I -
UNA LISTA DEI NOVE MONDI «Nove mondi» [nío heimar] è una
locuzione utilizzata nella poesia sapienziale norrena a indicare la totalità
delle manifestazioni che costituiscono l'universo. La parola heimr, che
si traduce generalmente con «mondo», riassume in sé i significati di «patria,
territorio, dimora, casa» (cfr. tedesco Heimat o inglese home).
Nel canto di apertura della
Ljóða Edda, la
vǫlva, dopo aver chiesto attenzione
«a tutte le sacre stirpi», esordisce con questa importantissima strofa:
Níu mank heima,
níu í viði,
mjǫtvið mæran
fyr mold neðan. |
Nove mondi ricordo
nove sostegni,
e l'albero misuratore, eccelso
che penetra la terra. |
Ljóða Edda
>
Vǫluspá [2] |
E in un altro canto, il gigante
Vafþrúðnir così vanta la sua sapienza al suo ospite:
Quali siano questi «nove mondi», dove vadano localizzati e in quali direzioni
dello spazio, non è chiaro, anche perché i testi non forniscono una precisa
elencazione degli stessi. L'elenco «canonico» dei nove mondi, quello che
troviamo nei libri di divulgazione e nei siti di cultura nordica, non appartiene
alle fonti ma è stato compilato dagli studiosi mettendo insieme i nomi delle
varie regioni cosmiche citate nelle due Edda.
Vi è comunque, tra studiosi e appassionati, un certo consenso nell'elencare così
i nove mondi:
- Ásaheimr (il mondo degli
Æsir)
- Álfheimr (il mondo degli
Álfar)
- Miðgarðr (il mondo degli uomini)
- Jǫtunheimr (il mondo degli
Jǫtnar)
- Vanaheimr (il mondo dei
Vanir)
- Niflheimr (il mondo della nebbia)
- Múspellsheimr (il mondo del
fuoco)
- Svartálfaheimr (il mondo dei
Døkkálfar e dei
Dvergar)
- *Helheimr (il mondo dei morti)
Questi mondi sarebbero a loro volta disposti nello spazio nelle varie
direzioni cardinali, oltre che impilati lungo un asse diretto dal cielo agli
inferi. Piergiuseppe Scardigli fornisce un possibile schema, in gran parte
speculativo, che potrebbe essere rappresentato così
(Scardigli 1982):
Questa ipotesi cosmologica presenta però un certo numero di difficoltà, prima
tra tutti quella, ovvia, che nessuna fonte ci presenta una lista così precisa e
ordinata dei nove mondi, né delle direzioni in cui questi vadano localizzati. I
nomi da noi elencati vengono semplicemente e continuamente citati nelle due
Edda, in contesti tra loro differenti, come
nomi di varie regioni cosmiche dell'universo, senza che però essi vengano
specificatamente designati quali «mondi». |
II -
IL RECINTO MEDIANO
|
L'universo secondo il pensiero cosmologico scandinavo |
In questo tentativo di rappresentazione dell'universo scandinavo, il cosmo è racchiuso in una sorta di bolla sferica,
sostenuta dal frassino Yggdrasill.
Ásgarðr è qui posta in cima a una
montagna al centro del disco di Miðgarðr,
che è a sua volta circondato dall'anello formato dal serpente
Jǫrmungandr. Si riconoscono il ponte
Bifrǫst e, in profondità, i fiumi
Élivágar. |
La più antica visione cosmologica sembra essere
orizzontale. È l'immagine della terra rappresentata come un disco, circondata
tutto intorno da un oceano cosmico [úthaf]. In questa struttura si
realizza una sorta di opposizione dentro ↔ fuori: se al centro vi è il mondo che
gli dèi hanno creato e affidato alle stirpi umane, man mano che ci si inoltra
verso la periferia l'ordine lascia il posto a un ambiente sempre più selvaggio e
ostile, inteso come un perdurare, ai confini del cosmo, del caos primordiale.
Questa visione era forse condizionata dall'ambiente in cui vivevano gli antichi
Scandinavi: gli insediamenti, rari e distanti gli uni dagli altri, erano
stabiliti soltanto nelle regioni meridionali della Svezia e lungo le coste della
Norvegia. Il nord-est era un territorio inospitale e selvaggio: il gelo
aumentava man mano che si procedeva verso settentrione, gli inverni si facevano
più scuri e freddi, i mari si riempivano dei lastroni di ghiaccio staccati dalle
banchise polari. Gli esseri che si immaginava vivessero in questi luoghi remoti
erano incarnazioni di elementi primordiali, forze che si opponevano all'ordine
imposto dagli dèi ed erano state respinte ai confini del mondo: troll, dèmoni,
giganti di ghiaccio.
Non c'è dunque da stupirsi se veniva usato, a indicare il mondo della
manifestazione umana, un termine come
Miðgarðr. Questa parola significa letteralmente «recinto mediano», nel senso
di «spazio all'interno di un recinto». Non vi è
dunque soltanto una nozione di centralità, ovvia conseguenza dell'esperienza
umana che tende a porsi al centro del proprio sistema di coordinate
psicologiche, ma anche una nozione di luogo raccolto a difesa. Infatti, mentre
quasi tutti i nomi dei nove mondi sono caratterizzati dalla parola -heimr
«casa, patria, mondo», Miðgarðr è un
composto in -garðr. Questo termine in genere viene tradotto con «recinto»
(cfr. tedesco Garten «giardino», inglese yard «cortile» e garden
«giardino», danese e svedese gård «cortile, fattoria»), anche se vi è contenuta la
connotazione di una fortificazione atta a proteggere un villaggio o un centro
urbano, e quindi è altrettanto traducibile con «fortezza» (cfr. paleoslavo
gorodŭ «fortezza», da cui russo grad
«città» e cèco hrad «castello»; lituano gardas, žardas
«recinto, fortificazione»). Il Miðgarðr si configura
come una vera e propria fortezza: il mito narrato nelle due
Edda afferma che gli dèi, allorché uccisero
il primordiale gigante Ymir e crearono il
mondo col suo corpo, utilizzarono le ciglia del gigante per innalzare attorno
alla terra degli uomini una sorta di bastione, atto a contenere e proteggere gli
esseri umani dai giganti che abitavano ai confini del mondo.
(Gylfaginning [8]).
Leggiamo nella
Vǫluspá:
Áðr Bors synir
bjǫðum of ypðu,
þeir es Miðgarð
mæran skópu... |
Finché i figli di
Borr
innalzarono le terre,
loro che
Miðgarðr
vasto fondarono... |
Ljóða Edda
>
Vǫluspá [4] |
E nel
Grímnismál:
En ór hans brám
gerðo blið regin
miðgarð manna sonom... |
Dalle sue sopracciglia
fecero gli dèi benedetti
Miðgarðr per i figli degli uomini... |
Ljóða Edda
>
Grímnismál [41] |
Il
Miðgarðr
è appunto un
garðr, uno spazio delimitato da un bastione. La «creazione» del
Miðgarðr
si configura dunque come la delimitazione di uno spazio. Più che un'operazione
demiurgica, è un'opera di fondazione.
È evidente che le strutture cosmologiche riflettono la visione del mondo dei
popoli che le creano. Come i popoli altaici immaginano l'universo simile ad una
yurta, la visione cosmologica norrena riflette la concezione di un mondo
dove la vita umana è in perenne lotta contro gli elementi naturali e dove i
vincoli di lealtà e amicizia sono validi soltanto nell'ambito della tribù,
mentre all'esterno non c'è che da aspettarsi ostilità e inimicizia. Possiamo
immaginare gli antichi villaggi scandinavi, protetti da alte palizzate di legno,
all'interno delle quali la tribù andava a rifugiarsi ogni volta che un pericolo
la minacciava e in cui trascorreva i lunghi e bui mesi invernali. Analogamente,
il mondo umano, il Miðgarðr, veniva
immaginato come un'immensa fortezza, e i giganti rappresentano le forze
elementali, caotiche, primordiali, che premevano ai confini dell'universo,
desiderose di invadere e infrangere questa bolla di ordine istituito dagli dèi.
