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LEBOR GABÁLA ÉRENN
POEMA
XXIV
«Cetracha tráth don túr tind»
«Quaranta giorni, in affannosa ricerca»
LEBOR GABÁLA ÉRENN
Lebor Gabála Érenn. Saggio
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POEMA XXIV - Saggio
POEMA XXIV - Testo
Note
Bibliografia
LEBOR GABÁLA ÉRENN
XXIV
«Cetracha tráth don túr tind»
«Quaranta giorni, in affannosa ricerca»

Il poema XXIV del Lebor Gabála Érenn è un agile resoconto della vicenda di Cessair e dei suoi compagni. Evoca l'arrivo dei Muintir Cessrach in Ériu, entra in dettagli nella questione delle divisione delle cinquanta donne donne e suggerisce la causa delle loro morti. Il testo non è sempre di facile comprensione a causa delle molte ambiguità, peraltro giustificate da licenze poetiche piuttosto azzardate. Glossato da Míchél Ó Cléirigh (Michael O'Clery) nella redazione K del Lebor Gabála, il quale offre diversi spunti di interpretazione e, in alcuni punti, confonde ancor più la materia rivelando le proprie incertezze. Il metro è il debide scáilte.

In: Lebor Gabála Érenn R1 [III: 8]; R2 [III: 19]; R3 [III: 24].

LEBOR GABÁLA ÉRENN
XXIV
«Cetracha tráth don túr tind»
«Quaranta giorni, in affannosa ricerca»
     
1 Cetracha tráth don túr tind
ro frith Ériu ré ndílind:
Cessair do fuair n-a cucht cain,
lucht a curaig codal-glain.
Quaranta giorni di affannosa ricerca
fu scoperta Ériu, prima del diluvio:
Cessair la trovò nel suo splendido aspetto,
l'equipaggio del curach di pelle lucente.
2 Ass tánic, oirderc in scél,
ótá hindsib Morahén,
do Muir Torrian can time,
ar teched na dílinde.
Si mise in viaggio, gloriosa la storia,
dalle isole di Meroén,
al Muir Torrian senza paura,
fuggendo dal diluvio.
3 Triar fer, cóica ingen ard,
fa hé a lín co racht ro-garg;
rostimairg gáeth, grinn in mod,
co hÉrinn ar imarchor.
Tre uomini, cinquanta slanciate fanciulle,
quella la compagnia, di impeto assai fiero:
un vento li spinse, gradevoli d'aspetto,
verso Ériu, nel loro vagabondare.
4 Rainnset in triar fer co lí
in cóicat n-ingen ar trí;
secht mná déc d'Fhintán can tas,
a secht déc ruc Bith barr-chas.
Si divisero, i tre uomini dal bel colorito,
le cinquanta fanciulle in tre porzioni;
diciassette donne a Fintán senza dimora,
diciassette toccarono a Bith chioma-riccioluta.
 
