MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
LE INVASIONI DI ÉRIU
I POPOLI VENUTI DAL MARE
La storia di Ériu è scandita dalle invasioni di sei popoli che nel tempo vennero ad occupare, popolare e disputarsi l'Isola di Smeraldo, nel contempo definendone il territorio e le basi del vivere civile.

1 - I GAELI IN ÉRIU, E COLORO CHE LI PRECEDETTERO

I figli di Míl giungono in Ériu
Illustrazione di Roger Garland

econdo la tradizione tramandata dai bardi e dai genealogisti irlandesi, il popolo dei Gaeli che oggi popola Ériu, discenderebbe dall'invasione capitanata dai figli di Míl Espáine, i quali vi sbarcarono con la loro flotta circa tremila e settecento anni fa, provenendo dalla Espáin. La tradizione dice ancora che i figli di Míl – o Maic Míled – furono gli ultimi di una serie di popoli che, in antichità ancora più remote, vennero dal mare per invadere Ériu.

La maggior parte dei cronisti irlandesi è infatti d'accordo nel parlare di cinque invasioni che, da tempi che possono esser fatti risalire fin quasi al diluvio, si sarebbero succedute sul suolo di Ériu. La tradizione ne riporta i nomi: i Muintir Parthóloin, le Clanna Nemid, i Fir Bolg, le Túatha Dé Danann e infine i Maic Míled.

Uno dopo l'altro, ciascuno di questi popoli venne a occupare l'Isola Nobile e poi scomparve per lasciare il posto alle genti successive. Ognuno di questi popoli diede il suo contributo nel definire il territorio, la società e i costumi di Ériu.

Altri cronisti dicono anche che prima di queste cinque invasioni, anzi, prima ancora del diluvio, vi fu un'invasione ancora più antica, quella dei Muintir Cesrach, i quali però non avrebbero lasciato alcuna traccia sul suolo di Ériu.

2 - LE INVASIONI DI ÉRIU, SECONDO I BRITANNI

rimo a tramandare la tradizione delle invasioni di Ériu, non fu uno storico irlandese, bensì britannico, Nennius. Egli scrive – in buon latino – che gli Scoti giunsero in Hibernia in un'epoca successiva all'invasione della Britannia da parte dei Picti. Giunse per primo un certo Partholomus, alla testa di mille persone tra uomini e donne, i quali crebbero fino a diventare quattromila. Ma sopraggiunse un'epidemia su di loro e morirono tutti in una settimana, senza che nessuno scampasse.

Più avanti giunse un certo Nimeth figlio di Agnomin, che si narra avesse navigato per un anno e mezzo. Con le navi ormai in avaria, attraccò in Hibernia e qui rimase per lunghi anni, prima di fare ritorno in Hispania.

La torre di vetro
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

Giunsero poi i tre figli di un Miles Hispaniæ con trenta navi, ciascuna delle quali conteneva trenta uomini con le loro mogli, e rimasero lì per un solo anno. Essi scorsero una torre di vetro in mezzo al mare, sulla quale si scorgevano degli uomini, ma quando provavano a chiamarli nessuno rispondeva. Prepararono dunque un assalto alla torre con tutte le loro navi – eccetto una che si era danneggiata in un naufragio – ma quando approdarono alla spiaggia, pronti ad assaltare la torre ed espugnarla, il mare si levò tutto intorno all'isola e li sommerse. Nessuno si salvò. L'equipaggio della nave danneggiata, che non aveva potuto prender parte all'assalto, rimase bloccato in Hibernia ed è quella gente che popolò l'isola fino ai nostri giorni.

Giunse poi in Britannia Damhoctor e la sua stirpe vi dimorò fino i giorni nostri. Istoreth figlio di Istorinus prese poi possesso di Dalrieta con la sua gente. Builc e i suoi uomini presero l'isola chiamata Eubonia [l'isola di Man] e le isole vicine. I figli di Liethan ebbero possedimenti nella regione dei Demetii e in altre zone, tra cui Caer Cydweli, fino a quando non furono cacciati dalla Britannia da Cunedda e dai suoi figli.

Se qualcuno volesse sapere per quanto tempo rimase disabitata e deserta l'Hibernia – questo riferirono a Nennius competenti studiosi del popolo degli Scoti –, bisogna partire dal giorno in cui gli Israeliti attraversarono il Mar Rosso e gli Egiziani che li inseguivano furono sommersi, come si legge nelle Sacre Scritture. Vi era tra gli Egizi un nobile proveniente dalla Scythia con la sua numerosa famiglia. Essendo stato cacciato dal suo regno, questi si trovava a quel tempo presso gli Egiziani. Nel disastro del Mar Rosso morirono i più valenti egiziani, ma lui sopravvisse. Così gli egiziani superstiti si riunirono in consiglio e lo espulsero dal paese insieme alla sua famiglia, temendo che egli potesse approfittare della loro debolezza e prendere il potere.

Per quarantadue anni, questi vagò per l'Africa e giunse, attraverso il Lago Salato, agli altari dei Filistei. Poi errò tra Rusicada e i monti dell' Azaria. Poi lungo il fiume Malva passò attraverso la Mauritania fino alle colonne di Hercules, navigò attraverso il Mar Tirreno e giunse in Hispania. Lì abitò con la sua gente per molti anni. La sua stirpe crebbe e si moltiplicò. E fu così che, molto tempo dopo, i suoi discendenti giunsero in Hibernia, mille e due anni dopo che gli Egiziani erano stati sommersi dal Mar Rosso.

3 - LE INVASIONI DI ÉRIU, SECONDO GLI SCOTI

 cronisti irlandesi forniscono una versione del racconto delle invasioni di Ériu che è sostanzialmente simile in molti punti a quello ricordato da Nennius, ma che per altri ne differisce in maniera significativa.

Secondo gli irlandesi, la prima invasione toccò Ériu addirittura nei tempi antidiluviani. Fu infatti quaranta giorni prima del diluvio che Cesair e i suoi compagni sbarcarono in Ériu. Cesair era figlia di Bith, quarto figlio di Nóe: lei ed i suoi compagni non avevano potuto prendere posto sull'Arca e si erano messi in mare con i propri mezzi, cercando di sfuggire al diluvio. I Muintir Cesrach – le genti di Cesair – erano mal bilanciati nei sessi (cinquanta donne e tre soli uomini: Bith, Ladra e Fintan) e scomparvero travolti dal cataclisma. Non lasciarono alcuna traccia del loro arrivo, se non la memoria della loro esistenza, tramandata da Finta mac Bóchra, divenuto immortale.

L'arrivo di Nemed
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Book of Conquests]►

Dopo il diluvio, per circa trecento anni, Ériu rimase deserta, finché non arrivarono un gruppo di persone, guidate da Parthólon. Costui era figlio di Sera figlio di Srú figlio di Esrú figlio di Braiment figlio di Aithecht figlio di Magog figlio di Iafeth figlio di Nóe, ed era fuggito dalla sua terra d'origine, Migdonia, la Scithía, in quanto colpevole dell'assassinio del proprio padre e re.

I Muintir Parthóloin erano agricoltori: per primi lavorarono la terra di Ériu, per primi introdussero mestieri in quella che chiamavano Isola dei Limiti Remoti. Costruirono edifici, macine, zangole. Al loro arrivo, Ériu era spoglia e vuota: non v'era che l'unica brulla pianura di Mag Elta, spianata dalle stesse mani di Dio, e soli tre laghi e dieci fiumi. Ma al tempo di Parthólon, furono dissodate altre quattro pianure e scaturirono sette laghi che prima non c'erano.

I Muintir Parthóloin combatterono una battaglia contro i Fomóraig, un popolo di deformi giganti provenienti dal mare. Furono infine sterminati da una pestilenza, ma la memoria delle loro gesta venne tramandata da Tuán mac Cairill, divenuto immortale.

