1 -
GLI STRATI DEL CIELO E GLI DÈI AD ESSI PREPOSTI
l mondo celeste, Täŋärä,
è costituito da diciassette strati, o taptï. Gli dèi del cielo, definiti
anch'essi col termine Täŋärä, risiedono nei
primi sedici di questi strati (escludendo il diciassettesimo, dove risiede il
supremo signore Täŋärä Qayra Qan), e la loro
importanza cresce man mano che si ascende attraverso i livelli celesti. Per giungere da
Bay Ülgän, il signore del cielo, che risiede nel sedicesimo taptï, lo sciamano deve
faticosamente scalarli tutti quanti.
Gli dèi preposti ai sedici taptï sono definiti
collettivamente col termine Payana. Ecco una
lista dei cieli e degli dèi ad essi preposti:
2° taptï - Yacïl Qan
3° taptï - il lago di latte Süt-aq-Köl,
Ülgän baqqan Bay Ülgän e la dea
Poğoş
4° taptï - Yayuçï Täŋärä
5° taptï - Kün, il sole
6° taptï - Ay, la luna
7° taptï - Märgän Täŋärä
8° taptï - Pūra Qan
9° taptï - Abayoş Täŋärä e
Qïsuğan Täŋärä
10° taptï - Tumat Täŋärä
11° taptï - Qara Kiş Täŋärä
12° taptï - Yada Täŋärä e
Pïrqan Täŋärä
13° e 14° taptï - Totoy Täŋärä
15° e 16° taptï - Bay Ülgän
17° taptï - Täŋärä Qayra Qan
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Gli spiriti del cielo
(✍ ?) |
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela. |
2 - I PAYANA
ayana è un termine collettivo che indica gli dèi
preposti ai diciassette taptï del cielo, nella loro accezione di spiriti
creatori.Stando a una delle molte liste citate dagli sciamani altai, essi sono: Ülgän baqqan Bay Ülgän,
Yayuçï Täŋärä, Märgän Täŋärä, Pūra Qan,
Abayoş Täŋärä, Qïsuğan Täŋärä,
Tumat Täŋärä, Qara Kiş Täŋärä,
Yada Täŋärä, Purqan Qan,
Totoy Täŋärä, Bay Ülgän,
Täŋärä Qayra Qan. |
3 - YACIL QATUN
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Yacïl Qatun |
Nuray, illustrazione. |
a dea
che abita il secondo taptï è Yacïl Qan
(o piuttosto Yacïl Qatun),
figlia di
Kögö Möŋkö, l'«azzurro eterno», cioè
Täŋärä Qayra Qan. A lei vengono offerti
secchi di latte di giumenta e vengono sacrificati un cavallo fulvo o grigio (o
una giumenta) e un montone bianco dalla testa rossa. Viene rappresentata da
alcuni nastri sospesi tra due betulle e da una lepre bianca.
Dea dai caratteri meteorologici,
Yacïl Qatun viene invocata in questo modo dallo sciamano:
Creata insieme alla pioggia,
discesa insieme alla grandine,
nei giorni estivi tuo è il temporale,
tu dal colletto di rosse nubi.
Yacïl Qan con i nastrini,
tu che giochi sul bordo infuocato,
che corri sul grande cielo infuocato,
figlia di Kögö Möŋkö !
Tu che ti sei separata dall'azzurro cielo,
che sei stata creata dall'azzurro cielo chiaro,
concedi cavalli affinché noi possiamo cavalcarli!
Imprimi l'anima vitale al bestiame!
Concedi figli da stringere al cuore,
imprimi l'anima vitale ai fanciulli!… |
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4 - ÜLGÄN BAQQAN BAY ÜLGÄN
el terzo taptï abita il dio
Ülgän baqqan Bay Ülgän («Bay Ülgän che obbedisce a
Ülgän» cioè al supremo Bay Ülgän, il quale abita
invece nel sedicesimo strato celeste).
Un titolo di Ülgän baqqan Bay Ülgän è
Bay Ülüp: «che concede in sorte», il ché lo
potrebbe forse qualificare come dio del destino subordinato al supremo
Bay Ülgän.
Questo dio celeste è figlio, come Yacïl Qatun, di
Täŋärä Qayra Qan, ed è definito, nelle preghiere sciamaniche, pūra
(cioè «cavalcatura») dei
Bay Ülgän. Veste abiti di pelliccia di scoiattolo
rosso. Viene celebrato con l'offerta di tre secchi di latte fresco di giumenta,
mentre il secondo
giorno gli vengono sacrificati un cavallo grigio-chiaro e un montone bianco.