Il mondo, nelle più antiche visioni cosmologiche, si scindeva, almeno
orizzontalmente, in una sorta di opposizione dentro ↔ fuori. Dentro vi era il
Miðgarðr, il luogo sicuro
«dentro il recinto». Fuori vi era l'Útgarðr,
il luogo «fuori del recinto», sulle rive dell'oceano esterno, dove dimoravano i
giganti di brina. Sembra essere questa la più antica nozione cosmologica, anche
se in seguito si dirà che il mondo dei giganti,
Jǫtunheimr, si trovasse da qualche
parte ad oriente oppure, in altre fonti, a settentrione. Il toponimo
Útgarðr ricomparirà nella
Prose Edda
come il paese dei giganti dove si recarono un giorno
Þórr e
Loki in una delle loro più celebri avventure
(Gylfaginning [45]).
Una possibile cartina della più arcaica cosmologia norrena potrebbe essere la
seguente:
In questa visione, abbiamo il mondo immaginato come un disco circondato
dall'oceano cosmico [úthaf]. Il
Miðgarðr, il mondo degli uomini, ne è la parte centrale. L'Ásgarðr, il regno degli dèi, è
probabilmente localizzato al centro del
Miðgarðr, sulla cima di altissime montagne. L'Útgarðr, il recinto perimetrale, regno di
mostri e giganti, si trova all'esterno del
Miðgarðr.
In realtà la cosmologia orizzontale è assai più sofisticata di quanto non
appaia da queste note, e non si può ridurla a uno schema tanto semplicistico. In
Snorri, Þórr e i suoi compagni
attraversano il mare prima di arrivare a Útgarðr, ed è solo qui che Þórr
prova a sollevare il serpente
Jǫrmungandr, trasformato in
gatto. Analogamente, nei miti recandosi presso Hymir
o Geirrǫðr, Þórr
alterna tragitti per terra e per mare. Gli addentellati cosmologici sono perciò
assai più complessi. Rimandando a uno studio comparatistico assai più
dettagliato, è però evidente la cosmologia nordica collocava oltre il
mare la terra esterna di Útgarðr, così come altri regni mitici,
quali la terra dell'immortalità di Guðmundr e
quella di Geirrǫðr, ricordate anche in Saxo
Grammaticus (Gesta Danorum [VIII]); analoga
rappresentazione si ha per Trollebotten, la terra
favolosa del folklore e delle ballate, situata all'interno di un golfo
posto oltre l'oceano boreale. (Haavio 1965)
|
III
- UN MONDO PER GLI DÈI Se la visione orizzontale dell'universo
scandinavo era quella di un disco dove un bastione separava il mondo interno,
abitato dagli uomini, da quello esterno, caratterizzato dal caos e abitato dai
giganti, quella verticale sembrava essere più complessa. In seguito, la
moltiplicazione delle regioni cosmiche portò all'assegnazione di un mondo ai
vari esseri soprannaturali: un mondo per gli elfi, uno per i nani, uno per i
morti, uno per i giganti, e via dicendo.
Invano cercheremmo nelle fonti più antiche un riferimento diretto a un mondo
assegnato agli dèi. Di una terra degli Æsir
non si parla mai espressamente nella
Ljóða Edda. Si suppone che l'ascoltatore sappia
perfettamente dove dimorino gli dèi, e perciò non ci si dilunga in inutili
descrizioni. Troviamo solo riferimenti vaghi e allusioni, come per esempio nel
Grímnismál, dove leggiamo:
Fonte più dettagliata è la
Prose Edda di Snorri, la quale ci narra che
gli dèi abitavano in una fortezza chiamata
Ásgarðr e ci elenca minutamente i palazzi e le terre che ne facevano parte ①.
Se i nomi di questi palazzi e terre Snorri le trae dalla
Ljóða Edda,
e più precisamente dalla lista delle dimore divine riportata nel
Grímnismál
[4-17], una visione
ordinata della città di Ásgarðr la
troviamo soltanto nella sintesi operata dallo stesso Snorri nella
Prose Edda.
Nei trentacinque carmi della
Ljóða Edda, infatti, la città di
Ásgarðr viene nominata solo due volte e
sempre senza alcuna spiegazione.
Ma dove si trovava questa terra divina? Dove sorgeva
Ásgarðr?
Sembra che la fortezza di Ásgarðr,
venisse immaginata come una ricca corte costruita dagli dèi, subito dopo la
creazione del mondo e degli uomini, in un luogo non definito situato al centro
della terra. Così testimonia Snorri in un passo della
Prose Edda,
dove racconta:
Þar næst gerðu þeir sér borg í miðjum
heimi er kǫlluð er Ásgarðr. Þat kǫllum vér Tróia. Þar byggðu goðin ok ættir
þeira, ok gerðust þaðan af mǫrg tíðendi ok greinir bæði á jǫrðu ok í lofti. |
Poi [i figli di
Borr] costruirono per loro, nel centro del
mondo, una rocca che fu chiamata Ásgarðr,
che noi chiamiamo «Troia». Là abitano gli dèi e le loro stirpi e da allora
molti avvenimenti e vicissitudini sono accaduti sia in cielo che in terra. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning [9] |
Compare dunque l'immagine di una fortificazione che si leva sulla cima di
qualche vetta inaccessibile, al centro del
Miðgarðr, una cittadella inerpicata
su rupi scoscese, difesa da immensi bastioni, le cui mura e i cui palazzi
toccano le nuvole. Questa concezione della dimora degli dèi vista come una città
arroccata in cima a una montagna cosmica è condivisa da altre tradizioni
mitologiche: i Greci videro il loro pantheon sul monte Ólympos, mentre le
divinità degli Indiani dimorano sui monti Meru e
Kailasa. Nel racconto che fa da cornice alla
Prose Edda,
vediamo il re svedese Gylfi intraprendere
un lungo viaggio e raggiungere Ásgarðr
a piedi
②. Questo racconto presenta
elementi arcaici che lo rendono prezioso indicatore, se non di una vera e
propria visione cosmologica, almeno di un certo modo di intendere una relazione
tra il nostro mondo e quello degli dèi.
Ma detto questo, molti dettagli più o meno allusivi fanno capire, al
contrario, che Ásgarðr si trovi nel
cielo. Le due Edda parlano dei cavalli degli
dèi e delle Valkyrjur in grado
di galoppare nell'aria, di dèi e dee che indossano vestiti di piume per volare
negli altri mondi, di un ponte arcobaleno che collega la terra al cielo. Più
volte Snorri, parlando di Ásgarðr e dei
palazzi e delle terre che ne fanno parte, afferma si trovino in cielo. «Grandi
cose tu sai dire del cielo» [mikil tíðindi kanntu að segja af himnum]
afferma re Gylfi e, al suo desiderio di
conoscere altri dettagli dei luoghi che si troverebbero lassù,
Hár gli svela le meraviglie delle
dimore divine. Ásgarðr si troverebbe
dunque «nel cielo», anche se forse si tratta soltanto del cielo in quanto luogo
posto sulla cima di una vetta altissima e inaccessibile.
Ma Ásgarðr è di nuovo un termine
composto in -garðr. Quindi una fortezza, un bastione, una città. Vi è qui
un riferimento al mito della costruzione delle mura di
Ásgarðr
(Gylfaginning [42]) ③. Ma non si può
ancora parlare di un vero e proprio «mondo» degli dèi.