Per lungo tempo, Ériu rimase disabitata, finché vi giunse Nemed con la sua gente, anch'esso proveniente dalla Scithía. Nemed era figlio di Agnoman figlio di Pámp figlio di Tat, e quest'ultimo era fratello di Parthólon. Apparteneva dunque alla stessa stirpe di Parthólon ma, al contrario di quest'ultimo, che era fuggito dal suo paese per un delitto, Nemed era un uomo libero. I suoi discendenti, le Clanna Nemid, dissodarono altre dodici pianure e costruirono due fortezze reali. Combatterono anch'essi contro i Fomóraig una serie di battaglie, le vinsero, ma poi furono sottomessi e resi schiavi. Alla fine si ribellarono e assaltarono la roccaforte nemica, Tór Conainn, che sorgeva su un'isola non lontano dalla costa di Ériu. Le due schiere ingaggiarono una terribile battaglia navale, nel corso della quale si levò un'immensa ondata che distrusse entrambe le flotte. Ridotti a pochi, sparuti superstiti, le Clanna Nemid si divisero in vari gruppi e lasciarono Ériu.

Un loro gruppo tornò nella terra d'origine, dove vennero resi nuovamente schiavi, e tali rimasero per diverse generazioni. Dopo molto tempo, i loro discendenti stabilirono di fuggire e tornare in Ériu. I loro capi, Slánga, Rudraige, Gann, Genann e Sengann, erano i cinque figli di Dela mac Lóich, discendente di Nemed. Questa nuova ondata di colonizzatori era divisa in tre gruppi, i quali sbarcarono in Ériu in tempi diversi: i Fir Domnann, i Gaileóin e i Fir Bolg. Ed è dal nome di questi ultimi che tutti quanti vengono chiamati Fir Bolg. Essi divisero l'isola in cinque province e le diedero un'organizzazione militare e politica. Essi introdussero tra l'altro l'istituzione della regalità: i re dei Fir Bolg furono i primi sovrani che regnarono su Ériu.

Dalle isole settentrionali del mondo giunsero poi le Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di Danann», una stirpe di druidi e guerrieri, dotati di poteri soprannaturali. Il loro comune progenitore era Tat, discendente di Nemed. Il loro re, al tempo in cui essi vennero in Ériu, era Núada mac Echtaich. I Fir Bolg e le Túatha Dé Danann vantavano una comune ascendenza e parlavano la stessa lingua, eppure si opposero l'uno all'altro in una sanguinosa battaglia, nella quale i Fir Bolg vennero sconfitti e le Túatha Dé Danann si impossessarono di Ériu. Nel corso della loro permanenza nell'Isola Nobile, però, i Túatha Dé Danann dovettero anch'essi scontrarsi con i Fomóraig, e riuscirono a sconfiggerli in una seconda epica battaglia.

Per ultimi, i Maic Míled giunsero in Ériu dall'Espáin. I loro capi erano i cinque figli di Míl Espáine, il milite ispanico, la cui ascendenza rimontava a Gáedel Glas figlio di Nél figlio di Féinius Farsaid figlio di Báth figlio di Ibáth, il quale era anche detto Rifath Scot, e taluni vogliono fosse figlio di Gomer figlio di Iafeth figlio di Nóe, mentre altri affermano fosse figlio di Magog figlio di Iafeth figlio di Nóe. Féinius Farsaid era stato colui che aveva creato la lingua gaelica traendola al di fuori delle settantadue lingue che si erano formate dalla confusione di Tuir Nebróid [la torre di Babele]; suo figlio Nél era emigrato in Égipt dove aveva sposato Scota, figlia del Forainn. Accusato di aver preso le parti degli Israeliti, i quali erano fuggiti dall'Égipt mentre l'esercito del Forainn era perito nelle acque del Mar Rosso, Nél aveva lasciato l'Égipt insieme al figlio Gáedel Glas ed era tornato nella natia Scithía. I suoi discendenti, dopo un lungo peregrinare, erano giunti a stabilirsi in Espáin. E sarebbe stato dall'Espáin che i figli di Míl Espáine si misero in mare con la loro flotta e invasero Ériu. Dopo una serie di battaglie, combattute con le forze delle armi e della magia, essi sconfissero le Túatha Dé Danann e le cacciarono nel sottosuolo di Ériu. I Maic Míled s'impossessarono dell'isola, e i loro discendenti, i Gaeli, ancora la tengono.

4 - CRONOLOGIA

li annalisti irlandesi sono molto precise con le date, anche se esistono diversi computi che differiscono tra loro. Questo è il computo degli Annála Ríoghdhachta Éireann.

Anno Mundi 2242 [2956 a.C.]. Il diluvio, affermano le scritture, inondò tutta la terra nell'anno del mondo. Quaranta giorni prima del diluvio, Cesair ed i suoi compagni sbarcarono in Ériu.

Anno Mundi 2520 [2678 a.C.]. Dal diluvio a quando Parthólon prese possesso di Ériu, trascorsero duecentosettantotto anni. Per trecento anni i Muintir Parthóloin abitarono in Ériu, poi morirono tutti a causa di un'epidemia. Era l'anno del mondo 2820 [2378 a.C.]. Dopodiché, Ériu rimase disabitata per trent'anni.

Anno Mundi 2850 [2348 a.C.]. Nemed giunse in Ériu con i suoi uomini. Le Clanna Nemid rimasero sull'isola per duecentosedici anni, fino alla distruzione di Tór Conáinn, poi la abbandonarono. Era l'anno del mondo 3066. Ériu rimase disabitata per quattrocento e sedici anni.

Anno Mundi 3266 [1932 a.C.]. I Fir Bolg giunsero a imporre la regalità su Ériu.

Anno Mundi 3304 [1895 a.C.]. Le Túatha Dé Danann giunsero a strappare ai Fir Bolg la regalità su Ériu.

Anno Mundi 3500 [1698 a.C.]. I Maic Míled giunsero per ultimi dall'Espáin per strappare la regalità alle Túatha Dé Danann.

5 - I FOMÓRAIG

on si può parlare dei popoli che colonizzarono Ériu, tuttavia, se non si parla della razza che disputò con essi il dominio sull'isola e li combatté in terribili guerre, i Fomóraig.

Mentre le altre stirpi di Ériu discendevano da Iafeth figlio di Nóe, i Fomóraig discendevano da Cham. Erano originari dell'Affraicc [Africa], dalla quale erano partiti a bordo di una flotta che essi stessi avevano costruito, al solo scopo di separarsi dalla discendenza di Cham, maledetto da Nóe, per paura di venire anch'essi sottomessi dalla discendenza di Sem. Dopo una lunga navigazione, i Fomóraig erano giunti in Ériu. Cícal Crínchosach si chiamava il capo che li guidò nella nuova terra.

Quando vi sbarcarono le genti di Parthólon, i Fomóraig si trovavano sull'isola già da duecento anni, dove vivevano cacciando gli uccelli e pescando. Tra di loro le donne erano più numerose degli uomini e avevano tutti un solo braccio e una sola gamba. Nella battaglia che combatterono con i Muintir Parthóloin, e che fu combattuta con arti magiche, non morì nemmeno un uomo.

Quando i Nemed giunse in Ériu, i Fomóraig, che a quell'epoca abitavano nelle isole circostanti, erano assai più agguerriti e minacciosi. Furono dapprima fatti schiavi dalle Clanna Nemid, in seguito si ribellarono e sottomisero a loro volta i nuovi venuti. Il loro capo, Conánn mac Febair, risiedeva nella fortezza di Tór Conáinn, su un'isola non lontana dalla costa, e da là teneva sotto controllo l'intera Ériu. Quando i figli di Nemed si ribellarono, come abbiamo detto, combatterono con essi una battaglia così terribile e sanguinosa che entrambe le razze ne furono quasi sterminate. Le Clanna Nemid non poterono più risollevarsi e preferirono abbandonare Ériu ai Fomóraig.

Questi rimasero padroni incontrastati del territorio finché non giunsero i Fir Bolg, anche se non sono registrati scontri tra i due popoli.

In questo periodo i Fomóraig controllavano un vasto territorio che si stendeva dal Lochlann [la Norvegia] ad Alba [la Scozia], ed erano stanziati in tutte le isolette attorno alle isole britanniche. Le Túatha Dé Danann incontrarono i Fomóraig nel Lochlann e si unirono a loro generando una razza mista. Quando in seguito le Túatha Dé Danann si stabilirono in Ériu, dopo aver cacciato i Fir Bolg, i Fomóraig cercarono di mettere degli uomini a loro fedeli nei posti chiave del governo danann. I loro capi a quell'epoca erano Indech mac Dé Domnann, Elatha mac Delbáeth e Balor mac Néit. Fallito il loro progetto, i Fomóraig si scontrarono con le Túatha Dé Danann nella pianura di Mag Tuired, in una battaglia che rimase storica negli annali irlandesi, alla fine della quale vennero finalmente sconfitti e cacciati nei síde in fondo al mare.