Nel terzo taptï abita anche la dea Poğoş. |
5 - YAYUÇÏ TÄŊÄRÄ
el quarto taptï dimora
Yayuçï Täŋärä, il «celeste creatore», anche
chiamato Änäm Yayuçï, la «madre creatrice».
Madre mia Poğoş nel terzo taptï, qayra
qan!
Madre mia Yayuçï Täŋärä nel quarto taptï!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
Yayuçï Täŋärä è il dio preposto al lago di
latte Süt-aq-Köl, che si trova nel terzo taptï.
Ha il compito di purificare il lago dalle impurità e soprattutto di attingere
da esso, per ordine di Bay Ülgän, la vita dei
nascituri. Perciò è anche detto Tapqay «scheggia»,
con riferimento alla pietra affilata con cui viene effettuato il taglio degli
ombelichi dei neonati.
Yayuçï Täŋärä fissa la durata delle vite degli
uomini appena nati, scrivendole in un libro che ha con sé. Quando la
scrittura impallidisce, l'anima dell'uomo si separa dal corpo e sopravviene la
morte. |
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Il popolo della luna
(✍ 1915) |
Dipinto di Nikolaj K. Roerich
(1874-1947). |
6 - KÜN E AY, IL SOLE E LA LUNA
li spiriti
guardiani del sole (femminile) e della luna (maschile) si chiamano
rispettivamente Kün e Ay.
Padre Ay nel sesto taptï del cielo!
Madre Kün nel quinto taptï del cielo! |
Secondo le tradizioni siberiane, nella stessa zona del cielo vive un
mostro a sette teste chiamato Yälbägän, che insegue
e tenta di ingoiare il sole e la luna. In tal caso dà origine al
fenomeno delle eclissi. È perciò determinante l'intervento degli uomini, che
si riuniscono facendo baccano, tirando sassi e frecce verso il cielo, o sparando colpi
di fucile, per spaventare Yälbägän e salvare il sole e la
luna. |
7 - MÄRGÄN TÄŊÄRÄ
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Märgän Täŋärä |
Nuray, illustrazione. |
el settimo taptï risiede
Märgän Täŋärä, dio onnisciente considerato,
con Bay Ülgän e
Qïsuğan Täŋärä, una emanazione del supremo Täŋärä
Qayra Qan.
È invocato con immagini di possente bellezza:
Tu che cavalchi sotto il tuono,
che vieni danzando tra i lampi,
nube d'autunno incinta di tuono,
nube di primavera ricca di folgori,
i cui passi risuonano esplodendo… |
E raggiungendo il suo cielo, così lo invoca lo sciamano:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
I lembi della tua veste sono le nubi a cumulo,
il tuo colletto è una nube verde,
tu che giungi al settimo taptï,
tu che giochi nel settimo taptï,
madre mia Märgän Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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8 - PŪRA QAN
ell'ottavo strato celeste risiede
Pūra Qan, «signore destriero», anche detto
Çağïr Qan. Figlio di Bay
Ülgän, Pūra Qan è uno dei
sette quday.
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giochi nell'ottavo taptï,
tu che giungi all'ottavo taptï,
il tuo volto è l'azzurro del cielo,
i tuoi occhi sono le stelle splendenti,
Çağïr Qan con occhi risplendenti,
Pūra Qan dall'aspetto di nube,
madre mia Pūra Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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9 - ABAYOŞ TÄŊÄRÄ
el nono strato celeste dimora
Abayoş Täŋärä. Il
nostro sciamano declama al suo cospetto:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al nono taptï,
tu che giochi nel nono taptï,
che hai per taptï un pino dai rami spessi,
un giovane cedro ti fa ombra,
il tuo vestito è un bianco mantello;
tu che cavalchi un pūra bianco-grigio,
padre dei sei cieli,
padre Abayoş Täŋärä dalle sei gobbe!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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10 - QÏSUĞAN TÄŊÄRÄ
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Qïsuğan Täŋärä |
Nuray, illustrazione |
nche Qïsuğan Täŋärä
(o Qïzïğan Täŋärä) dimora nel nono taptï
celeste, insieme ad Abayoş Täŋärä.
Nell'invocarlo, il nostro sciamano sembra avvicinarlo all'arcobaleno [soloŋï].
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al nono taptï,
tu che giochi nel nono taptï,
tu che cavalchi un verde pūra,
che hai una briglia di seta verde,
la tua gobba è una nube verde,
il tuo bastone è il verde arcobaleno;
tu che cavalchi un rosso pūra,
che hai una briglia di seta rossa,
la tua gobba è una nube rossa,
il tuo bastone è il rosso arcobaleno.
Padre mio Qïsuğan Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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11 - TUMAT TÄŊÄRÄ
el decimo taptï celeste dimora
Tumat Täŋärä.