5 A sé déc ruc Ladra lór,
ba bec leis sin, nír bo mór;
do dul chuca, ba gním gand,
de is marb Ladra i nArd Ladrand.
Sedici toccarono a Ladra il sufficiente,
poche pensò che fossero, non molte;
per andar con loro, azione ignobile,
morì Ladra in Árd Ladrann.
6 Rainnset in días ail ei ndó
a sé mná déc-son íar ló:
is iat cét-ḟir, fri sáiri seng,
taesat fri mnáib i nÉrinn.
Gli altri due divisero in due parti
le sedici donne, il giorno seguente.
Essi furono i primi uomini, con scarsa nobiltà,
che diedero convegno a delle donne in Ériu.
7 Cóic mná fichet ruc Bith benn
co hairther túaiscert Érenn;
co Slíab Betha, ós an muir mas,
ann tánic a thiugradus.
Venticinque donne portò Bith delle cime
nel nord-est di Ériu;
a Slíab Betha, sopra il mare meraviglioso,
là saldò il suo ultimo debito.
8 De-sin atá Slíab Betha,
d'éc in láich co lín ngretha:
do na mnáib fa mór in mod,
isin tsléib a adnacol.
Da qui ebbe [nome] Slíab Betha,
dalla morte dell'eroe con quantità di lamenti:
fu per le donne gran fatica
seppellirlo nella montagna.
9 Doluid Fintán ría na mnáib,
dar Miledach, fa súan sáim:
dar Bun Súainme re sním slat,
dar Slíab Cúa, tar Cenn Ḟebrat.
Venne Fintán sfuggendo le donne,
oltre Miledach, fu un piacevole sonno:
oltre Bun Súainme, su un intreccio di canne,
oltre Slíab Cúa, oltre Cenn Febrat.
10 Íar na n-airther – núall can gái –
doluid Fintán mac Bochrái:
co ráinic, íar ndíth a nirt
co Tul Tuinde ós Loch Dergderc.
Dietro i loro petti – lamento senza falsità –
venne Fintán figlio di Bochra:
finché raggiunse, ormai stremato,
Tul Tuinne sopra Loch Dergdeirc.
11 Íar sin doluid Cessair chain,
co Cúil Chessra i Connachtaib:
conad ann dochúala, íar ffes
éc a hathar na hécmais.
Dopo venne la splendida Cessair
a Cúl Cessrach nel Connacht:
e là lei udì, dopo la lussuria,
della morte del padre, in sua assenza.
12 Iachtaid in ben co hachar
d'éis a fir, d'éc a hathar:
do mebaid dí, fa maich mór,
a crídi n-a cert-medón.
Emisero le donne un grido acuto
per suo marito, per la morte di suo padre;
colà le si ruppe – fu grande tristezza –
il cuore nel suo stesso petto.
13 Is iat sin, úair is bechta,
a n-aided, a n-imthechta:
ní raibi acht sechtmain namá,
úadib cosin cethracha.
Furono quelle, nel tempo stabilito,
le loro morti, le loro avventure;
non mancava più di una settimana
al termine di quei quaranta [giorni].
       

NOTE


XXIV [1] (c) Non è ben chiaro a chi vada riferita l'espressione cucht cain «splendido aspetto», se a Cessair o a Ériu.

XXIV [2] (b) Meroë [Meroén] è l'antica città di Meróē o Meruwāh, sulla riva orientale del Nilo, nell'odierno Sudan. Qui, come nel poema XXIII, è considerata piuttosto un arcipelago, e non ne viene data la localizzazione precisa. — (c) Muir Torrian è il mar Tirreno.

XXIV [3] (c) Le redazioni Lebor Gabála R1 ed R3 dànno qui la lezione grinn in mod, «gradevole l'aspetto»; invece, la redazione R2, che corregge in gránna in mod, «orribile l'aspetto», che sembra avere maggior senso. Anche la redazione K emenda in senso analogo.

XXIV [5](a) Ladra viene definito lór, «sufficiente», per nessun'altra ragione se non la necessità di una rima con mór. — (c) Invece di do dul chuca, «per andar con loro», la redazione K ha do forail banaiġ, «per eccesso di donne», una lezione che non compare in nessuno dei manoscritti anteriori.

XXIV [6](c) L'inciso fri sáiri seng, «con scarsa nobiltà», è piuttosto ambiguo: send in irlandese significa tanto «sottile, snello, magro, gracile», quanto «scarso, insufficiente». R.A. Stewart Macalister traduce salomonicamente «with slender nobilty», conservando parte dell'ambiguità del testo originale (Macalister 1939). Míchél Ó Cléirigh nella redazione K, glossa esplicitando: as iat ceidfir do luigh no do righne feis, re mnáib saora seanga i nÉrinn o thús, «furono i primi uomini che giacquero o si diedero ai bagordi con donne di scarsa nobiltà, in Ériu, al principio», attribuendo la «scarsa nobiltà» alle donne. 

