1 -
TRE SECOLI DOPO IL DILUVIO
opo il
diluvio, Ériu rimase
pressoché disabitata per duecentosettantotto
anni, finché vi giunsero per prime le genti guidate da Partholón.
Ciò accadde nell'Anno Mundi 2520, ovvero 2578 anni prima della
nascita di Ísa Crist. Era il
sessantesimo anno della terza età del mondo, sessant'anni dopo la nascita di
Abrám.
Naturalmente non tutti gli annalisti sono d'accordo con questo computo (e coloro
che seguono il magistero della traduzione greca delle Scritture affermano che
fossero trascorsi ben mille e due anni dal diluvio all'epoca di Partholón).
Come canta Eochaid úa Fláinn:
Trecento anni,
mi vanto di questo, parlo secondo l'autorità del mio
calcolo, e lo proclamo a dispetto degli
adulatori, Ériu rimase deserta,
dopo il diluvio! |
|
I nuovi invasori di Ériu |
Autore non
identificato, illustrazione |
|
2 -
PARTHOLÓN MAC
SERA, IL
FIGLIO PARRICIDA
uesta è la genealogia di Partholón:
Partholón
figlio di Sera, figlio
di Srú, figlio
di Esrú, figlio
di Brament
(o Fraimint), figlio di
Ectach (o Fáthacht),
figlio di Magóg,
figlio di Iafeth
figlio di Nóe.
Se vuoi sapere perché
Partholón lasciò la sua terra, è
facile.
Il padre di
Partholón era sovrano di Meiginn,
l'antica Gréc Becc o «Graecia Parva» (sebbene altri dicano che fosse
in realtà l'isola di Sicil, ovvero Gréc Mór o «Graecia Magna»).
Partholón aveva tentato di spodestare
il padre, reclamando la sovranità per il fratello Becsomus
(o Stárn, dicono altri). Per punizione, il padre
gli aveva strappato l'occhio sinistro e lo aveva scacciato, mandandolo in esilio. Dopo sette
anni, però, Partholón era tornato in Gréc Becc,
insieme all'equipaggio di una nave, e aveva dato fuoco alla residenza reale,
ardendo vivi suo padre e sua madre. Anche i suoi fratelli perirono nel
rogo.
Dicono alcuni che il sovrano di Gréc Becc fosse stato in realtà
Srú, e che
Partholón
sia stato chiamato mac Sera soltanto in seguito, in
quanto quest'ultima parola, in greco, vuol dire fingalach «parricida».
|
3 -
DOPO IL DELITTO, L'ESILIO
Compiuto un così orrendo delitto,
Partholón era sfuggito alla punizione
abbandonando la patria in compagnia dei pochi che avevano osato seguirlo.
Una volta messosi in mare, nel giro di un un mese
Partholón
era giunto in Aladacia, dove nove giorni in Gothia e dopo un
altro mese in Espáin. Poi, tenendo Espáin sulla destra, dopo altri nove giorni
Partholón
era giunto in Ériu.
A Callann Mái, il quattordicesimo giorno della luna,
Partholón
e i suoi compagni sbarcarono finalmente in Inber Scéne, sulla
costa occidentale del Múmu.
Il quattordicesimo, di martedì,
condussero le libere imbarcazioni
all'approdo azzurro e brillante di una terra serena,
in Inber Scéne dagli scudi scintillanti. |
|
4 -
BÚADACH!
icono
altri che Partholón
e il suo seguito sbarcarono invece a Inis Saimér, un'isola
nella foce del fiume Samáir.
Ma una volta terminate le provviste, non trovando di che
sostentarsi, Partholón
e i suoi si spostarono altrove. Arrivarono alla foce di un
fiume talmente pescoso che Partholón
esclamò: «Com'è ricco!» [búadach!], e da ciò venne il
nome di Inber mBuada. |
5 -
IL
SEGUITO DI PARTHOLÓN
uattro
erano gli airig che guidavano i
Muintir Partholóin, e cioè lo
stesso Partholón
e i suoi tre figli: Slánga
il guaritore,
il brillante
Laiglinne – dal curach
piatto e robusto – e
Rudraige. Ciascuno era
accompagnato dalla propria moglie. Delgnat, figlia
del rude
Lochtach, era la sposa di Partholón;
Nerbgen,
Cerbnat e
Cichban erano le spose dei suoi figli.
Una coppia di servitori seguiva la famiglia di Partholón.
L'uomo si chiamava Topa ed era il gilla di Partholón.
Un altro suo nome sembra fosse Íth, il quale in
seguito avrebbe dato nome alla pianura da lui dissodata: Mag nÍtha nel Laigin.
Questi dieci – otto nobili di splendido sembiante e due servi non
altrettanto gradevoli nell'aspetto – erano l'equipaggio del curach che sbarcò
in Ériu.
Partholón
aveva dieci figlie: Aífe,
Aíne e l'eminente Adnad;
Macha, Mucha e
Melepard; Glas e
Grennach, Auach e
Achanach. E questi erano i loro mariti, dieci
gagliardi campioni: Aidbli, Bomnad
e Bán;
Caerthenn,
Echtach e Athchosán;
Lucraid,
Ligair, Lugaid il guerriero
e Gerber che mai diede la parola invano.
Dicono altri che Cerbnat fosse la moglie di
Íth, e che
Laiglinne avesse sposato sua sorella Aífe. È possibile. Crediamo
però si
confondano coloro che sostengono che Aífe avesse
sposato un certo Fintán, il quale apparteneva in realtà ai Muintir Cessrach. Non vi è tuttavia da
dubitare del fatto che il matrimonio di Aífe sia stato il primo mai celebrato in Ériu. In seguito Aífe avrebbe dato nome alla piana
di Mag Aífe in Osraige, mentre Cichban avrebbe dato nome alla
foce di Inber Cichmuine.
Il termine airech (pl. airig) racchiudeva in sé i significati di
«capo, capitano, signore, nobile». Era un membro della classe sociale superiore. |
|
|
Il termine gilla indicava, tecnicamente, un giovane che raggiungeva
l'età di portare armi. Il termine era però spesso usato per indicare un discepolo, un
servo o un coppiere, l'aiutante di un artigiano o di un
fabbro. Sul campo di battaglia un gilla poteva
essere un messaggero, un attendente preposto ai cavalli, uno scudiero incaricato
di portare le armi o la lancia al signore. |
|
|
6 -
I
MUINTIR PARTHOLÓIN
on
è facile definire con esattezza il numero di coloro che seguirono Partholón
in Ériu, poiché gli storici e i poeti sono in disaccordo con loro
Alcuni dicono che non vi fossero che Partholón,
i suoi tre figli e le loro quattro mogli,
otto persone in tutto, da cui in seguito sarebbe
discesa una popolazione di quattromilacinquanta
uomini e mille donne.
Túán mac Cairill dice che
l'intero gruppo fosse composto da ventiquattro
uomini, ciascuno accompagnato dalla sua donna, e lui era
presente.
Altri dicono che Partholón
arrivò in Ériu con un seguito di
mille uomini. Difficile stabilire quale di queste
versioni sia la più veritiera. La tradizione
ricorda i nomi di molti tra coloro che
facevano parte del seguito di Partholón.
Brea figlio di Senboth Seroll
figlio di Partholón, fu colui
che per primo costruì una casa in Ériu e fabbricò un
calderone per cuocervi la carne. Era un uomo violento, pronto
alla vendetta, che viveva di guerra e rapine; fu il primo a
combattere un singolare combattimento e stabilì tale cruda costumanza, destinata a
perdurare tra i lucenti Gáedil. La sua abitazione, Dún mBrea, fortezza
ricoperta da un tetto di vimini, venne innalzata presso l'estuario di un fiume;
là Brea morì, insieme a tutta la sua famiglia, e là tutti quanti vennero
sepolti.
Samailiath introdusse la tecnica di fabbricazione della birra
e fu il primo in Ériu a bere birra alla felce. Fu anche il primo a offrirsi come
garante, e inventò l'adorazione, l'offerta e la
supplica. Beóir, il cambusiere di Partholón, costruì
invece il primo ostello dove i viandanti
venivano accolti e rifocillati gratuitamente.
Vi erano poi, tra i
Muintir Partholóin, sette capo-fattori:
Tóthacht,
Tarba, Eochair
[Imus],
Aithichbél, Cúailli,
Dorcha e
Dam. Due erano gli aratori: Rimad l'aratore di coda e
Tairrle l'aratore di testa.
Utilizzavano un aratro con due parti in ferro:
Fodbach aveva nome il vomere
e Fetain il coltro.
E quattro erano i quattro buoi di Partholón:
Liac, Lecmag,
Imair ed Etrige:
costoro per primi
ararono il suolo di Ériu. Fis
«visione», Fochmarc «domanda» ed
Eólas «conoscenza» erano i tre druidi di Partholón
(ma secondo altri, Fis, Fochmarc
e Táth «saldatura»). Milchú,
Meran, Muinechán erano i
suoi tre trénḟir («campioni»). Bibal e Bebal
(oppure Iban ed Eban)
erano i due mercanti, i quali introdussero il baratto in
Ériu: il primo scambiava oro, il secondo
bestiame. Inoltre, Bacorp era il guaritore
e Ladru era il fili e l'ollam di Partholón; furono costoro a
concedere per primi ospitalità in Ériu.
|
7 - MORTE DI FEA
MAC TORTÁN
ette anni dopo la conquista dell'isola,
morì il
primo uomo della stirpe di Partholón.
Toccò al coraggioso Fea,
essere scelto, colui che aveva compiuto numerose imprese. Fea
figlio di Tortán figlio di
Srú figlio di Esrú; cugino
di Partholón.
Da Fea prese nome
la pianura di Mag Fea, e Oilbre Maige Fea ebbe nome il
luogo in cui Fea
ebbe la sua sepoltura. Si dice che la sua fu «la prima nascita in Laigin», perché egli
era nato là, sulla cima della collina.
Secondo altri, la pianura avrebbe preso nome da
Fea ingen Elchmaire (moglie del fomórach Nét).
Altri parlano invece di tre fratelli: Femen,
Fera, Fea, figli di
Mogach mac Dachair, i quali, con una pala, un'ascia
e una roncola, avrebbero liberato tre pianure, rispettivamente Mag Femen, Mag
Fera e Mag Fea. |
|
8 - BATTAGLIA CONTRO I FOMÓRAIG
|
Mag nÍtha |
Jason Behnke, illustrazione |
uando Partholón
era giunto in Ériu, i
Fomóraig
vi risiedevano già da duecento anni, e
vivevano, in maniera non dissimile dai
Muintir Partholóin, cacciando gli uccelli e
pescando.
Cícul nGricenchos era
il capo dei
Fomóraig.
Quando i
Muintir Partholóin
li incontrarono, i
Fomóraig
erano in numero di ottocento: ogni quarto della loro compagnia
consisteva di cinquanta uomini e tre volte cinquanta donne.
Avevano tutti un solo
occhio, un solo braccio e una sola gamba: non erano uomini ma demoni in forma umana. I
Muintir Partholóin convissero inizialmente con i
Fomóraig,
poi, tre anni dopo la morte di Fea, i due popoli
si confrontarono per
decidere a chi di loro dovesse appartenere l'isola.
Per questa ragione,
i
Muintir Partholóin
e
i
Fomóraig
si confrontarono negli slemne di Mag nÍtha, e tutti i guerrieri di Partholón
scesero in battaglia con un occhio bendato, un braccio
legato dietro la schiena e un piede legato alla
coscia. Il combattimento durò una settimana e nessun uomo
ricevette ferite mortali o fu ucciso, perché vennero
usate arti druidiche.
I
Fomóraig
furono sconfitti e
Cícul morì.
Alcuni dicono che i
Fomóraig
vennero uccisi tutti; altri che vennero cacciati da Ériu e andarono ad abitare in isole lontane
nell'oceano o in terre fatate poste sotto il mare. Ma non rinunciarono mai alla verde Ériu e
in seguito sarebbero ritornati per riconquistarla. |
9 -
MORTE DI SLÁNGA MAC PARTHOLÓIN
ei tre figli di Partholón,
i valenti airig di Ériu, il primo a morire
fu Slánga,
tredici anni dopo lo sbarco. Slánga
era stato un abile guaritore e aveva curato il fratello
Laiglinne,
ferito in vece sua nel corso della battaglia di Mag nÍtha.
Slánga fu sepolto
sotto un carn,
un tumulo di pietre, sul monte che prese
nome Slíab Slánga.
Altri raccontano un diverso
dinnṡench riguardo al nome del monte. Un giorno,
Rudraige
inseguiva un ferocissimo cinghiale, insieme tre volte cinquanta
guerrieri. Ma la belva, dopo aver ucciso cinquanta persone,
ruppe due delle lance scagliategli contro da
Rudraige.