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al decimo taptï,
tu che giochi nel decimo taptï,
con il colletto di verde nube,
con la gobba di rossa nube,
tu che fendi la chiara nube!
Ricca di risplendenti pūra grigi,
terra del padre mio, bianca Tumat!
Tu che possiedi i grigi pūra,
padre mio, Tumat Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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Qara Kiş Täŋärä |
Nuray, illustrazione. |
12 - QARA QIŞ TÄŊÄRÄ
ell'undicesimo taptï risiede
Qara Kiş Täŋärä, il «nero zibellino del cielo».
Lo sciamano lo invoca così:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi all'undicesimo taptï,
tu che giochi nell'undicesimo taptï,
che hai il colletto di zibellino nero,
che hai i lembi di castoro verde,
che hai una gobba di nube verde,
padre mio Qara Kiş Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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13 - YADA TÄŊÄRÄ
el dodicesimo taptï risiede
Yada Täŋärä, dio della pioggia e dei
temporali. Il suo nome, yada, indica la pietra della pioggia.
I canti sciamanici lo associano alle pietre legate ai
temporali e al fulmine:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al dodicesimo taptï,
tu che giochi nel dodicesimo taptï,
giovane cielo umido,
azzurro cielo opaco,
i rombi del tuono sono il tuo gioco;
pietra argïn del bianco Ülgän,
pietra sïman che alcun cavallo può sollevare,
pietra surgun del bianco Ülgän,
pietra rossa di Ülgän Qan,
pietra verde del creatore,
padre mio Yada Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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Pïrqan Täŋärä |
Nuray, illustrazione. |
14 - PÏRQAN TÄŊÄRÄ
el dodicesimo taptï celeste risiede
anche Pïrqan Täŋärä (o
Purqan Qan), anche chiamato Äksäy Mäksäy Täŋärä.
Egli consiglia lo sciamano durante i sacrifici e benedice attraverso di esso
tutti gli abitanti della yurt. Le sue numerose e belle figlie, vergini celesti che girano in vortice nel vento e si nutrono di rossi carboni
ardenti, vivono nel quindicesimo e sedicesimo taptï.
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al dodicesimo taptï,
che giochi nel tredicesimo taptï,
che rincorri la luna aggirandola,
che hai attaccato per te una carrozza d'oro,
che scagli il tuono tra il sole e la luna,
che hai attaccato per te una carrozza d'argento,
tu che brilli sul sole e la luna,
Äksäy Mäksäy Täŋärä,
padre mio Purqan Qan!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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15 - TOTOY QAN
el tredicesimo e quattordicesimo taptï
risiede Totoy Qan, figlio di
Musïgan Qan. Come suo padre è lo spirito del gelo e della grandine,
Totoy Qan è lo spirito della pioggia, del
tuono e della grandine. Grande è il suo potere: può avvolgere la luna e
nascondere il sole.Così lo invoca lo sciamano:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al tredicesimo taptï,
che giochi nel quattordicesimo taptï,
che ti sei separata dal bianco Pūday,
che ti sei divisa dal bianco Mustay «zio ghiaccio»,
che ti sei separata dal bianco granello di ghiaccio,
duplice vergine Astay Mustay!
Le piante dei tuoi piedi affondano nel latte,
tu vai cacciando nel bianco infuso,
nipote di Mustay!
Tutti gli spiriti celesti non posso nominare!
Padre mio Totoy Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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16 - LE FIGLIE DI PÏRQAN TÄŊÄRÄ
el quindicesimo e sedicesimo taptï
risiedono le numerose e belle figlie di Pïrqan Täŋärä,
vergini celesti che girano in vortice nel vento e si nutrono di rossi carboni
ardenti.Arrivato al loro cielo, lo sciamano le invoca con queste parole:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al quindicesimo taptï,
che giochi nel sedicesimo taptï,
pure vergini del padre mio Pïrqan,
stolte vergini del padre mio Pïrqan,
voi che vi dondolate su dodici altalene,
che giocate nel sedicesimo taptï,
che vi dondolate su nove altalene,
che giocate su nove pertiche,
che vi dondolate su sette pertiche,
che giocate su sette pertiche;
padre mio, verde puro Pïrqan,
padre mio, giallo puro Pïrqan,
padre mio, aureo puro Pïrqan,
padre mio, puro Pūday Pïrqan,
padre mio, puro pisello Pïrqan!
