm: la foce dei nove fiumi;
riva della foce dei fiumi,
con un örgö di pietra residenza del qan,
con un örgö di nera argilla in cui risiede Ärlik Qan.
Da Ärlik Qan,
un paletto di ferro nero per legare i cavalli,
con un capo pallido e una catena.
I nocchieri di Ärlik Pi e
gli arcieri che uccidono i capri,
presso queste porte si sono riuniti.
3 - QAQÏR QAM

ignore del primo pūdaq è Qaqïr Qam, sesto figlio di Ärlik Qan.

Dal suo nero trono formato di anelli, egli invia agli uomini parecchie malattie, tra le quali la febbre. È un veggente, un qam o sciamano. In inverno gli uomini gli sacrificano sacrificato un cavallo morello o baio. La sua immagine, costituita da un nastro e da un'arvicola, viene appesa alla porta nella metà occidentale della yurta, tradizionalmente riservata alle donne.

Così lo invoca lo sciamano:

Nero trono con anelli,
nero lago dalle lacrime degli occhi,
rosso lago dal sangue del petto,
pietra nera di grandi dimensioni,
spirito Qaqïr, veggente!
Tu cavalchi sette cavalli neri,
a te viene sacrificato un cavallo nero!
Qaqïr Pi cui vengono offerti sacrifici!
Qaqïr Qam cui viene offerta metà delle vittime!
Il clan Köbök ti prega!
Grande regione occidentale!
Regione del giudizio delle sette fortezze!
Regione luminosa delle nove fortezze!
Spirito invocato!
Qaqïr, spirito dominatore!
Sette generazioni ti pregano!
Un antico popolo ti prega!
Gli afflitti a te ricorrono, grande spirito!
Noi siamo bambini che si umiliano!
Regione del giudizio, [piena di] lacrime!
Non inviare la febbre,
non infliggerci la morte!
Alle tue porte chiedo tranquillità e benessere!
4 - QARA QUŞ (QARA KȪS)

ignore del secondo pūdaq è Qara Quş (o Qara Kȫs), quinto figlio di Ärlik Qan. Il suo nome, «Uccello nero», è un termine generico per indicare l'aquila. Come tale, Qara Quş ha la dimora in un nido su tre larici di ferro [üç tämir tït]. A lui gli uomini sacrificano in inverno un toro nero e uno grigio-rosso, ma di lui non vengono fatte immagini. Invia diverse malattie.

Così lo invoca lo sciamano:

Nero dirupo che non è dato attraversare né in un mese né in un anno!
Tu che fai il giro del mare nero limaccioso,
il tuo nero volto è simile al carbone!
La tua barba arriva alla cintura,
Kȫs Qara dal forte corpo!
Tu cavalchi neri cavalli baî,
il tuo volto è simile a ombra!
Tu cavalchi un cavallo grigio,
tu vai come il vento, rotei come il turbine,
grande terra cui vengono offerti sacrifici,
spirito nero cui viene offerta metà della vittima!
Non inviare dure malattie!
Non nutrire pensieri malvagi,
non giungere fino alla nostra nera testa!

Qara Quş/Kȫş è inoltre uno spirito-aiutante degli sciamani, e è anche considerato uno spirito della soglia, insieme a Äjik Tängärä. In tal caso assume appunto il titolo di Pozogonuŋ Ǟzi, «signore della soglia».

5 - QARAŞ QAM

ignore del terzo pūdaq è Qaraş Qam, quarto figlio di Ärlik Qan.

Esso abita in un palazzo di ghisa con sei porte nel quinto strato infero, si muove su una slitta nera di ferro e su carri neri di acciaio, oppure su nove cavalli neri. Ha un nero copricapo e neri vestiti, una spada e una lancia anch'esse nere, e il suo giaciglio è di nera lontra. Il suo inviato è un corvo [qarga] nero. Qaraş Qam invia agli uomini diverse malattie, e viene rabbonito con il sacrificio invernale di un toro nero o di un cavallo morello.