Allora corse in aiuto del padre Ross,
figlio di
Rudraige;
il giovane
trafisse il cinghiale e recuperò abilmente la lancia senza spezzarla.
— Lunga vita a te! — lo lodò Partholón.
— Intera hai strappato la lancia al verro! [as
slan-gaíthech tice on torc!]
E da quelle parole viene il nome di Slíab
Slánga. |
10 - IL PRIMO TRADIMENTO CONIUGALE
IN ÉRIU
quel tempo
non c'erano case o fattorie e Partholón
si era accampato su un'isolotto nella foce del fiume
Samáir,
presso un'insenatura assai ricca di selvaggina. Non vi erano molti modi,
infatti, per
procurarsi il cibo, e si praticavano
perlopiù la caccia, la pesca e la cattura
degli uccelli.
|
La coppa magica |
Jim Fitzpatrick (1952-), illustrazione |
Quando Partholón
partiva per la caccia o la pesca, era solito
lasciare la moglie Delgnat
– figlia del feroce Lochtach –
e il giovane gilla
Topa
a guardia del campo. Un giorno la donna
invitò il gilla a fare l'amore con lei.
Topa tentò di
rifiutare, ma Delgnat
subito prese a insultarlo, a chiamarlo inetto e codardo. Per non subire l'onta,
Topa finì per
cedere, e giacque con la donna, senza alcun piacere.
Questo fu
il primo adulterio in Ériu e, a causa di tanta indecenza e
follia, da allora in avanti il luogo si chiamò Ess Dá Éconn,
«la rapida dei due sciocchi».
Compiuto il tradimento, Delgnat
e Topa furono colti
da una terribile arsura.
Partholón
possedeva un vaso di dolcissima birra: nessuno poteva
attingerne, se non con una coppa d'oro rosso. Ma i due
bevvero alla coppa per spegnere quella sete smisurata e
colpevole.
Tornato alla fine della giornata, Partholón
chiese da bere. Portata la coppa alle labbra, egli, che era uomo istruito,
avvertì il sapore delle bocche di Delgnat
e di
Topa,
e capì di essere stato tradito.
Fissò Delgnat:
— Per quanto sia stato breve il tempo che sono stato via,
donna, ho diritto di lamentarmi di te!
—
«Uno con uno» è sempre un bel
rischio — gli fece notare lei,
niente affatto contrita. — Pensavi davvero che sia
possibile mettere vicini una donna e un vaso di miele, del
latte appena munto e un bambino, del cibo e un affamato,
della carne fresca e un gatto, armi e attrezzi e un
artigiano, o un uomo e una donna da soli senza che nulla
avvenga tra loro?
E citò questi versi:
— Guarda i tuoi
armenti screziati: nel loro avvinghiarsi sentono il
desiderio.
Guarda le pecore dal manto
bianco: non tardano a trovare un padrone!
Guarda di chiunque le placide mandrie: cercano il toro contro ogni
ragione.
Guarda le agnelline in calore: accettano l'autorità del
primo montone nella stalla.
Al vitello s'impongono vincoli perché non segua la mucca da latte.
Si pongono steccati innanzi
alle pecore, perché l'agnello cresciuto non succhi.
Il latte schiumoso della
vacca cornuta non può essere affidato a un gattino!
Una scure affilata, difficile da proteggere, non può essere affidata a un
taglialegna! |
— Grande vergogna su di te, donna — disse
Partholón. — Il
tuo comportamento è eccessivo per chiunque: correttamente ciascuno giudicherà la tua colpevolezza.
Dal tempo in cui Éba si
macchiò del peccato della mela, rendendo schiava l'umanità e tagliandola
fuori dal paradiso, non era mai stato commesso il genere di colpa che tu hai
compiuto. Ma il peccato di Éba
credo sia addirittura inferiore al tuo,
Delgnat, o peggio
ancora.
Colto da un impeto di gelosia, colpì
con la mano aperta il cagnolino della moglie, che si trovava lì
accanto, uccidendolo. Il cucciolo si chiamava Saimér e diede nome all'isolotto
dove morì: Inis Saimér.
— La vergogna non sia su di noi, ma su di
te — replicò Delgnat.
E aggiunse: — Mio popa,
Partholón, la ragione è dalla mia
parte, non dalla tua. Mi hai lasciata in una situazione «uno
con uno», e quando viene il desiderio di accoppiarsi, non è
facile soffocarlo. Sono innocente, e ho diritto a un
risarcimento.
Questo fu il primo giudizio proferito in Ériu, il diritto
di Delgnat contro
Partholón. Alcuni dicono che
Partholón uccise il gilla; altri dicono che
Topa fuggì, e finì
divorato dai cani e dagli uccelli. Quel che è certo,
Partholón
fu il primo marito tradito in Ériu e la sua fu la prima
gelosia. Ciò avvenne sedici anni prima della sua morte. |
11 -
MORTE DI LAIGLINNE MAC PARTHOLÓIN
uindici
anni dopo lo sbarco, morì
Laiglinne figlio di
Partholón, airech di Ériu.
Quel giorno Laiglinne si
era recato con cinquanta
uomini – l'equipaggio di un
luingín – alla sorgente di Dera figlio di Scera [Tipra Dera meic Scera]. D'un tratto un'onda diluviale
proruppe dalla
sorgente e il nobile airech annegò in quel lago senza rive, il quale
prese nome Loch Laiglinne.
Delgnat, moglie di
Partholón, si recò con cinquanta donne al carn che
era stato eretto in memoria del figlio e là morì di dolore.
Altri dicono, invece, che l'acqua eruppe dallo scavo della tomba di
Laiglinne, nel Uí mac
Úais Breg, e si formò così il Loch Laiglinne. |
12 -
MORTE DI RUDRAIGE MAC PARTHOLÓIN
ieci anni dopo, morì anche il terzo
airech di Ériu,
Rudraige
di
Partholón. Mentre si scavava la sua tomba, l'acqua
sgorgò fuori e fu così che si formò il Loch Rudraige, in Ulaid.
Altri dicono che fu sotto i suoi piedi – e non sotto quelli di
Laiglinne
– che eruppe l'acqua del lago, e che egli vi annegò. |
13 - I
MUINTIR PARTHOLÓIN
MUTANO L'ASSETTO DI ÉRIU
urante la loro permanenza in Ériu, i
Muintir Partholóin
si moltiplicarono e riempirono l'isola. Essi istituirono molti
mestieri e arti per la prima volta e per primi stabilirono
leggi. Erano prevalentemente agricoltori. Praticavano
tecniche come il baratto, la molitura, la cottura delle
carni, la preparazione della birra. Costruirono i primi
edifici e i primi ostelli. Usarono per primi una zangola e
una macina.
Quando Partholón
era sbarcato in Ériu, l'isola era diversa da
quella odierna: non esistevano che tre laghi, nove fiumi e
l'unica antica pianura di Senmag nÉlta nÉtair, che si diceva
spianata dalle mani di Dio creatore, e in cui non cresceva
né un albero né un filo d'erba.
Ma durante la loro permanenza, i
Muintir Partholóin
dissodarono altre quattro pianure: Mag Lí nel Uí mac Úais, tra
Bir e Camus; Mag Ladrann nel Dál nAraide; Mag nEthrige nel Connacht;
eMag nÍtha nel Laigin (da non confondere
con l'omonima piana dove era avvenuta la battaglia contro i
Fomóraig). Fu il bue Etrige,
raccontano, a dissodare Mag nEthrige, e fu tale il suo sforzo
che la povera bestia morì dopo aver concluso il lavoro:
perciò fu dato il suo nome alla pianura. In seguito, tuttavia,
essa sarebbe stata chiamata Mag Tuired. Mag nÍtha fu invece
dissodata da Íth, gilla
di Partholón.
Analogamente, oltre ai tre antichi laghi presenti in Ériu,
altri sette si formarono nel periodo in cui i
Muintir Partholóin rimasero nell'isola. Nel
dodicesimo anno dopo l'arrivo di
Partholón eruppero il Loch Con e il Loch
Dechet: entrambi nel Connacht. L'anno successivo eruppe il
Loch Mesc, abbondante di idromele (altri dicono che il Loch Mesc sia stato il primo lago a formarsi, tre anni anni
dopo la battaglia di Mag nÍtha; ma costoro, confondendosi,
ritengono che i
Fomóraig
vennero sconfitti nel terzo anno dopo l'arrivo di
Partholón in Ériu).
Due anni dopo eruppe il Loch Laiglinne nel Uí mac Úais
Breg, sulla tomba di
Laiglinne
figlio di Partholón, come
già abbiamo detto. In seguito si formò il Loch nEchtra tra
Slíab Modorn e Slíab Fúait, in Airgíalla.
Infine, dieci anni dopo la morte di
Laiglinne, il Loch Rudraige sgorgò sotto i piedi di
Rudraige
figlio di
Partholón, nell'Ulaid.
Nello stesso anno il mare inondò la terra nella zona di Bréna
e si formò così anche il settimo lago, il Loch Cúán.
Nei dinnṡenchas fu Manannán
mac Lir a produrre il Loch Ruidi, il Loch Cúán e il Loch Dacaech, per il
dolore provocato dall'uccisione del figlio Ibel |
|
14 - MORTE DI PARTHOLÓN
ebbene
nessuno fosse stato ucciso nel corso della battaglia
druidica di Mag nÍtha, Partholón
aveva riportato delle gravi ferite. E furono proprio quelle
ferite, procurate da dardi sanguinosi, che lo portarono alla
morte, trent'anni esatti dopo lo scontro.
Partholón
morì a Senmag nÉlta nÉtair, nell'«antica piana» di Élta, in Étar, trent'anni
dopo lo sbarco del suo popolo in Ériu, e in quel luogo fu
seppellito. |
15 - LA PRIMA DIVISIONE DI ÉRIU
a prima divisione
territoriale di Ériu venne attuata all'epoca dei
Muintir Partholóin.
Tale divisione venne stipulata da quattro figli di Partholón,
nati, si dice, dopo il suo arrivo in Ériu, e chiamati
Aer, Orba,
Ferón e
Fergna.
Questa tradizione ha
suscitato la perplessità degli storici, in
quanto i nomi di questi figli di Partholón
corrispondono ai nomi dei quattro figli di Éber,
vissuti al tempo
dei Meic Míled,
sicché si potrebbe anche pensare a una
confusione tra i due racconti, se non che alcuni dei
più attenti storici ci assicurano che si
trattò davvero di uno straordinario caso di omonimia.
Al tempo in cui i
Muintir Partholóin dimoravano in Ériu, vi era tra gli uomini
onestà, rispetto dei patti e della
proprietà, e ciascuno sapeva sicure le ricchezze che
teneva nelle proprie abitazioni. Fu allora che
Aer, Orba,
Ferón e
Fergna divisero Ériu
tra loro in quattro parti, e nessuno rimase
insoddisfatto della propria porzione o
minacciò minacciò la parte toccata al
fratello.
- Da Aileach Néit nel nord fino ad
Áth Clíath nel Laigin, la porzione
di Aer.
- Da Áth Clíath ad Ailén
Árda Nemid, la porzione di Orba.
- Da Ailén
Árda Nemid ad Áth
Cliath nel Medraige, la porzione di
Ferón.
- Da Áth Clíath nel Medraige ad Aileach Néit, la porzione di
Fergna.
|
16 - COIRE MBRECCÁIN
ugghia
un gorgo marino, nel gelido Muir nOrc [il Mar delle Orcadi],
tra Ériu e Alba. Là, tutti i mari si incontrano, da est
e da ovest, da nord e da sud, e ciascuno si scaglia insieme
agli altri in un vortice che precipita giù negli abissi. Il
ruggito delle acque si ode da lontano, fragoroso come un tuono.
Si narra che qui arrivò Breccán,
figlio di Partholón,
il quale, fiero e ostinato, aveva lasciato la terra del
padre e, al comando di cinquanta curaig, si era
diretto verso nord, deciso ad attraversare il mondo da un
confine all'altro. Ma tutt'e cinquanta le imbarcazioni
vennero risucchiate nel gorgo e
Breccán annegò. Con lui morì un terzo delle schiere
di Ériu.
Perciò il gorgo è chiamato Coire mBreccáin, il
«calderone di Breccán».
Il figlio di Partholón,
impresa senza gloria,
incontrò una tristissima fine.
Breccán, uno degli eroi,
il gorgo risucchiando lo ingoiò. |
Dicono alcuni che, ad annegare nel gorgo, sia stato in realtà
Breccán figlio di Maine figlio di
Niáll Noígíallach, con i suoi cinquanta curaig.
