1 -
IL TEMPIO SENZA OMBRE
econdo alcuni,
Zeús nacque in Parrhasía, nel meridione dell'Arkadía. Qui sorge il monte
Lýkaion, che gli Arcadi chiamano anche Ólympos; vi è nella zona una località detta Krētéa, e gli Arcadi sostengono che sia proprio questa – e non l'isola di Krḗtē
– il luogo in cui Zeús nacque e fu allevato.
Non lontano sorge la città di Lykosoúra, fondata da Lykáōn,
che dicono sia il più antico centro abitato in assoluto, da
cui gli uomini impararono a costruire altre città.
Sulla cima più alta del monte, da dove la vista spazia su tutto il Pelopónnēsos,
gli Arcadi hanno innalzato un tumulo di terra, quale altare dedicato a
Zeús Lykaíos. Al dio è parimenti dedicato un
recinto, posto nei pressi, nel quale nessuno, uomo o animale che sia, getta ombra. È
proibito a chiunque entrare in questo recinto, e se qualcuno, contravvenendo
alla legge, vi fa ingresso, inevitabilmente muore nel giro di un anno.
|
2 -
NASCITA DI ZEÚS
SUL MONTE LÝKAION
arrano, gli Arcadi,
che Rhéa venne segretamente a partorire in una
fitta macchia sul monte Lýkaion. Quel luogo è tuttora chiamato «antico giaciglio del
parto di Rhéa», e nessuna donna incinta ci si reca
a sgravarsi.
Accorsero ad aiutarla tre nymphaí: Nédē,
Theisóa e Hagnṓ, e non appena Rhéa ebbe dato alla luce il neonato,
andò subito a cercare un corso d'acqua per lavarlo. Ma a quel tempo, nessun
fiume attraversava quella terra, e la ciottolosa Azēnía era percorsa
da viandanti assetati. Crescevano querce dove oggi scorre l'umido Iáōn;
passavano carri sul corso del Mélas; dove oggi serpeggia il Karíōn facevano il
nido i serpenti. Allora, presa d'angoscia, la regina Rhéa
sollevò il braccio e percosse con il suo scettro il fianco del monte.
— G, cara terra, sgràvati anche tu. Non è lieve il
tuo travaglio.
|
Zeús allattato dalla capra Amáltheia |
Dipinto di Jacob Jordaens (1593-1678) |
Subito la roccia si spalancò, e dalla voragine sgorgò un flutto d'acqua.
Rhéa vi lavò il neonato e l'affidò a
Nédē, la più anziana delle tre nymphaí, affinché lo portasse al più presto a Krḗtē,
per nasconderlo agli occhi di Krónos. La
nýmphē obbedì,
e Rhéa, riconoscente, diede il suo nome al fiume
appena sgorgato.
Quando
Nédē giunse a Krḗtē, con il bambino in braccio, al
neonato si staccò il cordone ombelicale. Questo avvenne a Thenaí, in una valle
vicino Knōsós, e tuttora i Kýdōnes chiamano quel luogo Omphalós.
In seguito il bimbo fu portato sul monte Díktē, dove fu preso in braccio dalle
Díktai Melíai, le nýmphē dei frassini che dimoravano sul
monte,
sorelle dei
Kourtes. Qui il bimbo fu
deposto in un culla d'oro e cullato da Adrásteia,
figlia di re Melisseús. Le nymphaí
condussero a lui
la capra Amáltheia, che lo allattò.
Anche l'ape Panakrídos si mosse dai monti idei
detti Pánakra, per nutrire il piccolo con il miele.
I
Kourtes (o Korýbantes) intrecciarono la prýlis, una danza di guerra, intorno alla culla,
mascherando i vagiti del piccolo con il clangore delle loro armi, in modo che non lo scoprisse suo
padre Krónos.
|
3 -
L'OCCULTAMENTO DI ZEÚS
|
Educazione del
piccolo Zeús |
Dipinto di Jacob Jordaens (1593-1678) |
oloro che sostengono
la nascita di Zeús nell'isola
di Krḗtē, affermano che Rhéa lo partorì in un
antro del monte Díktē, e pose i
Kourtes a proteggere il
neonato nella grotta, celandone i vagiti con il clangore
delle loro armi. Dicono che anche la culla venne ricavata
dal cavo di uno scudo curetico.
A quell'epoca regnava su Krḗtē l'antico Melisseús.
Costui fu il primo uomo a escogitare i riti religiosi e
ad offrire sacrifici agli dèi. E fu alle sue figlie,
le
nymphaí
Adrásteia e Ídē,
che Rhéa affidò l'infante. Ma poiché le due fanciulle non
avevano latte, posero accanto al pargolo la capra Amáltheia, che aveva appena
partorito due capretti, e fu essa a fare da nutrice al
piccolo Zeús. In seguito,
riconoscente, il dio trasportò tra le stelle Amáltheia e i
suoi due capretti.
Altri dicono invece che le figlie di
Melisseús avessero nome
Amáltheia e
Mélissa: la prima nutrì
Zeús
con il latte di capra, la seconda con il miele.