In effetti il termine Ásaheimr non
appartiene ai testi mitologici ma viene introdotto da Snorri nel racconto
evemeristico della Ynglinga saga dove, però,
nel momento stesso in cui viene enunciato, cessa di essere nozione cosmologica e
viene inserito in un contesto geografico, trasformandosi in una regione posta
nella «grande Svezia» [Svíþjóð inn mikla], cioè la Scizia, a oriente
del fiume Don [Tanais o Tanakvísl], di cui
Ásgarðr sarebbe appunto la capitale. Il
racconto trova la sua giustificazione nell'etimologia popolare secondo il quale
l'etnonimo Æsir derivi dal toponimo
Asíá «Asia».
Fyrir austan Tanakvísl í Asíu var kallað
Ásaland eða Ásaheimr en hǫfuðborgin, er í var landinu, kǫlluðu þeir Ásgarð. En í
borginni var hǫfðingi sá er Óðinn var kallaður. |
La terra ad oriente di Tanakvísl in Asíá era detta Ásaland o
Ásaheimr, e la capitale del paese fu
detta Ásgarðr. Nella fortezza c'era un
capo che si chiamava Óðinn. |
Snorri
Sturluson: Ynglinga saga [2] |
Ma in questo testo Snorri agisce come storico e non come mitografo; il mito
viene evemerizzato e razionalizzato. Gli dèi sono trasformati in un popolo
storico che dall'Asia passerà nel nord Europa, dove fonderà le dinastie reali di
Danimarca, Svezia e Norvegia. Si tratta di una tradizione molto diffusa nei
testi storici di epoca cristiana: la ritroviamo nel
Formáli
alla Prose Edda, nel
Sǫrla þáttr (la cui fonte è
la Ynglinga saga) e nel testo intitolato
Upphaf allra frásagna «Inizio di tutte le narrazioni» (xiv
secolo), oltre che in Saxo Grammaticus (Gesta Danorum).
Questi testi non sono da prendere come fonte di una originale tradizione
mitologica.
|
IV -
I LUOGHI DEL CIELO Nella
Prose Edda, parlando dei regni degli dèi,
della città di Ásgarðr e dei palazzi
che vi s'innalzano, Snorri afferma che essi si trovino «nel cielo». Abbiamo detto
che forse ci si riferisce semplicemente a qualche luogo elevato, probabilmente
localizzato in cima a qualche montagna che sorgerebbe (come afferma sempre
Snorri) nel centro di Miðgarðr. Anche
il mondo degli Álfar si troverebbe «nel cielo», e per giunta non lontano da
quello degli dèi
(Grímnismál [4]).
Ma il cielo vero e proprio, l'azzurra volta che ci sovrasta, che come
sappiamo fu ricavata dagli dèi dal cranio di
Ymir, è a sua volta un luogo dalla struttura complessa e articolata. Vi
spicca innanzitutto il nome di un luogo chiamato
Gimlé di cui ci dà notizia Snorri in
diversi punti della sua opera come del luogo escatologico destinato ad
accogliere i giusti dopo la fine del mondo. La
Prose Edda
localizza questo luogo nel sud del cielo:
Á sunnanverðum himins enda er sá salr er
allra er fegrstr ok bjartari en sólin, er Gimlé heitir. Hann skal standa þá er
bæði himinn ok jǫrð hefir farisk, ok byggja þann stað góðir menn ok réttlátir of
allar aldir. |
Nella parte meridionale del cielo c'è
quella sala, più bella e più splendente del sole, che si chiama
Gimlé. Essa resisterà quando cielo e terra
saranno entrambi caduti e ivi abiteranno gli uomini buoni e giusti di tutte le
epoche. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning
[17] |
La fonte di Snorri, dichiarata nel testo, è un passo tratto da una delle
strofe più suggestive della Vǫluspá, là dove si trattano le questioni
escatologiche del mito scandinavo:
Sal sér hon standa
sólu fegra,
golli þakðan,
á Gimléi;
þar skulu dyggvar
dróttir byggva
ok of aldrdaga
ynðis nióta. |
Vede lei una corte levarsi
del sole più bella,
d'oro ricoperta,
in Gimlé.
Lì abiteranno
schiere di valorosi
ed eternamente
gioiranno felici. |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [64] |
Ma dove si trova Gimlé? È di nuovo
Snorri a spiegarlo. Dopo aver citato la strofa summenzionata della
Vǫluspá,
egli torna a dare la parola ai suoi narratori e spiega:
Svá er sagt at annarr himinn sé suðr ok
upp frá þessum himni, ok heitir sá himinn Andlang[r], en hinn þriði himinn sé
enn upp frá þeim, ok heitir sá Víðbláinn , ok á þeim himni hyggjum vér þenna
stað vera. En ljósálfar einir hyggjum vér at nú byggvi þá staði. |
Così è detto, che un altro cielo si trovi a
sud, al di sopra di questo, chiamato
Andlangr; ma ancora sopra a questi c'è il terzo cielo, che si chiama
Víðbláinn. In questo cielo noi
crediamo che si trovi quella dimora, ma solo i
Ljósálfar, noi pensiamo,
fino a ora vi abitano |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning [17] |
Questa è la versione fornitaci da tre dei quattro codici dell'Prose Edda,
ovvero i codici Rs W T. Non così U. il Codex Uppsaliensis
presenta un'interessante variante: «È detto che sopra questo [cielo], a mezzodì,
c'è un altro cielo, ed è chiamato questo mondo
Víðbláinn, e che un terzo sta al di
sopra di quello e si chiama Ǫndlangr».
Che questo codice inverta l'ordine del secondo e del terzo cielo (Ǫndlangr è una variante grafica di
Andlangr) è un particolare di scarsa
importanza: la cosa curiosa è che il secondo cielo (Andlangr in Rs W T,
Víðbláinn in U) è definito
«cielo» [himinn] nei primi tre codici [Rs W T], ma «mondo» [heimr]
nel quarto codice [U]. Quest'uso della parola «mondo» al posto della
parola «cielo» non è certo un caso, essendo attestato in diversi altri punti del
medesimo codice U. Ora, anche se i codici Rs W T formano un gruppo
compatto e sono ritenuti vicini alle intenzioni dell'autore (l'edizione critica
dell'Edda
di Snorri è basata infatti sul codice Rs), rimane il fatto che il codice
U sia il manoscritto più antico dei quattro: le sue varianti sono degne
della massima attenzione.
È eccessivo considerare i termini «cielo» [himinn] e «mondo» [heimr]
come sinonimi, ma è evidente che ci stiamo muovendo in un ordine di idee che
affonda nelle più antiche concezioni cosmologiche delle popolazioni nordiche,
germaniche in particolare. Come vedremo dettagliatamente nella pagina successiva
①,
la cosmologia scandinava sembra avere molti punti in contatto con le concezioni sciamaniche ampiamente diffuse tra i popoli uralici
e altaici stanziati lungo tutta
la fascia settentrionale dell'Eurasia, dalla Finlandia alla Siberia. L'idea di
una serie di mondi celesti e ipoctoni, impilati verticalmente gli uni sugli
altri, procedendo sia dalla terra sia verso il cielo che dalla terra verso gli
inferi, è diffusissima tra tutti i popoli boreali, dove è compito degli sciamani
salire o scendere attraverso l'asse che attraversa tutti i livelli dell'essere
(asse che nella cosmologia germanica corrisponde al frassino
Yggdrasill), interagendo con gli
spiriti-guardiani che vi regnano, al fine di ottenere privilegi e favori. A
seconda delle versioni, si passa dai sette cieli dei Tatari, ai diciassette dei
Teleuti ai trentatré dei Soioti. Ugualmente vi sono altrettanti livelli inferi,
che sprofondano nel sottosuolo. Il livello della manifestazione umana, il nostro
mondo, è centrale rispetto alla teoria di livelli celesti e ipoctoni. Il numero di livelli celesti contemplati dalle cosmologie più comuni
è comunque di sette o nove. Sette cieli rimandano
forse a speculazioni sui sette pianeti (modello cosmologico che i popoli altaici
avevano probabilmente desunto dalle concezioni del Vicino Oriente), nove cieli vanno verosimilmente
spiegati con un simbolismo del 3 × 3. Sebbene per Uno Harva una cosmologia con
sette piani celesti sia più antica di una a nove, ha probabilmente ragione Mircea Eliade nel sostenere che quest'ultima
sia in realtà più arcaica, e che la concezione di un mondo celeste a sette piani
debba dipendere da un influsso delle figurazioni del Vicino Oriente o dell'India
(Harva 1938 | Eliade 1950). ②
L'idea, radicata tra i popoli altaici, secondo cui i vari livelli
cosmici fossero popolati via via da esseri astrali, animali archetipi, spiriti,
dèi, anime in attesa di nascere, anime di defunti, e fossero poste sotto il
dominio di uno spirito-signore, ha un suo equivalente nelle concezioni nordiche
dei «cieli» o «mondi» abitati da varie specie di esseri soprannaturali.
