MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
LE GENTI DI PARHOLÓN
I PRIMI RUDIMENTI DELLA CIVILTÀ
Partholón mac Sera, un uomo in fuga dalla punizione. La prima vera invasione giunge in Ériu dopo il diluvio, per lasciarvi un'impronta duratura e fondarvi le costumanze del vivere civile.
  1. Tre secoli dopo il diluvio
  2. Partholón mac Sera, il figlio parricida
  3. Dopo il delitto, l'esilio
  4. Búadach!
  5. Il seguito di Partholón
  6. I Muintir Partholóin
  7. Morte di Fea mac Tortán
  8. La battaglia contro i Fomóraig
  9. Morte di Slánga mac Partholóin
  10. Il primo tradimento coniugale in Ériu
  11. Morte di Laiglinne mac Partholóin
  12. Morte di Rudraige mac Partholóin
  13. I Muintir Partholóin mutano l'assetto di Ériu
  14. Morte di Partholón
  15. La prima divisione di Ériu
  16. Coire mBreccáin
  17. Fine dei Muintir Partholóin
    Fonti
  1. La materia partoloniana. Analisi generale, motivi e stratificazioni
  2. Partholón: nomen omen?
  3. Quando? I tormenti del cronista
  4. Dove? I tormenti del cartografo
  5. Partholón fingalach, il «figlio della sventura»
  6. Ochtar e deichenbor
  7. L'elenco dei Muintir Partholóin
  8. La topografia ibernica nell'invasione partoloniana
  9. La famiglia «alternativa» di Partholón e la prima divisione di Ériu
  10. Le versioni britanniche della leggenda partoloniana
    Bibliografia

1 - TRE SECOLI DOPO IL DILUVIO

opo il diluvio, Ériu rimase pressoché disabitata per duecentosettantotto anni, finché vi giunsero per prime le genti guidate da Partholón. Ciò accadde nell'Anno Mundi 2520, ovvero 2578 anni prima della nascita di Ísa Crist. Era il sessantesimo anno della terza età del mondo, sessant'anni dopo la nascita di Abrám.

Naturalmente non tutti gli annalisti sono d'accordo con questo computo (e coloro che seguono il magistero della traduzione greca delle Scritture affermano che fossero trascorsi ben mille e due anni dal diluvio all'epoca di Partholón). Come canta Eochaid úa Fláinn:

Trecento anni, mi vanto di questo,
parlo secondo l'autorità del mio calcolo,
e lo proclamo a dispetto degli adulatori,
Ériu rimase deserta, dopo il diluvio!

I nuovi invasori di Ériu
Autore non identificato, illustrazione
 2 - PARTHOLÓN MAC SERA, IL FIGLIO PARRICIDA

uesta è la genealogia di Partholón: Partholón figlio di Sera, figlio di Srú, figlio di Esrú, figlio di Brament (o Fraimint), figlio di Ectach (o Fáthacht), figlio di Magóg, figlio di Iafeth figlio di Nóe.

Se vuoi sapere perché Partholón lasciò la sua terra, è facile.

Il padre di Partholón era sovrano di Meiginn, l'antica Gréc Becc o «Graecia Parva» (sebbene altri dicano che fosse in realtà l'isola di Sicil, ovvero Gréc Mór o «Graecia Magna»). Partholón aveva tentato di spodestare il padre, reclamando la sovranità per il fratello Becsomus (o Stárn, dicono altri). Per punizione, il padre gli aveva strappato l'occhio sinistro e lo aveva scacciato, mandandolo in esilio. Dopo sette anni, però, Partholón era tornato in Gréc Becc, insieme all'equipaggio di una nave, e aveva dato fuoco alla residenza reale, ardendo vivi suo padre e sua madre. Anche i suoi fratelli perirono nel rogo.

Dicono alcuni che il sovrano di Gréc Becc fosse stato in realtà Srú, e che Partholón sia stato chiamato mac Sera soltanto in seguito, in quanto quest'ultima parola, in greco, vuol dire fingalach «parricida».

3 - DOPO IL DELITTO, L'ESILIO

Compiuto un così orrendo delitto, Partholón era sfuggito alla punizione abbandonando la patria in compagnia dei pochi che avevano osato seguirlo.