Voi che girate in vortice come chicchi di frumento,
che vi spargete simili a piselli,
che continuamente gridate e chiamate,
che avete come cibo rossi carboni ardenti,
pure vergini della madre mia!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
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17 - BAY ÜLGÄN
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Bay Ülgän |
Nuray, illustrazione |
infine vi è Bay Ülgän,
il «grande ricco», il signore e padre di tutti gli spiriti del cielo. È insieme a
Märgän Täŋärä e Qïsuğan
Täŋärä, un'emanazione del supremo signore
Täŋärä
Qayra Qan.
Chiamato anche Ülgän Pi, egli risiede nel
sedicesimo taptï, sulla cima della montagna d'oro, sopra un trono
d'oro. Egli è il signore degli dèi celesti. Nessuno è più in alto di lui, se
si eccettua suo padre, il supremo Täŋärä Qayra Qan,
che risiede nel diciassettesimo taptï.
Il nostro sciamano, giunto al suo cospetto, alla fine della sua faticosa ascesa
celeste, può finalmente invocarlo:
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al sedicesimo taptï,
che giochi nel sedicesimo taptï,
principio di ogni cosa,
madre mia Bay Ülgän!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo! |
Figlio (o fratello) di Tasïgan,
Bay Ülgän ha sette figli e nove figlie. Sette suoi
figli sono chiamati Quday e formano un importante
gruppo di divinità.
Una bellissima preghiera di ringraziamento si rivolge a
Bay Ülgän in questi termini:
Tu che risiedi in alto, signore del cielo, Abïyaş Qan,
che hai creato il verde della terra
e le foglie degli alberi.
Tu che hai fatto crescere la carne sulla coscia
ed hai creato i capelli sul capo.
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Cielo, in cui tu hai creato le stelle!
Voi, sessanta signori, che il padre ha innalzato!
Tu, Ülgän Pi, che la madre ha esaltato!
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Cielo, in cui hai creato le stelle!
Possa la divinità concedere bestiame!
Possa la divinità concedere il pane!
Possa la divinità dare alla casa un capo!
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Imploro il padre mio!
Concedi la tua benedizione, padre mio!
Aiuta, padre mio, il capo della casa,
il bestiame nella mandria!
Mi prostro dinanzi a te.
Possa la divinità concedere la sua benedizione!
Tu, creatore del creato!
Tu, principe del cielo creato! |
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18 - I SETTE QUDAY
ome abbiamo detto, Bay
Ülgän ha sette figli chiamati complessivamente
Quday o «spiriti superiori».I loro nomi:
Yaşïn Qan, Qarşït Qan,
Paqtïğ Qan, Qara Kiş Täŋärä,
Yayq Qan, Pūra Qan,
Pïrçu Qan. Si nominano anche delle figlie, tra le
quali possiamo citare Qulay Qan,
Qostu Qan, e Tüstü Qan
«simile alla luna piena», ma anche qui le liste divergono.
I sette Quday risiedono sul monte
Sürö, nei pressi del lago di latte
Süt-aq-Köl.
Su Yaşïn Qan e Qarşït Qan
non sappiamo dir nulla. Pūra Qan e
Qara Kiş Täŋärä li abbiamo già incontrati scalando
i sedici cieli. Paqtïğ Qan è considerato lo spirito
protettore degli oğus («tribù») altai. Yayq Qan dirige gli
Yayuçï nel loro compito di attingere la vita
dei neonati nel Süt-aq-Köl, e di lui si parlerà in
seguito. Di Pïrçu Qan sappiamo che osò cavalcare a
scommessa, fidando sul suo pūra bianco, contro lo stesso
Bay Ülgän; a lui e ai suoi discendenti vengono sacrificati cavalli scuri;
ha un figlio che si chiama Qïrğiz Qan, patrono dei
Tatari Lebedini del fiume Qargysan. |
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Le cavalcature divine |
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela. |
19 – I PŪRA DEGLI DÈI
ol termine pūra si indicano i
destrieri sui quali cavalcano Bay Ülgän e
gli dèi del cielo.
Qïzïl Pūra, il «cavallo rosso», appartiene a
Qïsuğan Täŋärä. Kök Pūra,
il
«cavallo azzurro», appartiene a Totoy Qan. Vi è
anche un Adabïstïŋ Qara Pūra, il «cavallo nero di
nostro padre», appartenente a Ärlik Qan, cui fa da
stalliere Pörüçi Qan.
Gli altri pūra appartengono a Oyrot Täŋärä,
Tumat Täŋärä, Abayoş Täŋärä,
Mordoq Qan e allo stesso Bay
Ülgän.
Anche lo sciamano, come vedremo, ha un pūra particolare, il
tïn-pūra. |
Fonti
Passim |
Cerimonia del tamburo registrata nel 1931 da Nadežda P.