Zeús crebbe indisturbato a Krḗtē,
sotto la vigile attenzione delle due nymphaí.
Adrásteia gli donò, per giocare, una meravigliosa palla,
fatta di cerchi dorati e ricoperta da una volta azzurra. Una volta lanciata,
lasciava in aria un solco splendente, come una stella cadente.
|
4 - L'INGANNO
DI KRÓNOS
uando Krónos
si avvide che
Rhéa aveva partorito, le ordinò
di portarle immediatamente il bambino.
Rhéa avvolse una pietra in un
panno, così come fosse un neonato, e la porse al marito.
Senza avvedersi dell'inganno,
Krónos
la trangugiò. I suoi denti, urtando contro la roccia, si
spezzarono. Egli fu comunque persuaso di aver divorato il
suo ultimo discendente.
L'inganno di
Rhéa, purtroppo, non poté
essere sostenuto a lungo. Quando Krónos
si avvide di essere stato ingannato e scoprì che suo figlio era
ancora in vita, cominciò a cercare dovunque il piccolo
Zeús, al fine
di ucciderlo.
Fu allora che le sue nutrici, la titanessa Thémis
e la naïás Amáltheia, a cui
Rhéa aveva affidato il bimbo,
lo nascosero sull'isola di Krḗtē. Per
impedire che il padre lo trovasse, Amáltheia lo
depose in una culla sospesa al ramo di un albero, affinché egli non si
trovasse né in terra, né in mare, né in cielo, e sfuggisse
così alle ricerche di Krónos. E
per dissimulare i vagiti del pargolo, fece venire dei giovani
di età impubere ai quali consegnò lance e scudi di bronzo, e
ordinò che essi, danzando intorno all'albero, li battessero
gli uni contro gli altri. Essi vengono chiamati
Kourtes o Korýbantes.
|
5 - AMÁLTHEIA E LA SUA
CAPRETTA
a naïás Amáltheia aveva, tra i
suoi animali preferiti, una capretta, chiamata
Aíx, figlia di
Hḗlios. Il suo vello non aveva
uguali per candore e morbidezza, ma il suo sguardo era
terribile, tanto che gli stessi
Titânes ne erano atterriti. Per tale ragione,
essi avevano chiesto a G di
nascondere l'animale, e la dea-terra aveva occultato la capra
in una grotta di Krḗtē. Fu
appunto Aíx a nutrire il
piccolo Zeús con il latte delle
sue ubertose mammelle.
La capra aveva, si narra, due magnifiche corna, ritte
e ricurve. Una si ruppe nell'urto con un albero.
Amáltheia la raccolse e, dopo
averla inghirlandata di erbe e riempita di frutti, la porse alle
labbra di Zeús. Questo corno
ebbe da allora la proprietà di riempirsi di
frutta, e divenne la cornucopia o corno dell'abbondanza.
Anni dopo, quando Zeús mosse
guerra contro i Titânes,
si rivestì della pelle di Aíx.
Un oracolo lo aveva infatti avvertito che solo così egli
avrebbe potuto ottenere la vittoria. Una volta riconquistato il
suo regno, Zeús raccolse nella
pelle le ossa della capretta, le restituì la vita e la pose
tra le stelle, a perpetua memoria. Quelle pelle, chiamata
aigís «egida», adorna della testa di
Médousa, venne in seguito
donata ad Athēnâ, che la
utilizzò per
coprire il proprio scudo.
|
Zeús infante custodito dalle
nymphaí e dai Kourêtes
(± 1535) |
Giulio Romano (1499-1546), dipinto.
National Gallery, Londra (Regno Unito) |
|
Fonti
|
|
I - MA DOV'È CHE NACQUE
ZEÚS?
L'antichità conosceva molte tradizioni alternative sul luogo della nascita di Zeús, tanto che lo stesso
Kallímakhos, nell'incipit dell'inno al dio, scrive
desolatamente:
|
Come ti chiameremo? Diktaîos o Lykaîos?
In dubbio è il mio cuore, perché disputata è la nascita.
Zeús, tu – dicono – nascesti sui monti dell'Ídē.
Zeús, tu in Arkadía. Chi dei due, padre, ha mentito?
I cretesi mentono sempre... |
Kallímakhos:
Hymnia [I] > Eis Día
[-] |
Secondo la versione più antica, che è
quella riportata da Hēsíodos,
Zeús sarebbe nato a Krḗtē.
Il racconto esiodeo è rapido ed elegante.
Rhéa avrebbe
partorito il dio a Lýktos (località presso
l'attuale Kastélli Pediados), ma poi
G lo avrebbe
nascosto in un antro scosceso, sotto i recessi della terra,
nel monte Aigaíōs (da aíx: «capra»).
Pémpsan d’ es Lýkton, Krḗtēs es píona dmon,
hoppót’ ár’ hoplótaton paídōn téxesthai
émelle,
Zna mégan; tòn mén hoi edéxato Gaîa pelṓrē
Krḗtēı en eureíēı traphémen atitallémenaí
te.