La sorte di costui rimase avvolta nel mistero finché attraversò quel tratto di
mare noíb Colum Cille. Allora le
acque si levarono contro il santo ma, quand'egli vi buttò dell'argilla
benedetta, si placarono e gli restituirono le ossa di
Breccán. |
|
|
Túán trasformato in cervo |
Peter Fitzpatrick, illustrazione |
17 - LA FINE DEI
MUINTIR PARTHOLÓIN
Muintir Partholóin
vissero in Ériu per cinquecento cinquanta anni, dicono i più
antichi cronisti. Trecento anni, sono però le stime degli
storici più attenti.
Quel che sappiamo è che scomparvero tutti, a causa di una
pestilenza, nel giro di una settimana. La malattia si
manifestò a Callann Mai, il lunedì di Beltain,
in Mag mBreg. E in novemila
morirono entro il successivo lunedì, cinquemilaquattro uomini e quattromila
donne, in Senmag nÉlta nÉtair. Questa era la medesima pianura
dove aveva trovato la morte lo stesso Partholón,
e da allora in poi quel luogo venne chiamato Tamlecht Muintire
Partholóin «pestilenza della gente
di Partholón» o Tamlecht Fer
nÉrenn «pestilenza degli uomini di Ériu».
Era l'anno 2820 dalla Creazione del Mondo.
Unico a sopravvivere, fu un certo
Túán figlio di
Starn figlio di
Sera. Trasmutato da Dio in varie forme
animali,
Túán
sopravvisse in solitudine dal tempo di
Partholón al tempo di
Finnén e Colum Cille.
Rinato al tempo dei santi, avrebbe tramandato la memoria
dell'invasione dei
Muintir Partholóin. |
Fonti
1 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 1];
R2 R3 [IV: 2]; R3 [49-50]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX: «A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [8]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2502]
Cfr. Nennius: Historia Brittonum
Cfr. Gaufridus Monemutensis: Historia regum
Britanniae |
2 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 1];
R2 R3 [IV: 3-5, 13]
Rennes
dinnṡenchas [134]
Fragmentum: Trinity College Library, ms. H.4.22
Fragmentum: Trinity College Library, ms. H.3.18 |
3 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 1];
R2 R3 [IV: 6];
R3 [IV: 7-8, 46-47]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX: «A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [8]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXV: «hI Cethramad dég, dia Mairt»
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
4 |
Lebor gabála Érenn
R2 R3
[IV: 39]
Rennes
dinnṡenchas [134]
|
5 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 2];
R2 [IV: 14, 16];
R2 R3 [IV: 10];
R3 [IV: 11-12, 37]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX:
«A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [9-10]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXI: «Ro bo maith in muinter mór» [8-10]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXII: «Partholón
can as táinic» [5]
Lebor gabála Érenn
>
Poema XXXVII: «Stoindfead
dáib íar fír co feib»
Lebor gabála Érenn
>
Poema XXXVIII: «Cóic mná Parthalóin meic Sera»
Metrical dinnṡenchas [III: 106]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]
|
6 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 10];
R2 [IV: 15];
R3 [IV: 35-36]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXI:
«Ro bo maith in muinter mór»
Metrical dinnṡenchas [III: 14]
Rennes
dinnṡenchas [29]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
|
7 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 3];
R2 R3 [IV: 19-20]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX: «A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [11a]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2527]
Nota: Rennes
dinnṡenchas [44]
|
8 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 4];
R2 [IV: 17];
R2 R3 [IV: 21-23]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXIII:
«Sechtmad gabáil rodusgab»
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2530]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
|
9 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 2];
R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Metrical dinnṡenchas [IV: 105]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
10 |
Lebor gabála Érenn
R2 R3 [IV: 11, 40-44]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXII: «Partholón
can as táinic» [6-27]
Metrical Dinnṡenchas [IV: 92]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
11 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 2];
R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Metrical dinnṡenchas [IV: 71]
Rennes
dinnṡenchas [150]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
12 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 2];
R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
13 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 5-7];
R2 R3 [IV: 18, 24-25]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX: «A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [11, 12-13]
Metrical dinnṡenchas [III: 106]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2532-2546]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
Nota: Rennes dinnṡenchas
[98]
|
14 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 2];
R2 R3 [IV: 22, 26-29]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXII:
«Partholón can as táinic» [27]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2550]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
|
15 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 9];
R2 R3 [IV: 30, 34]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXIV:
«Ceathrar mac da
bribda glór...»
Metrical Dinnṡenchas [IV: 106]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 3] |
16 |
Metrical Dinnṡenchas [IV: 18]
Rennes Dinnṡenchas [145]
Edinburgh Dinnṡenchas [58] |
17 |
Lebor gabála Érenn
R1 [IV: 8];
R2 R3 [IV: 28, 30];
R3 [IV: 32, 46]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXX:
«A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn» [22-23]
Lebor gabála Érenn
> Poema
XXXIX:
«Túán mac Cairill ro clos»
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]:
Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2820]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]
Cfr. Nennius: Historia Brittonum |
|
|
I - LA MATERIA PARTOLONIANA: ANALISI
GENERALE, MOTIVI E STRATIFICAZIONI
Nella dettagliata analisi che R.A. Stewart Macalister ha
effettuato sul ciclo delle invasioni, i
Muintir Partholóin introducono la parte del
Lebor gabála Érenn
che egli definisce Liber Praecursorum: l'insieme
delle occupazioni pre-gaeliche d'Irlanda, le quali formano
un mito formativo, «topogonico», se non addirittura «cosmogonico»,
propedeutico all'arrivo in Ériu dei
Meic Míled o Gáedil.
Ognuno degli antichi popoli che occuparono e colonizzarono l'Irlanda testimoniò
infatti la sua presenza contribuendo alla formazione geografica, politica
e culturale dell'isola. In particolare, i
Muintir
Partholóin furono degli eroi culturali e
fondarono mestieri e istituzioni sociali: costruirono case e
ostelli, cucinarono il cibo, celebrarono matrimoni e
inventarono l'adulterio. Furono i primi a mutare la
topografia d'Irlanda, dissodando quattro pianure: quella
che fino ad allora era stata una terra boscosa e inospitale si
avviava a divenire una territorio domestico e antropizzato. ①
Sarebbe interessante poter evidenziare l'origine dei motivi
che ha portato alla formazione del mito di Partholón.
Le dettagliate analisi che l'olandese Anton Gerard Van Hamel
e lo svizzero Rudolf Thurneysen hanno effettuato su ogni
testo significativo, sebbene siano arrivate a interpretazioni
molto diverse, producono l'impressione che la materia partoloniana sia una costruzione artificiosa,
elaborata in ambiente erudito, effettuata a partire da un materiale folklorico
originale (Hamel 1933 | Thurneysen
1936 | Macalister 1940). Certamente il mito di Partholón,
come ci è pervenuto, presenta molte stratificazioni,
difficili da evidenziare. La versione più antica in nostro
possesso, lo Scéal Túáin maic
Cairill do Ḟinnén Maige Bile (✍ XI sec.), mette
in bocca a
Túán mac Cairill,
cugino di Partholón,
un racconto piuttosto laconico:
Cóic gabala ém ol se ro gabad hÉriu íar nilind
⁊ nís ragbad íar nilind coro chateá di bliadain .. ar .. Is iar sein ro
gab Partholon mac Sera doluid for longais cethora lanamna fichet nírbo mór
amainsi cáich díb fri áraili trebsat hErind co mbátar cóic míli día sil and.
Dosánic dunebad eter da domnach co n-erblatar uli achtóenfér namma ar ní gnáth
orgain cen scéola do ernam esi do innisin scél dara n-esi is mesi dano in fer
sin ol seseom. |
“Cinque volte in verità”, disse [Túán],
“Ériu fu occupata dopo il diluvio, e non fu occupata dopo il diluvio se non dopo
trecento e dodici anni. Fu allora che Partholón
figlio di Sera la occupò. Giunse,
dopo un viaggio, con ventiquattro coppie. L'abilità dell'uno non era superiore a
quella dell'altro. Popolarono Ériu finché non furono diventati cinquemila della
loro razza. Poi, tra due domeniche, sopravvenne una pestilenza, così morirono
tutti, tranne un uomo soltanto. Perché è costume a ogni massacro che scampi un
uomo che possa raccontare la storia. Quell'uomo sono io”, disse. |
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4] |
Anche la prima redazione (R1) del
Lebor gabála Érenn è piuttosto scarna: non ci dice da dove
venne Partholón,
né per quali ragioni sia giunto in Ériu. Il suo arrivo
viene dato per scontato, segno che la materia era già ben
conosciuta agli eruditi del tempo. Il testo si concentra soprattutto
sui mutamenti orografici avvenuti in Irlanda all'epoca dei
Muintir
Partholóin: quali pianure siano state dissodate
e quali laghi si siano formati. Tali dinnṡenchas
sembrano apparire primari rispetto alla narrazione e non
c'è dubbio che molti dei personaggi in questione siano stati creati
appositamente per spiegare i nomi di pianure e laghi, non
viceversa. Questo aspetto appare preminente, ai redattori di
R1, e il resto della narrazione è ridotta ai minimi
termini. Alcuni di questi racconti toponomastici compaiono
anche – con qualche variazione – nelle collezioni di
dinnṡenchas. È solo nella seconda e terza redazione (R2 ed R3)
del
Lebor gabála Érenn, con lo sviluppo delle esigenze narrative, che
vengono aggiunti molti dettagli relativi alle vicende di Partholón.
Tali dettagli sono tratti dal corredo di poemi bardici
citati nel testo, sebbene questi ultimi siano per lo più composizioni sapienziali: elenchi di nomi che finiscono per
appesantire il
Lebor gabála
di dettagli eruditi, spesso contraddittori. Ma vi
sono anche delle eccezioni, come il lungo racconto del
tradimento coniugale di
Delgnat, trasmesso dal solo ms. M,
che costituisce una splendida divagazione narrativa. Da
questa base, la successiva letteratura storiografica proverà
a smussare le molte incoerenze della materia: Míchél Ó Cléirigh
tenterà di fornire una cronologia razionale
(Annála
Ríoghdhachta Éireann) e Seathrún Céitinn di armonizzare le varianti più sensate
(Foras feasa ar
Éirinn [I: , 2-4]), a volte attingendo a testi per noi
perduti. Detto questo, rimane il problema di
individuare le molteplici stratificazioni del materiale. Un
poco ci aiuta il disporre di una versione più antica della
vicenda di Partholón,
nella Historia Brittonum
di Nennius, a cui si affianca la bizzarra variazione che
Gaufridus Monemutensis dispone nella sua
Historia regum Britanniae...
e vedremo poi quali conclusioni si possono raggiungere
dall'analisi di queste versioni britanniche della vicenda [infra]▼. Certamente il materiale relativo al ciclo delle
invasioni ha subìto una storia molto complessa di
adattamenti e rimaneggiamenti, come svela il fatto
che i nomi di due dei figli di Partholón,
Rudraige e
Slánga, riappariranno nel
gruppo dei cinque fratelli che guideranno i
Fir Bolg.
Inoltre, Aer,
Orba, Ferón e
Fergna, i quattro figli di Partholón
che dividono Ériu, portano gli stessi nomi dei quattro figli
di Éber al tempo dei Maic Míled.
Gli stessi autori del
Lebor gabála,
a cui non è sfuggito il dettaglio, ci assicurano si tratti
di un'incredibile omonimia e, dal loro punto di vista,
non poteva essere altrimenti.
|
II
- PARTHOLÓN: NOMEN OMEN?
A rimanere ancora inspiegato è
il nome di Partholón. La p
iniziale mostra una chiara origine extraceltica. Una caratteristica delle
lingue celtiche è infatti la scomparsa dell'occlusiva labiale sorda *p
in posizione iniziale o intervocalica (es. irl. athair «padre», e non **pathair).
Negli idiomi brittonici il suono [p] è stato riottenuto attraverso la trasformazione di un'originaria labiovelare *kʷ (cfr. gallese
penn «testa»); negli idiomi goidelici, invece, *kʷ ha prodotto [k] (cfr. medio irlandese cenn «testa»). I due esiti
di *kʷ sono all'origine della distinzione tra lingue celtiche-P
e celtiche-Q, e l'irlandese appartiene senza dubbio al secondo gruppo.
Il nome Partholón
non è dunque di origine celtica. È però attestato nella
letteratura cristiana irlandese come adattamento
dell'ecclesiastico Bartholomaeus.