Una volta messosi in mare, nel giro di un un mese Partholón era giunto in Aladacia, dove nove giorni in Gothia e dopo un altro mese in Espáin. Poi, tenendo Espáin sulla destra, dopo altri nove giorni Partholón era giunto in Ériu.

A Callann Mái, il quattordicesimo giorno della luna, Partholón e i suoi compagni sbarcarono finalmente in Inber Scéne, sulla costa occidentale del Múmu.

Il quattordicesimo, di martedì,
condussero le libere imbarcazioni
all'approdo azzurro e brillante di una terra serena,
in Inber Scéne dagli scudi scintillanti.

4 - BÚADACH!

icono altri che Partholón e il suo seguito sbarcarono invece a Inis Saimér, un'isola nella foce del fiume Samáir.

Ma una volta terminate le provviste, non trovando di che sostentarsi, Partholón e i suoi si spostarono altrove. Arrivarono alla foce di un fiume talmente pescoso che Partholón esclamò: «Com'è ricco!» [búadach!], e da ciò venne il nome di Inber mBuada.

5 - IL SEGUITO DI PARTHOLÓN

uattro erano gli airig che guidavano i Muintir Partholóin, e cioè lo stesso Partholón e i suoi tre figli: Slánga il guaritore, il brillante Laiglinne – dal curach piatto e robusto – e Rudraige. Ciascuno era accompagnato dalla propria moglie. Delgnat, figlia del rude Lochtach, era la sposa di Partholón; Nerbgen, Cerbnat e Cichban erano le spose dei suoi figli.

Una coppia di servitori seguiva la famiglia di Partholón. L'uomo si chiamava Topa ed era il gilla di Partholón. Un altro suo nome sembra fosse Íth, il quale in seguito avrebbe dato nome alla pianura da lui dissodata: Mag nÍtha nel Laigin.

Questi dieci – otto nobili di splendido sembiante e due servi non altrettanto gradevoli nell'aspetto – erano l'equipaggio del curach che sbarcò in Ériu.

Partholón aveva dieci figlie: Aífe, Aíne e l'eminente Adnad; Macha, Mucha e Melepard; Glas e Grennach, Auach e Achanach. E questi erano i loro mariti, dieci gagliardi campioni: Aidbli, Bomnad e Bán; Caerthenn, Echtach e Athchosán; Lucraid, Ligair, Lugaid il guerriero e Gerber che mai diede la parola invano.

Dicono altri che Cerbnat fosse la moglie di Íth, e che Laiglinne avesse sposato sua sorella Aífe. È possibile. Crediamo però si confondano coloro che sostengono che Aífe avesse sposato un certo Fintán, il quale apparteneva in realtà ai Muintir Cessrach. Non vi è tuttavia da dubitare del fatto che il matrimonio di Aífe sia stato il primo mai celebrato in Ériu. In seguito Aífe avrebbe dato nome alla piana di Mag Aífe in Osraige, mentre Cichban avrebbe dato nome alla foce di Inber Cichmuine.

Il termine airech (pl. airig) racchiudeva in sé i significati di «capo, capitano, signore, nobile». Era un membro della classe sociale superiore.
 
Il termine gilla indicava, tecnicamente, un giovane che raggiungeva l'età di portare armi. Il termine era però spesso usato per indicare un discepolo, un servo o un coppiere, l'aiutante di un artigiano o di un fabbro. Sul campo di battaglia un gilla poteva essere un messaggero, un attendente preposto ai cavalli, uno scudiero incaricato di portare le armi o la lancia al signore.

6 - I MUINTIR PARTHOLÓIN

on è facile definire con esattezza il numero di coloro che seguirono Partholón in Ériu, poiché gli storici e i poeti sono in disaccordo con loro

Alcuni dicono che non vi fossero che Partholón, i suoi tre figli e le loro quattro mogli, otto persone in tutto, da cui in seguito sarebbe discesa una popolazione di quattromilacinquanta uomini e mille donne. Túán mac Cairill dice che l'intero gruppo fosse composto da ventiquattro uomini, ciascuno accompagnato dalla sua donna, e lui era presente. Altri dicono che Partholón arrivò in Ériu con un seguito di mille uomini. Difficile stabilire quale di queste versioni sia la più veritiera. La tradizione ricorda i nomi di molti tra coloro che facevano parte del seguito di Partholón.