Éntha min îkto phérousa thoḕn dia nýkta
mélainan
prṓtēn es Lýkton; krýpsen dé he
khersì
laboûsa
ántrōı en ēlibátōı, zathéēs hypò keúthesi
gaíēs,
Aigaíōı en órei pepykasménōı hylḗenti. |
E [Rhéa] mandarono a Lýktos, nel pingue paese di
Krḗtē,
affinché il suo ultimo figlio potesse partorire,
Zeús grande. Lo accolse G prodigiosa
nell'ampia Krḗtē, da nutrire ed educare.
Lui dunque portando, essa giunse veloce nella nera notte
dapprima a Lýktos, e lo nascose, prendendolo con le
sue mani
in un antro scosceso, sotto i recessi della terra divina,
nel monte Aigaíōs, coperto di una folta foresta. |
Hēsíodos:
Theogonía
[-] |
Ma la tradizione relativa al monte
Aigaíōs è pressoché isolata
in
Hēsíodos. Nella
maggior parte dei testi sono piuttosto i complessi montuosi
dell'Ídē e del Díktē
a contendersi l'onore di aver
ospitato il divino neonato in una
grotta. Le montagne dividevano anche la parte: a seconda
delle versioni, il dio sarebbe nato sull'una e allevato sull'altra.
L'incertezza su questo punto è rivelata da
Apollódōros che, mentre indica l'antro sul
monte Díktē come luogo della nascita di
Zeús,
denomina Ídē una delle nutrici del dio
(Bibliothḗkē
[I: 1: ]). Secondo altre tradizioni,
Zeús sarebbe stato portato a Krḗtē
soltanto dopo la nascita, al fine di nasconderlo agli occhi
di Krónos.
Alla tradizione «cretese» si affianca quella «arcadica»,
attestata da Kallímakhos
(Hymnia [I]).
Zeús sarebbe stato partorito in Arkadía, sul monte
Lýkaion, e solo in seguito condotto e nascosto a Krḗtē.
Tale tradizione è testimoniata da un importante culto a Zeús
Lykaíos, di cui dà testimonianza
Pausanías
(Periḗgēsis [VIII:
38]).
Vediamo in breve le principali versioni sui luoghi legati
alla nascita e all'infanzia di Zeús:
-
In Hēsíodos,
Zeús sarebbe nato a
Lýktos (Krḗtē) e poi
nascosto in un antro nel monte Aigaíōs
(Theogonía
[-]).
-
Per
Apollódōros, Zeús sarebbe nato in una grotta
sul monte Díktē (Bibliothḗkē
[I: 1: ]). Ídē è
una delle nutrici del dio.
-
Diódōros Sikeliṓtēs afferma che Zeús nacque sul Díktē e che,
in seguito, vi fondò una città, le cui rovine perduravano ancora alla sua epoca. Venne però allevato in una caverna
sul monte Ídē. (Bibliothḗkē Historikḗ
[V: 70])
-
Secondo Kallímakhos,
Zeús sarebbe
nato in Arkadía e, solo in seguito, sarebbe stato condotto a
Krḗtē e
nascosto sul monte Díktē (Hymnia [I:
| ]).
Era l'ape Panakrídos
a giungere dal monte Ídē
(Hymnia [I:
]).
-
In
Apollṓnios Rhódios,
Adrásteia avrebbe baloccato
Zeús
nell'antro dell'Ídē (Argonautiká [III:
-]).
-
Nónnos Panopolítēs afferma che
Zeús sia stato svezzato
nella grotta del Díktē (Dionysiaká [XLVI:
]).
-
Secondo Ovidius, Zeús fu allevato sul monte Ídē (Fasti [IV:
]). La stessa nýmphē Amáltheia
abitava l'Ídē
(Fasti [V:
]), ma la sua capretta viene detta degna d'ammirazione tra le greggi
del monte Díktē (Fasti [V: ]).
-
Lucretius afferma che i Kourtes
abitassero sul monte Díktē (De rerum natura
[II: 634]).
-
Virgilius attesta che Zeús
venne nutrito dalle api del monte Díktē (Georgica
[IV: -]).
-
Anche Servius parla del
monte Díktē (Vergilii carmina commentariorum:
AEneis [III:
]).
-
Secondo
Hyginus, Zeús sarebbe stato portato a
Krḗtē dopo la nascita, al fine di sfuggire alle
ricerche di Krónos (Fabulae [139]).
Non viene fatta menzione del luogo preciso.
-
Il
Mythographus Primus Vaticanus [104] e il
Mythographus Secundus Vaticanus [16] sono
concordi nel citare il monte Díktē come luogo in cui Zeús
venne nascosto.
Sia l'Ántron Idaíon che l'Ántron Diktaíon (oggi
caverna di Psykhró, dal nome del villaggio nelle vicinanze) sono state
grotte sacre minoiche, oggetto di rilevamenti archeologici fin dall'ultimo
quarto del XIX secolo.