Isidorus Hispalensis – autore ben
conosciuto dagli eruditi medievali – scrive che «Bartholomaeus
significa “figlio di colui che sostiene le acque”, ovvero,
“figlio di colui che mi sostiene”», e aggiunge: «è nome siriano, non
ebraico» [Bartholomaeus filius suspendentis aquas, vel
filius suspendentis me: Syrum est, non Hebraeum]
(Etymologiae [VII: , 16]).
Sebbene l'etimologia sia priva di fondamento, Isidorus ha ragione sul fatto che il nome sia
siriano, derivando da un aramaico bar-Talmay («figlio di
Talmay», versione medio-orientale del nome Ptolemaîos)
Tale pseudo-etimologia può aver
influenzato il modo in cui il personaggio sia stato rappresentato
nel corso degli adattamenti operati dagli eruditi irlandesi:
in tal caso Partholón
sarebbe stato un nome perfetto per l'eroe
post-diluviano, destinato a rimanere a lungo «sospeso sulle acque» prima di sbarcare in Ériu.
Rudolf Thurneysen suggerisce anche che il nome del padre
dell'eroe, Sera,
può aver significato, originariamente, il «Siriano» [Syrus]
(Thurneysen 1936).
|
III - QUANDO? I TORMENTI
DEL CRONISTA Gli storici facevano generalmente
coincidere l'arrivo di
Partholón in Ériu con il sessantesimo
anno della terza età del mondo, iniziata con la nascita di
Abrám/Aḇrāhām. Gli
eruditi irlandesi spesero molto tempo nel tentativo di
confrontare gli avvenimenti della loro isola con la storia
universale: un'ampia sezione delle
redazioni R2 ed R3 del
Lebor Gabála Érenn è costituita da tavole
sincroniche tra gli eventi legati alle invasioni irlandesi e quelli forniti dalla Bibbia
e da altri cronisti, soprattutto Eusébios
di Kesáreia.
Ma già Eusébios, nel calcolare il tempo dal diluvio ad Aḇrāhām,
osservava che affidandosi al Sēẹr
ha-Yôḇēlîm (il «Libro dei Giubilei», un apocrifo dell'Antico
Testamento) risultavano 293 anni,
mentre secondo la
Bibbia in greco dei Settanta gli anni erano 942.
Una discrepanza sufficiente a confondere qualsiasi cronista! Così, nonostante i tentativi di rendere coerente la materia, le datazioni
calcolate dagli eruditi irlandesi finivano per differire enormemente le une dalle altre. Le varie redazioni
del
Lebor Gabála forniscono almeno cinque stime differenti
del tempo intercorso tra il diluvio e l'arrivo di
Partholón in Ériu:
-
R1 [IV: 1] 300 o 312
anni;
-
R2 R3 [IV: 1] 311 o
1002 anni (A.M. 2608);
-
R3 [IV: 49] 1002
anni;
-
R2 R3 [IV: 50] 352 o
1002 anni.
-
Poema XXX:
«A chóemu
cláir Cuinn Cóemḟinn»: 300 anni
Anche nello
Scéal Túáin maic Cairill viene fornito un computo di 312 anni.
Analoghe difficoltà incontrarono gli storici posteriori. Dugald mac Firbis
calcolò 352 anni dal diluvio e l'arrivo di
Partholón, pur senza nascondersi che, secondo il computo dei Settanta, gli anni
sarebbero stati ben mille
(Chronicon
Scotorum). Per Míchél Ó Cléirigh,
Partholón sarebbe invece giunto in
Irlanda 278
anni dopo il diluvio (Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2520]).
Seathrún Céitinn si affida all'autorità del poema XXX
(attribuito a Eochaid úa Fláinn), secondo cui
Partholón sarebbe sbarcato in Ériu
trecento anni dopo il diluvio (Foras feasa ar
Éirinn [I: , 2]), e critica il calcolo «lungo»:
Giḋeaḋ, ní fírinneaċ ceudfaiḋ na muinntire adeir gurab i
gcionn dá ḃliaḋan ar ṁíle d'éis dílinne táinig Parṫolón i n-Éirinn, agus iad ag
a adṁáil gurab i n-aimsir Abraham táinig innte, agus gurab é Abraham an t-oċtṁaḋ
glún aṁáin ó Ṡem mac Noe; agus Sem féin d'áireaṁ. Óir ní cosṁail go gcaiṫfíḋe
tuilleaḋ agus míle bliaḋan re linn seaċt nglún d'éis na dílinne: uime sin
measaim gurab fírinniġe an ċeudfaiḋ ṫosaiġ ioná an ċeudfaiḋ ḋéiḋeanaċ, agus, d'á
réir sin, is inṁeasta gurab i gcionn trí ċéad bliaḋan [d'éis na dílinne] táinig
Parṫolón i n-Éirinn. |
Comunque sia, l'opinione di quanti affermano che fu sul finire
di mille e due anni dopo il diluvio, che
Partholón
giunse ad Ériu, non è
veritiera, poiché essi ammettono che egli giunse qui ai tempi di Abrám, ed è
quello stesso Abrám, che apparteneva, quindi, all'ottava generazione di
Sem,
figlio di Nóe, ed è dallo stesso
Sem che bisogna far risalire il computo. Perciò
non è credibile che siano trascorsi poco più di mille di anni nel corso di sette
generazioni dopo il diluvio. Quindi giudico la prima opinione più consona della
seconda; di conseguenza, è probabile che
Partholón
giunse ad Ériu trecento anni
dopo il diluvio. |
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar
Éirinn [I: , 2] |
Analoghe discrepanze e complicazioni incontrarono gli storici nel calcolo degli anni di permanenza dei
Muintir Partholóin in Ériu. I
calcoli eseguiti sulle tavole sincroniche di Eusébios mostrano
errori di copiatura nei nomi dei sovrani e nelle durate dei loro regni. Il
risultato è che, nella redazione R2 del
Lebor Gabála Érenn, ripresa dal ms.
B della redazione R3, la durata della permanenza dei
Muintir Partholóin in
Ériu risulta essere di 543 anni; il ms. M
della redazione R3, dopo un ulteriore calcolo, stabilisce la medesima durata in
259 anni.
Secoli dopo, gli storici irlandesi ancora discutevano su queste date, senza
riuscire a raggiungere alcuna conclusione. Dougald mac Firbis, affermando di
rifarsi all'autorità del fili Eochaid [úa Fláinn], sostiene che i
Muintir Partholóin siano rimasti in Ériu
502 anni, o forse solo 402
(Chronicon Scotorum). Míchél Ó Cléirigh
fa scendere ulteriormente questo computo a trecento anni, cifra evidentemente
giudicata più realistica (Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2520-2820]). A Seathrún Céitinn non
resta che sottolineare sconsolato le difficoltà di tali calcoli:
Adeirid
drong eile gurab fiċe bliaḋan agus cúig ċéad ó ḃás Ṗarṫolóin go táṁ a ṁuinntire;
giḋeaḋ, atá ceudfaiḋ ċoitċeann na seanċaḋ 'na aġaiḋ sin, mar a n-abraid naċ
raiḃe 'na fásaċ aċt deiċ mbliaḋna fiċead ḃaoi ó ḃás muinntire Ṗarṫolóin go teaċt
Neiṁeaḋ innte [...]. |
Altri ancora sostengono che fossero
trascorsi cinquecentoventi anni dalla morte di
Partholón sino all'epidemia che
colpì la sua gente: tuttavia, l'opinione generale degli antiquari prova il
contrario, poiché essi affermano che Ériu rimase deserta solo per trent'anni, il
tempo che trascorse dalla morte della gente di
Partholón sino all'arrivo di
Nemed [...]. |
Tig Cormac naoṁṫa mac Cuileannáin leis an níḋ gceudna i
Saltair Ċaisil, mar a n-abair gurab trí ċéad bliaḋan ḃaoi ó ṫeaċt Ṗarṫolóin i
n-Éirinn go táṁ a ṁuinntire. Tig an file Eoċaiḋ Ua Floinn leis, mar an gceudna,
do réir an rainn seo [...]. |
È d'accordo il beato Cormac mac Culennáin nel suo Saltair
Chaisil, dove sostiene che trascorsero trecento anni dall'arrivo di
Partholón in Ériu sino all'epidemia che colpì la sua gente. Il fili
Eochaid úa Fláinn concorda parimenti nei suoi versi [...]. |
As gaċ níḋ ḋíoḃ so, ní hinċreidte an drong adeir go raiḃe
tuilleaḋ agus cúig ċéad bliaḋan ó ḃás Ṗarṫolóin go táṁ a ṁuinntire; agus ní
hinṁeasta go mbiaḋ Éire ar áitiuġaḋ an coṁḟad sin, agus gan do ḋaoiniḃ innte aċt
cúig ṁíle fear agus ceiṫre ṁíle ban. |
Da tutto questo, è chiaro che non sono credibili quanti
affermano che trascorsero più di cinquecento anni dalla morte di
Partholón sino
alla scomparsa della sua gente, e non è possibile che Ériu rimase abitata per
così tanto tempo solamente da cinquemila uomini e quattromila donne. |
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar
Éirinn [I: , 2] |
Calcoli che oggi giudichiamo insignificanti, dato che sono basati su una materia
priva di qualsiasi verosimiglianza storica. Ma di estrema importanza per coloro
che, nei tempi antichi, davano alle tradizioni mitiche un valore di verità
letterale, tanto da impegnare tempo ed energia considerevoli per rendere
coerenti i loro computi. A loro, va tutta la nostra simpatia.
|
IV - DOVE? I TORMENTI DEL CARTOGRAFO Che il
luogo di origine di
Partholón fosse Mygdonía (m.irl.
Meiginn; in Céitinn, Migdonia), la
regione greca posta subito a nord della Penisola Calcidica, sembra
essere stato stabilito in conseguenza di vari fraintendimenti. Al riguardo, la redazione R1 del
Lebor gabála Érenn si limita semplicemente a
registrare l'arrivo di Partholón
in Ériu, senza specificare la sua origine. In particolare, il ms. L
(Lebor Laignech), il più antico e
autorevole, sembra ignorare ogni notizia in tal senso; al
contrario il ms. F
(Lebor Ḟear
Maí) riporta una
composizione bardica dove il luogo di origine di
Partholón è detto essere Sicil,
la Sicilia.
Partholón can
as táinic
dochum na hÉrind áirmid!
in lá do sín tar in sál,
ca tír as luid Partholán? |
Partholón, da dove giunse
arrivando in Ériu, sappiatelo!
Il giorno in cui attraversò il mare,
da quale terra era venuto
Partholón? |
Táinic ó Sicil
co Gréig,
uidi bliadna, can lán-bréig... |
Era venuto da
Sicil a Gréc,
un anno di viaggio, senza alcuna
menzogna... |
Lebor Gabála Érenn >
XXXII: «Partholón
can as táinic» [1-2] |
Questa poema è una delle fonti a cui hanno
sicuramente attinto le redazioni successive. Tuttavia, quando leggiamo, nella redazione
R2, ms. V, che
Partholón «venne da Micil Gréc» [tánic asin Micil
Gréc] (Lebor gabála Érenn
R2 [IV: 5]), ci chiediamo con
Macalister se il termine Micil non possa essere sorto da un'errata lettura della parola ΣΙΚΕΛΙΑ
«Sicilia», presente in qualche lista di toponimi greci, con sígma Σ scambiata per
M
(Macalister 1940). Il problematico Micil sembra
poi venire «corretto», nella redazione R3, in Meiginn, ovvero Mygdonía:
Tánic íarum
asin Ṁeigindt, .i. asa Gréig Ḃig. |
[Partholón] venne da Meiginn, ovvero da Gréc
Becc. |
Lebor Gabála Érenn: R3 [IV: 5],
ms. B |
Tánic íarum
asin Ṁeigindt, .i. asin
Greg Scitheagda. |
[Partholón] venne da Meiginn, ovvero da Gréc Scithecda. |
Lebor Gabála Érenn: R3 [IV: 5],
ms. M |
Le denominazioni alternative fornite dal ms. B con Gréc
Becc
(«Piccola Grecia») e dal ms.
M con Gréc Scithecda («Grecia Scitica») sembrano
delle pure invenzioni letterarie, suggerite per analogia con Gréc
Mór («Grecia Magna»), nome dato alle colonie greche in Italia.
Si noti che in un dinnṡench
Partholón è detto ambiguamente venire
dalla Gréc e l'espressione potrebbe indicare tanto la
Sicilia quanto Mygdonía (Metrical dinnṡenchas [III:
77] | Rennes
dinnṡenchas [134])
(Gwynn
1935 | Stokes 1894).