Fonti

1-5 Lebor Gabála Érenn [passim]
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2242-3471]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 5-6]
Chronicon Scotorum [introduzione]
Nennius: Historia Brittonum [13-15]

I - L'EPICA DELLE INVASIONI

Il ciclo delle invasioni è il primo dei vari cicli che compongono il corpus mitologico irlandese. Seguono il ciclo dell'Ulaid, il ciclo dei re e il ciclo feniano.

Il ciclo delle invasioni è la cronaca delle popolazioni preistoriche che giunsero in Irlanda per colonizzarla e civilizzarla, stabilendovisi per tempi più o meno lunghi e talvolta combattendo gli uni con gli altri per il dominio sull'isola. In esso è incastonato il ciclo mitologico, una narrazione delle gesta degli antichi dèi dei Celti d'Irlanda, trasformati in resoconti pseudostorici.

La fonte più importante e dettagliata sul ciclo delle invasione è il Lebor Gabála Érenn, le cui prime redazioni risalgono al periodo a cavallo l'XI e il XII secolo. L'importanza di questo testo per il pensiero storiografico irlandese è immenso, anche perché il Lebor Gabála fu un continuo punto di riferimento per tutti i mitografi e gli storiografi successivi, che lo utilizzarono come «canone» nel lavoro di revisione dei documenti più antichi.

Riguardo a quali e quante siano state le invasioni d'Irlanda, non vi è nei testi un pieno accordo, anche se poi tutte le fonti concordano sui punti fondamentali. La maggior parte dei testi, tra cui appunto il Lebor Gabála, parlano di cinque popoli, perlopiù preceduti da una sesta che spesso non è contemplata come vera e propria «invasione».

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Muintir Cesrach    
1 Muintir Parthóloin {  
2 Clanna Nemid Fir Domnann
Gaileóin
Fir Bolg
3 Fir Bolg
4 Túatha Dé Danann
5 Maic Míled  

Bisogna ancora aggiungere i Fomóraig, che giunsero in Irlanda dopo il diluvio e, in una serie di epiche battaglia, disputarono il dominio dell'isola con i Muintir Parthóloin, poi le Clanna Nemid e infine con le Túatha Dé Danann, le quali li sconfissero definitivamente.

II - FORMAZIONE DEL CICLO DELLE INVASIONI

Non abbiamo alcuna conoscenza diretta dei miti etnogonici degli Irlandesi precristiani. Non v'è dubbio che essi avessero al riguardo un corpus di leggende, che però non sono state tramandate. O almeno, non lo sono state nella loro forma originale. Un'indicazione su quale potesse essere stata la natura di queste storie, per quanto vaga, possiamo trarla da un brano di Ammianus Marcellinus, uno storico del IV secolo, che cita a sua volta una notizia dello studioso alessandrino Timagénēs (I secolo a.C.) sulle origini del popolo dei Galli:

Drasidæ memorant re vera fuisse populi partem indigenam, sed alios quoque ab insulis extimis confluxisse et tractibus transrhenanis, crebritate bellorum et adluvione fervidi maris sedibus suis expulsos.

I druidi affermano che parte della popolazione della Gallia era indigena, mentre altri venivano dalle isole e dalle terre di là dal Reno, fuggiti dalle loro sedi originarie a causa delle ripetute guerre e dalle inondazioni prodotte dal mare.
Ammianus Marcellinus: Res Gestæ [XV: 9: 4]

Questo brano non dà molte informazioni, né fornisce indicazioni su quale fosse l'originaria dottrina trasmessa dai druidi; è tuttavia ancora possibile tracciare un parallelismo con il racconto irlandese trasmesso dal Lebor Gabála Érenn, nel quale assistiamo a una serie di insediamenti da parte di popolazioni fuggite via via al diluvio, alla schiavitù, alla guerra.

Quali che fossero i miti dei Celti d'Irlanda, non sopravvissero intatti all'avvento del Cristianesimo. La nuova religione non solo cancellò tutto quanto riguardava gli antichi dèi celtici, ma sostituì i miti d'origine con il racconto della creazione del mondo e delle origini dell'uomo contenuto nei primi capitoli del Bǝrēʾšîṯ. Ormai convertiti al Cristianesimo, gli irlandesi fecero risalire i loro progenitori alla discendenza dei figli di Nōḥ̣ accordando l'intera loro tradizione con il sistema universale elaborato sulla base dell'autorità biblica, della storiografia classica e dei padri della Chiesa. I testi più importanti a cui essi fecero riferimento furono il De civitate Dei di Agostinus (354-430), gli Historiarum adversos paganos libri di Orosius (385-420), la traduzione latina del Chronicon di Eusebius di Cesarea (±275-339) e naturalmente le imponenti Etymologiæ di Isidorus Hyspalensis (560-636). Tutti questi testi ebbero un impatto formidabile sull'Irlanda alto-medievale. (Carey 1993)

È in questo crogiolo che si sviluppò il ciclo delle invasioni come noi lo conosciamo. Se da un lato la necessità di adattare la mitologia locale alle Scritture comportò un'alterazione del materiale tradizionale, dall'altro fu proprio tale alterazione che permise ai miti irlandesi di sopravvivere. Una volta adattata e conformata al dettato biblico, la tradizione irlandese, un tempo «storia sacra» in senso pagano, lo diventava adesso in senso cristiano, e quindi poteva essere trattata con tutto l'amore e la devozione di chi la riconosceva come parte integrante della propria cultura. Al contrario di molti altri cristianesimi europei, che riuscirono soltanto a cancellare le tradizioni preesistenti, il Cristianesimo irlandese riuscì nella difficile opera di conciliare la tradizione pagana con la fede cristiana. Certo, quanto venne trasmesso risultava irrimediabilmente deformato dall'interpretazione cristiana, nondimeno i literati irlandesi riuscirono a conservare una mole immensa di materiale tradizionale, che oggi può essere esaminato con i moderni metodi dell'analisi testuale e filologica, permettendoci di intravedere almeno i contorni generali di quelli che furono gli originari miti pagani.

III - LA TESTIMONIANZA DI NENNIUS

Il più antico sunto di pseudostoria irlandese che sia pervenuto, non proviene da una fonte irlandese, ma britannica. Si tratta della Historia Brittonum di Nennius, scritta in Galles intorno all'829-830. L'autore elenca una serie di migrazioni dalla Spagna in Irlanda, alcune delle quali troveranno in seguito un perfetto riscontro nel Lebor Gabála Érenn.

Riportiamo il testo:

Novissime autem Scotti venerunt a partibus Hispaniæ ad Hiberniam. primus autem venit Partholomus cum mille hominibus de viris et mulieribus et creverunt usque ad quattuor milia hominum et venit mortalitas super eos et in una septimana omnes perierunt et non remansit ex illis etiam unus. secundus venit ad Hiberniam Nimeth filius quidam Agnominis, qui fertur navigasse super mare annum et dimidium et postea tenuit portum in Hibernia fractis navibus eius et mansit ibidem per multos annos et iterum navigavit cum suis et ad Hispaniam reversus est. et postea venerunt tres filii militis Hispaniæ cum triginta ciulis apud illos et cum triginta coniugibus in unaquaque ciula et manserunt ibi per spatium unius anni. et postea conspiciunt turrim vitream in medio mari et homines conspiciebant super turrim et quærebant loqui ad illos et numquam respondebant et ipsi uno anno ad oppugnationem turris properaverunt cum omnibus ciulis suis et cum omnibus mulieribus excepta una ciula, quæ confracta est naufragio, in qua erant viri triginta totidemque mulieres. et aliæ naves navigaverunt ad expugnandam turrim, et dum omnes descenderant in litore, quod erat circa turrim, operuit illos mare et demersi sunt et non evasit unus ex illis. et de familia illius ciulæ, quæ relicta est propter fractionem, tota Hibernia impleta est usque in hodiernum diem. et postea venerunt paulatim a partibus Hispaniæ et tenuerunt regiones plurimas.

