1 - CREAZIONE DEGLI UOMINI
PER OPERA DEI FIGLI DI BORR
opo aver creato il mondo e aver dato vita alla stirpe dei
nani, i figli di Borr ripresero la via di
casa. Giunti sulle sponde del mare, trovarono due alberi sbattuti a riva dalle
onde. Erano un frassino e un olmo.
Allora Óðinn diede loro il respiro e
la vita, Vili diede loro la ragione e il
movimento, Vé diede loro forma, parola, udito
e vista. Da quei due tronchi inanimati venne la prima coppia umana. I figli di
Borr imposero loro dei nomi: l'uomo si
chiamò Askr «frassino» e la donna
Embla «olmo». Gli dèi diedero loro
delle vesti, come ricorda Óðinn:
“Le mie vesti diedi nei campi
a due uomini di legno.
Grand'uomini si credettero come ebbero gli abiti:
nudo, chiunque è affranto”. |
Da questa prima coppia fu generata tutta l'umanità, cui fu data dimora nel
Miðgarðr.
Questo almeno è quanto fu narrato a re
Gylfi durante il suo viaggio nell'Ásgarðr.
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2 - CREAZIONE DEGLI UOMINI PER OPERA DI
ÓÐINN, HǾNIR E LOÐURR a
vǫlva attribuisce la creazione della prima coppia a
Óðinn,
Hǿnir e Lóðurr. Costoro stavano
tornando alla loro dimora quando trovarono in terra
Askr ed
Embla, il frassino e l'olmo, senza
forze e senza un destino. Óðinn diede
loro il respiro, Hǿnir concesse l'anima,
Lóðurr donò il calore vitale e il
colorito. Così come qui dice:
Finalmente tre vennero
potenti e belli,
Trovarono in terra,
Askr ed
Embla, Non possedevano respiro
non calore vitale, non gesti
Il respiro dette Óðinn,
il calore vitale dette Lóðurr |
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da quella stirpe,
æsir, a casa.
senza forze,
privi di destino.
né avevano anima,
né colorito.
l'anima dette Hǿnir,
e il colorito. |
Ciò che conta, in ogni caso, è che da quel frassino e da
quell'olmo, per volontà degli dèi, si levarono un uomo e una donna.
Askr ed
Embla furono i progenitori di tutta
l'umanità. A essi e ai loro discendenti, gli dèi diedero dimora nel
Miðgarðr.
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Fonti
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I -
CREAZIONE DEGLI UOMINI DALLE PIANTE
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Askr ed Embla (✍ 1875) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione (Oehlenschläger
1875-1877) |
La caratteristica del mito
antropogonico, in Scandinavia, è che la prima coppia umana non deriva dalla
terra, come nel mito biblico: qui sono i nani, piuttosto, a nascere dalla terra
e dal fango. Il primo uomo e la prima donna, nella mitologia norrena, vengono
creati a partire da due alberi, un frassino e un olmo. Ragione per cui essi
vengono chiamati Askr ed
Embla. In norreno, infatti, askr
è il «frassino» (cfr. tedesco Esche, inglese ash) ed embla
è l'«olmo» (cfr. tedesco Ulme, inglese elm).
Il tema della creazione dell'uomo dagli alberi o dalle piante sembra derivare
da un antichissimo mitologema che ritroviamo diffuso nei miti di tutto il mondo,
anche se spesso in contesti diversi. Ricordiamo brevemente il mito inuit
della nascita della prima coppia umana dai baccelli di una pianta di pisello, o
il mito maya della creazione degli uomini dal mais.
Ma troviamo questo motivo anche nell'area indoeuropea. Se nel mito norreno
Askr ed
Embla nacquero rispettivamente da un
frassino e da un olmo, nella mitologia greca gli uomini della prima età del
bronzo nacquero cadendo come frutti maturi dai frassini. Analogamente nel mito
iranico, il seme di Gāyōmarṯ generò una
pianta (Rheum ribes) dalla quale nacque la prima coppia umana, formata da
Mašī e Mašanī, ed essi
erano talmente uniti che era impossibile distinguere l'uno dall'altra.
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II -
GLI DÈI CREATORI: TRIADI A CONFRONTO Il mito della creazione di
Askr ed Embla è tramandato in due fonti: nel
poema eddico
Vǫluspá
e da Snorri nella sua
Prose Edda. La differenza più rilevante tra le due fonti
riguarda le tre divinità che intervengono nell'operazione antropogonica.