L'ipotesi di un'originaria sede di
Partholón in Sicilia, poi collocata
erroneamente in Mygdonía, sembra avere senso. Possiamo
però chiederci perché il poema
XXXII,
«Partholón
can as táinic», faccia dapprima spostare l'eroe dalla Sicilia alla
Grecia, con un percorso o una sosta della durata di un anno, prima di
farlo finalmente ripartire per l'Irlanda:
Táinic ó Sicil
co Gréig,
uidi bliadna, can lán-bréig:
seólad mís ótá Gréc síar,
corice Capataicía.. |
Era venuto da
Sicil a Gréc,
un anno di viaggio, senza alcuna
menzogna:
un mese navigando da Gréc a
occidente,
verso Capataicía. |
Ó Capadoigia
ro triall,
seólad trí tráth ó Goithiam,
seólad mís ó Goithiam gil
cosin nEspáin tre-uillig. |
Viaggiò da
Capataicía,
tre giorni di navigazione a Goithia,
un mese di navigazione dalla bianca
Goithia
alla triangolare Espáin. |
Íar sin do
riacht Inis Fáil,
docum Érenn a Esbáin;
Día Luain, in dechmed can ón
gabsad Érinn áer ochtur. |
Infine raggiuse
Inis Fáil,
in Ériu da Espáin:
di lunedì, il decimo senza fallo
un gruppo di otto occupò Ériu. |
Lebor Gabála Érenn >
XXXII: «Partholón
can as táinic» [1-3] |
Sebbene il poema fornisca le tappe del percorso di
Partholón come se appartengano a un
unico viaggio, rimane una strana cesura tra la prima parte
dell'itinerario, verso est, da Sicil a Gréc, della
durata di un
anno, e la seconda parte, verso ovest, da Gréc a Ériu,
durata poco più di due mesi. Non bisogna
mai pretendere una precisione geografica dai bardi irlandesi (si
sarà notato che la Capataicía o Cappadocia viene qui
posta a occidente della Grecia), però questo percorso è
troppo contraddittorio e i tempi troppo irrazionali perché
non possano avere una spiegazione di diverso ordine.
Effettivamente in alcuni testi si parla di un periodo di
allontanamento subito da
Partholón dal proprio paese, prima
del delitto di parricidio che gli costerà l'esilio definitivo. In un racconto
presente in due fragmenta (mss. H.4.22 e H.3.18) custoditi nella
biblioteca del Coláiste
na Tríonóide (Trinity College) di Baile Átha Cliath (Dublin),
Partholón risiede inizialmente in
Gréc Becc, cioè la «piccola Grecia» o Mygdonía [infra]▼. Dopo aver tentato di
uccidere il re suo padre, viene mandato in esilio. Dopo sette anni, però,
Partholón torna in patria, uccide il
padre e la madre, e solo dopo il delitto parte definitivamente per l'Irlanda. Ebbene,
il primo esilio temporaneo di
Partholón potrebbe essere la ragione
per la lunga sosta in Grecia a cui accenna il poema XXXII,
«Partholón
can as táinic».
In quanto al resto del percorso, il
Lebor Gabála Érenn è sostanzialmente d'accordo con il poema XXXII:
Seólad míss dó co
hAladaciam. Seólaḋ nói tráth dó ó Aladaigia gu Goithia. Seólad mís aile dó óthá
Gothiam cosin nEspáin. Seólad nói tráth dó ó Espáinn co hÉrinn. Dia Mairt do
riacht hÉrinn, for sechtmad décc ésca for callann Mai. |
[Partholón] viaggiò per un mese fino ad Aladacia.
Viaggiò per nove giorni da Aladacia a Gothia. Viaggiò per un altro mese da Gothia a Espáin.
Viaggiò per nove giorni da Espáin a Ériu. Di martedì
raggiunse Ériu, il diciassettesimo giorno della luna, a Callann Mai. |
Lebor Gabála Érenn: R2 [IV: 6] |
La Aladacia è, secondo Macalister,
la Dalmazia. Essa occupa lo stesso posto della Capataicía o «Cappadocia»
che il poema XXXII pone incoerentemente a
ovest della Grecia, ed è difficile dire quale dei due toponimi sia un'errata
lettura dell'altro. Gothia è invece il nome che i Franchi avevano dato alla Septimania, la regione costiera posta tra la foce del Rodano e i Pirenei, che tra il
V e l'VIII secolo fu abitata dai Visigoti (più o meno
corrispondente all'attuale regione francese di Languedoc-Roussillon).
Seathrún Céitinn, che tira le fila di
questo materiale, definisce con la migliore coerenza
possibile il percorso suggerito dal
Lebor Gabála e dagli altri testi.
Non ha dubbi a collocare il luogo d'origine di
Partholón in Migdonia, ma
elimina tanto la Capataicía/Aladacia quanto la
Gothia, e, con decisione salomonica, lo fa sostare in
Sicil prima di farlo arrivare in Espáin. Dunque:
Migdonia → Sicil → Espáin → Ériu
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]).
In quanto alla durata del percorso, è due mesi e tredici giorni nel poema XXXIII
(tralasciando l'anno in Grecia e, comunque, se è corretta l'interpretazione della
strofa [4]), due mesi e diciotto giorni nel
Lebor Gabála, due mesi e mezzo in Céitinn.
Poema XXXII |
R2 R3 |
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2] |
Da Sicil a Gréc |
Un anno |
Da Meiginn ad
Aladacia |
1 mese |
Da Migdonia a
Sicil |
2½ mesi |
Da Gréc a Capataicía |
1 mese |
Da Capataicía a Gothia |
3 giorni |
da Aladacia a Gothia |
9 giorni |
Da Sicil a
Espáin |
Da Gothia a Espáin |
1 mese |
Da Gothia a Espáin |
1 mese |
Da Espáin a Ériu |
10 giorni (?) |
Da Espáin a Ériu |
9 giorni |
Da Espáin a Ériu |
In quanto al giorno di arrivo di
Partholón in Ériu, il
Lebor Gabála fornisce anche qui una serie di date diverse. In R1 [IV: 1] leggiamo che
Partholón sbarcò in Ériu di martedì,
il quattordicesimo giorno della luna (calcolato a partire da
una qualche lunazione, come luna nuova o piena). Questa data trae la sua autorità dal
poema XXXV,
«hI Cethramad
dég, dia Mairt». Sia
il testo in prosa che il poema non forniscono però il mese.
Solo in R2 R3
[IV: 6] si dice che
Partholón giunse a Calann Mái,
cioè a «calendimaggio», e dunque il 1° maggio (Beltain), il
diciassettesimo giorno della luna. Oppure il quattordicesimo, glossa R3
[IV: 7]. Secondo il poema XXXVI,
«hI cuicead uathaid, canḟell»,
Partholón giunse in Ériu il
sedicesimo giorno della luna, informazione che ritroviamo nel testo in prosa, in
R3
[IV: 8].
La data del quattordicesimo
giorno della luna, fornita dal poema XXXV e dalla redazione
R1 sembra essere però quella più autorevole. Il poema è
esplicitamente citato da Seathrún Céitinn, il quale intende però non il
quattordicesimo giorno della luna, ma del mese, cosicché la data diviene il 14
maggio (Foras feasa ar
Éirinn [I: , 2]). Stessa data compare in Dugald Mac Firbis
(Chronicon Scotorum). |
V -
PARTHOLÓN FINGALACH, IL «FIGLIO DELLA SVENTURA»
Ignorata dalla redazione R1 del
Lebor Gabála Érenn, la tradizione del
parricidio compiuto da
Partholón è tuttavia presente nelle
redazioni successive. Leggiamo in R2, ms.
V:
Mad áil a ḟis cid ara tánic Partholón assa thír, ninsa. Partholón ro marb a
máthair ⁊ a athair, ic iarraid ríge dia bráthair: co táinic co hÉrind ar teched
a ḟinġaile. Conid íarom luid táimlechta fair ina finġail. Nói mile fri háen
sechtmain adbath do cinaiḋ a fingaile. |
Se tu vuoi sapere perché
Partholón uscì dalla propria terra, è
facile.
Partholón aveva ucciso il padre e la
madre, volendo ottenere la sovranità per il fratello: così venne in Ériu
fuggendo la [punizione per il] misfatto. Ma fu a causa dei suoi delitti se, in
seguito, venne colpito da una pestilenza. Morirono in novemila, nel giro di una
settimana, per colpa della sua presunzione e del suo misfatto. |
Lebor Gabála Érenn
R2 [IV: 13] |
Un dinnṡench ci informa inoltre
che Partholón
avrebbe ucciso anche i propri fratelli insieme ai genitori (Rennes
dinnṡenchas [134])
(Stokes 1894).
In medio irlandese, fingal indica l'omicidio di un congiunto: di solito un
genitore o un fratello, da cui la traduzione generica con
«parricida» (uccisione di un parente, dal latino parens).
In seguito, il termine fingal indicherà l'uccisione
di un membro della stessa túath e, infine, un omicidio
in senso generico.
Partholón è dunque un fingalach,
un assassino dei propri congiunti.
La tradizione del parricidio è presente,
con vividi dettagli, nei due fragmenta, i mss. H.4.22
e H.3.18, della biblioteca del Coláiste
na Tríonóide (Trinity College) di Baile Átha Cliath (Dublin),
dove si fornisce tra l'altro un'interessante interpretazione
del patronimico di
Partholón:
Mad ail a fis cid ara tainic Parrtalón as a
tír féin, ní. Parrtalón do marb <a> athair ⁊ a mathair .i. Sru mac Praimint meic
Athachta meic Máġoicc meic Iafet, ac iarraid riġi da derbrathair .i. Becsomus a
ainm-side; ⁊ fa sine é na Parrtalon. Ro indarb Srú Parrtalon ⁊ gur loit he, cur
ben a suil cle as ⁊ co roibe .. mbliadna for indarbad. Co tanic isin Bigin
Grec, lucht luinge, cur loisc tech for a athair ⁊ for a mathair, gur loisg iat a
ndis, ⁊ do rat rigi da brathair. Ocus tanic fein co hEirinn ar teichim na
finġaile sin. Ocus is inand Sera isin berla Grecda «fingalach» isin berla
teibide. Is aire aderar Parrtalon mac Sera fris. Ocus for indarbad rucaḋ dis do
clann Parrtaloin .i. Rudraige ⁊ Slainġe, conid aire sin tainic taimlecht forra
ina fingail. Ba he tinne in taimlichta: in cruth ina mbid gach fer dib ina suide
no na sesam no na luige a ec, ⁊rl. |
Se vuoi sapere perché
Partholón uscì dalla propria terra, è
facile.
Partholón uccise suo padre e sua
madre, ovvero Srú figlio di
Braiment figlio di
Aithecht figlio di
Magóg figlio di
Iafeth, cercando la regalità per suo fratello, chiamato
Becsomus, che era il
maggiore. Srú cacciò
Partholón e lo ferì, e gli strappò
l'occhio sinistro: e [Partholón]
rimase sette anni in esilio. Poi egli venne in Gréc Becc, con l'equipaggio di un
luingín, e bruciò la casa sopra suo padre e sua madre, li bruciò insieme
e diede la sovranità a suo fratello. In quanto a lui, se ne venne in Ériu, sfuggendo
[alla punizione per] il parricidio. Ora, sera vuol dire in lingua greca
ciò che fingalach [«parricida»] significa nel linguaggio
scelto. E questo è la ragione per cui è chiamato
Partholón «figlio parricida» [mac
sera]. In esilio
erano nati due dei figli di
Partholón,
Rudraige e
Slánga. La
pestilenza che in seguito lo colpì fu proprio a causa del suo delitto; così tremenda
fu quella pestilenza che, qualunque posizione assumevano gli uomini, seduti, in
piedi o sdraiati, morivano, etc. |
Ms. H.4.22 |
Mentre il
Lebor Gabála Érenn e gli altri testi collegati ci forniscono la
linea genealogica
Partholón mac Sera meic Srú, «Partholón
figlio di Sera figlio di
Srú», in questi fragmenta si salta una generazione:
non solo abbiamo direttamente un Partholón mac Srú, ma l'espressione Partholón mac sera
viene interpretata come «Partholón
figlio parricida». L'autore del manoscritto avanza una pseudo-etimologia greca della
parola sera, senza però giustificarla.
In un poema
attribuito al misconosciuto bardo Eochaid Eolach úa Céirín, dove si cita
espressamente
Lebor Gabála Érenn
R2 R3
[IV: 13], una glossa equalizza il termine sera a
cera, ed è a quest'ultima parola che viene attribuito il significato di
fingalach «parricida» [conid aire at-berar Parrtolón mac Sera friss .i.
mac fingalach. cera .i. fingal] («Apraid a éolchu
Elga» [5]).