Entrambe erano probabilmente utilizzate come luogo di culto o di iniziazione fin
dal Medio Minoico (2100-1600 a.C.). Soprattutto nella caverna di Psykhró sono
state trovate offerte votive in bronzo, minuscole asce bipenni [labrys],
coltelli, punte di lancia, ami da pesca, spille, statuette maschili e femminili,
e altri piccoli oggetti collocati nelle nicchie delle rocce, frammenti di piatti e coppe
per le libagioni, lampade in pietra e in ceramica, più ossa di animali
sacrificati: tori, pecore e capre, un cervo e un cinghiale.
|
|
|
Ántron Idaíon |
|
Ántron Diktaíon |
|
II - LE
NUTRICI DI ZEÚS
Nelle varie versioni del mito, a occuparsi di
Zeús
neonato sono una o due giovani
nymphaí o
naïádes, in genere identificate con le figlie di un certo
Melisseús. I nomi delle due
ragazze cambiano da testo a testo ma, come vedremo, rientrano in un
tema mitico costante.
|
La nýmphē Adrásteia e la capra Amáltheia con il
piccolo Zeús |
Dipinto di Ignaz Stern (1679-1748)
Bibliotheque des Arts Decoratifs, Parigi (Francia) |
Kallímakhos ne cita soltanto
una:
Adrásteia, la quale avrebbe cullato il dio
neonato in un canestro d'oro
(Hymnia [I:
]). Anche
Apollṓnios Rhódios cita
Adrásteia, la quale avrebbe donato al piccolo Zeús
una palla di cerchi dorati, sormontata da una cupola
azzurra (Argonautiká [III:
-]), evidente simbolo
della sua futura regalità universale.
Adrásteia compare perlopiù da sola, ma in
Apollódōros fa coppia con Ídē
(Bibliothḗkē
[I: 1]), nome sorto probabilmente per confusione con
l'oronimo cretese.
Hyginus, a cui dobbiamo ben quattro versioni del mito
della nascita di Zeús, riporta una tradizione che fa risalire a Mousaîos, dove le nutrici di Zeús
sono la titanessa Thémis e la
nýmphē
Amáltheia
(De Astronomia [II: 13, 4]).
Ora,
Thémis in greco è la «legge»,
così come
Adrásteia, il cui nome ha il non rassicurante
significato di «inesorabile»,
è connessa con la giustizia (il nomen è anche un
appellativo di Némesis, la
giustizia compensatrice, punitrice dei peccati di hýbris).
Próklos scrive addirittura che «Al decreto di
Adrásteia tutte le cose sono sottomesse, e tutte le
norme degli dèi e tutte le misure e le precauzioni
sussistono in virtù di essa» (Perì
tēs katà Plátōna theologías [IV: 16]).
Thémis e
Adrásteia sembrano preludere, seppure separatamente
(non sono mai attestate insieme), a un futuro ruolo di
Zeús quale arbitro e
regolatore delle sorti del mondo.
Amáltheia, la «tenera dea», è
in Hyginus la
nýmphē
o naïás che avrebbe deposto
Zeús in una culla appesa ai rami di un albero, per
nasconderlo agli occhi di
Krónos (Fabulae [139]).
È però ricordata soprattutto come la nutrice che condusse a
Zeús la propria capretta,
affinché lo allattasse. Così in Ovidius (Fasti [III:
| V: ]),
negli scolii ad Áratos
(Phainómena
[136]) e, ancora una volta, in Hyginus (De
Astronomia [II: 13,
4]).
Nelle fonti greche, Amaltheia
è invece il nome della capra.
Un'altra versione, che
Hyginus fa risalire al grammatico alessandrino Parmenískos,
afferma che Zeús venne
accudito da due
nymphaí, figlie di Melisseús,
di cui non fa il nome. Sarebbero state loro a
condurre da
Zeús la capra Amáltheia.
(De Astronomia [II: 13, 3²])
È Lucius
Lactantius a fornirci qualche informazione su
Melisseús. Sarebbe stato un re cretese dei
primordi, il primo uomo a introdurre riti per onorare gli
dèi e a offrire loro sacrifici. Le sue figlie avevano nome
Amáltheia e Mélissa:
la prima nutrì Zeús con latte
di capra, l'altra con il miele (Divinarum
institutionum [I: 22]). Si noti che in Nónnos
Panopolítēs, Melisseús è invece
detto essere uno dei
Kourtes
(Dionysiaká [XXVIII:
-])
È difficile mettere
ordine in una materia tanto indisciplinata, ma sembra di
capire che le nutrici di
Zeús facciano capo a due
distinte funzioni: una che rimanda a nozioni di legge,
ordine, giustizia (Adrásteia,
Thémis), relative al futuro
ruolo del neonato quale re dell'universo; l'altra al
nutrimento (Amáltheia,
Mélissa), esemplificato dal
latte e dal miele, cibo paradisiaco che prelude allo
status divino e all'immortalità. |
III - IL MOTIVO DELLA TERIOTROFIA
Il nutrimento di
Zeús neonato, come abbiamo detto, consisteva in latte
e miele. Il primo fornito da una capra, il secondo dalle api. La combinazione tra i due
viene esplicitata in diverse fonti: in
Diódōros Sikeliṓtēs, in Kallímakhos,
in Lactantius.