Più avanti giunsero in Hibernia dalla Hispania gli Scoti. Giunse per primo Partholomus con mille persone tra uomini e donne che crebbero fino a diventare quattromila, ma un'epidemia sopraggiunse e morirono tutti in una settimana, senza che nessuno scampasse. Giunse poi in Hibernia Nimeth, figlio di un certo Agnominus, che si narra avesse navigato per un anno e mezzo e, ritrovandosi con le navi fracassate, attraccò in Hibernia e qui rimase per lunghi anni, prima di fare ritorno con i suoi in Hispania. Dopo giunsero tre figli di un milite ispanico con trenta navi, ciascuna delle quali conteneva trenta mogli, e rimasero lì per un solo anno. Essi scorsero una torre di vetro in mezzo al mare sulla quale si scorgevano uomini, ma quando gli rivolgevano la parola rimanevano sempre senza risposta. Essi prepararono dunque un assalto alla torre con tutte le loro navi e con tutte le loro donne, eccetto una nave che era andata distrutta in un naufragio, con il suo contenuto di trenta uomini e altrettante donne. Le altre navi iniziarono la navigazione per espugnare la torre e, mentre tutti sbarcavano sulla spiaggia intorno ad essa, il mare li travolse e li sommerse: neppure uno si salvò. La famiglia rimasta sulla nave danneggiata dal naufragio popolò l'Hibernia fino ai nostri giorni. In seguito giunsero a poco a poco altri dalla Hispania, e invasero molte zone.
Nennius: Historia Brittonum [13]

Partholomus corrisponde evidentemente al Parthólon dei testi irlandesi: già Nennius conosce la tradizione secondo la quale questo popolo scomparirà a causa di un'improvvisa epidemia [mortalitas]. Nimeth filius Agnominis è, anche nel patronimico, Nemed mac Agnomain, e in Nennius è scritto che lui e la sua gente lasciarono spontaneamente l'Irlanda, anche se non ne spiega la ragione. Nel Lebor Gabála Érenn la partenza dei figli di Nemed fu causata dalla pressoché totale distruzione del loro popolo: subito dopo l'assedio a Tór Conáinn, la torre di Conánn mac Febair, che si trovava in un'isola al largo della costa irlandese, i Fomóraig impegnarono le Clanna Nemid in una terribile battaglia navale, che si concluse quando un'ondata gigantesca distrusse entrambe le flotte. I pochi superstiti, decimati e indeboliti, abbandonarono l'Irlanda.

Il racconto dell'assedio della torre in mezzo al mare e dell'onda che distrugge la flotta, Nennius lo attribuisce invece ai successivi invasori, guidati dai «tre figli di un milite ispanico» [tres filii militis Hispaniæ]. I pochi sopravvissuti al disastro (praticamente l'equipaggio di una sola nave che, danneggiata, non aveva potuto partecipare all'assedio della torre) saranno – secondo Nennius – gli antenati delle genti d'Irlanda. I figli del milite ispanico di Nennius, corrispondono naturalmente ai Maic Míled irlandesi, i figli di Míl Espáine, che nel Lebor Gabála guidarono l'ultima e definitiva invasione di Ériu, e il loro attacco fu funestato dalle tempeste e dagli incantesimi lanciati contro di loro dalle Túatha Dé Danann. C'è da chiedersi se la storia conosciuta da Nennius fosse una variante della leggenda irlandese o se in Britannia, nel IX secolo, sopravvivesse una versione più antica del mito.

Subito dopo Nennius racconta di una serie di ulteriori invasioni non dell'Irlanda, ma della Britannia:

Novissime venit Damhoctor et ibi habitavit cum omni genere suo usque hodie in Brittannia. Istoreth Istorini filius tenuit Dalrieta cum suis; Builc autem cum suis tenuit Euboniam insulam et alias circiter; filii autem Liethan obtinuerunt in regione Demetorum et in aliis regionibus, id est Guir Cetgueli, donec expulsi sunt a Cuneda et a filiis eius ab omnibus Brittannicis regionibus.

Giunse poi in Britannia Damhoctor, e vi dimorò con la sua stirpe fino ad oggi. Istoreth, figlio di Istorinus, prese possesso di Dalrieta con i suoi uomini. Builc invece e i suoi uomini ebbero l'isola Eubonia [l'Isola di Man] e altri possedimenti circumvicini. I figli di Liethan ebbero possedimenti nella regione dei Demeti ed in altre zone, ossia Caer Cydweli, fino a quando non furono cacciati da ogni regione di Britannia da Cunedda e dai suoi figli.
Nennius: Historia Brittonum [14]

Che la fonte di Nennius sia irlandese lo dimostra la presenza di Damhoctor: questo nome non è altro che l'espressione gaelica dám ochtair «compagnia di otto» (Carey 1993). Molto interessante l'invasione da parte di Builc cum suis, «Builc e i suoi uomini», che può essere messa in parallelo con i Fir Bolg del ciclo delle invasioni irlandese. L'etnonimo gaelico è inteso dall'etimologia popolare come «uomini dei sacchi», ma se consideriamo Bolg nome proprio, allora possiamo intender Fir Bolg come «uomini di Builc», ottenendo un perfetto parallelismo col Builc cum suis del testo nenniano. Si ha comunque ragione di ritenere che questo etnonimo riguardi i Belgi, i quali popolavano il sud della Britannia e forse anche alcuni territori dell'Irlanda.

In seguito, Nennius fornisce un'ulteriore versione del mitico popolamento d'Irlanda, esplicitamente fornito da competenti studiosi irlandesi [sic mihi peritissimi Scottorum nuntiaverunt]:

Si quis autem scire voluerit, quando vel quo tempore fuit inhabitabilis et deserta Hibernia, sic mihi peritissimi Scottorum nuntiaverunt. quando venerunt per mare rubrum filii Israhel, Ægyptii venerunt et secuti sunt et demersi, ut in lege legitur. erat vir nobilis de Scythia cum magna familia apud Ægyptios et expulsus est a regno suo et ibi erat, quando Ægyptii mersi sunt, et non perrexit ad persequendum populum dei. illi autem, qui superfuerant, inierunt consilium, ut expellerent illum, ne regnum illorum obsideret et occuparet, quia fortes illorum demersi erant in rubrum mare, et expulsus est. at ille per quadraginta et duos annos ambulavit per Africam, et venerunt ad aras Filistinorum per lacum Salinarum et venerunt inter Rusicadam et montes Azariæ et venerunt per flumen Malvam et transierunt per Maritaniam ad columnas Herculis et navigaverunt Tyrrenum mare et pervenerunt ad Hispaniam usque et ibi habitaverunt per multos annos et creverunt et multiplicati sunt nimis et gens illorum multiplicata est nimis. et postea venerunt ad Hiberniam post mille et duos annos, postquam mersi sunt Ægyptii in rubrum mare, et ad regiones Darieta, in tempore, quo regnabat Brutus apud Romanos, a quo consules esse coeperunt, deinde tribuni plebis ac dictatores. et consules rursum rem publicam obtinuerunt per annos ccccxlvii, quæ prius regia dignitate damnata fuerat.

Se qualcuno volesse sapere quando o per quanto tempo fu disabitata e deserta l'Irlanda, secondo quanto mi riferirono competenti uomini del popolo degli Scoti, fu quando gli Israeliti attraversarono il Mar Rosso nel quale, come si legge nel Libro della Legge, gli Egiziani che li inseguivano furono sommersi. Presso gli Egizi vi era allora un nobile proveniente dalla Scythia con la sua numerosa famiglia, ed essendo stato cacciato dal suo regno si trovava lì quando gli Egizi furono sommersi, ma egli non morì per inseguire il popolo di Dio. I sopravvissuti si riunirono in consiglio e decisero di espellerlo, dal momento che i più forti di loro erano periti in mare, e affinché egli non si impadronisse del loro regno e lo occupasse, lo scacciarono. Egli per quarantadue anni vagò per l 'Africa e giunse attraverso il Lago Salato fino agli altari dei Filistei, poi errò tra Rusicada e i monti di Azaria. Poi, lungo il fiume Malva, passarono attraverso la Mauritania fino alle colonne di Hercules, navigarono il Mar Tyrrenus e giunsero fino in Hispania, dove abitarono per molti anni, crebbero e si moltiplicarono. In seguito giunsero in Hibernia, dopo mille e due anni che gli Egiziani erano stati sommersi nel Mar Rosso, nel distretto di Dalrieta. In quel tempo Brutus regnava presso i Romani, dai quali ebbero origine i consoli, poi i tribuni della plebe e i dittatori, ed i consoli ressero la Repubblica,che prima era invece sottomessa all'autorità regia, per 447 anni.
Nennius: Historia Brittonum [15]