Secondo un'interpretazione di Rudolf Thurneysen, accolta da Macalister, cera
sarebbe un adattamento del greco kḗr «fato, destino», ma anche «sciagura,
sventura»; dunque Partholón mac cera viene a significare «Partholón
figlio della sciagura»: per tale ragione le sue imprese sono destinate a subire il fio della
sfortuna e del fallimento (Thurneysen 1936 | Macalister
1940). Quest'etimologia appare più significativa se si tiene conto che,
nei due fragmenta, la pestilenza che stermina i
Muintir Partholóin è interpretata come una punizione per la colpa di Partholón:
l'uccisione dei genitori viene scontata con la totale distruzione dei propri figli e
discendenti.
|
VI - OCHTAR E DEICHENBOR Il seguito di
Partholón, nel
Lebor Gabála Érenn, sembra costituito da
sole otto persone:
Partholón stesso, i suoi tre figli,
le loro quattro mogli. Un ochtar, cioè un «ottetto», come leggiamo nella redazione R2, ms.
V:
Ochtar a lín, .i.
cethrar fer ⁊ cethrar ban |
Di otto persone [un ochtar] era la sua compagnia, quattro uomini e
quattro donne. |
Lebor Gabála Érenn
R2 [IV: 14] |
Ochtar sembra essere un'espressione ricorrente nella letteratura
mitologica celtica. Nennius, nella sua
Historia Brittonum, cita a la notizia di un'invasione
britannica compiuta da un certo Damhoctor: «Giunse poi in Britannia
Damhoctor, e vi dimorò con la sua stirpe fino ad oggi» [Nouissime uenit
Damhoctor et ibi habitauit cum omni genere suo usque hodie in Brittaniam]
(Historia Brittonum [14]). Nennius ha tratto
le sue informazioni da alcuni peritissimi Scottorum, e Damhoctor,
che egli ha gabellato per un nome proprio, è in realtà
l'espressione gaelica daṁ ochtair, un «gruppo di
otto persone». Difficile capire a quale invasione, britannica o ibernica, si
riferisse la notizia fraintesa da Nennius; ma un gruppo di otto persone sembra
essere un mitema ricorrente nelle vicende di migrazione e fondazione presenti
nei miti celtici (si veda anche Metrical dinnṡenchas [III:
77] (Gwynn 1935)).
Sui tre figli di
Partholón – i tre airig di
Ériu – non vi sono grosse discrepanze. I loro nomi sono
Slánga,
Laiglinne e
Rudraige
in tutti i testi,
ma quasi nulla viene detto su di loro. Il loro intero ruolo
mitologico riguarda la toponomastica legata alle loro
morti e sepolture. In particolare,
Slánga dà nome a Slíab
Slánga, la montagna dove viene eretto il suo carn;
Laiglinne al Loch
Laiglinne, le cui acque erompono dallo scavo della sua
tomba; e
Rudraige
al Loch Rudraige, le cui acque lo trovolgono sgorgando da
sotto i suoi piedi (Lebor Gabála Érenn
R2 R3
[IV: 24]). Questa tradizione è ricordata sia da Míchél Ó Cléirig
(Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2532, 2545]), sia da Seathrún Céitinn
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]).
Tuttavia è anche attestata un'altra tradizione dove il Loch Rudraige
erompe dallo scavo della tomba di
Rudraige
(R1
[IV: 2];
R2 R3
[IV: 10]).
I dinnṡenchas aggiungono alcuni dettagli
sulle mitiche biografie dei tre airig:
ci informano che
Slánga fosse un abile guaritore (il
suo nome significa «salute») e che avesse curato le ferite
che Laiglinne
aveva ricevuto «al suo posto» nel corso della battaglia di Mag nÍtha
(non conosciamo i dettagli della vicenda), e anche che
Rudraige
era un valente cacciatore (Metrical dinnṡenchas [IV: 105]). I dinnṡenchas
affermano che fu
Laiglinne
– e non Rudraige
– ad annegare nel lago formatosi sotto i suoi piedi: egli si era
recato in testa al suo seguito di cinquanta guerrieri alla Tipra
Dera meic Scera, la «sorgente di Dera figlio di Scera»,
quando le acque del diluvio sgorgarono fuori dalla fonte,
sommergendolo insieme ai suoi uomini; la madre Delgnat
morì
di crepacuore dinanzi al suo carn
(Metrical dinnṡenchas [IV: 71];
Rennes
dinnṡenchas [150]). Vi è dunque una certa confusione tra le morti di
Laiglinne
e
Rudraige.
Assai più incoerente è la tradizione che riguarda le donne al seguito di
Partholón. Esse non sono mai nominate nella redazione R1,
mentre la redazione R2 fornisce
due liste diverse tra loro. La prima:
Nerbgen, Cichban,
Cerbnat, Delgnat
(R2 R3 [IV: 10]); la seconda: Aífe,
Delgnat,
Nerbgen,
Cerbnat (R2 [IV: 14]).
In entrambe le liste non viene detto chi fosse lo sposo di
ciascuna (non abbiamo infatti alcuna indicazione che l'ordine dei
nomi femminili sia lo stesso di quelli maschili); l'unica
donna a
cui possiamo attribuire con certezza un marito è Delgnat,
moglie di
Partholón (e
Delgnat
è l'unico nome femminile che Seathrún Céitinn si senta
sicuro di citare nella sua opera
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2])).
Un'altra lista delle donne al seguito di
Partholón è fornita dal poema
XXXVIII,
«Cóic mná Parthalóin meic Sera», citato
nella redazione R3, dove compaiono cinque
nomi:
È il redattore del ms.
M (redazione R3),
dopo aver integrato le liste fornite dalle redazioni
precedenti con il poema
XXXVIII, a stabilire finalmente le coppie:
Mna Parthaloin annso, .i. Ealgnad bean Parrthaloin, ⁊ Nerbgene ben Rudraidi, ⁊
Aife ben Laiglindi [...], ⁊ Cichban bean Slange [...], ⁊ Crebnad ben hItha, .i. in mogaid. Airmit eolaiġ corb
ingen do Partholon fein Aifi. |
Le donne di
Partholón:
(D)elgnat moglie di
Partholón, e Nerbgen moglie di
Rudraige,
e
Aífe moglie di
Laiglinne [...], e Cichban moglie di
Slánga [...], e
Cerbnat moglie di Íth il servo. Gli eruditi riportano che
Aífe era figlia dello stesso
Partholón. |
Lebor Gabála Érenn
R3 [IV: 12] |
L'originario ochtar è divenuto un deichenbor, una compagnia di dieci
persone. Questo passaggio da otto a dieci elementi è
motivo di perplessità per i glossatori della redazione R3,
dove il passo succitato diviene:
[R2 R3] Ochtar a lín, .i. cethrar fer ⁊
cethrar ban, [R3] no
deicneabor, ut alii dicunt... |
Di otto persone [un ochtar] era la sua compagnia, quattro uomini e
quattro donne. Oppure di dieci persone [un deichenbor], ut alii dicunt... |
Lebor Gabála Érenn
R2 R3 [IV: 14] |
La presenza di cinque uomini e cinque
donne trae la sua autorità dal poema XXXVII,
«Stoindfead
dáib íar fír co feib», citato di seguito nella terza
redazione, dove la compagnia è formata da otto sáerda
«nobili» e due dáerda
«servi»:
Sloindfead
dáib íar fír co feib
in lín ro bai sa báirc sin:
ochtar sáerda, ní slicht sáeb,
ocus dís dáerda dicháem. |
Ti indicherò bene, secondo verità,
la compagnia che era in quella nave:
otto nobili, di non brutto
lignaggio,
e due servi, di non bell'aspetto. |
Lebor Gabála Érenn >
XXXVII
«Stoindfead
dáib íar fír co feib» |
Ci troviamo di fronte
a due tradizioni diverse, non conciliabili tra loro. Al mito
dell'ochtar fa da contraltare una serie di cinque
nomi femminili che i redattori del
Lebor Gabála hanno tentare di ridurre a quattro, eliminando ogni
volta un nome diverso. E non sappiamo con quale autorità il
redattore del ms. M
abbia stabilito le coppie.
Il servo Íth,
aggiunto alla lista forse proprio dal redattore di
M, si origina da qualche
dinnṡench: è infatti l'eroe eponimo di Mag nÍtha nel
Laigin, la
pianura da lui dissodata. Un altro servo presente nella tradizione partoloniana è il gilla
Topa (Toba/Toḃa
nella lezione dei manoscritti, Tódga in Céitinn), di cui il poema XXXII,
«Partholón can
as táinic», narra il
ruolo nel tradimento coniugale di
Delgnat. Il redattore di
M non ha altra scelta
che cercare di identificare tra loro Íth e
Topa. Subito dopo, però, tenta di identificare Topa con lo stesso
Partholón, forse per salvaguardarne l'integrità matrimoniale.
hIth imorro ainm in n-amais bai leo, ⁊ is uada ita Mag nItha, doig is e
russlecht: ⁊ Toba ainm aile do. No is e Toba in darna hamus bai la Parrthalon, ⁊
is fir sin, uair is e Toba rosfai la mnai Parrthaloin iar cen, uair ro bo Thoba
ainm Parhaloin fein. |
Íth era il nome del loro servo, ed è da lui che
[prese nome] Mag nÍtha, perché fu lui a dissodarla.
Topa era un altro suo nome.
Oppure Topa era uno dei due servi di
Partholón, e ciò è corretto; e se poi
Topa dormì qualche volta con la moglie di
Partholón, era perché
Topa era un
nome dello stesso
Partholón. |
Lebor Gabála Érenn
R3 [IV: 11] |
Un altro dettaglio notato dal redattore
di M è che uno dei
nomi femminili, Aífe, è pure citato nella lista delle dieci figlie di
Partholón. «Gli eruditi riportano che
Aífe era figlia dello stesso
Partholón» [Airmit eolaiġ corb
ingen do Partholon fein Aifi] appunta il nostro redattore, poco convinto da
questo matrimonio tra un fratello e una sorella
(R3 [IV: 12]).
Effettivamente una
Aífe compare
nel novero delle dieci figlie di
Partholón, le quali sono:
Adnad, Aífe, Aíne, Fochain,
Mucha, Melepard,
Glas, Grennach,
Auach, Gribendach
(R2 [IV:
14]); ma nella stessa fonte viene anche fornita una
lista dei rispettivi mariti: Aidbli,
Bomnad, Bán,
Caerthenn, Echtach,
Athchosán, Lucraid,
Ligair, Lugaid, e
nessuno di essi ha nulla a che vedere con il gruppo formato
da
Partholón e dai suoi più stretti
familiari. Sia le figlie che i generi di
Partholón compaiono anche, con
qualche variazione, nel poema
XXXI,
«Ro bo maith in muinter mór» [9-10], e
nulla fa capire che una delle ragazze possa aver sposato un
proprio
fratello. Nel poema XXXII,
«Partholón
can as táinic» [5], si dice che quello di
Aífe fu il primo matrimonio celebrato in Ériu e che
suo marito si chiamasse Fintán (con probabile
confusione con l'omonimo Fintán
mac Bóchra dei Muintir Cessrach).
In conclusione, l'Aífe
citata tra le «cinque donne di
Partholón», e che nel ms.
M è detta moglie di
Laiglinne, sembra essere
un personaggio appartenente a uno strato differente.
Probabilmente, come Íth,
anch'essa appartiene alla tradizione dei dinnṡenchas,
visto che avrebbe dato nome alla pianura di Mag Aífe in Osraige,
così come a Cichban viene attribuita
la toponomastica di Inber Cichmaine
(R3 [IV: 12]).
Non conosciamo però i miti che sono dietro a queste
denominazioni.
Mentre Dougald mac Firbis, forse un po'
ingenuamente, scrive: «I suoi compagni erano otto, quattro
uomini e quattro donne; poi si moltiplicarono e divennero
quattromila e cinquanta uomini e mille donne» [Octtur a lin .i. cethrar fer
et cetrur ban; ro forbrissit iarum
go rapattur .l. ar cetre mile fer ⁊ mile ban]
(Chronicon Scotorum), in altre fonti si tenta
di razionalizzare il mito fornendo a
Partholón un seguito assai più ampio
che non
otto o dieci elementi. Ad esempio, lo
Scéal Túáin maic Cairill parla di un gruppo
formato da ventiquattro uomini, ciascuno accompagnato dalla propria
donna: quarantotto persone in tutto. Che un bel po' di gente
sia venuta in Ériu con
Partholón, del resto, sembra
attestarlo il poema
XXXI,
«Ro bo maith in muinter mór»,
dove si elencano i vari aratori, druidi, campioni, etc., che
costituivano i
Muintir Partholóin, e ovviamente gli eroi culturali
responsabili dell'introduzione di varie tecniche e
istituzioni (cfr.