|
I
Kourtes lo portarono in una certa caverna e lo consegnarono alle
nymphaí, con
il comando di soddisfare tutte le sue necessità. E le nymphaí nutrirono il bimbo
con una mistura di miele e latte, e glielo diedero attaccandolo alla mammella
della capra che ha nome Amáltheia. |
Diódōros Sikeliṓtēs:
Bibliothḗkē Historikḗ
[V: 70] |
Tutte le fonti concordano sul fatto
che Zeús neonato succhiò il
latte dalle mammelle di una capra. Essa apparteneva alle
nimphaí
del monte Díktē o Ídē, e furono proprio loro a condurrla al piccolo Zeús
affinché lo allattasse. Le fonti greche
tendono a dare all'animale il nome di Amáltheia,
la «tenera dea». Così in Kallímakhos
(Hymnia [I:
]), in
Apollódōros (Bibliothḗkē
[I: 1]),
in Diódōros Sikeliṓtēs
(Bibliothḗkē Historikḗ
[V: 70]), in Nónnos Panopolítēs
(Dionysiaká [XXVII: ]),
in Hyginus
(De Astronomia [II: 13, 3²]) e nel tardo
Mythographus Secundus Vaticanus [16].
Altrove la capra è anonima: in Áratos
(Phainómena
[136]), in Strábōn (Geōgraphiká
[VIII: 8, ]),
in Manilius
(Astronomica
[I: ]),
in Antoninus Liberalis
(Metamorphṓseōn Synagōgḗ [36: 1]), nel lessico bizantino Suîdas,
etc.
Le fonti romane tendono invece ad attribuire il nome di Amáltheia
alla nýmphē
che aveva in custodia la capretta: così in Ovidius
(Fasti: [V: ]),
in Hyginus (Fabulae [139]
| De Astronomia [II: 13, 4]),
negli scolii ad Áratos
(Phainómena
[136]), etc.
|
Zeús allevato dalle nimphaí
e dalla capra Amáltheia (1555-1556) |
Affresco (particolare) di Giorgio Vasari
(1511-1574)
Palazzo Vecchio, Firenze (Italia) |
Se il nome di Amáltheia
vada originariamente attribuito alla capretta o alla
nýmphē,
è questione che divide gli interpreti. Non è facile prendere
posizione, considerato che non è sempre vero che a fonti più
tarde corrispondano tradizioni più corrotte. Sembra
ragionevole presumere che, nella forma più arcaica del mito,
Zeús
doveva essere stato direttamente allevato dalla capra e
dalle api, e nutrito con latte e miele: l'intervento delle
nimphaí
ha tutta l'aria di essere un'elaborazione posteriore.
In tal caso, lo spostamento del nome dalla capra alla
nýmphē
potrebbe essere il risultato di tendenze razionalistiche che si andavano
diffondendo in epoca ellenistica, anche se è pure possibile
che sia stata la capra, prima anonima, a rubare il nome alla
nýmphē
Amáltheia
(Guidorizzi 1995).
A
indicazione dell'antichità del motivo della teriotrofia, si
può far notare come questo faccia parte – seppure in
contesto diverso – del racconto cosmogonico indoeuropeo:
ricordiamo il mito iranico del protoantropo
Gāyōmar nutrito dal latte della mucca
Gə̄uš Urvan, o quello norreno di
Ymir che si abbevera ai fiumi
di latte sgorgati dalle mammelle di
Auðhumla.
Si tratta però solo di vaghe analogie: il mito greco è profondamente
differente, negli intenti e nel significato, da quello
iranico e germanico.
Sul miele, le fonti insistono in misura minore. Kallímakhos
ci
parla dell'ape Panakrídos,
giunta dalle omonime cime del monte Ídē, per
portare il miele a
Zeús infante
(Hymnia [I:
]). Anche Virgilius afferma che le api del monte Díktē
nutrirono
Zeús e vennero da lui ricompensate
(Georgica
[IV: -]). Le api compaiono anche nel
Mythographus Secundus Vaticanus
[16]. Nella versione di Lactantius, sono le
nymphaí
Amáltheia e
Mélissa a
offrire a
Zeús,
rispettivamente, il latte e il miele: non viene qui fatto
alcun cenno di intermediazione animale
(Divinarum
institutionum [I: 22]). Ma come il nome di
Amáltheia si collega ancora una volta a quello
della capretta, il nome di
Mélissa
si connette subito al greco mélissai «api»
(Ferrari 1990).
La conclusione è che i personaggi di
Mélissa e di suo padre
Melisseús siano nati da un tentativo di razionalizzare il
mito di Zeús nutrito dalle api
(Guidorizzi
1995). Notiamo infine, per completezza, la
presenza di miti differenti da quelli «canonici».