Così lo invoca lo sciamano:

Qaraş Qam simile a una frusta,
che appari alto dal pino!
Tu con occhi di sangue,
tu con cavalli neri,
tu vestito con una pelliccia nera!
Spirito Qaraş, il più grande!
Tu abiti in terra oscura,
in sette fortezze, Qaraş Qam,
palazzo di ghisa dalle sei porte!
Tu ti ergi con le ali su nove cavalli neri!
Sulla nera slitta di ferro,
sui carri neri d'acciaio!
Tu ti sostieni sulla tua spada nera,
ti sostieni sulla tua lancia nera!
Tu nutri cattivi pensieri,
tu dal nero copricapo!
I neri spiriti ti appartengono,
il nero corvo è il tuo inviato,
il tuo giaciglio è di nera lontra,
nero spirito cui vengono offerti sacrifici!
Tu sei venerato dalle sei tribù,
i nostri padri sacrificarono [a te]!
Grande, magnifico spirito nero!
Non permettere che il corvo famelico strepiti!
Non inviare le dure malattie
sul bestiame che alleviamo,
sulle nostre poche teste,
nero spirito cui vengono offerti sacrifici!
Grande terra venerata, noi ti preghiamo!
6 - YALBAQ TÄMIR YARÏNDU

ignore del quarto pūdaq è Yalbaq Tämir Yarïndu, terzo figlio di Ärlik Qan.

Con spalle e braccia di pietra, questo dio degli inferi nutre pensieri oscuri e medita azioni malvagie. A lui, che invia diverse malattie, vengono sacrificati un cavallo baio e un toro nero, e gli vengono offerti acquavite, nove pezzi di stoffa scura, una pelliccia e una veste femminile. Come anche per Qaqïr Qam, la sua immagine, costituita da un nastro e da un'arvicola, viene appesa alla porta nella metà occidentale della yurta, tradizionalmente riservata alle donne.

Così lo invoca lo sciamano:

Signore eroe dalle spalle di pietra!
Tu cavalchi un cavallo baio,
a te viene offerta una vittima giallo-bruna,
spirito nero dell'occidente,
luminosa regione del signore eroe!
Spirito nero, nato grande,
grande eroe della tribù! […]
Tu nutri oscuri pensieri,
tu mediti azioni malvagie,
tu vivi nelle tenebre!
Trono di ghisa di sette parti,
palazzo di ghisa dalle sei porte!
A te ci inchiniamo con doni di tessuto nero!
Tu vivi nella tenebra!
Eroe dal braccio di pietra,
tu chiami le nere vespe,
tu scrolli le gialle spalle!
Non nutrire pensieri malvagi,
non inviare le dure malattie,
non lasciare che i nostri occhi spargano lacrime,
non distruggere il nostro fegato e il nostro petto!
Concedi salute e benessere!
Concedi neri cavalli!
Concedi una stalla piena di vacche!
7 - TÄMIR QAN

ignore del quinto pūdaq è Tämir Qan, il «qan di ferro», secondo figlio di Ärlik Qan.

Tämir Qan ha possenti spalle di ferro e un enorme ventre di ferro. Si nutre di carne umana e beve sangue umano. I suoi denti sono fitti come quelli di un pettine e la mascella è simile a una gramola. È avvolto di tenebra, con una lunga coda che arriva fino a terra, cammina con le gambe intrecciate e incendia la terra che calpesta. Vive in un örgö di ghisa con tre porte, da dove invia agli uomini parecchie malattie, soprattutto interne. Perciò è anche detto «distruttore dell'anima-filo», essendo l'anima, nella concezione altai, immaginata come un filo.