Lebor Gabála Érenn
R1 [IV: 10];
R2
[IV: 15]; R3
[IV: 33-36]). Seathrún Céitinn afferma che il
gruppo iniziale fosse formato addirittura da mille persone
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]),
ma la sua fonte è Nennius (Historia Brittonum [13]). |
VII - L'ELENCO DEI MUINTIR PARTHOLÓIN
Dall'originario ochtar il seguito dei
Muintir Partholóin sembra moltiplicarsi. Il poema
XXXI,
«Ro bo maith in muinter mór»,
elenca i vari aratori, druidi, campioni, e tutti
gli eroi culturali responsabili dell'introduzione in Ériu
delle varie tecniche e istituzioni civili. Costoro
compariranno nel
Lebor Gabála Érenn, moltiplicandosi nelle
varie redazioni del testo (cfr.
R1 [IV: 10];
R2
[IV: 15];
R3
[IV: 33-36]).
La redazione R1 del
Lebor gabála Érenn cita soli tre nomi: Brea, Samailiath
e Beóir. A Brea (o
Brega, ma in irlandese il suono [ɣ] tende facilmente a
scomparire) vengono attribuite tre invenzioni assai
eterogenee: fu il primo in Ériu a costruire per sé una casa,
a cuocere la carne in un calderone, a battersi in duello (comrac aenfir,
«combattimento singolare»), attività che godrà di grande
attrattiva presso i Gáedil. Nella redazione R2, Brea
è detto figlio di un certo Senboth,
a sua volta figlio di
Partholón. I dinnṡenchas aggiungono diversi dettagli su
di lui: era un uomo violento
e vendicativo, che viveva di guerra e di rapina. La collina dove costruì la propria casa – di fatto la prima abitazione in Ériu – prese
nome Dún mBrea, la «fortezza di Brea» ⇒ Ceann Bhré o Ceann Bhreagha (Bray
Head), contae di Cill Mhantáin (Wicklow). (Rennes
dinnṡenchas [29]
|
Metrical dinnṡenchas [III: 14]) (Stokes 1894 | Gwynn
1935).
Anche a Samaliliath
vengono attribuite due innovazioni molto diverse tra loro: fu il primo a distillare birra (a quanto pare, birra alla
felce, linn ratha) e a offrire garanzie. Il suo nome
è il più instabile:
compare in R2 nella lezione Malaliach (Macalister suggerisce una possibile
contaminazione con Malaleḗl, nome greco del patriarca antidiluviano
Mahălalǝʾēl) e in R3 nelle lezioni
Samaililech (ms. B) e Samaile Liath
(ms. M). In quanto a Beóir, il cambusiere di
Partholón, fu il primo a stabilire un
ostello in Ériu.
Questo piccolo seguito tende a moltiplicarsi nelle
redazioni successive del
Lebor gabála Érenn.
In R2 compaiono i sette fattori di
Partholón (Tóthacht, Tarba, Imus,
Aithichbél, Cúailli,
Dorcha e Dam). In R3, uno dei fattori cambia nome, da
Imus a Eochair. Seathrún Céitinn
sostituisce a sua volta Tarba
con Trén «forte», variante non
attestata in alcuna fonte
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]).
Le fonti riportano anche i nomi dei quattro buoi di
Partholón: Liac,
Lecmag, Imair ed
Etrigi. Le dinnṡenchas ci informano che
Etrigi fu il responsabile dell'aratura di Mag
nEthrige,
una delle quattro pianure dissodate da
Partholón: la povera bestia sarebbe
morta di fatica una volta concluso il lavoro
(Metrical dinnṡenchas [III: 106]).
Ma anche il nome di Liac, che
compare nella lezione Lee nel ms.
V, sembra avere un
significato toponomastico: forse, in una versione non
attestata della leggenda, gli era attribuita l'aratura di Mag Lí.
È in effetti possibile che i quattro buoi fossero collegati
alle quattro pianure, sebbene ciò non traspaia dall'esito a
noi pervenuto del mito.
Nella redazione R3 fanno la loro ulteriore
comparsa i due aratori di
Partholón: Rimad
è l'aratore di coda, che spinge l'aratro nel solco, e
Tairrle l'aratore di
testa, che conduce i buoi. Ad essi sono associati anche i nomi delle due parti
di ferro che compongono il loro aratro: il coltro Fetain
e il vomere Fodbach. Questa personificazione
di due strumenti agricoli è un tratto piuttosto primitivo ed è curioso che
faccia la sua comparsa nella terza redazione: Macalister pensa a una forma di
animismo agricolo e rimanda ai numina romani, o alla misteriosa figura di
Echetlaîon, rustica personificazione dell'aratro [echétlē]
che comparve al fianco dei Greci nel corso della battaglia di Marathṓn (Pausanías:
Periḗgēsis [I: 15,
| 32, ])
(Macalister 1940).
I tre druidi
hanno nomi parlanti: Táth «fusione»,
Fis «visione»,
Fochmarc «domanda». Nella
redazione R3, Táth viene
sostituito da Eólas
«sapienza». Céitinn riporta quest'ultima lezione
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]). A
questi si aggiungono i tre trénḟir o «campioni»:
Milchú, Meran,
Muinechán.
Nella redazione R3
compaiono Bacorp il guaritore
e Ladru il fili; e due mercanti, Iban ed
Eban: i primi in Ériu a barattare rispettivamente
oro e bestiame. Nel poema XXXI,
però, i nomi del guaritore e del fili sono qui fusi in un
unico personaggio:
Bacorp Ladru,
l'ollam di
Partholón [14],
mentre i due mercanti si chiamano
Bibal e
Babal
[16], e
così li conosce anche Céitinn
(Foras feasa ar Éirinn
[I: , 2]). |
VIII - LA
TOPOGRAFIA IBERNICA NELL'INVASIONE PARTOLONIANA
L'occupazione di
Partholón, così comele altre,
nel ciclo delle invasioni, ha una funzione
«formativa» sul territorio irlandese. Tale funzione è
soprattutto toponomastica: molti fatti, detti, episodi, e
soprattutto morti e sepolture divengono nomi di pianure,
laghi, montagne, fiumi, isole e foci; ma anche orografica:
sette laghi si formano durante al tempo dei
Muintir Partholóin, mentre quattro pianure
vengono ripulite e dissodate.
Localizziamo ora i luoghi principali del mito
partoloniano.
|
I luoghi dell'occupazione di Partholón |
(A) Inber Scéne. Possibile sito dello sbarco dei
Muintir Partholóin.
(B) Mag Fea. Sepoltura di Fea.
(C) Mag nÍtha.
Possibile localizzazione della battaglia contro i Fomóraig.
(D) Uí mac Cúais Breg: Loch Laiglinne. Sepoltura di Laiglinne mac
Partholóin.
(E) Slíab Slánga. Sepoltura di Slánga mac Partholóin.
(F) Loch Rudraige. Sepoltura di Rudraige mac Partholóin.
(G) Senmag nÉlta nÉtair. L'antica pianura, luogo di morte dei
Muintir Partholóin. |
Ⓐ Inber Scéne, l'«estuario del terrore», luogo di
sbarco dei
Muintir Partholóin. Seathrún Céitinn afferma che Inber Scéne si trovi «nella parte occidentale del
Múmu» [i n-iarṫar Ṁúṁan], e di solito lo si localizza nella baia di ⇒ Ceann Mara (Keenmare),
contae di Ciarraí (Kerry) (Comyn ~ Dinneen 1902-1908).
Stewart Macalister considera tuttavia incerta tale identificazione e pensa
piuttosto all'estuario del fiume Sínnan ⇒ Sionnan (Shannon) (Macalister 1940).
Inis Saimér, l'«isola di Saimér», approdo dei
Muintir Partholóin, secondo una tradizione
alternativa, è un'isola non bene identificata sul fiume Saimér
⇒ Éirne (Erne), contae di Fear Manach (Fermanagh, N.I.), situata
probabilmente non
lontano dalla foce. Ess Dá Écconn,
la «rapida dei due sciocchi» deve essere stata qualche
cascata o rapida vicino alla bocca del fiume.
Inber
mBuada, l'«estuario profittevole», il luogo dove si stabilisce
Partholón nella
tradizione alternativa, è la foce del fiume ⇒ Muaid (Moy). La pseudo-etimologia ne fa derivare il nome da búadach,
«vittorioso, trionfante, abbondante, pieno di qualità»,
esclamazione dello stesso
Partholón che in quel luogo avrebbe
trovato abbondante pesce e selvaggina.
Ⓑ Mag Fea, la «pianura di Fea», luogo di
sepoltura di
Fea mac Tortán, sembra trovarsi nei dintorni di ⇒ Sliabh na mBan (Slievenamon),
contae di Tiobraid Árann (Tipperary). Nel
Lebor Gabála Érenn
(R2 R3 [IV: 20])
la località viene
specificata ulteriormente come Oilre
Maige Fea, luogo non identificabile con maggior precisione.
Ⓒ Mag nÍtha, la «pianura di Íth», sito della
battaglia tra
Muintir
Partholóin e Fomóraig.
In Irlanda esistono diverse località a cui ci si riferisce con il nome di slemna,
«terre lisce». Una si trova nei dintorni dell'od. Ráth Bhoth (Raphoe),
contae di Dún na nGall (Donegal, N.I.); un'altra
nella nella zona dell'od. An tInbhear Mór (Arklow),
contae di Cill Mhantáin (Wicklow), estuario del fiume Abhóca (Avoca); una terza è
nel territorio dei Déisi, nel Múmu. La localizzazione corretta è probabilmente
la prima, anche considerando che buona parte delle azioni intraprese dai
Muintir
Partholóin sono localizzate nell'Ulaid.
Ⓓ Uí mac Úais Breg, il «[territorio] dei Uí mac Úais
in Brega», corrispondente all'odierna
barúntacht Uí Mhac gCúais (Moygoish), contae
di An Iarmhí (Westmeath), è
il luogo di sepoltura di
Laiglinne. Si
tratta del territorio a sud-ovest di Temáir ⇒ Teamháir (Tara),
contae di An Mhí (Meath), ma non contiene laghi che possano essere
identificati con Loch Laiglinne. Quella dei Uí mac Úais
(o Cúais) era un'antica túath stanziata tra il Míde e
la piana di Mag Breg, contaetha di An Mhí, Lú e Áth
Cliath (Meath, Louth e Dublin).
Ⓔ Slíab Slánga, il «monte Slánga», luogo di morte
e sepoltura di
Slánga, è stato
identificato con il monte precedentemente chiamato Sliabh Domhanghoirt, oggi
Sliabh Dónairt (Slieve Donard),
contae di An Dún (Down,
N.I.).
Ⓕ Loch Rudraige, il «lago Rudraige», si troverebbe nell'Ultach
o Ulidia, regione storica situata a sud-est
dell'Ulaid, nelle contaetha di An Dún e Aontroim (Down e Antrim, N.I.). Si è tentato di
identificarlo con la baia di Dún Droma ⇒ Dundrum, contae di An Dún (Down, N.I.), sebbene con le ovvie difficoltà di giustificare un tratto di
mare con l'eruzione di un lago.
Ⓖ Senmag nÉlta nÉtair, l'«antica pianura
di Élta in Étar», luogo di morte di Partholón
e, successivamente, dei
Muintir
Partholóin, è il territorio dove oggi sorge Baile Átha Cliath (Dublin),
contae di Áth Cliath (Dublin),
ovvero la pianura adiacente alla penisola di Benn Étair ⇒ Binn Éadair (Howth Head), protesa a nord della baia dublinese.
Sembra probabile che Senmag nÉlta si stendesse a sud del fiume Lifé ⇒ An Life (Liffey).
I laghi che si formarono durante il periodo di
Partholón, oltre
ai già citati Loch Laiglinne e Loch Rudraige.
- Loch Cúán, il «lago degli approdi» (Strangford Lough), contae
di An Dún (Down, N.I.), in realtà una vasta insenatura marina sulla
costa orientale dell'Ulaid (territorio di Bréna).
- Loch Dechet ⇒ Loch Uí Ghadhra (Lough Gara), contae di Sligeach
(Sligo), nel Connacht.
- Loch Mesc ⇒ Loch Measca (Lough Mask), contae di Maigh Eo (Mayo), nel Connacht. Céitinn
chiama ⇒ Magh Learghna la pianura in cui sarebbe sgorgato.
- Loch Con ⇒ Loch Conn (Lough Conn), contae di Maigh Eo (Mayo), nel Connacht.
Céitinn chiama ⇒ Magh Cró la pianura in cui il lago sarebbe sgorgato.