Æsir,
Vanir,
Álfar,
Jǫtnar,
Dvergar e spiriti
dei morti, hanno ciascuno un proprio mondo.
È dunque possibile interpretare i due mondi degli
Álfar, che le fonti chiamano
Álfheimr e
Svartálfaheimr, alla luce di
quanto abbiamo appena detto sulla cosmologia altaica. Si tratta probabilmente di
un residuo di idee connesse al mitologema dei mondi celesti e ipoctoni. Sulla
localizzazione dei due mondi elfici ci dà infatti notizia Snorri in
Gylfaginning [17], dove afferma esserci «in cielo» un luogo chiamato
Álfheimr, dove vive il popolo dei
Ljósálfar (gli «elfi
chiari»), mentre i Døkkálfar
(gli «elfi scuri»)
abiterebbero sotto terra. Analogamente, parlando di
Gimlé, posto nel cielo
Víðbláinn, Snorri afferma sia
popolato dai Ljósálfar
(Gylfaginning [17]).
|
V -
L'INGOMBRANTE PATRIA DEI VANIR Sul
Vanaheimr non si può dire molto. Il
mondo dei Vanir è citato una sola
volta, con questo nome, nella
Prose Edda, anche se la sua esistenza è
implicita nella
Vǫluspá e in altri testi della
Ljóða Edda.
Di una sua posizione geografica si parla unicamente nel racconto evemeristico
della Ynglinga saga, dove il
Vanaheimr è una regione posta nella
«grande Svezia» [Svíþjóð inn mikla], cioè la Scizia, lungo il corso
del fiume Don [Tanais]. Il brano di Snorri restituisce quel senso
del meraviglioso tipico dei trattati di geografia medievale:
Í Svíþjóð eru stórhéruð mǫrg. Þar eru og
margs konar þjóðir og margar tungur. Þar eru risar og þar eru dvergar, þar eru
blámenn og þar eru margs konar undarlegar þjóðir. Þar eru og dýr og drekar
furðulega stórir. Úr norðri frá fjǫllum þeim er fyrir utan eru byggð alla fellur
á um Svíþjóð, sú er að réttu heitir Tanaís. Hún var forðum kǫlluð Tanakvísl eða
Vanakvísl. Hún kemur til sjávar inn í Svartahaf. Í Vanakvíslum var þá kallað
Vanaland eða Vanaheimur. Sú á skilur heimsþriðjungana. Heitir fyrir austan Asía
en fyrir vestan Evrópa. |
La Scizia comprende vaste regioni con molte
razze di popoli e molte lingue; vi abitano giganti, nani e negri e parecchie
specie di popoli meravigliosi; vi si trovano animali e draghi straordinariamente
grandi. Da nord, da quelle montagne che sono al di là di tutte le zone abitate,
scorre in Scizia un fiume che correttamente si chiama Tanais [Don].
Anticamente questo fiume era detto Tanakvísl o Vanakvísl. Esso
sfocia nello Svartahaf [Mar Nero]. Presso Vanakvísl era la terra detta
Vanaland o
Vanaheimr. Questo fiume divide le tre
regioni del mondo: ad est c'è l'Asíá, a ovest l'Evrópá. |
Snorri
Sturluson: Ynglinga saga [1] |
|
Mappamondo a «O-T». |
British Library. Ms.
C-5933-06; Royal 12 F. IV; f.135v. |
Da un manoscritto delle
Etymologiæ di Isidorus Hispaliensis custodito nella British Library,
un bellissimo mappamondo medievale, con l'orbe terrestre suddiviso in Asia,
Africa ed Europa. I bracci della T rappresentano in senso orario: il Nilo, il
Mediterraneo e il Mar Nero. |
La concezione del mondo tripartito, esemplificata al famoso mappamondo «O-T»,
è tipica degli atlanti medievali e rimonta a Isidoro di Siviglia, dove i confini
tra Asia, Africa ed Europa erano segnati (in senso orario) dal Nilo, il
Mediterraneo e il Mar Nero, i quali disegnavano sul mappamondo una sorta di
croce a «T», inscritta nella «O» disegnata tutta intorno
dall'Oceano esterno. Che Snorri avesse ben presente questa concezione
geografica, è dimostrato anche dal
Formáli alla sua
Edda,
testo assai vicino ai primi capitoli della Ynglinga
saga [1]. Le montagne «che sono
al di là di tutte le zone abitate», di cui qui si
parla, sono i mitici monti Rifei (forse una visione mitizzata della catena degli
Urali), che erano considerate l'estremo baluardo della terra con l'oceano
artico. Il fiume Don [Tanais], che
qui viene considerato un'estensione del Mar Nero [Svartahaf], permette a Snorri di fare un bisticcio di parole tra Tanakvísl e Vanakvísl, e quindi di inventarsi una
collocazione per il Vanaheimr, che si
troverebbe appunto presso questo fiume. Poiché più sotto il testo afferma che l'Ásaland o
Ásaheimr si trovi a oriente del fiume
(scelta che permette a Snorri di giocare sulla paraetimologia tra
Æsir e Asíá), sembra di capire
che il Vanaheimr sia invece
localizzato a occidente.
Tuttavia, se anche alcuni testi di divulgazione pongono il
Vanaheimr a occidente (come anche
nello specchietto di Scardigli sopra riportato) non è soltanto in ossequio
all'interpretazione del testo pseudo-storica della
Ynglinga saga, ma anche perché –
fragile conclusione – l'ovest è l'unico
punto cardinale che rimane che rimane fuori una volta assegnati il
Niflheimr a nord,
Múspellsheimr a sud e
Jǫtunheimr a oriente.
Certamente, le precisazioni geografiche appartenevano alle posteriori
speculazioni degli eruditi come Snorri, non al più antico livello di
elaborazione mitologica.
|
VI - DUE MONDI PER UNA
DICOTOMIA ELFICA
Di una terra abitata dagli Álfar tratta innanzitutto il
Grímnismál, che introduce il novero
delle dodici dimore degli Æsir
[4-7] con questo laconico helmingr, da cui
sembra di capire che il regno elfico non fosse lontano da quello divino:
Álfheimr vine però citato con questo nome nella strofa successiva del
poema, dove viene elencato come una delle dodici dimore degli
Æsir e, come tale, viene attribuito a
Freyr:
La festa del primo dente [tannfé] veniva celebrata allorché a un neonato
spuntava il primo dentino. Ben fortunato può dunque dirsi
Freyr, ad aver ricevuto un così magnifico dono quando ancora era in
culla. Di tale leggenda, però, come di un legame di
Freyr con
Álfheimr, non abbiamo altre notizie in tutta la letteratura norrena.