A lui, a Tämir Qan, gli uomini sacrificano un toro bruno e un cavallo, e in suo onore fanno aspersioni di acquavite. Così lo invoca lo sciamano:

Spirito nero occidentale,
Tämir Qan dalle sette fortezze,
dalle larghe spalle di ferro!
Rotondo ventre di ferro!
Tu che ti sazi di sangue umano,
che ti nutri di carne umana,
tu sei condotto da cavalli dalla criniera scura!
Tu che hai origine dal grande Ärlik,
che hai origine dal potente Ärlik.
La tua vittima è un toro bruno,
spirito nero occidentale,
distruttore dell'anima-filo,
rapitore delle teste umane!
Tu che hai dimora nelle tenebre,
che hai una dimora simile alla notte!
Noi ci prostriamo da sette generazioni,
spirito nero cui vengono offerti sacrifici! […]
Tu che hai denti simili a pettine,
la tua mascella è simile a gramola,
i tuoi polmoni sono simili al mare,
il tuo cuore è simile alla taiga,
tu che cammini con le gambe intrecciate!
Tu, che dal freddo nero respiro,
tu dalla coda [che giunge] fino a terra!
[Tuoi sono] i palazzi di ghisa dalle tre porte!
Signore-palazzo simile ad *Ayrçaq!
Tu vivi in una yurta costruita su pali,
tu vivi nella regione illuminata dalla luna!
Tu possiedi cavalli baî!
Tu che vivi nell'oscura regione della luna,
non inviare la dura malattia,
non consegnarci allo spirito maligno!
Preghiamo i nostri antenati!
Abbiamo offerto in sacrificio mandrie di puledri,
[quali] figli abbiamo supplicato il padre!
8 - ÄRKÄ SOLTON

ignore del sesto pūdaq è Ärkä Solton, primo dei sei figli di Ärlik Qan.

Ärkä Solton è giudice dei morti in un luogo buio degli inferi, in un örgö di ghisa a nove battenti che sorge presso un lago formato dalle lacrime degli uomini e dal sangue che sgorga dal petto dei vivi che si straziano per la morte dei congiunti. Uno dei nomi di quel lago è appunto Kösting yajï qara köl «nero lago dalle lacrime degli occhi».

Ärka Solton cavalca cavalli neri, e è tenebroso e crudele. Anche se a lui sono legate formule di fertilità, egli invia agli uomini il vaiolo, il morbillo e la tigna del bestiame. In inverno gli uomini gli sacrificano una capra nera, di cui viene mangiata la carne, mentre le ossa vengono poste su un altarino e la pelle viene utilizzata per scopi domestici, e gli vengono fatte libagioni di acqua e acquavite.

Il nostro sciamano così lo invoca:

I sette antenati si sono inchinati [a te],
tu che sei nato sulla terra, ti preghiamo,
tu che cavalchi nove cavalli morelli.
A coloro che ti offrono una capra nera,
nero spirito occidentale,
in luogo di tenebra tu sei giudice.
Distingui il colpevole dal non colpevole!
Aureo, luminoso è il luogo del giudizio,
palazzo di ghisa a nove battenti,
palazzo di ghisa a nove porte,
signore-palazzo dalle nove soglie.
Tu cavalchi nove cavalli morelli!
Ärkä Solton, figlio di Ärlik,
concedi cavalli morelli!
Concedi benedizioni benevole alle nostre teste!
Non causare malattie!
Non infliggerci dure malattie!
Grande terra non percorribile in un meze né in un anno!
Non è lecito nominarti, nero spirito,
terra del giudizio dalle nove fortezze!
Terra luminosa dalle nove fortezze!
Nero lago dalle lacrime degli occhi,
rosso lago dal sangue del petto!
Palude di argilla e fango,
rosso dirupo sotto forma di capezzoli!
Ponte di capelli non traversabile,
nero mare in tempesta avvolto dalle tenebre,
come la notte è oscura la tua terra!
Non inviare malattie,
non infliggerci il terribile vaiolo!
Grande nero spirito!
Il nobile Ärlik ti ha creato.
Tu cavalchi cavalli neri,
re crudele, nero spirito!
A te ci inchiniamo, grande terra!
Nostri antenati dalla barba bianca!
Tutti in circolo si sono messi in viaggio, nero spirito,
madre con due capezzoli!
Tutti sono giunti, grande terra!
Possa tu concedere la prosperità!
9 - ÄRLIK QAN

Ärlik Qan
Nuray, illustrazione

e dei morti e signore degli inferi è Ärlik Qan, un vegliardo dagli occhi neri come il carbone e una lunga barba.