- Loch nEchtra, nei dintorni del Loch Mucnú (Lough Muckno),
contae di Muineachán (Monaghan). Echtra era il nome di un'antica località, oggi non più
esistente, tra le odierne contaetha di Muineachán (Monaghan) e Árd
Mhacha (Armagh, N.I.). Il distretto di Airgíalla ⇒ Oirialla,
contaetha di Muineachán e Lú (Monaghan e Louth), deriva il nome da una confederazione di
túatha, le quali diedero vita a un piccolo regno nell'Ulaid
centro-meridionale, nel tardo VII secolo
Le pianure ripulite da
Partholón:
- Mag nÍtha la Laigniu, la «pianura di Íth nel Laigin», da
non confondere con l'omonima piana dove è avvenuta la battaglia tra Partholón e
i Fomóraig, è identificabile
con An tInbhear Mór (Arklow), contae di Cill Mhantáin (Wicklow), estuario del fiume chiamato in passato Abhainn Mhór,
«grande fiume», oggi Abhóca (Avoca).
- Mag Tuired ⇒ Magh Tuireadh (Moytura), presso Conga (Cong),
contae di Maigh Eo (Mayo), è la pianura teatro
della battaglia tra i Fir Bolg e
le Túatha Dé Danann. È chiamata
Mag nEthrige nelle redazioni R2 R3 del
Lebor Gabála Érenn.
- Mag Lí la hÚ mac Úais, la «pianura di Lí nel
[territorio] dei Uí mac Úais». Localizzata sul lato occidentale del fiume Banna
⇒ An Bhanna, probabilmente nella parte settentrionale
del
barúntacht
Loch Inse
Uí Fhloinn (Loughinsholin), contae di Doire (Londonderry, N.I.). Il
territorio di Uí mac Úais, da non
confondere con l'omonimo territorio precedentemente
citato (il Uí mac Úais Breg), giaceva tra il fiume ⇒ An Scríne (Moyola) e il villaggio di
⇒ Maigh Choscáin (Macosquin), contae di Doire (Londonderry, N.I.).
- Mag
Ladrann in Dál nAraide si suppone sia la depressione marittima vicino Latharna
(Larne), contae di Aontroim (Antrim, N.I.).
|
IX - LA FAMIGLIA «ALTERNATIVA»
DI PARTHOLÓN E
LA PRIMA DIVISIONE DI ÉRIU
|
Divisione di Ériu all'epoca di Partholón |
(a) Áth Cliath Laigin. In senso
orario: porzione di Orba.
(b) Ailech Néit. Porzione di Ferón.
(c) Áth Cliath Medraige. Porzione di Fergna.
(d) Ailén Arda Nemid. Porzione di Aer. |
I quattro figli di
Partholón,
autori della prima divisione territoriale di Ériu,
appaiono essere un'aggiunta posteriore al materiale partoloniano e malamente
accordata con il resto della narrazione. Secondo Stewart Macalister, questo
episodio sarebbe originariamente appartenuto al sub-ciclo di
Nemed: i nomi di tre di questi quattro figli di
Partholón appaiono essere, per
Macalister, delle versioni alterate dei nomi dei figli di
Nemed:
Rimane
fuori il nome
Ferón, che non può essere equiparato in alcun modo con quello di
Anninin, quarto dei figli di
Nemed.
Si può però ipotizzare una
relazione con la tradizione dei quattro sopravvissuti al diluvio, presenti in
alcuni versi citati da Seathrún Céitinn, e cioè
Fintán,
Ferón,
Fors e Andóid mac Ethóir
(Foras feasa ar
Éirinn [I: v, 4]); il nome di
Ferón è infatti comune a entrambe le tradizioni (mentre il patronimico dell'ultimo
nome rimanda piuttosto alle
Túatha Dé Danann, un altro esempio della confusione in cui versano i
testi antichi).
La partizione contemplata può
essere schematizzata con l'incrocio tra due linee ortogonali. Una prima linea,
da est a ovest, collega due località chiamate Áth Cliath, «guado del graticcio»:
la prima, Áth Cliath Laigin, è il guado sul fiume Lifé (Liffey), presso Cill
Mhaighneann (Kilmainham), dove i vichinghi stabilirono il primo nucleo della
futura città di Baile Átha Cliath (Dublin), contae di
Áth Cliath (Dublin); la seconda, Áth Cliath Medraige, è
l'odierno villaggio di Droichead an Chláirín (Clarinbridge),
contae di Gaillimh (Galway).
La
seconda linea, da nord a sud, collega due località dal nome parimenti molto
simile: Ailech Néit è la collina presso Grianán Ailig ⇒ Grianán Ailigh (Greenan
Ely), la storica fortezza dei Uí Néill, contae di Dún na nGall (Donegal); Ailén Arda Nemid è ⇒ Oileán
Mór an Barraigh, l'«isola grande» nella baia di ⇒ Corcaigh (Cork), contae
di Corcaigh (Cork). |
X - LE VERSIONI BRITANNICHE DELLA
LEGGENDA PARTOLONIANA Le leggende sulle invasioni
di Ériu erano ben conosciute, nell'alto Medioevo, dagli
eruditi britannici. Pur essendo sicuramente arrivate in Britannia dalla vicina Irlanda, esse testimoniano uno stadio
più arcaico degli esiti irlandesi a noi pervenuti.
La fonte più antica è la
Historia Brittonum di
Nennius (gallese Ninmyaw, IX sec.), dove si descrive l'arrivo
in Hibernia [Irlanda] degli Scoti (cioè dei Gaeli),
provenienti dalla Hispania [Spagna]. Primo ad
arrivare è appunto il gruppo guidato da Partholomus
e costituito da mille persone. Nennius non entra in
dettagli, ma è concorde con gli eruditi irlandesi – i
peritissimi Scottorum a cui fa risalire le proprie
notizie – sul fatto che le genti partoloniane vennero
spazzate via da una mortalitas nel giro di una
settimana:
Novissime autem Scotti venerunt a partibus
Hispaniae ad Hiberniam. primus autem venit Partholomus cum mille hominibus de
viris et mulieribus et creverunt usque ad quattuor milia hominum et venit
mortalitas super eos et in una septimana omnes perierunt et non remansit ex
illis etiam unus. |
Più avanti giunsero in Hibernia dalla Hispania gli Scoti. Giunse per primo Partholomus
con mille persone, tra uomini e donne, che crebbero fino a diventare quattromila,
ma una mortalità sopraggiunse su di loro e morirono tutti in una settimana,
senza che nessuno scampasse. |
Nennius: Historia
Brittonum [13] |
Tre secoli dopo, Gaufridus
Monemutensis (1100-1155) scrive la sua monumentale
Historia regum Britanniae
(✍ 1136), dove elenca le gesta dei sovrani di Britannia
dall'epoca della guerra di Troía all'invasione sassone.
Testimone dell'arrivo di
Parholoim è qui
un mitico re britannico, Gwrgant Varf Drwch
(latino Gurgiunt
Brabtruc), il cui
regno viene tradizionalmente fatto risalire al
IV secolo a.C.:
Ea tempestate cum post istam victoriam [super
Dacos] donium per insulas Orcades rediret [Gurgiunt Brabtruc], invenit triginta
naves viris et mulieribiis plenas; et cum causam adventus eorum inquisivisset,
accessit ad eum dux ipsorum Partholoim nomine, et adorato eo veniam et pacem
rogavit. Dicebat autem se ex partibus Hispaniarum expulsum fuisse, et maria ilia
circuire ut locum mansionis haberet. Petebat etiam ab eo portiunculam Britanniae
ad inhabitandum, neodiosum iter maris diutius pererraret. Annus enim cum dimidio
jam elapsus fuerat, ex quo a patria sua pulsus per Oceanum cum sociis
navigaverat. Ut igitur Gurgiunt Brabtruc ipsos ex Hispania venisse et Barclenses
esse vocatos, petitionemque eorem edoctus fuit, misit homines cum eis ad insulam
Hiberniae quae tunc vasta ab omni incola erat; eamque eis concessit. Delude
creverunt et multiplicati sunt: insulamque usque in hodiernum diem tenuerunt. |
Dopo aver disposto ogni cosa secondo la sua volontà, [Gurgiunt
Brabtruc] stava tornando in patria, quando, passando per le isole Orcades,
trovò là trenta navi, piene di uomini e donne. Volle sapere il motivo della loro
venuta, e il capo della spedizione, di nome Partholoim,
gli si avvicinò e, dopo avergli fatto atto di ossequio, gli chiese pace e
comprensione. Ottenutele, raccontò che era stato espulso dalle regioni della
Hispania e che vagava per i mari alla ricerca di un luogo ove stabilirsi. Chiese,
dunque, che il re gli offrisse una piccola parte della Britannia per
insediarvisi, di modo che non dovesse continuare ancora a lungo quell'intollerabile
vagare senza meta sulle onde, che già durava da un anno e mezzo. Quando Gurgiunt
Brabtruc
venne a sapere che provenivano dalla Hispania, e che si chiamavano Barclenses,
non oppose diniego alla richiesta, e gli concesse di abitare, non, però, la
Britannia, ma l'isola di Hibernia, che ancora era rimasta intatta dalla presenza
umana, e gli diede alcuni dei suoi come guide per condurli fin là. Giunsero, e
trovarono una terra ottima e soleggiata, ricca di boschi e fiumi e di ogni dono
di Dio, e cominciarono subito a costruirvi le abitazioni, e a coltivare il
suolo, e crebbero e si moltiplicarono in quel luogo fino al giorno d'oggi. |
Gaufridus Monemutensis:
Historia regum Britanniae [III, 12] |
Questa versione dell'arrivo di
Parholoim sarà
in seguito ripresa nei testi
derivati dall'Historia regum
Britanniae: nel
Roman de Brut
(✍ 1136) dell'anglo-normanno
Wace di Bayeux, riscrittura in versi francesi del libro
goffrediano, e nel Brut
(✍ 1215) di Layamon, sua
ricca rielaborazione in medio inglese.
L'Historia
Brittonum e l'Historia
regum Britanniae dipendono da fonti distinte.
Entrambi i testi, tuttavia, fanno pervenire Partholomus/Parholoim
dalla Spagna e non hanno dubbi riguardo la sua
origine gaelica: Nennius afferma esplicitamente che quella
di Partholomus
sia la prima migrazione degli Scoti dalla Spagna
all'Irlanda, e Gaufridus fa discendere
gli odierni irlandesi proprio dal gruppo guidato da
Parholoim.
Ora, riguardo alla genealogia di
Partholón, la prima redazione del
Lebor Gabála Érenn, che ha il suo
manoscritto più autorevole nel
Lebor Laignech, ci informa che «Partholón figlio di
Sera, figlio
di Srú»
apparteneva alla stirpe di Magóg figlio di
Iafeth (R1 [IV: 1]).
Tuttavia, nella seconda redazione già riaffiora una
tradizione affatto diversa, che qui riportiamo nella lezione
del ms. V:
Nel riprendere questo passo, l'autore del
ms. B della redazione
R3, si vede costretto ad aggiungere una glossa:
[R2 R3] Partholón mac Sera
meic Srú meic Esru meic Baaith meic Rifaith Scuit ó táit Scuit. [R3]
No Parrtolón mac Seara meic Srú meic Easru meic Braimind meic
Eacdach meic Magoth meic Iaféth meic Nái. |
Partholón figlio di
Sera, figlio
di Srú, figlio
di Esrú figlio di
Báth figlio di Rifath Scot da cui discendono gli
Scoti.
Oppure,
Partholón figlio di
Sera, figlio
di Srú, figlio
di Esrú figlio di
Brament figlio di
Ecdach figlio di Magóg figlio di
Iaféth figlio di Nóe. |
Lebor Gabála Érenn
R2 R3 [IV: 3-4] |
La confusione – se confusione è – dipende
dal tratto genealogico meic Srú meic Esrú, che è
presente tanto nella genealogia di
Partholón tanto nella discendenza di Rifath Scot.
Tale duplicazione è una spia del fatto che, nel
ricostruire gli alberi genealogici, i cronisti abbiano
fisicamente cambiato posto a un'intera linea,
con il probabile scopo di eliminare
Partholón dal
novero degli antenati dei Gaeli d'Irlanda. Arduo
comprenderne la ragione: forse, nella sovrapposizione delle
varie tradizioni era difficile conciliare l'idea della
pestilenza che sterminò i
Muintir Partholóin
con il fatto che essi fossero gli antenati dei Gaeli.
Difficile dirlo. Nennius e
Gaufridus Monemutensis hanno tuttavia
conservato una tradizione irlandese molto antica, che si è
conservata in Britannia ma è stata espunta dai cronisti
irlandesi. |
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