Per avere notizie più dettagliate sul mondo di
Álfheimr dobbiamo rifarci
al solito Snorri. Alla domanda di Gylfi, su
quali luoghi vi siano in cielo,
Hár tratta innanzitutto di
Álfheimr e afferma fosse abitato da una
specifica categoria di álfar, i
Ljósálfar o «elfi chiari». Al
proposito, Snorri traccia un contrasto con i
Døkkálfar o «elfi scuri», che vivevano invece sotto terra.
Margir staðir eru þar göfugligir. Sá er einn staðr þar
er kallaðr er Álfheimr. Þar byggir
fólk þat er Ljósálfar heita, en
Døkkálfar búa niðri í jörðu, ok
eru þeir ólíkir sýnum ok miklu
ólíkari reyndum. Ljósálfar eru
fegri en sól sýnum, en Døkkálfar
eru svartari biki. |
Molti gloriosi posti esistono [in cielo]. Vi è un luogo chiamato
Álfheimr, dove abita quel popolo detto dei
Ljósálfar; sotto terra
abitano invece i Døkkálfar,
che sono dissimili dai primi nell'apparenza, ma ancor più nella realtà. I
Ljósálfar sono più belli
d'aspetto del sole, mentre i
Døkkálfar sono più neri della pece. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[17] |
Non viene qui detto come si chiami questo mondo sotterraneo dei
Døkkálfar. In un altro capitolo, però, Snorri parla di un luogo
chiamato
Svartálfaheimr, «mondo degli elfi neri», dove afferma abitino
alcuni nani:
Allfǫðr þann er Skírnir er nefndr, sendimaðr Freys, ofan í Svartálfaheim til
dverga nǫkkurra ok lét gera fjǫtur þann er Gleipnir heitir. |
Allfǫðr
mandò il messaggero di Freyr, che si
chiama Skírnir, giù nello
Svartálfaheimr, presso certi nani
dai quali fecero forgiare il laccio che si chiama
Gleipnir. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[34] |
Il confronto tra i due passi permette una serie di agevoli identificazioni.
Ad esempio, il termine
Svartálfar non compare mai da solo, ma sempre come
primo elemento del composto
Svartálfaheimr; non vi è tuttavia alcuna
ragione per presumere che gli
Svartálfar, «elfi neri», siano diversi dai
Døkkálfar, «elfi scuri». E poiché lo
Svartálfaheimr si trova «giù» [ofan í],
dice Snorri, intendendo senza dubbio il sottosuolo, mondo dove dimorano i nani,
si può inferire che i
Døkkálfar o
Svartálfar altro non siano che i nani stessi, e che
lo
Svartálfaheimr sia il loro mondo.
Il contrasto con lo
Svartálfaheimr sembra confermare il dato che
Álfheimr, per contrasto, debba essere collocato in alto, dettaglio già
suggerito dallo
Grímnismál, che elencava la terra degli elfi accanto alle dimore divine. Ma che i
Ljósálfar vivessero in cielo ci è confermato da un'ulteriore notizia, sempre riferita da Snorri, su un terzo
cielo, chiamato
Víðbláinn, anch'esso detto dimora
degli «elfi chiari»:
Svá er sagt at annarr
himinn sé suðr ok upp frá þessum
himni, ok heitir sá himinn
Andlangr, en hinn þriði himinn sé
enn upp frá þeim, ok heitir sá
Víðbláinn, ok á þeim himni hyggjum
vér þenna stað vera. En Ljósálfar
einir hyggjum vér at nú byggvi þá
staði. |
Così è detto, che un altro cielo si trovi a sud, al di sopra di questo, chiamato
Andlangr; ma ancora sopra a questi c'è il terzo cielo, che si chiama
Víðbláinn. In questo cielo noi
crediamo che si trovi quella dimora, ma solo i
Ljósálfar, noi pensiamo,
fino a ora vi abitano. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[17] |
Non ne sappiamo abbastanza, purtroppo, per
identificare
Álfheimr con
Víðbláinn.
Dopo la fine del paganesimo, il concetto di un mondo degli elfi perdurò a lungo
nel folklore, ma non più come parte di un regno divino e quindi non più
inserito in una teologia celeste, bensì come mondo terrestre, per quanto
soprannaturale, parallelo e separato da quello degli uomini.
In diverse ballate popolari in medio inglese, perlopiù provenienti dal nord
dell'Inghilterra o dalla Scozia, compare una regina degli esseri incantati,
definita Queen of Elphame. Questo termine, che si ritiene derivato da un
anglosassone *Ælfham, è il mondo incantato delle creature fatate e
soprannaturali, ragion per cui viene tradotto in inglese corrente con Elfland
(Elvenland) o addirittura Fairyland. Leggiamo nella ballata
Thomas the Rhymer:
“Hail to thee Mary, Queen of Heaven!
For thy peer on earth could never be.”
“O no, O no, Thomas” she said,
“That name does not belang to me;
I am but the queen o' fair Elfland,
That am hither come to visit thee”. |
“Salve a te, Maria, Regina del Cielo!
Pari a te non c'è sulla Terra!”
“No, no, Thomas” disse ella,
“quel nome non mi appartiene;
io sono la regina del fatato Elfland,
e sono venuta a farti visita”. |
Child's Ballads > [37] Thomas the Rhymer |
Anche in alcune fiabe inglesi viene citato questo mondo degli elfi. In
Childe Rowland, ad esempio, l'Elfland
viene descritto in maniera piuttosto oscura e sinistra (Jacob
1890).
|
VII - IL GHIACCIO DELLE ORIGINI In quanto all'opposizione tra
Niflheimr e
Múspellsheimr, di cui abbiamo
trattato altrove
①,
la presenza di queste due regioni primordiali, nel novero dei nío heimar, è
giustificato dal fatto che questi due antichissimi mondi continuarono a esistere
quali regioni cosmiche molto tempo dopo la creazione dell'universo. In
particolare, il gelido mondo di Niflheimr non viene mai nominato nella
Ljóða Edda. Per tale ragione,
lo si ritiene un composto linguistico più recente, per quanto non vi sono dubbi
che sottenda a una rappresentazione cosmologica più arcaica. È infatti attestato
quasi unicamente nella
Prose Edda
di Snorri, nei cui primi capitoli viene definito come uno
dei mondi primordiali che si
distinsero dal Ginnungagap,
agli inizi del tempo. In tale fonte, viene anche definito come il luogo in cui si trovava la
sorgente di
Hvergelmir:
Fyrr var þat
mǫrgum ǫldum en jǫrð var skǫpuð,
er Niflheimr var gǫrr, ok í honum
miðjum liggr bruðr sá er
Hvergelmir heitir, ok þaðan af
falla þær ár er svá heita... |
Erano quei giorni antichi, prima
che la terra avesse forma,
quando fu creato il Niflheimr, al cui centro era una sorgente chiamata
Hvergelmir da cui sgorgavano i fiumi
che così si chiamano... |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning [4] |
Subito dopo, però, Snorri
afferma che esisteva un mondo ancora più antico, il
Múspellsheimr, che
colloca a sud. L'informazione, permette di disegnare un
universo caratterizzato da una situazione dipolare, distinto
nel rovente
Múspellsheimr a
meridione e il gelido Niflheimr collocato, per
contrasto, a settentrione. Situazione chiarita dallo stesso Snorri:
Svá sem kalt stóð
af Niflheimi ok allir hlutir
grimmir, svá var þat er vissi
námunda Muspelli heitt ok ljóst,
en Ginnungagap var svá hlætt sem
lopt vindlaust. |
Così come il freddo proveniva da
Niflheimr insieme a tutto
ciò che è temibile, quanto si
volgeva verso
Múspell era caldo e luminoso
e
Ginnungagap era mite come
aria priva di vento. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning [5] |
La definizione è significativa.