Ärlik Qan naviga sopra le acque infernali; cavalca un nero argamak (cavallo da corsa), oppure un toro con la testa volta all'indietro. Regge in mano un serpente o un'ascia a forma di luna. La sua dimora è un örgö di ghisa posto alla confluenza dei fiumi infernali che formano il lago Toybodïm, attraversato da un ponte sottile come un crine di cavallo. Ha ai suoi ordini degli spiriti messaggeri chiamati Älçi-baïla.

Quando lo sciamano arriva finalmente al cospetto di Ärlik Qan, così lo invoca:

Ärlik che cavalchi un argamak nero,
che hai un giaciglio di nere pelli di castoro,
che nessuna cintura può costringere le tue anche;
che nessun umano può serrare il tuo collo onnipotente;
le cui sopracciglia sono lunghe un quarto d'auna.
Tu che hai neri baffi e barba nera,
che macchie di sangue ha il tuo viso tremendo.
O ricco Ärlik Qan, che hai cavalli lucenti,
O potente Ärlik Qan, che hai cavalli lucenti,
che sprizzi scintille dai capelli,
che hai una coppa di cranio umano,
che hai un secchio fatto di un torace umano,
che hai una spada di ferro verde,
che di ferro sono le tue spalline,
il cui viso nero manda scintille
ed i cui capelli fluiscono in onde,
che hai sette troni davanti alle tue porte,
che hai un focolare in terra,
la cui scala è simile al castello della yurt
la cui copertura è di ghisa.

Dopodiché lo sciamano fa al dio rinnovate esaltazioni della sua potenza e gli chiede il perché della sua ira, implorandone la clemenza: — Il padre Ärlik possiede nuove buoi, una sella con la gualdrappa; la gualdrappa è ritagliata in una pelle intera di cavallo. Egli allungherà la mano e colpirò l'uomo, stringerà la cinghia e accascerà il cavallo e mangerà. O padre mio, Ärlik, perché fai morire il tuo popolo, perché così lo colpisci? Tu che hai un viso nero come la fuliggine, un aspetto scuro come il carbone, tu, padre Ärlik, non dimenticheremo mai di onorarti con i nostri sacrifici, di generazione in generazione, di secolo in secolo. Sii un signore grandemente venerato da ogni clan, per tutte le generazioni.

10 - I KÖRMÖS

Al cospetto di Ärlik Qan ( ?)
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela.

l nome generico degli spiriti infernali e delle anime dei morti è Körmös. Qyestu dimorano in turbe nel mondo infero e fungono da servi ad Ärlik Qan. Di tanto in tanto tornano sulla Terra per portare le malattie e rapire le anime. Più esattamente, i Körmös si dividono in arü körmös «spiriti puri» benigni, e yaman körmös «spiriti cattivi» maligni.

Alla prima classe appartengono gli spiriti degli antenati, dei quali gli Altaici hanno un vero e proprio culto, rappresentandoli con immagini di stoffa. Fra i körmös-antenati, però, si inseriscono anche le anime degli sciamani morti, che divengono, in tal modo, particolarmente pericolose.

Vi è tra gli Altai un culto dei körmös familiari, ovvero delle anime dei parenti trapassati, rappresentati con immagini di stoffa. È infatti compito dei Körmös tornare sulla Terra per portare le malattie e rapire altre anime.