A questo racconto corrisponde, nel Lebor Gabála, la storia di Nél. Costui era figlio di Féinius Farsaid (il quale che aveva creato una scuola per studiare le lingue formatesi dopo la confusione della Torre di Babele), ed era stato invitato in Egitto dallo stesso Faraone, che gli aveva dato in sposa la figlia Scota, antenata eponima degli Scoti (altro nome degli Irlandesi). Accusato di aver preso le parti degli Israeliti, i quali erano fuggiti dall'Egitto mentre l'esercito di Faraone era perito nelle acque del Mar Rosso, Nél aveva lasciato l'Egitto insieme al figlio Gáedel Glas, al quale era stata affidata la lingua gaelica creata dallo stesso Féinius. Nel Lebor Gabála, le peregrinazioni dei discendenti di Nél, prima di giungere in Spagna, seguono un percorso assai più complicato e improbabile di quanto sia narrato da Nennius, segno che la versione irlandese è andata incontro a maggiori rimaneggiamenti. Lo scheletro del racconto originale è però perfettamente individuabile. Ma mentre in Nennius il racconto del Miles Hispaniæ è alternativo alla vicenda della peregrinazioni dei Gaeli dall'Egitto, il Lebor Gabála cuce insieme le due tradizioni e riferisce che Míl Espáine fu il discendente ispanico di Nél, e che furono i suoi figli, i Maic Míled, a invadere Ériu.

IV - GLI SVILUPPI IRLANDESI

La più antica fonte irlandese riguardante il ciclo delle invasioni, è lo Scéal Tuáin mac Cairill, risalente al IX secolo, la quale presenta i successivi insediamenti in Irlanda come memorie di un informatore immortale, certo Tuán mac Cairill, unico sopravvissuto all'epidemia che distrusse i Muintir Parthóloin ①. La presenza di Tuán è indispensabile: bisognava spiegare in quale modo si fosse perpetuata la memoria dell'invasione di Parthólon se nessuno era sopravvissuto per raccontarla. Per la prima volta la successione delle invasioni è presentata secondo lo schema canonico: Muintir Parthóloin, Clanna Nemid, Fir Bolg, Túatha Dé Danann e Maic Míled (Carey 1993). Mancano ancora le genti antidiluviane di Cesair, e non soltanto perché le memorie di Tuán non possono risalire a un'epoca precedente la sua, ma anche perché l'autore del testo rigettava l'idea che qualcuno avesse potuto tramandare le memorie dei tempi prima del diluvio, visto che questo era in disaccordo con quanto scritto nella Bibbia, la quale dichiara esplicitamente che soltanto Nōḥ e la sua famiglia si salvarono dal cataclisma. Tuán stesso nel testo afferma: «cinque volte Ériu fu conquistata dopo il diluvio, e non fu conquistata dopo il diluvio finché non furono trascorsi dodici anni e trecento» [cóic gabala ém ol se ro gabad hÉriu íar nilind ⁊ nís ragbad íar nilind coro chateá di bliadain .xii. ar .ccc.] (Scéal Tuáin mac Cairill [1229-1230]). Seppur in negativo, l'inciso rivela una polemica in atto ai tempi in cui fu compilato il testo, segno che già esisteva una tradizione riguardo a un'invasione antidiluviana. (Agrati ~ Magini 1993)

Nello Scéal Tuáin sono però presenti le Túatha Dé Danann, di cui manca in Nennius qualsiasi riferimento. Difficile dire se Nennius avesse volutamente eliminato questa parte della vicenda, sentita forse troppo fantastica, o se i suoi informatori scoti non ne fossero a conoscenza. Le due fonti sono pressoché coeve. Si ha ragione di credere che le Túatha Dé Danann vennero aggiunte al ciclo delle invasioni soltanto in un secondo tempo. Tanta cautela era probabilmente dovuta al fatto che i re e gli eroi delle Túatha Dé Danann erano stati gli dèi dei Celti insulari. I due cicli dovevano essere in origine separati: da un lato una serie di miti riguardanti gli dèi pagani, dall'altra le leggende sui capostipiti delle tribù irlandesi e sulle loro migrazioni in Ériu. Gli autori irlandesi, piuttosto che cancellare in toto le antiche teogonie e titanomachie – che dovevano esercitare un fascino non indifferente –, preferirono recuperarli rileggendoli in chiave evemeristica. Trasformarono così gli antichi dèi in una popolazione preistorica, dotata di strani poteri e occulte conoscenze, e li interpolarono nel ciclo delle invasioni. Molti dettagli nelle genealogie fornite al riguardo mostrano i rammendi eseguiti per far combaciare due tradizioni tanto diverse.

All'incirca contemporaneo allo Scéal Tuáin mac Cairill è il poema Can a mbunadas na ngáedel, attribuito allo studioso e bardo Máel Mura di Othain († 887), nel quale vengono narrate nei dettagli le migrazioni dei Gaeli dalla loro partenza dall'Egitto fino al loro arrivo in Spagna. Máel fa discendere da questa schiatta Míl Espáine, i cui figli saranno poi gli invasori di Ériu. Quelli che in Nennius erano due racconti separati, vengono qui fusi, forse per la prima volta, in un'unica materia narrativa (Carey 1993). Si noti che nel poema XIV del Lebor Gabála Érenn, che sembra riportare una versione più antica della vicenda, Nél è sostituito direttamente da Míl Espáine, a cui viene attribuito il matrimonio con Scota e viene posto alla guida delle peregrinazioni gaeliche dall'Egitto alla Spagna.

Al periodo tra il X e l'XI secolo risalgono numerosi poemi di argomento pseudo-storico o genealogico, molti dei quali serviranno come fonti per la compilazione del Lebor Gabála Érenn. I più importanti di questi poemi appartengono a quattro bardi: Eochaid úa Fláinn (936-1004), importante membro del Clann Sínaig di Armagh, autore dei poemi XXX, XLI, LIII, LXV, XCVIII, CIX e CXI contenuti nel Lebor Gabála; Flánn Mainistrech mac Echthigirn († 1056), storico e lettore dell'abbazia di Monasterboice, autore dei poemi LVI e LXVII, e forse anche dei poemi XLII e LXXXII; Tanaide († 1075?), autore dei poemi XLVII, LIX e LXXXVI; e Gilla Coemáin mac Gilla Samthainne (che ebbe il culmine della sua carriera attorno al 1072), autore dei poemi XIII, XCVI e CXV. I poemi di questi e altri bardi fornirono molte informazioni riguardo agli invasori d'Irlanda, Muintir Parthóloin, Clanna Nemid, Fir Bolg, Túatha Dé Danann e Maic Míled, compreso il racconto precedentemente espunto sull'invasione antidiluviana di Cesair. Questi poemi provvidero a fornire buona parte del materiale che in seguito sarebbe confluito nella narrazione unitaria del Lebor Gabála. (Carey 1993)

La prima redazione del Lebor Gabála Érenn risale probabilmente alla seconda metà dell'XI secolo. Ed è proprio nel lavoro di organizzazione del materiale, che lo sconosciuto redattore del testo opera l'ultima importante decisione strutturale, unendo insieme tutto il materiale esistente.