Ad esempio, esisteva un racconto secondo il quale
Zeús fu nutrito da una
scrofa, la quale sostituiva i
Kourtes coprendo con i suoi
grugniti i vagiti del dio neonato (Kerényi
1951-1958).
Antoninus Liberalis associa alla capretta Amáltheia
un cane
d'oro che difendeva l'antro di Zeús in luogo dei
Kourtes
(Metamorphṓseōn Synagōgḗ [36: 1]). |
IV
- UNA CAPRA NEL CIELO
Il mito di Zeús allattato della capretta Amáltheia, aveva
anche un significato astronomico: il dio aveva infatti ricompensato la cornuta nutrice trasformandola in una
stella. Al motivo del catasterismo accennano molte fonti,
in primis i testi astronomici. Ne parlano sia Eratosthénēs
(Katasterismoí [13]) che
Áratos
(Phainómena
[136]):
|
Capra [Aíx] sacra che, come raccontano, hai offerto a
Zeús la tua mammella. I sapienti la chiamano la Capra
olenia di Zeús. È una [stella] grande e brillante. |
Áratos:
Phainómena
[136] |
|
Auriga |
Rappresentazione classica della costellazione
dell'Auriga. Capella indica la capra Amáltheia. Le
stelle η e ζ corrispondono ai Capretti. |
La stella in questione è α Aurigae,
una delle più luminose del cielo. I greci la
chiamavano Aíx «capra», nome poi arabizzato in
al-˓Ayyūq. Tuttora essa è conosciuta con il nome latino
di Capella, la «capretta».
La costellazione dell'Auriga
sembra fosse rappresentata come un
cocchiere che teneva in braccio una capra e reggeva due
capretti sulla mano sinistra. Questi corrispondono a loro
volta alle stelle η Aurigae e ζ Aurigae. Stando a una notizia
riportata da Hyginus
(De Astronomia [II: 13]), i Capretti
sarebbero citati per la prima volta in un poema di Kleóstratos
Tenédios (VI sec. a.C.), l'antico astronomo a cui si
attribuiva il completamento dello zodiaco.
Così Manilius descrive la costellazione:
|
[All'Auriga] stanno addosso i Capretti,
stelle che chiudono la via del mare,
e la Capra famosa per aver nutrito il re dell'universo,
che dalle sue mammelle ascese al grande Ólympos,
crescendo dal ferino latte ai fulmini e alla potenza del tuono.
Dunque per debito merito la consacrò tra gli astri eterni,
Zeús, e il cielo ripagò con il compenso in cielo. |
Marcus Manilius:
Astronomica
[I: -] |
Manilius
afferma che i Capretti [Haedi]
«chiudono la via del mare»
perché nell'antichità il loro tramonto mattutino cadeva tra
la fine di novembre e i primi di dicembre, coincidendo con
l'inizio della cattiva stagione e dunque concludendo il
periodo favorevole alla navigazione (Cattabiani
1998). La dizione «piovosi Capretti» [pluviales
haedi] o «piovosa Capra» [pluvialis Capella] è un
diffuso cliché alla poesia latina (cfr. Virgilius:
AEneis [IX: ]; Ovidius:
Metamorphosis [III:
]).
Ovidius, che colloca al l° maggio la
levata mattutina di Capella, aggiunge:
...Prima mihi nocte
videnda
stella est in cunas officiosa Iovis:
nascitur Oleniae signum pluviale Capellae;
illa dati caelum praemia lactis habet. |
...Nella prima notte io devo
vedere la costellazione che fu utile a Zeús nella culla:
sorge infatti la olenia Capra [Capella], segno di pioggia;
essa ha il cielo in premio del latte che gli ha dato. |
Publius Ovidius Naso:
Fasti
[VI: -] |
A giustificazione dell'immagine ravvisata nell'asterismo
dell'Auriga, soprattutto per quanto riguarda la presenza dei
Capretti, Hyginus fornisce il dovuto completamento
mitologico:
|
Un tempo regnava a
Krḗtē un re chiamato
Melisseús e Zeús
era stato affidato alle sue figlie perché lo nutrissero. Dato però che non
avevano latte, gli pose accanto la capra Amáltheia,
che dicono sia stata sua nutrice. Essa era solita generare ogni volta una coppia
di capretti e li generò all'incirca nello stesso tempo in cui
Zeús gli fu portato da nutrire. E così per
riconoscenza verso la madre, il dio trasportò fra le stelle anche i capretti. |
Hyginus Astronomus:
De Astronomia [II: 13: 3²] |
Un'altra storia, riportata sempre da Hyginus, ci conduce in
un diverso ordine di idee:
|
Sembra che sulla spalla sinistra [dell'Auriga] stia una capra e nella mano
sinistra siano raffigurati dei capretti, sui quali c'è chi racconta questo. Un
giorno visse un uomo chiamato
Ṓlenos,
figlio di Hḗphaistos. Da lui nacquero
due nymphaí, Aíx ed Helíkē,
che furono nutrici di Zeús. Altri affermano che da
loro presero nome alcune città... |
Hyginus Astronomus:
De Astronomia [II: 13: 3¹] |
Questo secondo racconto di
Hyginus ignora la contraddizione che porrebbe
Zeús almeno tre generazioni
dopo Hḗphaistos.