Fonti

1-2

Invocazione dello sciamano Märäy Tanaş, della regione dell'Altai, 1929. (Karunovskaka 1935 | Marazzi 1984)

3-8 Cerimonia in onore di Ärlik Qan tenuta dallo sciamano Mampïy, ~1925. (Anochin 1930)
9 Invocazione raccolta nel corso di una cerimonia dell'ïsïax ~1920. (Ksenofontov 1929 | Lot-Falck 1930)

I - GLI INFERI, O IL MONDO CAPOVOLTO

Paşka Çär è il nome del mondo dei morti per gli Altai. In genere l'al di là è visto come mondo ipoctonio e infernale, ma una seconda concezione prevale su questa: quella, cioè, di un mondo simile al nostro, con il suo cielo, la sua luna, il suo sole, e con ritmi di tempo identici a quelli della nostra terra attuale. La vita dei defunti, in questa concezione, è identica a quella terrena: per i Tatari essi vivono in villaggi con yurte; per i Tungusi essi abitano tende di scorza di betulla, vanno a caccia e a pesca, e custodiscono le loro mandrie di renne. Anche per i Saxa/Jakuti e per i Nanai/Goldi la vita dei defunti trascorre in villaggi che ripetono i caratteri degli stanziamenti terrestri, vivendo nei gruppi familiari. I Teleuti addirittura pensano che chi sposa una vedova resterà senza moglie nell'altro mondo, poiché essa si ricongiungerà col suo primo marito. Secondo i Tatari il cupo regno di Ärlik Qan è riservato ai peccatori. Non così invece per i Saxa/Jakuti, i quali credono che tutti i defunti vadano in cielo. Secondo i Teleuti, sembra che il regno di Ärlik non sia posto nel mondo inferiore, bensì al di là dei confini del mondo, là dove il cielo si appoggia alla terra.

Accanto a questi caratteri, appare sviluppato il tema del capovolgimento e dell'inversione. Il Regno dei Morti è l'opposto del mondo attuale. La destra diviene la sinistra, il giorno la notte, e viceversa. Presso i Çuvaşi l'abito del defunto è abbottonato a sinistra, non a destra, mentre la spada è collocata alla sua destra, in modo che egli possa afferrarla con la sinistra. Il tempo è pure capovolto, nel senso che la notte terrena è il giorno per i morti e viceversa. Secondo i Soioti il sole e la luna sono particolari, nel firmamento dei morti, mentre, secondo i Samoiedi, il sole si leva a ovest e tramonta ad est. I Kirghisi credono che nell'al di là i fiumi tornino alla sorgente. Tale tema del capovolgimento è comune per molti popoli e molte credenze, e anche tra molti popoli altaici vige l'usanza di deporre nella tomba gli oggetti destinati al defunto, in modo che esso possa servirsene.

L'associazione del mondo inferiore con il colore nero del ferro (e della ghisa) è caratteristica dei popoli turanici, che lavorano i metalli, in particolare degli altai. Il ponte funerario e il ponte iniziatico sottile come un capello sono motivi religiosi assai frequenti, di probabile origine islamica, certamente mediate attraverso l'Īrān. Nell'Islām è infatti presente l'immagine del ponte, teso sopra il fiume dell'inferno, sottile come un capello o come il taglio di un'affilatissima spada. Il nome di questo ponte è Ṣirāṭ [cfr. latino strada!]. Anche nella mitologia iranica le lacrime dei parenti del defunto formano un lago sul quale è gettato il ponte Činvat.

II - L'ANIMA NELLA CONCEZIONE ALTAICA

Nelle complesse idee che i popoli altaici avevano sull'anima, bisogna distinguere molti termini. Innanzitutto abbiamo la vita, lo spirito vitale presente in tutti gli esseri viventi. Esso non previve né sopravvive al corpo, ma si disfà ed evapora attraverso le narici e la bocca nel momento del trapasso. Si chiama tïn,  «vita», ra gli Altai, amin presso i Mongoli e Burjati.