Dopo aver descritto la creazione del mondo e dell'uomo secondo il racconto biblico, egli passa a tracciare la genealogia dei mitici capostipiti delle varie tribù irlandesi a partire dalla discendenza di Yāp̄t figlio di Nōḥ̣. Seguono quindi le lunghe e complesse migrazioni dei Gaeli dall'Egitto alla Spagna. A questo punto il redattore interrompe il racconto e scrive: «Ed ora cessiamo di trattare le vicende dei Gaeli, poiché dobbiamo parlare dei sette popoli che invasero Ériu prima prima di loro» [Scuirem i fecht-sa do scélaib na nGáedel co ro aisnidem do na secht túathaib ro gabsat hÉrind rempo] (R1 [III: 1]). A quel punto vengono narrate le invasioni dei popoli pregaelici, a partire da quella dei Muintir Cesrach, finalmente ristabilita all'interno del ciclo, a cui seguono le altre invasioni pregaeliche: Muintir Parthóloin, Clanna Nemid, Fir Bolg e Túatha Dé Danann. Conclusa la lunga digressione, il redattore riprende il filo interrotto della vicenda dei Gaeli, che aveva lasciato insediati in Spagna, e racconta la memorabile invasione dei Maic Míled in Irlanda e la loro vittoria sulle Túatha Dé Danann. A questo punto la trattazione concerne i re milesi di Ériu e le loro gesta. (Carey 1993)

Nel Lebor Gabála Érenn, il ciclo delle invasioni è per la prima volta composto in un'unica materia narrativa. Ma è sicuramente irrealistico asserire che il redattore abbia rimesso insieme un ciclo già sentito come unitario, e che quindi il racconto del Lebor Gabála corrisponda alla forma originale del mito celtico, come era stato suggerito agli albori degli studi filologici (De Jubainville 1883). D'altra parte sembra fuor di dubbio che vi sia, al di sotto del ciclo delle invasioni, una struttura unitaria, come mostrano le analogie con altri miti dell'area indoeuropea [infra]. Probabilmente, l'anonimo redattore organizzò il materiale del ciclo delle invasioni seguendo un qualche schema tradizionale, anche se operò scelte e adattamenti dove era necessario. Egli conosceva sia la tradizione celtica, sia la letteratura classico-cristiana, e le fece convergere in un sistema unitario. In conclusione, il Lebor Gabála fu il punto d'arrivo di uno sviluppo naturale del ciclo delle invasioni, alla luce di un nuovo sentire in cui la materia celtica si fondeva a quella cristiana.

La grande fortuna e popolarità del Lebor Gabála è riflessa dalla proliferazione straordinariamente rapida di copie e revisioni del testo. Nel corso della seconda e terza redazione, altro materiale venne inglobato nel testo. Ben presto il Lebor Gabála divenne il testo canonico della storia antica d'Irlanda e le leggende più antiche vennero addirittura adattate ad esso. Così, le successive versioni dello Scéal Tuáin mac Cairill vennero adattate alla luce di quanto scritto nel Lebor Gabála, e persino il racconto dell'arrivo delle Túatha Dé Danann in Irlanda, fornito dal Lebor Gabála, venne posto come incipit al Cath Maige Tuired, che fu così inserito in un contesto più ampio. Dalla fine del Medioevo all'inizio dell'età moderna, l'influenza del Lebor Gabála sulla letteratura e sulla storiografia irlandese fu immenso.

Diversi manoscritti del Lebor Gabála Érenn furono usati come fonti dallo storico francescano Míchél Ó Cléirigh (Michael O'Clery, 1575-1643), quando egli ne scrisse la redazione K nel 1631. Quel materiale confluì tanto nella sezione pseudostorica degli Annála Ríoghdhachta Éireann, compilati sempre da Ó Cléirigh tra il 1632 e il 1636, quanto nei monumentali Foras feasa ar Éirinn di Seathrún Céitinn (Geoffrey Keating, 1570-1646>), compilati tra il 1626 e il 1634.

V - IL PROBLEMA DELLE DATAZIONI

Gli annalisti irlandesi sentirono sempre molto forte l'impulso a collocare i principali avvenimenti della loro storia e del loro mito in una griglia di date sempre più precisa e dettagliata. Per tale ragione, molti monumenti letterari medievali altro non sono che cronache e annali, dove ogni avvenimento viene collocato in un anno ben preciso, e a volte vengono addirittura forniti il mese e il giorno. Ancora Seathrún Céitinn, che scrive intorno alla metà del Milleseicento, fa lunghe disquisizioni nei suoi Foras feasa ar Éirinn, cercando di far quadrare i conti tra i vari annalisti e sincronizzare le date tradizionali del mito irlandese con gli avvenimenti biblici. Si sapeva che Cesair fosse giunta in Irlanda una quarantina di giorni prima del diluvio, e che Parthólon era contemporaneo di Abramo: il problema era capire in quali anni precisi collocare questi avvenimenti. Già le datazioni bibliche presentavano alcune difficoltà, in quando la Bibbia ebraica afferma che il diluvio fosse avvenuto 1969 anni dopo la creazione del mondo, mentre nella traduzione greca dei Settanta questo tempo era dilatato a 2242 anni, e gli annalisti irlandesi scelsero via via le cifre offerte dalla prima versione e dalla seconda, talvolta saltando in una stessa opera dall'una all'altra.

Invece di dare ogni volta versioni differenti, in questo lavoro abbiamo deciso di rifarci alle date degli Annála Ríoghdhachta Éireann, che ci sembrano più coerenti delle altre (la Chronica Scotorum presenta non poche incoerenze interne che ne rendono impossibile la rappresentazione schematica). Negli Annála, l'Anno Mundi 5194 viene equiparato all'Anno Domini 1, essendo questo, secondo i calcoli degli autori del testo, l'anno della nascita di Cristo. Poiché in questi antichi annali non esisteva un anno 0, bisognerebbe tenerne quanto nelle equiparazioni col nostro calendario. Ma equiparando l'Anno Domini 1 con l'anno 0, tutte le cifre degli anni seguenti alla nascita di Cristo andrebbero slittate di un'unità. Ed equiparando (come si fa in alcuni calcoli) l'anno 0 come l'anno precedente all'Anno Domini 1, le cifre da far slittare diventerebbero quelle precedenti la nascita da Cristo. Ma poiché si tratta in ogni caso di date mitologiche, puramente indicative, abbiamo deciso di non tenere conto di tali aggiustamenti.

Creazione del mondo
1 A.M.
5194 a.C.
Muintir Cesrach
2242 A.M.
2952 a.C.
Muintir Parthóloin
2520 A.M.
2674 a.C.
Clanna Nemid
2850 A.M.
2344 a.C.
Fir Bolg
3266 A.M.
1928 a.C.
Túatha Dé Danann
3303 A.M.
1891 a.C.
Maic Míled
3500 A.M.
1694 a.C.
Nascita di Cristo
5194 A.M.
0

VI - IL CICLO DELLE INVASIONI COME MITO FORMATIVO

0
Muintir Cesrach
(diluvio)
1
Muintir Parthóloin
Assetto orografico, agricoltura
2
Clanna Nemid
Assetto orografico, agricoltura
3
Fir Bolg
Organizzazione politica, regalità
4
Túatha Dé Danann
Druidismo
5
Maic Míled
Insediamento dei Gaeli

Il mito celtico della creazione del mondo non è stato tramandato: eppure lo si può ancora leggere in controluce nell'epica delle invasioni. L'Irlanda era in origine assai diversa da qualsiasi Irlanda gli uomini abbiano mai conosciuto. Il mito delle invasioni ci mette davanti alle condizioni primordiali delle cose, quando tutto ciò che costituisce il mondo come lo conosciamo, dalla struttura del territorio agli elementi del vivere civile, non erano ancora stati stabiliti. L'Irlanda delle origini è un'Irlanda incolore e vuota, senza definizione e tradizione. Il suo paesaggio è spoglio e disadorno, e i suoi elementi non hanno ancora un nome, il ché è come dire che non esistono. Bisogna tener conto che in Irlanda, assai più che in altri paesi, ogni pianura, promontorio, lago, collina, insenatura, tumulo, prende il nome da un evento accadutovi anticamente: una battaglia, un funerale, uno sbarco, un incontro tra due amanti. Ogni toponimo affonda la sua origine nel passato mitico, nella vita e nella morte dei personaggi dell'epica, e questo tratto, caratteristico della mitologia irlandese, costituisce la tradizione delle dinnshenchas, le «storie toponomastiche».

Ma tornando indietro nel tempo, ecco che troviamo un'Irlanda in cui le cose non sono ancora successe, in cui i nomi non sono ancora stati assegnati, in cui l'intero paesaggio è una cartina geografica vuota e muta. Non v'è da stupirsi se, quando i Muintir Parthóloin sbarcarono nell'isola, soltanto la mano di Dio aveva sfiorato il paesaggio d'Irlanda. I nuovi venuti non trovarono che la sola antica pianura di Sen Mag (o Mag Elta), su cui non cresceva nemmeno un filo d'erba. Ma ecco che i Muintir Parthóloin dissodarono quattro pianure, e in seguito le Clanna Nemid ne avrebbero dissodate altre dodici. E se vi erano solo tre laghi in origine, sette scaturirono durante la permanenza dei Muintir Parthóloin, quattro al tempo delle Clanna Nemid e altri tre al tempo delle Túatha Dé Danann. (Rees ~ Rees 1961)

Come vedremo procedendo in questo viaggio attraverso i miti irlandesi, tutto si configura come un continuo legare eventi mitici ai nomi del paesaggio. Ed è attraverso il mito che il paesaggio acquista lentamente la sua attuale configurazione, diventando come oggi noi lo conosciamo. Il mito irlandese, soprattutto l'epica delle invasioni, è dunque mito formativo, creativo, eziologico.