Dyrenkova
in area teleuta. (Dyrenkova 1949) |
1-16 |
Nadežda Petrovna
Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov. |
17 |
Nadežda
Petrovna
Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov
Vasilij Vasil'evič
Radlov:
Proben des Volkslitteratur der türkischen Stämme [I: 217-219] |
19 |
Nadežda Petrovna
Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov |
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I - TAPTÏ E
PAYANA
Le concezioni cosmologiche altaiche, forse influenzate dalle
necessità «scenografiche» imposte dalle kamlanie degli sciamani, hanno
finito con il moltiplicare gli strati celesti, portandoli perlopiù a sette o a
nove, ma spesso anche a numeri assai maggiori. Nella tradizione degli Altai, i
livelli celesti
possono essere sette, dodici, sedici o diciassette (com'è il caso dei Teleuti) e sono
chiamati taptï, «ostacoli», proprio perché vengono considerati delle tappe
che lo sciamano deve superare nella sua difficile ascesa verso Bay
Ülgän. ①
Lo sviluppo della cosmografia uranica è probabilmente andato di pari passo insieme alla speculazione teologica sulle divinità che risiedono
nell'uno o nell'altro cielo. I signori dei diciassette cieli si chiamano
collettivamente Payana, ma nelle diverse varianti non
v'è un accordo preciso sui loro nomi e le loro identità, sui loro
attributi e sulle loro dimore. Le fonti di cui disponiamo sono perlopiù
registrazioni di sedute sciamaniche effettuate dagli etnologi tra
l'Ottocento e il Novecento, e ogni singolo qam, o sciamano, mostrava
delle idee assai personali sul come disporre l'organigramma divino nella scacchiera
celeste, sebbene fossero tutti d'accordo sul fatto che i Payana
divenissero sempre più importanti e potenti man mano che si saliva verso la
dimora di Bay
Ülgän.
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II - BAY ÜLGÄN, UN DIO SUPREMO... SECONDARIO Ülgän
«grande» o Bay
Ülgän «grande ricco» è una divinità venerata dei popoli dell'Altai e dei
monti Saiani, nel sud della Siberia, dove è considerao la più alta divinità del
pántheon celeste, sebbene inferiore al supremo dio-cielo
Täŋärä Qayra Qan
(secondo i Teleuti, Bay
Ülgän risiederebbe nel sedicesimo taptï celeste, ma
Täŋärä Qayra Qan nel
diciassettesimo).
Bay
Ülgän governa il Täŋärä, il mondo
superiore, regno della luce. È il signore degli spiriti celesti o Payana.
Considerato figlio di
Täŋärä Qayra Qan, ha una moglie ed è padre di sette divinità maschili, chiamati complessivamente
Quday, e di nove divinità femminili. Si contrappone quasi specularmente ad
Ärlik Qan, che regna sul
Paşka Çär, o mondo ipoctonio. I due spiriti, l'uno dall'alto del cielo,
l'altro dal profondo degli inferi, determinano il fato degli
esseri umani, i quali abitano il mondo centrale o Pu Çär.
Si ritiene che Bay
Ülgän «grande ricco» sia stato, originariamente, un epiteto del dio-cielo Täŋärä Qayra Qan.
Man mano che, nel corso della speculazione teologica, quest'ultimo diveniva
sempre più alto e inaccessibile, trasformandosi in deus otiosus, le sue
caratteristiche attive si coagulavano in una figura distinta,
Bay
Ülgän. Le due divinità risultano in parte sovrapposte, ma la messa a fuoco della figura di Bay
Ülgän ha favorito il definitivo allontanamento di
Täŋärä Qayra Qan dal culto e dalla mitologia. È infatti a
Bay
Ülgän che vengono indirizzate preghiere e tributati sacrifici; a lui lo
sciamano si rivolge per chiedergli favori.
Alcuni studiosi ritengono, al contrario, che Bay
Ülgän sia stato originariamente un dio appartenente a una sfera più
bassa, in seguito cresciuto di importanza fino a usurpare alcune
caratteristiche e prerogative di Täŋärä Qayra Qan.
Come possibile traccia di questa trasformazione viene solitamente indicata la
presenza, al terzo taptï, di un dio
Ülgän baqqan Bay Ülgän «Bay Ülgän che obbedisce a
Ülgän», cioè al supremo Bay Ülgän; come se, promosso alla posizione di sovrano
supremo del Täŋärä, Bay Ülgän
abbia lasciato dietro di sé una sorta di clone, un secondo Bay Ülgän
definito, fin nel nome, come sottoposto al Bay Ülgän
di grado superiore. Naturalmente questa duplicazione potrebbe anche essere
spiegata tenendo conto che ülgän «grande» o bay
ülgän «grande ricco» erano originariamente degli epiteti, e come tali li
troviamo spesso applicati a divinità differenti (così come termini quali
qan, quday, täŋärä, payana).