Brea figlio di Senboth Seroll figlio di Partholón, fu colui che per primo costruì una casa in Ériu e fabbricò un calderone per cuocervi la carne. Era un uomo violento, pronto alla vendetta, che viveva di guerra e rapine; fu il primo a combattere un singolare combattimento e stabilì tale cruda costumanza, destinata a perdurare tra i lucenti Gáedil. La sua abitazione, Dún mBrea, fortezza ricoperta da un tetto di vimini, venne innalzata presso l'estuario di un fiume; là Brea morì, insieme a tutta la sua famiglia, e là tutti quanti vennero sepolti.

Samailiath introdusse la tecnica di fabbricazione della birra e fu il primo in Ériu a bere birra alla felce. Fu anche il primo a offrirsi come garante, e inventò l'adorazione, l'offerta e la supplica. Beóir, il cambusiere di Partholón, costruì invece il primo ostello dove i viandanti venivano accolti e rifocillati gratuitamente.

Vi erano poi, tra i Muintir Partholóin, sette capo-fattori: Tóthacht, Tarba, Eochair [Imus], Aithichbél, Cúailli, Dorcha e Dam. Due erano gli aratori: Rimad l'aratore di coda e Tairrle l'aratore di testa. Utilizzavano un aratro con due parti in ferro: Fodbach aveva nome il vomere e Fetain il coltro. E quattro erano i quattro buoi di Partholón: Liac, Lecmag, Imair ed Etrige: costoro per primi ararono il suolo di Ériu.

Fis «visione», Fochmarc «domanda» ed Eólas «conoscenza» erano i tre druidi di Partholón (ma secondo altri, Fis, Fochmarc e Táth «saldatura»). Milchú, Meran, Muinechán erano i suoi tre trénḟir («campioni»). Bibal e Bebal (oppure Iban ed Eban) erano i due mercanti, i quali introdussero il baratto in Ériu: il primo scambiava oro, il secondo bestiame. Inoltre, Bacorp era il guaritore e Ladru era il fili e l'ollam di Partholón; furono costoro a concedere per primi ospitalità in Ériu.

7 - MORTE DI FEA MAC TORTÁN

ette anni dopo la conquista dell'isola, morì il primo uomo della stirpe di Partholón. Toccò al coraggioso Fea, essere scelto, colui che aveva compiuto numerose imprese. Fea figlio di Tortán figlio di Srú figlio di Esrú; cugino di Partholón.

Da Fea prese nome la pianura di Mag Fea, e Oilbre Maige Fea ebbe nome il luogo in cui Fea ebbe la sua sepoltura. Si dice che la sua fu «la prima nascita in Laigin», perché egli era nato là, sulla cima della collina.

Secondo altri, la pianura avrebbe preso nome da Fea ingen Elchmaire (moglie del fomórach Nét). Altri parlano invece di tre fratelli: Femen, Fera, Fea, figli di Mogach mac Dachair, i quali, con una pala, un'ascia e una roncola, avrebbero liberato tre pianure, rispettivamente Mag Femen, Mag Fera e Mag Fea.

8 - BATTAGLIA CONTRO I FOMÓRAIG

Mag nÍtha
Jason Behnke, illustrazione

uando Partholón era giunto in Ériu, i Fomóraig vi risiedevano già da duecento anni, e vivevano, in maniera non dissimile dai Muintir Partholóin, cacciando gli uccelli e pescando.

Cícul nGricenchos era il capo dei Fomóraig.

Quando i Muintir Partholóin li incontrarono, i Fomóraig erano in numero di ottocento: ogni quarto della loro compagnia consisteva di cinquanta uomini e tre volte cinquanta donne. Avevano tutti un solo occhio, un solo braccio e una sola gamba: non erano uomini ma demoni in forma umana. I Muintir Partholóin convissero inizialmente con i Fomóraig, poi, tre anni dopo la morte di Fea, i due popoli si confrontarono per decidere a chi di loro dovesse appartenere l'isola.