Stessa cosa per ogni elemento che compone la vita e la cultura quotidiana. L'epica delle invasioni è tutta una serie di prime volte in cui le conoscenze, le tecniche, le relazioni sociali, furono sperimentate e stabilite. Vengono spiegati gli inizi dell'agricoltura, dell'edilizia, del commercio. Vengono spiegate le origini della sovranità. Come anche della sapienza, della poesia, dell'artigianato, delle grida di battaglia, del gioco degli scacchi e della palla, delle corse dei cavalli e delle convocazioni delle assemblee. Il Lebor Gabála Érenn fa particolare attenzione alle occasioni in cui le cose furono fatte per la prima volta, riportando i nomi delle persone coinvolte. Dunque il primo a sbarcare, il primo a morire, il primo a venire eletto re, il primo ad essere tradito dalla moglie, il primo a pronunciare una sentenza e così via. Come tutte le culture tradizionali, anche la società celtica non poteva funzionare senza precedenti, senza archetipi che stabilissero gli immutabili ed eterni presupposti che reggono l'esistenza umana e la vita quotidiana. (Rees ~ Rees 1961)

VII - ARRIVO DALL'OCEANO

È facile, leggendo gli antichi testi, interpretare l'Irlanda come un'ipostasi dell'intero mondo. È un fenomeno di etnocentrismo comune a molti popoli: si pensi ad esempio alla Cina o al Giappone. La divisione dell'Irlanda in «quinti» rieccheggia la ripartizione della terra in «climi» nelle antiche cosmografie. Ma se quest'isola è una figurazione del mondo, le acque che la abbracciano diventano allora le acque dell'Oceano Cosmico. Non ci si sorprenderà di scoprire che la metafora regge perfettamente. I viaggi per mare narrati nelle leggende irlandesi [immrama], come quelli compiute da Bran mac Febail o da Naom Brendán, diventano veri e propri viaggi per l'Altro Mondo. Le terre favolose poste al di là dell'oceano, di cui favoleggiano queste storie, corrispondono esattamente alle Isole dei Beati e alle isole delle Hesperídes del mito greco.

Capovolgendo il senso del mito, ecco che i cinque popoli invasori, che dal mare giungono in Irlanda, vengono dall'Altro Mondo.

Non importa se i cronisti medievali abbiano posto le origini di questi popoli in luoghi come la Spagna, la Grecia, o le «isole settentrionali del mondo», o abbiano cercato di ricondurle al dettato biblico. Si tratta forse solo di un modo per attualizzare alla luce delle Scritture un antico mito della creazione. Il «venire dal mare» di queste stirpi preistoriche è un «venire all'esistenza». Molti miti in tutto il mondo trattano la creazione come un'emersione dalle acque primordiali. Si può anche pensare ai miti amerindi in cui la creazione del genere umano è presentata come un'emersione dei primi uomini da un altro mondo (o da un mondo precedente), posto nel sottosuolo.

Dunque, nell'interpretazione di molti studiosi del mito celto-irlandese, i popoli che giungono in Irlanda vengono «creati» e non «spostati». Essi arrivano dall'Altro Mondo ed è nell'Altro Mondo che fanno ritorno. Molte volte, nella tradizione ibernica, la concezione del ritorno al mare si confonde con quella dei síde, veri e propri mondi posti nel sottosuolo, sotto le onde, o in isole meravigliose in mezzo al mare. È chiaramente nei síde che vivono i Fomóraig ed è nei síde che andranno a vivere le Túatha Dé Danann dopo essere stati sconfitti dai Maic Míled. Il fatto che i síde siano legati al mare e ai tumuli funerari, fa chiaramente capire quale fosse, in uno stadio antico del mito, il luogo di origine dei vari popoli che giunse ad invadere Ériu. Il mito delle invasioni, in controluce, presenta gli stessi elementi del mito greco. Il mare nei miti irlandesi ha moltissimo dell'antico fiume cosmico Ōkeanós, che nel mito omerico della creazione veniva considerato origine e fine di tutte le cose (Iliás [XIV: 245-246). ①

VIII - GLI INVASORI D'IRLANDA IN UN'OTTICA FUNZIONALE

Abbiamo visto che l'epica delle invasioni d'Irlanda presenta un mito formativo. I vari popoli che vengono a popolare l'isola contribuiscono ciascuno ad aggiungere degli elementi che finiranno per costituire sia gli elementi orografici del paesaggio, sia gli elementi culturali della società umana, così come erano conosciuti da coloro che portarono questi miti alla loro forma definitiva.

Ma solo analizzando nei dettagli le specifiche nature di questi mitici invasori, si può meglio definire la natura dei vari apporti in relazione gli uni con gli altri, stabilendo una precisa economia mitica.

Che le sei popolazioni di invasori abbiano tutti una comune origine, in quanto tutta l'umanità, secondo la tradizione biblica, discese da Nōḥ (irlandese Nóe) e dai suoi figli, è fin troppo ovvio. Ed è appunto sul solido tronco dei Patriarchi biblici che i compilatori cristiani dei miti celtici trapiantarono le genealogie dei popoli invasori. Si crea così una sorta di albero genealogico di popoli legati a origini comuni via via più lontane, con precise cesure e divisioni. (Rees ~ Rees 1961)

La prima divisione avviene direttamente all'epoca del diluvio, quando le genti di Cesair non vengono ammesse sull'Arca e cercano scampo nella lontana e disadorna isola di Ériu. Bith, padre di Cesair, è un figlio di Nóe non riconosciuto dalla Bibbia e quindi tagliato fuori fin dal principio da ogni autentica tradizione. Che spesso i Muintir Cesrach non vengano enumerate tra le cinque invasioni, ma lasciate come una «preinvasione», è dovuto al fatto che la loro presenza contrastava apertamente col dato biblico ①, ma anche giustificata dal fatto che la loro influenza sulla storia d'Irlanda era quasi nulla. Sia come sia, le acque del diluvio separano con netta cesura i Muintir Cesrach da tutti gli altri popoli invasori.

La tradizione irlandese, seguendo in questo la Bibbia, si concentra piuttosto sulla discendenza dei tre figli «canonici» di Nōḥ: Šēm, Ḥām e Yāp̄t (irlandese Sem, Cham, Iafeth). I Fomóraig si distaccano dal ramo maledetto di Cham, e forse per questo alcuni passi del mito non li considera del tutto umani. Tutti gli altri popoli che nel corso della storia giungeranno ad invadere Ériu, si distaccheranno via via dalla comune discendenza di Iafeth. Il nome del loro più lontano antenato, nella tradizione del Lebor Gabála Érenn, è Aithecht figlio di Magog figlio di Iafeth figlio di Nóe. Se questa discendenza trae la sua origine della Bibbia, Aithecht è un personaggio che invano cercheremo nelle pagine del Bərēʾšîṯ. Egli rappresenta il punto preciso dove la tradizione celtica è stata innestata su quella giudaica ②. Questo nome è chiaramente derivato dal gaelico aithech, parola indicante un uomo del più basso ceto sociale. (Rees ~ Rees 1961)

Parthólon, il capo della prima invasione postdiluviana d'Irlanda, è discendente diretto di Aithecht. Egli è fuggito dalla sua terra a causa di un omicidio: è un bandito, privo di diritti civili e religiosi. Il carattere del popolo da lui guidato, viene chiaramente descritto dai testi mitologici: nella sua compagnia c'erano sette contadini, due aratori, due vomeri e quattro buoi. Sebbene siano, come i Fomóraig, abili cacciatori e pescatori, nondimeno i Muintir Parthóloin sono descritti soprattutto come agricoltori e braccianti. Essi vengono spazzati via da una pestilenza e, come le genti di Cesair, non lasciano discendenza. È il secondo ramo morto di questa genealogia di popoli. (Rees ~ Rees 1961)

Anche Nemed, il capo della seconda invasione postdiluviana d'Irlanda, è discendente di Aithecht, anche se si situa in un'epoca posteriore a quella di Parthólon. A prima vista non appaiono molte differenze tra Muintir Parthóloin e Clanna Nemid: entrambi i popoli sono privi di veri e propri re, entrambi vivono da agricoltori e dissodano vaste pianure, entrambi i popoli combattono i Fomóraig, entrambi vengono colpiti da una pestilenza. Notando tali attinenze, già i primi studiosi del mito irlandese non esitarono a definire i due popoli dei «doppioni» (Macalister 1938).