Altri ritengono che originariamente dei Bay
Ülgän dovesse essere un dio dell'uragano, oppure della fecondità, in
quanto
ha una paredra, numerosi figli e presiede alla fecondità delle greggi e
all'opulenza dei raccolti. Secondo Klaus Sagaster, Bay Ülgän
sarebbe stato, in una fase molto arcaica del culto altaico, una
divinità ctonia. Sagaster fa notare come presso i Burjati siano attestati
alcuni relitti linguistici di questa fase, quali una dea della terra chiamata Ülgen Exe «madre Ülgän», controparte femminile del
dio
Ündär Täŋri «alto cielo». Anche l'espressione ülgän
delxei, «ampia terra», ricondurrebbe l'aggettivo ülgän a una sfera
ctonia. (Sagaster 1987). L'ipotesi tuttavia
sembra poco rigorosa, essendo basato su due usi particolari di un aggettivo
assai generico.
Le fonti non forniscono una descrizione uniforme del carattere di
Bay Ülgän. La figura del dio, così come è stata rilevata dagli etnografi
russi, mostra influenze dovute sia ai missionari ortodossi, sia ai secolari
contatti con il buddhismo mongolo e tibetano.
Bay Ülgän è considerato, in alcuni miti, il creatore
della terraferma e degli uomini, sovrapponendosi ancora una volta a
Täŋärä Qayra Qan.
Gli si sacrificavano pecore, o cavalli nel caso di celebrazioni
solenni, spesso ma non necessariamente con l'officio di uno sciamano. Il
resoconto che
l'etnologo Vasilij Vasil'evič
Radlov (1837-1918)
dà del sacrificio [tayilğa] di un cavallo presso gli Altai è un
classico della letteratura sciamanica: il qam uccide la bestia
spezzandogli la colonna vertebrale, dopodiché accompagna la sua anima attraverso
i sedici cieli, fino alla dimora di Bay Ülgän. A
questo punto Ülgän informa lo sciamano se l'offerta è stata accettata
favorevolmente e fornisce allo sciamano notizie sulla stabilità e la mutevolezza del
tempo, sul buono o cattivo raccolto, e via dicendo. Infine il dio informa il
qam di quali
altri sacrifici si aspetta di ricevere, e a volte
designa questo o quel vicino perché offici il rito e specifica anche il tipo e
il colore di animale da sacrificare. (Radlov 1893 |
Marazzi 1984)
È incerto se il culto di Bay Ülgän sia
sopravvissuto fino ai nostri giorni. |
III - ORIGINE E IDENTITÀ DEI SETTE QUDAY I Quday, i
sette figli del supremo Bay Ülgän, erano
all'inizio, probabilmente, gli spiriti guardiani dei sette cieli, in una
fase nella speculazione cosmologica altaica in cui il numero dei cieli
corrispondeva a quello delle sfere planetarie: una concezione desunta
probabilmente dalle cosmologie dell'antico Vicino Oriente. Il termine quday, «spirito superiore»,
è di derivazione iranica (cfr. antico persiano odā «dio»).
Presso i popoli della Mesopotamia, il sole, la luna e i cinque pianeti erano concepiti come
divinità abitanti i sette cieli planetari: i cieli costituivano una tavola del
destino [ṭupšîmtu] di cui i pianeti erano gli «interpreti». Come ha mostrato Uno Harva,
questa concezione si ritrova in quasi tutta l'area uralica e altaica. Secondo i
Xanty, alla nascita di un bambino gli ausiliari del dio celeste leggono
il suo avvenire in un Libro del Destino; e secondo i Tatari della Siberia sette
dèi scrivono la sorte dei neonati in un Libro della Vita che si trova in cielo.
In seguito, con la moltiplicazione degli strati celesti [taptï], e a
seconda delle diverse e contrastanti versioni, molti di essi persero la loro
qualità di payana (dio addetto agli strati del cielo) e vennero
variamente collocati nell'organizzazione del pantheon siberiano.
Le liste dei sette Quday, figli di
Bay Ülgän (per non parlare di altri figli e
figlie), divergono le une dalle altre. In mancanza di un quadro
unificatore, non vi è una concezione di base a cui far riferimento, e quindi
dovremmo procedere a tentoni. Standoa quanto sappiamo, Bay Ülgän avrebbe nove figlie
di nome ignoto e sette figli, una cui prima lista è stata fornita dall'esploratore Grigorij Nikolaevič Potanin (1835-1920): Jažigan,
Karšyt, Bachtagan, Kara Kuškān, Kānym, Jayk
(manca il settimo nome). Un secondo elenco è quella rilevata dall'etnografo Andrej
Viktorovič Anochin (1869-1931): Karšit,
Pūra-kān, Jašyl-kān, Burča-kān, Kara Kuš,
Pakty-kān, Ärkānym. Una lista assai divergente è però quella di
Radlov:
Puršak-kān, Tös-kān, Kara-kān, Suilap (dove Suilap
ha per figlio Sary-kān e
Puršak-kān ha per figlio Kyrgis-kān).