Niflheimr è il luogo da cui viene il freddo, insieme
a «tutto ciò che è temibile» [allir hlutir
grimmir].
È dunque un mondo raggelato, ostile, sinistro. Il
fatto che sia collocato a settentrione, lo caratterizza con
le nozione di oscurità,
nebbia e gelo. Nell'antico mondo scandinavo, il
nord era la direzione da cui proveniva la cattiva sorte; si
dice che la casa di Hel avesse
le porte «che dànno a nord» [ok horfa í norðr dyrr]
Gylfaginning
[52], mentre gli edifici innalzati degli
uomini avevano solitamente le porte rivolte a sud, direzione
in cui volgeva il corso diurno del sole e da cui provenivano
tutti gli influssi vitali e benigni.
Nonostante ciò, anzi, forse
proprio a causa di ciò, è proprio nello spazio centrale del
Ginnungagap, dove si
mediano le opposte polarità di
Niflheimr e
Múspellsheimr,
che si costituiscono le basi ambientali per lo scaturire della
prima vita e sorge il gigante primordiale
Ymir
(Gylfaginning [5]). Per quanto Snorri abbia inizialmente definito il Niflheimr
come uno dei due poli del
Ginnungagap, egli tornerà in seguito
a citare a questo luogo, estraendolo dai tempi primordiali e facendone uno dei
mondi della cosmologia scandinava, non del tutto distinto, come vedremo, dal
regno diHel.
Oltre che in Snorri, il Niflheimr viene anche citato nel
Rafnagaldr Óðins, un
poema piuttosto tardo (Bugge pensa risalga al
xvii secolo), redatto in stile
eddico. Poiché
Álfrǫðull, «gloria degli elfi», è uno dei nome poetici del sole, il passo –
assai dibattuto – sembra indicare il cammino notturno del sole che, passando a
nord, illumina il
Niflheimr:
Riso raknar,
rann álfraudull,
nordr at niflheim
nióla sótti. |
Sorgono le potenze
nella dimora di Álfrǫðull,
verso nord, in Niflheimr
ha cacciato la notte. |
Ljóða Edda > Rafnagaldr Óðins
[26] |
|
VIII - MÚSPELLSHEIMR: IL FUOCO DELL'APOCALISSE Niflheimr e
Múspellsheimr sono localizzati –
almeno nella configurazione primordiale dell'universo – l'uno nel gelido
settentrione, l'altro nell'ardente meridione. Essi non rappresentano soltanto i
poli cosmici del freddo e del caldo ma, forse, sono anche le figurazioni del
passato e dell'avvenire dell'universo: il ghiaccio da cui emerse
Ymir al principio dei tempi e il fuoco nel
quale i figli di Múspell
[Múspellsmegir o
Múspellssynir] bruceranno l'universo nell'ecpirosi finale.
Niflheimr e
Múspellsheimr hanno dunque
notazioni cosmiche che li pongono lungo un asse temporale, lungo una linea
escatologica. In un certo senso, Niflheimr
e Múspellsheimr segnano la freccia
del tempo. In questo si distinguono dagli altri mondi, i quali semplicemente
esistono nel tempo. Ma nella cosmologia germanica, tempo e spazio hanno nozioni
diverse da quelle che noi moderni attribuiamo loro. Stiamo parlando di un
sistema semantico in cui la stessa parola «mondo», verǫld
(letteralmente «età degli uomini»), ha un senso temporale, in quanto epoca della
manifestazione umana.
Il toponimo
Múspellsheimr è costruito sullo
straordinario termine
mūspilli/múspell, attestato in antico basso
tedesco, sassone e norreno, il cui significato sembra essere «incendio
universale». Sebbene variamente interpretata
dai filologi, pare che l'etimologia di
questa parola sia mista, derivando dal latino mundus
«mondo» e dal norreno spilla «distruggere», ove la [n] di mundus sarebbe caduta in analogia agli
infissi nasali dei temi verbali presenti, secondo un fenomeno
comune sia al latino che all'antico nordico; cfr. norreno
standa (pres.) → stóð (perf.) e latino tundo (pres.) →
tutudi (perf.) (Gordon
1927).
Múspellsheimr sarebbe dunque il
«mondo dell'incendio universale», strano toponimo che compone insieme un termine
di senso temporale (múspells-) e uno di senso spaziale (-heimr).
Il
termine
mūspilli
compare per la prima volta in un poemetto in
antico alto tedesco contenuto in un manoscritto latino
risalente alla prima metà del ix secolo. La composizione,
considerata uno dei principali monumenti della letteratura
tedesca medievale, tratta dei tempi finali, del giudizio
universale, della lotta tra Elia e l'Anticristo e
dell'incendio universale che distrugge il mondo. Il
suggestivo titolo
Mūspilli,
assegnato al poemetto dal suo scopritore e primo editore,
Johann Andreas Smeller nel 1832, deriva appunto da uno dei versi
del poema:
...Prinnit mittilagart
sten ni
kistentit. verit denne stuatago in lant,
verit mit diu
vuiru
viriho uuison:
dar ni mac
denne mak andremo
helfan vora demo muspille. |
...Brucerà la terra,
non resterà ferma alcuna pietra;
verrà allora sulla terra il giorno
del castigo,
verrà col fuoco
a
visitare gli uomini:
allora nessun parente
potrà aiutare l'altro nel
mūspilli. |
Mūspilli [-] |
Il termine
mūspilli è un hápax legomenon nella letteratura
antico-alto-tedesca, ma compare due volte in sassone, nel
Hēliand.
La prima
ricorrenza definisce esplicitamente il
mūtspelli come
«la fine di questo mondo» [endi
thesaro uueroldes].
Thot sculun sia her uuahsan forth
thia forgripanun gomon,
so samo so thia guodun man,
antthat mutspelles megin,
endi thesaro uueroldes,
obar man ferit. |
Tuttavia gli uomini dannati
continueranno a vivere qui,
tal quale gli uomini buoni,
finché la potenza del mūtspelli,
la fine di questo mondo,
coglierà gli uomini. |
Hēliand [-] |
Nella seconda ricorrenza, il giorno di mūtspelli è detto
«l'ultimo di questo mondo» [thie lezto theses
liohtes] (il sassone
lioht è letteralmente
«luce», ma anche «vita» e «mondo»).
Mutspelli cumid
an thiustria naht,
all so thiof farit
darno mid is dadion,
so cumit thie dag mannon,
thie lezto theses liohtes,
so it err thesa liudi ni uuitun... |
Il mūtspelli viene
nella cupa notte;
come il ladro procede
nascostamente nelle sue azioni,
così viene per gli uomini quel giorno,
l'ultimo di questo mondo,
senza che la gente lo sappia prima... |
Hēliand [-] |
Occasionale in Germania,
la
parola
múspell
è invece regolarmente impiegata nella letteratura
in lingua norrena,
e dunque in un contesto mitologico. È raramente
presente in forma pura, ma compare quasi sempre in due composti:
Múspells heimr, «mondo di Múspell»,
e Múspells megir (o Múspells synir), «figli di Múspell».
La più antica occorrenza è nella
Vǫluspá,
in una scena proiettata alla fine dei tempi, nel
ragnarǫk, dove la parola è collegata a lýðr
«popolo, gente».