L'anima vera e propria, secondo gli altaici, preesiste alla nascita, e dimora nel cielo, sull'albero cosmico, o nel lago di latte. Qui la va a prendere lo sciamano per consegnarla al nascituro, del quale sarà per tutta la vita la vera e propria anima personale. Se l'uomo si ammala, l'anima può staccarsi dal corpo e disperdersi. In tal caso è sempre lo sciamano che si occupa di ritrovarla e di riconsegnarla al legittimo proprietario. Quando l'uomo muore, l'anima torna nel regno dei morti.

La terminologia altaica chiama l'anima in due modi. Un'anima associata a un corpo è chiamata qut dagli Altai, ergeni dai Tungusi, ört dai Čeremissi, sünä presso altre popolazioni altaiche. Un'anima dissociata è chiamata yula dagli Altai, sür dai Saxa/Jakuti, omia dai Nanai/Goldi, sünesun dai Mongoli, ulvei dai popoli dello Enisej, ubïr dai Tatari del Volga.

In quanto ai körmös, il termine (a cui una tardiva etimologia popolare ha attribuito il significato di «invisibile», dal verbo kör «vedere»), deriva forse dal nome iranico Ōrmuzd/Qormuzda (ant. pers. Ahura Mazdāh).

III - ÄRLIK QAN, UNO YAMA ALTAICO

La figura di Ärlik Qan, il cupo e temibile re degli inferi della mitologia altaica, è presente, con varianti del nome, in buona parte dell'area turcica e mongola. Si ritiene che la sua figura derivi, per il tramite del Buddhismo tibetano, dal mitologema indiano del dio Yama. In seguito, proprio attraverso l'interpretatio uigurica, il personaggio fu accolto nel pantheon altaico. Presso i Uiguri Gialli il suo nome è Yerlïq (una forma che sembra fare raccordo tra Yama ed Ärlik). Presso i Tatari di Minusinsk il principe dei morti è chiamato Irlekan/Ilkan, mentre i Buriati lo chiamano Erlen Xan. Per i mongoli si chiama Yeldes Tŋri (o Erlig Nom-un Qan). Tuttavia, tra i Kirghisi è attestata un'influenza iranica, poiché il dio è chiamato Arman, chiara corrispondenza all'Ahriman della religione iranica.

Per lo più Ärlik Qan non è indicato mai con il suo nome, ma preferibilmente con vari epiteti (come qara-nämä «qualcosa di nero»). Spesso, nelle invocazioni sciamaniche, Ärlik viene definito tös, cioè antenato clanico. È probabile dunque che il dio abbia un legame di parentela con gli esseri umani. In alcune tradizioni altaiche, influenzate dal sincretismo cristiano-islamico, Ärlik Qan è identificato con il primo uomo.

BIBLIOGRAFIA
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  • DYRENKOVA Nadežda Petrovna, Materialy po šamanstvu u teleutov. In «Sbornik Muzeja Antropologii i Ėtnografii», 10. Movska ~ Leningrad 1949.
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  • MARAZZI Ugo, Testi dello sciamanesimo siberiano e centroasiatico. UTET, Torino 1984.
  • ROUX Jean-Paul, Les religions des Turcs et des Mongols. Payot, Paris 1984. → ID., La religione dei Turchi e dei Mongoli. Gli archetipi del naturale negli ultimi sciamani. ECIG, Genova 1990.
  • RADLOFF Wilhelm, Aus Sibirien: Lose Blätter aus mainem Tagebuche. Leipzig, 1893.
  • RADLOFF Wilhelm, Proben des Volkslitteratur der türkischen Stämme. Sankt Petersburg 1866-1907.
BIBLIOGRAFIA ►
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Altaica - Dede Qorqut
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Creazione pagina: 01.11.2013
Ultima modifica: 21.03.2017
 
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