Per questa ragione, i Muintir Partholóin e i Fomóraig si confrontarono negli slemne di Mag nÍtha, e tutti i guerrieri di Partholón scesero in battaglia con un occhio bendato, un braccio legato dietro la schiena e un piede legato alla coscia. Il combattimento durò una settimana e nessun uomo ricevette ferite mortali o fu ucciso, perché vennero usate arti druidiche.

I Fomóraig furono sconfitti e Cícul morì.

Alcuni dicono che i Fomóraig vennero uccisi tutti; altri che vennero cacciati da Ériu e andarono ad abitare in isole lontane nell'oceano o in terre fatate poste sotto il mare. Ma non rinunciarono mai alla verde Ériu e in seguito sarebbero ritornati per riconquistarla.

9 - MORTE DI SLÁNGA MAC PARTHOLÓIN

ei tre figli di Partholón, i valenti airig di Ériu, il primo a morire fu Slánga, tredici anni dopo lo sbarco. Slánga era stato un abile guaritore e aveva curato il fratello Laiglinne, ferito in vece sua nel corso della battaglia di Mag nÍtha.

Slánga fu sepolto sotto un carn, un tumulo di pietre, sul monte che prese nome Slíab Slánga.

Altri raccontano un diverso dinnṡench riguardo al nome del monte. Un giorno, Rudraige inseguiva un ferocissimo cinghiale, insieme tre volte cinquanta guerrieri. Ma la belva, dopo aver ucciso cinquanta persone, ruppe due delle lance scagliategli contro da Rudraige. Allora corse in aiuto del padre Ross, figlio di Rudraige; il giovane trafisse il cinghiale e recuperò abilmente la lancia senza spezzarla.

— Lunga vita a te! — lo lodò Partholón. — Intera hai strappato la lancia al verro! [as slan-gaíthech tice on torc!]

E da quelle parole viene il nome di Slíab Slánga.

10 - IL PRIMO TRADIMENTO CONIUGALE IN ÉRIU

quel tempo non c'erano case o fattorie e Partholón si era accampato su un'isolotto nella foce del fiume Samáir, presso un'insenatura assai ricca di selvaggina. Non vi erano molti modi, infatti, per procurarsi il cibo, e si praticavano perlopiù la caccia, la pesca e la cattura degli uccelli.

La coppa magica
Jim Fitzpatrick (1952-), illustrazione

Quando Partholón partiva per la caccia o la pesca, era solito lasciare la moglie Delgnat – figlia del feroce Lochtach – e il giovane gilla Topa a guardia del campo. Un giorno la donna invitò il gilla a fare l'amore con lei. Topa tentò di rifiutare, ma Delgnat subito prese a insultarlo, a chiamarlo inetto e codardo. Per non subire l'onta, Topa finì per cedere, e giacque con la donna, senza alcun piacere.

Questo fu il primo adulterio in Ériu e, a causa di tanta indecenza e follia, da allora in avanti il luogo si chiamò Ess Dá Éconn, «la rapida dei due sciocchi».

Compiuto il tradimento, Delgnat e Topa furono colti da una terribile arsura. Partholón possedeva un vaso di dolcissima birra: nessuno poteva attingerne, se non con una coppa d'oro rosso. Ma i due bevvero alla coppa per spegnere quella sete smisurata e colpevole.

Tornato alla fine della giornata, Partholón chiese da bere. Portata la coppa alle labbra, egli, che era uomo istruito, avvertì il sapore delle bocche di Delgnat e di Topa, e capì di essere stato tradito.

Fissò Delgnat: — Per quanto sia stato breve il tempo che sono stato via, donna, ho diritto di lamentarmi di te!

— «Uno con uno» è sempre un bel rischio — gli fece notare lei, niente affatto contrita. — Pensavi davvero che sia possibile mettere vicini una donna e un vaso di miele, del latte appena munto e un bambino, del cibo e un affamato, della carne fresca e un gatto, armi e attrezzi e un artigiano, o un uomo e una donna da soli senza che nulla avvenga tra loro?

E citò questi versi:

— Guarda i tuoi armenti screziati: nel loro avvinghiarsi sentono il desiderio.
Guarda le pecore dal manto bianco: non tardano a trovare un padrone!
Guarda di chiunque le placide mandrie: cercano il toro contro ogni ragione.
Guarda le agnelline in calore: accettano l'autorità del primo montone nella stalla.
Al vitello s'impongono vincoli perché non segua la mucca da latte.
Si pongono steccati innanzi alle pecore, perché l'agnello cresciuto non succhi.
Il latte schiumoso della vacca cornuta non può essere affidato a un gattino!
Una scure affilata, difficile da proteggere, non può essere affidata a un taglialegna!