Kjǫll ferr austan,
koma munu Múspells
um lǫg lýðir,
en Loki styrir. |
Una chiglia avanza da est:
verranno di
Múspell
sul mare le genti,
e
Loki tiene il timone. |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [51] |
In norreno, la parola múspell non indica la combustione finale del
mondo, come avveniva nella letteratura tedesca, ma caratterizza un popolo che
interverrà nei tempi finali. Il termine compare solo un'altra volta nella
Ljóða Edda,
dove fa la sua apparizione nel composto Múspells megir,
«figli di Múspell»
(Lokasenna [42]),
con analogo significato. Costoro entrano a far parte di un'ottica
cosmologica, in quanto, con la distruzione del ponte
Bifrǫst, dovranno spezzare il legame tra
cielo e terra, mossa evidentemente indispensabile
per poi distruggere l'universo.
Da queste due occorrenze,
sarebbe arduo comprendere chi o cosa indichi la parola
Múspell. Dal contesto potrebbe trattarsi tanto di un luogo (di cui
i
Múspells lýðr
sarebbero gli abitanti) quanto di un personaggio (di
cui i Múspells megir
sarebbero forse i figli). E non
sono mancati esegeti che hanno voluto interpretare la parola
Múspell come nome di persona. In tal caso, sarebbe forse
stato un gigante in una fase perduta
della mitologia scandinava; o forse un epiteto dello stesso
Surtr, al
quale il mito escatologico attribuisce l'incendio universale. In realtà nulla
fa pensare che sia mai esistito un personaggio così chiamato.
Che la parola Múspell indichi un luogo mitico sembra invece confermato
dalla Prose Edda
di Snorri.
Il termine Múspell compare regolarmente nella
Prose Edda
in Snorri, dove è legato tanto a un luogo mitico quanto al popolo che lo abita.
Il termine non è limitato soltanto ai tempi
escatologici, ma lo troviamo riferito anche ai tempi primordiali. Snorri
esordisce infatti descrivendo il heimr, «mondo», di
Múspell come uno dei due poli
in cui, all'inizio del tempo, era caratterizzato il baratro di
Ginnungagap. Questo
aveva nel lato settentrionale il gelido
Niflheimr, ma a meridione, dice Snorri, vi era un mondo ancora più antico:
Fyrst var þó sá
heimr í suðrhálfu er Muspell
heitir. Hann er ljóss ok heitr. Sú
átt er logandi ok brennandi, er
hann ok ófœrr þeim er þar eru
útlendir ok eigi eigu þar óðul.
|
Ma prima di ogni cosa vi fu quel
mondo, a sud, chiamato
Múspell. È luminoso e caldo, questo paese che arde e divampa, impervio agli
stranieri e a coloro che non vi sono nati. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[4] |
Questo mondo di Múspell assume subito dopo un ruolo importante nel processo creativo
dell'universo. Nello spazio centrale del
Ginnungagap, dove si
mediano le opposte polarità di
Niflheimr e
Múspellsheimr,
si costituiscono le basi ambientali per il sorgere della
prima vita, e sorge il gigante primordiale
Ymir
(Gylfaginning
[5]).
Ginnungagap, þat er vissi til norðrs ættar,
fyltisk með þunga ok hǫfugleik íss ok hríms ok inn í
frá úr ok gustr. En hinn syðri hlutr Ginnungagaps
léttisk móti gneistum ok síum þeim er flugu ór
Muspellsheimi. |
Ginnungagap, nella
parte che volge a nord, si ricoprì di strati
di ghiaccio e di brina, e da esso si levarono bruma
e vento, mentre la parte a sud del
Ginnungagap ne fu
preservata dalla lava e dalle scintille che
scaturivano da
Múspellsheimr. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[5] |
Più tardi, Snorri fa provenire le stelle dalle scintille del
Múspellsheimr. «Poi [gli dèi]
presero scintille e fiammelle, che correvano libere, e
furono lanciate fuori dal Múspellsheimr
[...], sia in alto che in basso, affinché illuminassero
cielo e terra» [Þá tóku þeir síur ok gneista þá er
lausir fóru ok kastat hafði ór
Muspellsheimi [...], bæði ofan ok neðan
til at lýsa himin ok jǫrð]
(Gylfaginning
[8]). Medesima è l'origine del sole, «che gli
dèi avevano creato per illuminare il mondo con quella
favilla sfuggita dal Múspellsheimr»
[þeirar er guðin hǫfðu skapat til
at lýsa heimana af þeiri síu er
flaug ór Muspellsheimi]
(Gylfaginning
[11]).
Terminato il processo creativo, il termine Múspell
torna ad assumere valenze
escatologiche. A questo punto Snorri comincia da un lato a
parlare dei Múspells megir (o Múspells synir),
i «figli di Múspell» i
quali, nel giorno di
ragnarǫk,
arriveranno sui loro destrieri, distruggeranno il
ponte
Bifrǫst sotto il loro tremendo galoppo
(Gylfaginning
[13]
| cfr.
Fáfnismál [29]),
e causeranno tra l'altro la morte di
Freyr
(Gylfaginning
[37]),
impossibilitato a difendersi senza la sua spada.
La battaglia escatologica è descritta da Snorri nel
cinquantunesimo capitolo della sua
Edda. Come già
attestato nella
Vǫluspá, le schiere dei Múspells megir
(o Múspells synir)
interverranno nel ragnarǫk,
guidate da Surtr. Si uniranno
all'esercito dei giganti di brina e a quello di Hel,
e tutti insieme attaccheranno il mondo e gli dèi.
Í þessum gný klofnar himinninn ok ríða þaðan Muspellssynir. Surtr ríðr fyrst, ok
fyrir honum ok eptir bæði eldr brennandi. Sverð hans er gott mjǫk, af því skínn
bjartara en af sólu. En er þeir ríða Bifrǫst þá brotnar hon, sem fyrr er sagt.
Muspellsmegir sœkja fram á þingvǫll er Vígríðr heitir, þar kemr ok þá Fenrisúlfr
ok Miðgarðsormr. Þar er ok þá Loki kominn ok Hrymr ok með honum allir hrímþursar,
en Loka fylgja allir Heljar sinnar. En Muspellssynir hafa yfir sér fylking, er
sú bjǫrt mjǫk. |
In questo frastuono il cielo si fenderà e avanzeranno allora i figli di
Múspell.
Surtr
cavalcherà per primo, con un fuoco ardente davanti e dietro di lui; la sua spada
è formidabile, da essa emana un chiarore più brillante del sole. Quando
cavalcheranno su Bifrǫst essi lo demoliranno, com'è stato detto in precedenza.
Le schiere di Múspell avanzeranno fino al campo chiamato Vígríðr, ove
arriveranno anche il lupo Fenrir e il
Miðgarðsormr. Anche
Loki giungerà insieme
a Hrymr e con lui tutti i giganti di brina, ma sarà a
Loki che tutti i seguaci
di Hel si uniranno. I figli di
Múspell formeranno invece una
legione separata e sarà molto luminosa. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning
[51] |
E sarà proprio
Surtr, guardiano di
Múspellsheimr e condottiero delle
sue schiere, ad avere il ruolo finale nel ragnarǫk:
sarà lui a scatenare le fiamme che arderanno il cielo e la
terra, riconducendo così l'escatologia norrena al motivo
ecpirotico che avevamo già trovato nel
Mūspilli
e nel Hēliand.
Due sole volte nella sua opera Snorri utilizza il termine Múspell
a indicare direttamente un toponimo, senza impiegarlo
come complemento di specificazione. Nella prima ricorrenza,
Snorri confronta i due mondi contrapposti di
Niflheimr e
Múspellheimr, e dice: «Così come il freddo proveniva da
Niflheimr [...], quanto si volgeva verso
Múspell era caldo e luminoso» [Svá sem kalt stóð
af Niflheimi [...], svá var þat er vissi
námunda Muspelli heitt ok ljóst]
(Gylfaginning
[4]).
Nella seconda ricorrenza,
Múspell è il luogo dove è
ormeggiata
Naglfar, la nave fatta con le unghie dei morti.