Sappiamo che vi è una triade di dèi responsabile degli atti creativi che
avevano dato inizio all'universo. La
Vǫluspá
parla inizialmente dei «figli di Borr»,
senza fornire alcuna indicazione sui loro nomi e la loro identità. Più tardi,
quando tratta della creazione degli uomini, fa intervenire una triade divina
formata da Óðinn,
Hǿnir e
Lóðurr. Al riguardo, il poema racconta
che tre dèi, mentre tornavano a casa, trovarono in terra un tronco di frassino e
un tronco di olmo; i loro nomi compaiono soltanto durante l'atto in cui essi
trasformano i tronchi in creature umane, e sono:
Óðinn,
Hǿnir e Lóðurr.
Unz þrír kómu
ór því liði
ǫflgir ok ástkir
æsir at húsi,
fundu á landi
lítt megandi
Ask ok Emblu
ǫrlǫglausa. |
Finalmente tre vennero
da quella stirpe,
potenti e belli,
æsir, a casa.
Trovarono in terra,
senza forze,
Askr ed
Embla,
privi di destino. |
Ǫnd þau né áttu,
óð þau né hǫfðu,
lá né læti
né litlu góða
ǫnd gaf Óðinn,
óð gaf Hænir,
lá gaf Lóðurr
ok litu góða. |
Non possedevano respiro
né avevano anima,
non calore vitale, non gesti
né colorito.
Il respiro dette
Óðinn,
l'anima dette
Hǿnir,
il calore vitale dette
Lóðurr
e il colorito. |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [17-18] |
La
Vǫluspá non associa in alcun modo i
«figli di Borr» con la triade formata da
Óðinn,
Hǿnir e Lóðurr. Nell'ambito del
poema, sembra trattarsi di due gruppi diversi che agiscono in contesti diversi.
Al contrario, Snorri ci informa fin da subito che i figli di
Borr avevano nome
Óðinn,
Vili e Vé, e a loro attribuisce lo
sterminio dei giganti primordiali, la creazione del mondo e l'organizzazione del
cosmo. Ma quando Snorri arriva a narrare il mito della creazione degli uomini,
non fa nomi e parla, genericamente, dei «figli di
Borr».
Þá er þeir gengu með
sævarstrǫndu Bors synir, fundu þeir tré tvau ok tóku upp trén ok skǫpuðu af
menn. Gaf inn fyrsti ǫnd ok líf, annarr vit ok hræring, þriði ásjónu, mál ok
heyrn ok sjón, gáfu þeim klæði ok nǫfn. Hét karlmaðrinn Askr en konan Embla, ok
ólst þaðan af mannkindin, sú er byggðin var gefinn undir Miðgarði. |
Mentre i figli di
Borr andavano lungo la riva del mare
trovarono due alberi, li raccolsero e li mutarono in uomini. Il primo diede loro
respiro e vita, il secondo ragione e movimento, il terzo aspetto, parola, udito
e vista. Gli diedero poi vesti e nomi. Il maschio si chiamò
Askr, la femmina
Embla e nacque allora l'umanità, a cui
fu data dimora entro Miðgarðr. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [9] |
Riassumendo, la
Vǫluspá ci spiega che a operare la
creazione del mondo furono i «figli di Bórr»
ma non ci dice i loro nomi; mentre, arrivando alla creazione degli uomini,
c'informa che ne furono artefici Óðinn,
Hǿnir e
Lóðurr. La
Prose Edda
di Snorri afferma invece che i figli di Bórr
erano Óðinn,
Vili e Vé,
e a loro attribuisce la creazione degli uomini.
Si ha l'impressione che i teonimi Vili e
Vé, traducibili con «volontà» e «santità»,
non siano dei nomi veri e propri, ma semplici epiteti dei due fratelli di
Óðinn. Se questo è vero, ci si può
legittimamente chiedere quali fossero i veri nomi dei due personaggi e, in tal
caso, se la triade di Snorri [Óðinn ~
Vili ~ Vé]
sia da identificare con la triade della
Vǫluspá
[Óðinn ~
Hǿnir ~
Lóðurr].
Anche se Snorri attribuisce la creazione degli uomini ai «figli di
Bórr» (che lui stesso aveva precedentemente
identificato con Óðinn,
Vili e Vé),
il personaggio di Hǿnir non gli è affatto
sconosciuto. Lo pone infatti come uno dei due ostaggi inviati ai
Vanir (l'altro è
Mímir) dopo la guerra tra le due stirpi
divine. Al contrario, il nome di Lóðurr
non compare mai nei testi di Snorri. Nel secondo libro dell'Edda, però,
Snorri mette in scena una triade formata da
Óðinn, Hǿnir e
Loki
(Skáldskaparmál
[2-4]), dove troviamo Loki laddove
ci aspetteremmo di trovare invece Lóðurr.