Comunque sia, i nomi delle due nutrici sono assai
indicativi: Aíx
(lat. AEx) significa infatti
«capra»
ed Helíkē (lat.
Helice) «riccioluta», rimandando tutt'e due al mondo
caprino. Il collegamento dei nomi con località della
Grecia continentale è anche sottolineato da Strábōn, il
quale cita l'espressione di Áratos «Capra olenia di Zeús»
[ōleníēn aîga Diòs] per sottolineare il legame
mitologico con l'eroe Ṓlenos
e con l'omonima città dell'Akhaía
(Geōgraphiká
[VIII: 8, 5]).
Ma con la Capra siamo in un contesto
astronomico, non geografico. Le pseudo-etimologie di
Strábōn e Hyginus lasciano un po' il tempo che trovano.
L'aggettivo «olenio», infatti, più che rimandare a una
città, o al suo eroe eponimo, si riferisce più tecnicamente
alla posizione della stella Aíx/Capella,
collocata sulla spalla sinistra dell'Auriga (cfr. ōlénē
«omero, spalla»). Da qui, il continuo riferimento degli autori romani
ad una Olenia Capella (ad es.
Ovidius: Fasti
[VI: 113]). |
V - L'OCCULTAMENTO DEL RE
DEL MONDO E LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
Il motivo del futuro re del mondo che nasce in una caverna – luogo sacro, iniziatico, idoneo alla manifestazione divina nel cosmo
(Maschio 2005) – o comunque occultato in un sito segreto, in modo che il
vecchio re, geloso dei propri privilegi, non possa arrivare a nuocergli, è ben
conosciuto ai mitologi. Solitamente il regale bambino cresce indisturbato in un ambiente bucolico, in
compagnia di pastori e delle loro greggi, finché, divenuto un uomo, detronizza l'antico
sovrano e stabilisce il proprio regno.
Il racconto in questione è un tema narrativo diffuso anche in ambiente
storico o semi-storico. Si pensi, a titolo esemplificativo, al racconto di
Hēródotos su Kýros II Akhaiménēs (pers. Kūruš Haxāmanišiya), re dei re [xšāyaθiya
xšāyaθiyānām] dell'impero persiano (♔ ±560-530 a.C.). Suo nonno Astyágēs, re
dei Medi, una volta ottenuto il potere, sogna che dal grembo di sua figlia
Mandánēs – sposa del persiano Kambýsēs – spunti una vite che, crescendo, copre
tutta l'Asia. I suoi magi, interrogati, gli rivelano il significato del sogno:
il figlio di Mandánēs lo spodesterà e prenderà il suo posto. Appena Mandánēs dà
alla luce il figlio Kýros, Astyágēs fa chiamare il suo fedele congiunto Hárpagos
e gli consegna il neonato, già avvolto nei panni funebri, ordinandogli di
ucciderlo. Ma Hárpagos, non osando compiere il delitto, ne incarica a sua volta
un pastore, a nome Mithradátēs. Costui, invece di obbedire, decide di crescere
il bambino come fosse suo figlio, consegnando ad Hárpagos il corpo del proprio
figlioletto, nato morto proprio in quei giorni. Kýros cresce così tra i pastori
della Media; divenuto grande, fomenta una ribellione da parte dei Persiani,
muove guerra ai Medi di Astyágēs e li sbaraglia. Kýros diviene re dell'impero
persiano e Astyágēs viene preso prigioniero. (Historíai
[I: 107-130])
|
Vasudeva conduce Kṛṣṇa oltre il
fiume Yamunā |
Immagine devozionale indù |
Un caso emblematico è rappresentato, nella mitologia indiana, dal dio-eroe
Kṛṣṇa,
ottavo avatāra di Viṣṇu.
A re Kaṁsa
di Mathurā, sovrano degli Yādava, era stato profetizzato che sarebbe
stato detronizzato dal figlio di sua sorella Devakī.
Il crudele re aveva allora gettato in prigione la donna e suo marito
Vasudeva, e uccideva sistematicamente tutti i loro
figli, man mano che
venivano alla luce. Sette bambini erano stati così eliminati. Quando
Devakī partorì per l'ottava volta,
Vasudeva raccolse il pargolo e uscì magicamente
dalla prigione. Il fiume Yamunā si spalancò dinanzi a lui, permettendogli di
passare nel distretto di Vṛndāvana.
Qui, in una casa vaiṣya, Yaśodā,
moglie del pastore Nanda, aveva appena partorito
una figlia. Fu assai facile a Vasudeva sostituire i
due infanti. In seguito, scoperto l'inganno, re Kaṁsa
ordinò ai suoi uomini di uccidere tutti i neonati di Mathurā.