Tuttavia vi sono anche delle importanti differenze. Nemed non è un bandito in fuga dalla sua punizione, come Parthólon, ma un uomo libero, che liberamente ha deciso di cercare una nuova terra dove vivere con la sua gente. Il nome di Nemed deriva da una parola che significa «privilegio» o «santuario», parola che indica, nei primi sistemi di leggi irlandesi, gli uomini liberi, qualificati a partecipare ai riti pubblici religiosi. Questo status sociale è chiarito da Cesare allorché riferisce che coloro che rifiutavano obbedienza alle decisioni giuridiche dei druidi, venivano esclusi dai sacrifici, esclusione che comportava la perdita dei diritti civili e religiosi. Questo dettaglio colloca di prepotenza le Clanna Nemid e la loro discendenza in un livello superiore a quello dei Muintir Parthóloin. I Muintir Parthóloin inoltre si erano estinti senza lasciare discendenza, mentre dal ramo delle «privilegiate» Clanna Nemid sarebbero derivati i due popoli successivi: i Fir Bolg e le Túatha Dé Danann.

Oltre a dissodare pianure, inoltre, le Clanna Nemid costruiscono due fortezze reali. È un fatto curioso, in quanto viene detto chiaramente che le Clanna Nemid non hanno propri sovrani: per chi sono dunque quelle due fortezze? L'unica risposta è che siano state costruite per i due popoli che discenderanno da essi: i Fir Bolg e le Túatha Dé Danann. Le Clanna Nemid vivono in previsione dei due popoli a cui daranno origine.

Dunque, nonostante le ipotesi dei primi studiosi, Muintir Parthóloin e Clanna Nemid non si appartengono l'uno all'altro. I due rami sono perfettamente distinti, e li troviamo distinti già in Nennius (Historia Brittonum [14]): da un lato i Muintir Parthóloin, privi di diritti civili e di discendenza, dall'altro il gruppo formato dalle Clanna Nemid e dai loro discendenti, i Fir Bolg e le Túatha Dé Danann, che hanno dignità di uomini liberi.

Come vedremo meglio in seguito, Fir Bolg e Túatha Dé Danann discendono dai superstiti tra le Clanna Nemid che avevano abbandonato l'Irlanda dopo essere stati sconfitti dai Fomóraig. I Fir Bolg e le Túatha Dé Danann rappresentano rispettivamente l'élite temporale e spirituale. I Fir Bolg sono guerrieri e legislatori e i loro re sono i primi sovrani a regnare in Irlanda, in quanto possessori di un'ideale principio di sovranità. È detto che ai tempi del loro re Eochaid mac Eirc non vi fu pioggia in Ériu se non rugiada, non c'era anno che passasse senza raccolti, non v'erano falsità ma soltanto giustizia.

Le Túatha Dé Danann, che arrivano dopo i Fir Bolg e li soppiantano, sono invece incantatori e druidi, profondi in sapienza e versati nelle arte magiche.

Lo schema può essere evidentemente letto in funzione della tripartizione funzionale duméziliana. Com'è noto, secondo Georges Dumézil, gli antichi popoli indoeuropei basavano i presupposti sociali dell'esistenza in tre «funzioni»:

  1. la funzione magico-sacrale, propria dei sacerdoti e dei sapienti;
  2. la funzione guerriera, da cui derivava anche il principio della regalità;
  3. la funzione economica, degli agricoltori e dei proprietari terrieri, da cui i princìpi di prosperità e di ricchezza.

Tali funzioni si rispecchiano con straordinaria chiarezza nei tre popoli della linea delle Clanna Nemid, ma in maniera più sottile, perché ciascuno dei tre popoli non incarna, come si potrebbe pensare, una delle tre funzioni, bensì aggiunge la propria funzione alla comune eredità. La formazione della società umana, così come è disegnata nell'epica delle invasioni, procede per progressivo ampliamento e completamento.

  • I Muintir Parthóloin, quali agricoltori, portano i rudimenti del vivere civile, condizione necessaria affinché la civiltà possa strutturarsi in tutte le sue categorie. Tuttavia essi rimangono esclusi dalla piena cittadinanza. Sono i lavoratori basilari sulle cui spalle verrà innalzato il complesso edificio della civiltà, ma privi di tutti i diritti civili e religiosi.

  • Le Clanna Nemid si distaccano dai Muintir Parthóloin perché sono uomini liberi, perfettamente integrati nei propri diritti, e il loro potere si esplica soprattutto nella terza funzione, quella economica-agricola.

  • I Fir Bolg, che discendono dalle Clanna Nemid, sono dei valenti guerrieri e soprattutto i primi sovrani di Ériu, essendo stati loro a portare in Irlanda l'istituzione della regalità. Essi ampliano lo spettro funzionale dalla terza alla seconda funzione.

  • Le Túatha Dé Danann, che già posseggono la ricchezza economica e la regalità guerriera, completano lo spettro funzionale nell'ambito magico-sacrale, essendo per lo più sapienti druidi. Essi appartengono a tutte e tre le funzioni, ma specificatamente alla prima. In tal modo le Túatha Dé Danann fondano la prima civiltà perfettamente completa e compiuta di Ériu, eccellendo in tutte e tre le funzioni, come sarà ancor più evidente quando analizzeremo in dettaglio i miti che li riguardano.

Il ciclo delle invasioni procede per progressivo ampliamento e completamento della sfera funzionale, fino alla costruzione di una completa civiltà umana. L'antica società irlandese, come la conosciamo dai primi sistemi legislativi, era costituita da tre classi di uomini liberi, corrispondenti alle tre funzioni duméziliane: il druido [druí] rappresentava la funzione magico-sacrale, il signore [flaith] rappresentava la funzione guerriero-regale, il proprietario terriero [bó-aire] rappresentava la funzione economica. Quest'ultima parola (letteralmente: «l'uomo libero che possiede buoi») è particolarmente trasparente, sia nel senso funzionale (i buoi [] come segno di ricchezza e prosperità), sia nel senso etimologico (aire è infatti corradicale con il termine sanscrito arya).

La comparazione della società irlandese con gli schemi funzionali di altre società indoeuropee è piuttosto precisa. In India, per esempio, erano considerati arya tutti gli «uomini liberi», le cui caste [varṇa] corrispondevano alle tre funzioni. In particolare, i brāhmaṇa incarnavano la funzione magico-sacrale, gli kṣatriya la funzione guerriero-regale, i vaiśya quella economica. Alle tre caste arya si contrapponeva a sua volta la classe anarya (non ariana); quella dei servi o śudra, gli uomini non liberi.

Vi erano dunque due contrapposizioni. Una interna agli arya (tra bramini, guerrieri e creatori di ricchezza), e una, a un livello più alto, tra arya e anarya. Oltre a queste vi era un'ulteriore contrapposizione, tra i membri delle quattro caste [varṇa] e i fuori-casta [avarṇa], gli intoccabili, i paria, tradizionalmente i discendenti degli aborigeni presenti in India ai tempi dell'invasione ariana, e considerati indegni di qualsiasi lavoro se non i più umili e degradanti.

SUDDIVISIONI
FUNZIONI
CASTE
Varṇa
{
Arya
(uomini liberi)
{
I
Brāhmaṇa
II
Kṣatriya
III
Vaiśya
Anarya
(servitori)
Śudra
Avarṇa
 
Paria

Com'era stato notato fin nelle primissime analisi del mito irlandese, l'epica delle invasioni ha una precisa controparte nel sistema indiano delle caste. I cinque popoli che arrivano dal mare per invadere Ériu corrispondono punto per punto alle Cinque Famiglie di cui parla il Ṛgveda, che altre non sono che i progenitori dell'umanità: gli antenati degli aborigeni e quelli delle quattro caste, di cui la prima è anarya (i servitori), e le altre tre arya (le tre funzioni). (Rees ~ Rees 1961)

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske
Sezione Miti: Asteríōn
Area Celtica: Óengus Óc
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Ha collaborato: Adriano Gaspani.
Creazione pagina: 01.12.2003
Ultima modifica: 28.10.2015
 
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