Quest'ultimo inciso conferma quanto avevamo letto in
Vǫluspá
[51]: apparterrebbe dunque a
Naglfar la chiglia che recherà le genti di
Múspell alla battaglia
escatologica. |
IX -
INFERNI GELATI, INFERNI NEBBIOSI Poiché Niflheimr e
Múspellsheimr segnano la freccia del tempo,
ovvero, rispettivamente, le origini e la fine
dell'universo, non ci si stupirà di apprendere che il Niflheimr
è legato a un'altra «direzione escatologica», questa volta diretta verso il basso,
verso il mondo dei morti.
In un passo della
Prose Edda, il Niflheimr viene
infatti descritto
come il luogo in cui si trova la sorgente di
Hvergelmir, dalla quale si dipartono
tutti i fiumi cosmici. Il frassino Yggdrasill,
stando a Snorri, vi attinge una delle sue tre radici:
Þrjár rætr trésins halda því uppi ok standa
afarbreitt. Ein er með ásum, en ǫnnur með
hrímþursum, þar sem forðum var Ginnungagap.
In þriðja stendr yfir Niflheimi, ok undir þeiri
rót er Hvergelmir, en Níðhǫggr gnagar neðan
rótina. |
Tre radici sostengono l'albero e si
estendono per spazi incredibili:
una va fra gli
Æsir, mentre un'altra fra i giganti di
brina, là dove prima c'era il
Ginnungagap. La terza sta sotto Niflheimr; sotto questa radice si trova
Hvergelmir, e
Níðhǫggr la rosicchia da sotto. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning [15] |
Qui Snorri sta citando un passo tratto
dal
Grímnismál,
dove in realtà leggiamo:
Þriár rætr
standa á þriá vega
undan aski Yggdrasils;
Hel býr undir einni,
annarri hrímþursar,
þriðio mennzkir menn. |
Tre radici
si estendono in tre direzioni
sotto il frassino
Yggdrasill;
Hel
sotto l'una dimora,
sotto l'altra i giganti di brina,
sotto la terza gli esseri umani. |
Ljóða Edda
> Grímnismál [31] |
Il confronto tra i due brani è significativo perché ci
permette di associare il regno di
Hel
al Niflheimr, o per lo meno
ci suggerisce che, all'epoca di Snorri, i due luoghi fossero in qualche modo
confusi tra loro. Se in Prose Edda [4-5] il Niflheimr
veniva genericamente collocato a nord (o per
meglio dire, veniva opposto al
Múspellsheimr,
il quale si trovava a sud), lo troviamo
ora assegnato all'abisso sotterraneo e in qualche modo
identificato con il mondo dei morti.
Poco dopo, Snorri dirà esplicitamente che la dea dell'oltretomba aveva
la propria dimora nel Niflheimr:
Hel kastaði
hann í Niflheim ok gaf henni vald
yfir níu heimum, at hon skyldi
skipta ǫllum vistum með þeim er
til hennar váru sendir, en þat eru
sóttdauðir menn ok ellidauðir. Hon
á þar mikla bólstaði ok eru garðar
hennar forkunnar hávir ok grindr
stórar. |
[Óðinn] gettò
quindi
Hel nel
Niflheimr e le diede il potere sopra i
nío
heimar, affinché ripartisse
tutte le dimore fra coloro che venivano da lei
mandati, i quali sono gli uomini morti per malattia
o di vecchiaia. Laggiù ella dispone di un vasto
territorio, le sue mura sono altissime e i suoi
cancelli enormi. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning [34] |
Questo punto sembra confermato dalla notizia secondo la
quale l'Helvegr, la «via di Hel»
era orientata verso settentrione, dunque nella direzione in
cui doveva trovarsi
Niflheimr, ma anche nella direzione infera. «In basso e nord si trova la
via di
Hel»
[en niðr ok norðr liggr Helvegr]
spiega Móðguðr a
Hermóðr, quando
questi si reca a recuperare
Baldr dal regno dei morti
(Gylfaginning [49]).
In una sola frase si fondono entrambe le nozioni: il mondo dei
morti si trova dunque «in basso e a nord».
Non vi è dunque una distinzione precisa tra i mondi il
Niflheimr e il regno di Hel: il primo è assegnato al
settentrione, ma è pure collocato negli inferi: il secondo è posto negli
inferi, ma è orientato a nord. Sono entrambi dei mondi caratterizzati dal
freddo, dall'oscurità, dalla nebbia, dalla pioggia e dall'umidità. D'altronde il settentrione era
considerato direzione infausta, opposta al cammino del sole, dunque lato segnato
dal gelo e dalle tenebre. Il Niflheimr
coincide con il corso notturno del sole, che diventa così il sole dei morti. Il Niflheimr
e il regno di Hel sono entrambi dei mondi
caratterizzati dal freddo, dall'oscurità, dalla nebbia, dalla pioggia e
dall'umidità. Tendono a sfumare l'uno nell'altro e addirittura a confondersi in
una nozione che pare riassumerli entrambi: il
Niflhel, l'inferno nebbioso.
Al contrario del Niflheimr, che non compare mai nei canti
mitologici della
Ljóða Edda, il
Niflhel è citato in
Vafþrúðnismál [43], dove viene
definito come la dimora dei morti ed è posto nell'abisso
inferiore. È probabile che costituisca
una più antica rappresentazione dello stesso Niflheimr.
Parlando del destino dei defunti, Snorri afferma:
...En vándir menn fara til Heljar ok
þaðan í Niflhel. Þat er niðr í inn níunda heim. |
Gli uomini malvagi andranno invece da
Hel e da lì nel
Niflhel, che si trova laggiù nel nono
mondo. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning
[3] |
E in un altro passo, già citato, il gigante
Vafþrúðnir afferma di essere andato
dovunque:
Dunque vi è un luogo ancora più infero di
Niflheimr, ed è il
Niflhel. Difficile definirne la natura.
Dal testo di Snorri sembra di capire che alcune categorie dei defunti –
probabilmente le anime dei malvagi – siano soggette a una seconda morte, dovendo
andare nel Niflhel passando attraverso
il regno di Hel
(Isnardi 1991). È curioso notare come, nel mondo nordico, le pene
infernali siano caratterizzate dal gelo e dall'oscurità. Pare evidente che, nel
freddo mondo boreale, il calore del fuoco fosse cosa piuttosto gradita agli
uomini; ragione per cui – contrariamente a quanto accadde nel mondo cristiano –
non venne mai associato al castigo ultraterreno.
La cosmografia norrena riguardo al regno dei morti è molto complessa e
articolata: la tratteremo nei dettagli in un apposito capitolo. Per ora basti
sottolineare che non vi è una distinzione precisa tra questi mondi gelidi, dove
il settentrione sfuma – astronomicamente – con la nozione delle profondità
infere.
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Bibliografia
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Thames & Hudson, London 1955. → ID. Gli dèi del nord.
Mondadori, Milano 1991.
- BRANSTON Brian, Gods & Heroes from Viking Mythology.
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- BUGGE Sophus, Studier over de nordiske Gude- og
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- CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An
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- DE VRIES Jan, Altgermanische Religionsgeschichte.
De Gruyter, Berlin 1957.
- ELIADE Mircea, Le chamanisme et les techniques
archaïques de l’extase. Payot, Paris 1950. → ID.,
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- HAAVIO 1965. Martti Haavio, Bjarmien vallan
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- HARVA [HOLMBERG] Uno Nils Oskar, Die religiösen
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- ISNARDI Gianna Chiesa [cura]: SNORRI Sturluson,
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- ISNARDI Gianna Chiesa, I miti nordici.
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- POLIA Mario, Völuspá. I detti di colei che vede.
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- SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.],
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BIBLIOGRAFIA ► |
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