Kṛṣṇa
fu così allevato da
Nanda
e Yaśodā, e trascorse la sua
infanzia nei boschi di Gokula, tra i ricchi pastori e le loro mogli. Il giovane
crebbe in
compagnia di molte compiacenti pastorelle (gopī). Infine, divenuto
un uomo, tornò a Mathurā, uccise re Kaṁsa
e ne prese il posto.
I motivi sono stretti anche con il racconto della nascita di
Gesù,
partorito in una stalla, in un luogo frequentato dai pastori e dalle loro greggi.
Re Erode, come Krónos e Kaṁsa,
non esita a far uccidere tutti i neonati del regno, pur di liberarsi della minaccia
rappresentata dal futuro re. Ma mentre la crudeltà di Krónos
si esplica in maniera «verticale», eliminando uno ad uno i fratelli maggiori di
Zeús, quella di Erode è «orizzontale»:
Gesù non ha fratelli maggiori, sono i suoi coetanei
a essere trucidati. Kaṁsa
si macchia invece di entrambi i delitti: elimina prima i fratelli maggiori di
Kṛṣṇa,
poi anche i suoi coetanei.
L'episodio di Vasudeva
che nottetempo trasporta Kṛṣṇa
oltre il fiume, è evidentemente parallelo al motivo di
G che prende tra le braccia il piccolo
Zeús, per poi correre «veloce nella nera notte»
(Theogonía
[]). Nella versione
di Kallímakhos, è la dea fluviale
Nédē a
trasportare il neonato dall'Arkadía a Krḗtē. Nella tradizione cristiana, questo mitema è rappresentato dall'episodio della
fuga in Egitto, sviluppato soprattutto nei Vangeli apocrifi (nello Pseudo-Matteo,
nel Vangelo dell'infanzia armeno e nel Vangelo dell'infanzia arabo-siriaco).
Gli altri dettagli del mito divergono
più o meno sensibilmente. Zeús viene nutrito alle mammelle di
una capretta, laddove Kṛṣṇa
viene allattato dalla demoniessa Pūtanā: costei era stata
inviata al fanciullo da Kaṁsa
affinché lo uccidesse con il suo latte avvelenato, ma
Kṛṣṇa,
immune al veleno, sugge tanto avidamente la mammella della malvagia donna da
farla morire. La presenza della capretta di
Zeús sembra corrispondere al bue e all'asinello
presenti nella stalla dove nasce Gesù, per quanto
questi ultimi non abbiano alcun ruolo nel nutrimento del futuro salvatore.
D'altra parte, i tre fanciulli divini appaiono regolarmente circondati dai pastori e
dalle loro greggi. I pastori sono i primi a rendere omaggio a
Gesù; Zeús
cresce tra i pastori del monte Ídē; Kṛṣṇa
diviene uomo pascolando i buoi delle gopī.
Piuttosto interessante il motivo dei «doni funzionali» recati
al divino fanciullo. I Magi recano a Gesù oro, incenso e mirra: riconoscimento, rispettivamente,
di regalità, divinità e mortalità. Altre
interpretazioni pongono l'incenso come simbolo piuttosto di sacerdozio, e la
mirra del suo ruolo messianico; ma molto sono le letture proposte per questi
doni (cfr. Iacopo da Varazze, Legenda Aurea [14]). Molti
dettagli del racconto della nascita di Zeús rimandano a
quest'ordine di idee: la culla d'oro in cui egli viene messo a giacere è, ancora
una volta, un
simbolo di regalità; le sue nutrici Thémis e
Adrásteia rimandano a
concetti di legge e giustizia; il latte e il miele con cui Zeús viene nutrito preludono
all'ambrosía – cibo d'immortalità – che consumerà una volta preso il suo posto nell'Ólympos.
La cornucopia, l'inesauribile corno dell'abbondanza della capra
Amáltheia, assolve di nuovo a una funzione
regale: si pensi al calderone inesauribile del
Dagda Mór, nella tradizione
irlandese, tale che nessuna compagnia, per quanto numerosa, se ne allontanava
mai insoddisfatta.
Assai interessante la palla che, secondo
Apollṓnios Rhódios,
Adrásteia avrebbe donato a
Zeús.
|
...il balocco stupendo di Zeús,
quello che fece per lui la nutrice
Adrásteia
nell'antro dell'Ídē, quand'era ancora bambino,
una palla veloce; niente potresti avere più bello
dalle mani di Hḗphaistos. È fatta di
cerchi dorati,
e attorno a ogni cerchio, dall'una parte e dall'altra,
girano intorno gli anelli, ma le giunture
sono nascoste; sopra di loro corre un'azzurra voluta.
Se tu l'avrai nelle mani, e la lanci,
lascia per l'aria un solco splendente, come una stella. |
Apollṓnios hò Rhódios: Ta Argonautiká [III:
-] |
Questa palla è una vera e propria immagine dell'universo.
Così come il globo tripartito, che l'arte antica e medievale metteva spesso in
mano a Cristo o agli imperatori, rappresenta la
sovranità universale.
|
|
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Esempi di globo tripartito nella
storia dell'arte |
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BIBLIOGRAFIA
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