Confrontando le liste diviene ovvio che diversi nomina non sono altro che
trascrizioni differenti del nome di uno stesso personaggio:
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Lista di Potanin |
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Lista di Anochin |
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Lista di Radlov |
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Yašïn Qan |
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Jažigan |
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Jašyl-kān |
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Qaršït Qan |
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Karšyt |
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Karšit |
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Paqtïğ Qan |
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Bachtagan |
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Pakty-kān |
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Qara Kiš Täŋärä |
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Kara Kuškān |
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Kara Kuš |
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Kara-kān |
Ärkäy Qan |
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Kānym |
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Ärkānym |
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Yayq Qan |
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Jayk
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Pūra Qan |
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Pūra-kān |
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Pïrçu Qan |
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Burča-kān |
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Puršak-kān |
Suïla |
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Suilap |
I nostri raffronti non sono però sicuri al cento per cento. Ad esempio il Kara Kuš (Kān)
che appare in questi elenchi è da identificare con il Qara Kiş
Täŋärä figlio di Bay Ülgän, o con
Qara Quş
figlio di Ärlik Qan (o addirittura con
Täŋärä Qayra Qan?). Vi troviamo poi lo spirito
Suïla, che solo difficilmente può essere posto tra
i Quday. E infine è ipotetica
l'identificazione di Ärkäy Qan con l'Ärkānym
della lista di Anochin. |
IV - IL SOLE E LA LUNA: FIGURAZIONI,
MITI E LORO DIVORATORI Le concezioni mitologiche sul sole e sulla luna
sono piuttosto vaste e varie, nell'area altaica, anch'essi difficili da ricondurre a
schemi unitari e coerenti. La concezione forse più arcaica sembra
raffigurare i due luminari appaiono come semplici oggetti che gli dèi possono
prendere, passarsi e, all'occorrenza, nascondere. Quest'idea è solitamente collegata al mito secondo
il quale sole e luna sarebbero apparsi soltanto dopo la caduta dell'uomo dal suo
stato di perfezione originaria. Secondo una leggenda altai, gli uomini emanavano originariamente luce e calore, ma quando
si diffusero le malattie,
Täŋärä Qayra Qan pose nello spazio due specchi metallici per integrare la
luce e il calore che erano venuti meno, e questi sono appunto il sole e la luna. Un'analoga versione di questo mito si
ritrova anche presso i Calmucchi.
In una leggenda burjata, il dio della terra va
in visita dal dio del cielo e riceve in dono il sole e la luna. Li chiude però
in uno scrigno, provocando il totale oscuramento del mondo. Il dio del cielo
spedisce allora un riccio presso il signore della terra; l'animale, con uno
stratagemma, ottiene di nuovo in dono il sole e la luna e può così liberarli.
(Di Nola 1970). Questo ciclo di leggende ha
probabilmente un legame con il racconto finlandese del furto del sole e della
luna da parte di Louhi, signora
di Pohjola, la quale li
nasconde in una caverna e fa piombare il mondo nel buio; il fabbro
Ilmarinen forgia
col metallo un
nuovo sole e una nuova luna, ma senza che questi brillino come gli astri
originali. È l'eroe
Väinämöinen, con un sotterfugio, a spaventare
Louhi, la quale torna a liberare
il sole e la luna
(Kalevala [XLVII-XLIX]).
In Giappone è invece assai popolare il mito della dea-sole
Amaterasu-ō-mi-kami che, offesa, si rinchiude in
una caverna sprofondando il mondo nelle tenebre; viene tosto attirata
dalle risate delle divinità, eccitate dalla licenziosa danza della dea
Uma-no-Uzume, e ingannata con uno specchio posto
davanti a una fessura della caverna, la quale le fa credere che un nuovo sole
stia brillando sul mondo, viene fatta uscire dalla caverna (Kojiki [I]).
Finlandia e Giappone, alle due opposte estremità dell'Eurasia, segnano forse i
limiti geografici di un mito preistorico diffuso in tutta la fascia
settentrionale del continente, dove il sole e la luna vengono rubati, nascosti,
inutilmente sostituiti con
specchi o placche di metallo. I temi sono però piuttosto confusi tra loro ed è
difficile trarne schemi rigorosi.