XXIV [7](a) Bith benn, «Bith delle cime», così chiamato per il suo destino di morire e/o venire seppellito sul [monte] Slíab Betha. Míchél Ó Cléirigh nella redazione K, glossa: rug Bioth ar a roinn do na mnaiḃ, «Bith scelse la sua porzione di donne», forse fraintendendo il senso dell'epiteto (Macalister 1939). — (c) Nonostante il testo suggerisca che il luogo del seppellimento di Bith domini un bel panorama marino [ós an muir mas], Slíab Betha (l'odierna Slieve Beagh) è situata nell'entroterra, al confine tra le contee di Fermanagh, Tyrone e Monaghan, e anche il Loch Éirne è piuttosto lontano. Il riferimento al mare va dunque preso come una licenza poetico-geografica dettata da esigenze metriche. — (d) Il termine tiugradus (presente in letteratura anche in altre lezioni) appartiene al linguaggio giuridico ed è definito come la «responsabilità dell'ultima persona che ha posseduto o che è stata vicina a un oggetto», da cui la responsabilità di un danno causato da negligenza, da un mancato intervento o da un mancato avvertimento. Míchél Ó Cléirigh nella redazione K, glossa il termine scindendolo in tiuġ «ultimo» e ráthus «debito», cioè, ovviamente, la morte.

XXIV [8](b) Nonostante lín «numero, quantità, abbondanza» sia maschile, produce qui la lenizione nasale nella consonante iniziale della parola successiva: gretha ngretha (genitivo plurale di grith «pianto, urlo, lamento»).

XXIV [9](c) L'espressione re sním slat è di difficile scioglimento; sním vuol dire, come significato principale, «guaio, inghippo»; ma anche, «rotazione, torsione, intreccio»; slat è invece «ramo, canna, asta». L'espressione potrebbe essere sia descrittiva del sito in cui Fintán sta fuggendo, irto di una vegetazione fitta e impenetrabile, sia potrebbe suggerire il modo in cui Fintán abbia oltrepassato i fiumi del Bun Súaimne, su una zattera fatta di bastoni o canne fittamente intrecciate. (Macalister 1939).  — Per i dettagli sul percorso di Fintán, si veda il capitolo nella sezione apposita. ①

XXIV [10](a) Airther significa «parte frontale», e può essere applicato alle montagne, alle rocce, alla fronte, al petto o al seno delle persone (Macalister 1939).

XXIV [11](c) Feis in irlandese indica sia il pacifico e quieto pernottamento, sia le lunghe feste notturne, ricche di cibo e di divertimenti. Míchél Ó Cléirigh nella redazione K, glossa l'espressione íar ffes con «dopo il giacere, dopo l'adulterio, dopo i bagordi», ma Macalister la rende con un casto after slumber «dopo il sonno». Sembra ovvio presumere, tuttavia, che la morte di Bith sia avvenuta in maniera non dissimile da quella di Ladra.

XXIV [12](d) n-a cert-medón: «nel suo stesso in-mezzo».

XXIV [13] — Strofa citata da Seathrún Céitinn, nei suoi Foras feasa ar Éirinn [I: v, 3].

Bibliografia

  • COMYN David ~ DINEEN Patrick S. [traduzione]: CÉITINN Seathrún (KEATING Geoffrey), The History of Ireland. London 1902-1908.
  • MACALISTER R.A. Stewart [traduzione], Lebor Gabála Érenn: The Book of the Taking of Ireland, 2. Irish Texts Society, Vol. XXXIV. London 1939 [1993].
  • MacCULLOCH John A., The Religion of Ancient Celts. Edimburgo 1911. → ID. La religione degli antichi Celti. Vicenza 1998.
BIBLIOGRAFIA
  Lebor Gabála Érenn - Poema XXIII
«CESSAIR, DA DOVE VENNE»
    Lebor Gabála Érenn - Poema XXV
«UN'EQUA DIVISIONE FU FATTA TRA NOI»
 
Biblioteca - Guglielmo da Baskerville.
Area Celtica - Óengus Óc.
Traduzione e note della Redazione Bifröst.
Contributo di traduzione di Luigi Bellini.
Creazione pagina: 10.05.2013
Ultima modifica: 28.10.2015
 
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