Che Snorri non abbia inventato quest'ultima triade sembra attestato dal fatto
che essa ricompare in una scena della Vǫlsunga saga.
Ci si può dunque chiedere se Lóðurr sia
da identificare con Loki. In realtà, quel
poco che sappiamo di Lóðurr lo
caratterizza come dio creatore, fisionomia che male si adatta al carattere
malvagio e livoroso di Loki. Inoltre,
Lóðurr si muove agli inizi del tempo,
laddove Loki sembra più interessato a
portare l'universo al suo compimento. Sembra di poter asserire che
Loki e
Lóðurr non abbiano nulla in comune, anche se, all'epoca di Snorri, venivano
probabilmente confusi tra loro.
Ricapitolando, Snorri aveva certamente presente la
Vǫluspá,
quando tratteggia il mito della creazione degli uomini. Eppure egli fornisce una
diversa triade di divinità coinvolte, senza che traspaia mai alcuna confusione o
identificazione tra l'una [Óðinn ~
Vili ~ Vé]
e l'altra [Óðinn ~
Hǿnir ~
Lóðurr] triade. Nonostante siano state
avanzate molte dotte proposte, specie in campo filologico, non si è giunti a
nessuna conclusione e in mancanza di altri dati una soluzione definitiva non
sarà mai raggiungibile. Per ora nulla ci vieta di identificare
Hǿnir e
Lóðurr con
Vili e Vé.
Ma nulla ci autorizza nemmeno a farne la chiave di volta di un'interpretazione
di tali personaggi.
Nelle due fonti, la
Vǫluspá e il
Gylfaginning,
vi è anche un diverso ordine dei «doni» fatti da ciascuna triade divina ai primi
due esseri umani.
Vǫluspá |
Gylfaginning |
Óðinn
respiro
[ǫnd] |
(Óðinn)
respiro e vita
[ǫnd ok líf] |
Hǿnir
anima
[ǫð] |
(Vili)
ragione e movimento
[vit ok hræring] |
Lóðurr
calore vitale e colorito
[lá ok litu góða] |
(Vé)
aspetto, parola, udito e vista
[ásjónu, málit ok heyrn ok sjón] |
Sarebbe problematico cercare di stabilire l'esatto significato del legame tra
gli dèi e i loro «doni», anche perché non è facile riprendere l'esatto
significato delle espressioni norrene. Si tratta evidentemente dello stesso mito
riportato in due forme diverse, ancorché molto simili.
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Askr ed Embla (✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione.
(Gjellerup 1895) |
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Bibliografia
- BRANSTON 1955. Brian Branston, Gods of the North. Thames & Hudson,
London 1955.
→ ID., Gli dèi del nord.
Mondadori, Milano 1991.
- BRANSTON 1978. Brian Branston, Gods & Heroes from Viking Mythology,
illustrazioni di Giovanni Caselli. Eurobook,
London 1978.
→ ID., Dèi e eroi della mitologia
vichinga. Mondadori, Milano 1981.
- BUGGE 1881. Sophus Bugge, Studier over de
nordiske Gude- og Heltesagns Oprindelse.
Christiania [Oslo] 1881.
- CLEASBY ~ VIGFÚSSON 1874. Richard Cleasby, Guðbrandur Vigfússon,
An
Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
- DE VRIES 1941. Jan De Vries, Altnordische Literaturgeschichte.
In: Grundriß der germanischen Philologie, 15. Berlin-Leipzig 1941.
- GJELLERUP 1895. Karl Gjellerup, Den ældre Eddas Gudesange.
P.G. Philipsens Forlag, København 1895.
- ISNARDI 1975. Snorri Sturluson, Edda di Snorri, a cura di Gianna chiesa Isnardi. Rusconi, Milano 1975.
- ISNARDI 1991. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici.
Longanesi, Milano 1991.
- OEHLENSCHLÄGER 1875-1877. Adam Oehlenschläger, Nordens Guder,
illustrazioni di Lorenz Frølich.
København 1875-1877.
- POLIA 1983. Mario Polia, Völuspá. I detti di colei che vede.
Il Cerchio, Rimini 1983.
- SCARDIGLI ~ MELI 1982.
Il canzoniere eddico, a cura di Piergiuseppe Scardigli, traduzione
di Marcello Meli. Garzanti, Milano 1982.
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BIBLIOGRAFIA ► |
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