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Hòu Yì (✍
?) |
Autore non identificato |
È anche attestato, in area altaica, il mito
di una pluralità primordiale di soli e di lune che, rischiando di ardere il
mondo, devono essere eliminati. L'eroe burjato Erxe Mergen
abbatte con le sue frecce i molti soli primordiali che disseccavano la terra,
lasciandone uno soltanto nel cielo. Nel mito torɣūto, i tre soli sono figli di
Šulma, il diavolo: Teŋri
li spazza via causando una diluviale inondazione, salvandone uno solo.
(Di Nola 1970). Presso i Nani,
i tre soli primordiali espongono la terra al rischio di essere bruciata, e le
tre lune riempiono talmente la notte con la loro luce che tolgono il sonno agli
uomini: così l'eroe Xoday, invitato dalla sorella
Myamendi, abbatte con il suo arco due soli e due lune:
secondo i tungusi il carbon fossile è infatti la traccia lasciata dai soli
abbattuti e affondati nella terra
(Lopatin 1922 | Di Nola 1970 | Marazzi 1984).
Questo ciclo di leggende ha la sua origine forse nel mito cinese dell'arciere
Hòu Yì, che abbatté a colpi di freccia nove dei
dieci soli, salvando la terra dal rischio di essere consunta. Questo racconto è
forse, a sua volta, l'esito di una
tradizione ancora più antica, di cui si trovano esiti addirittura in Grecia,
come cercheremo di dimostrare in un lavoro di prossima pubblicazione. In altri
miti, sole e luna vengono invece personificati. Per il suo potere creativo, il
sole è generalmente visto come un essere femminile, e di conseguenza la luna,
nella maggior parte dei casi, è maschile. Ancora oggi, in Turchia, il nostro
satellite viene chiamato Ay Dede, «nonno luna». Secondo una tradizione
turcica riportata da fonti arabe (XIV sec.), agli inizi del mondo una grotta
del Qara Tag viene inondata dalle acque; quando queste si ritirano, il fango si
secca al calore del sole e si forma il primo uomo, Ay Ata
«padre luna»; quarant'anni più tardi, una nuova inondazione porta alla nascita
di Aywa, sua moglie (Boratav
1954). In una tradizione qipçaq il primo uomo formatosi dalla creta
riscaldata dal sole aveva nome Ay Atam «mio padre
luna». Sebbene tali leggende non abbiano forse valore cosmologico, attestano il
ruolo maschile della luna nei miti turcici.
(Roux 1984)
Il culto reso ai due astri è ben attestato in tutto il mondo altaico:
soprattutto tra i Mongoli, al sole venivano rivolte preghiere all'alba, a
mezzogiorno e al tramonto. Quando Čiŋɣis Qan ascese il Burqan Qaldun, si
prosternò nove volte in direzione del sole. I Nanai, in caso di malattia,
ricorrevano a un rito familiare (cioè senza intervento dello sciamano) nel corso
del quale si rivolgeva, la mattina, una preghiera al sole per ottenere la
guarigione; e nel caso questa fosse effettivamente avvenuta, gli si sacrificava
un gallo, un'anatra o un maiale, e il sangue dell'animale ucciso veniva lanciato
in direzione dell'astro.
(Di Nola 1970 | Roux 1989)
Numerosi sono anche i miti eziologici che intendono spiegare le eclissi come
conseguenza di un dramma cosmico in cui dei mostri divoratori cercano di ingoiare il
sole e la luna. Lupi e orsi, secondo i Saxa, divorano periodicamente i due
astri. Per i Nani, la luna fugge, dopo essere stata morsa dal cane del dio
celeste Ǝndurī (Ǝkšǝrī),
si ricovera in un angolo del cielo e si cura con
delle erbe. Anche i Nivxi attribuiscono l'eclissi lunare alla morsicatura di un
cane. Per gli Altai e i Tatari il divoratore del sole e della luna è un mostro
dotato di sette teste, Yälbägän. Secondo una complessa leggenda burjata, le eclissi sono
provocate da una bestia mitica, Alxa, che gli dèi riuscirono a vincere e a
tagliare a metà. Nonostante ciò, essa continua a ingoiare il sole e la luna, ma
i due sfuggono dal suo corpo incompleto. (Di Nola 1970) In tutti questi casi l'intervento
rituale umano è indispensabile per spaventare i mostri divoratori: rumori,
grida, lancio di pietre e spari sono gli strumenti rituali con il quale le
creature cosmiche vengono fatte fuggire dal cielo, permettendo ai due astri di
tornare a splendere sul mondo. |
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