— Grande vergogna su di te, donna — disse Partholón. — Il tuo comportamento è eccessivo per chiunque: correttamente ciascuno giudicherà la tua colpevolezza. Dal tempo in cui Éba si macchiò del peccato della mela, rendendo schiava l'umanità e tagliandola fuori dal paradiso, non era mai stato commesso il genere di colpa che tu hai compiuto. Ma il peccato di Éba credo sia addirittura inferiore al tuo, Delgnat, o peggio ancora.

Colto da un impeto di gelosia, colpì con la mano aperta il cagnolino della moglie, che si trovava lì accanto, uccidendolo. Il cucciolo si chiamava Saimér e diede nome all'isolotto dove morì: Inis Saimér.

— La vergogna non sia su di noi, ma su di te — replicò Delgnat. E aggiunse: — Mio popa, Partholón, la ragione è dalla mia parte, non dalla tua. Mi hai lasciata in una situazione «uno con uno», e quando viene il desiderio di accoppiarsi, non è facile soffocarlo. Sono innocente, e ho diritto a un risarcimento.

Questo fu il primo giudizio proferito in Ériu, il diritto di Delgnat contro Partholón. Alcuni dicono che Partholón uccise il gilla; altri dicono che Topa fuggì, e finì divorato dai cani e dagli uccelli. Quel che è certo, Partholón fu il primo marito tradito in Ériu e la sua fu la prima gelosia. Ciò avvenne sedici anni prima della sua morte.

11 - MORTE DI LAIGLINNE MAC PARTHOLÓIN

uindici anni dopo lo sbarco, morì Laiglinne figlio di Partholón, airech di Ériu.

Quel giorno Laiglinne si era recato con cinquanta uomini – l'equipaggio di un luingín – alla sorgente di Dera figlio di Scera [Tipra Dera meic Scera]. D'un tratto un'onda diluviale proruppe dalla sorgente e il nobile airech annegò in quel lago senza rive, il quale prese nome Loch Laiglinne.

Delgnat, moglie di Partholón, si recò con cinquanta donne al carn che era stato eretto in memoria del figlio e là morì di dolore.

Altri dicono, invece, che l'acqua eruppe dallo scavo della tomba di Laiglinne, nel Uí mac Úais Breg, e si formò così il Loch Laiglinne.

12 - MORTE DI RUDRAIGE MAC PARTHOLÓIN

ieci anni dopo, morì anche il terzo airech di Ériu, Rudraige di Partholón. Mentre si scavava la sua tomba, l'acqua sgorgò fuori e fu così che si formò il Loch Rudraige, in Ulaid.

Altri dicono che fu sotto i suoi piedi – e non sotto quelli di Laiglinne – che eruppe l'acqua del lago, e che egli vi annegò.

13 - I MUINTIR PARTHOLÓIN MUTANO L'ASSETTO DI ÉRIU

urante la loro permanenza in Ériu, i Muintir Partholóin si moltiplicarono e riempirono l'isola. Essi istituirono molti mestieri e arti per la prima volta e per primi stabilirono leggi. Erano prevalentemente agricoltori. Praticavano tecniche come il baratto, la molitura, la cottura delle carni, la preparazione della birra. Costruirono i primi edifici e i primi ostelli. Usarono per primi una zangola e una macina.

Quando Partholón era sbarcato in Ériu, l'isola era diversa da quella odierna: non esistevano che tre laghi, nove fiumi e l'unica antica pianura di Senmag nÉlta nÉtair, che si diceva spianata dalle mani di Dio creatore, e in cui non cresceva né un albero né un filo d'erba.

Ma durante la loro permanenza, i Muintir Partholóin dissodarono altre quattro pianure: Mag Lí nel Uí mac Úais, tra Bir e Camus; Mag Ladrann nel Dál nAraide; Mag nEthrige nel Connacht; eMag nÍtha nel Laigin (da non confondere con l'omonima piana dove era avvenuta la battaglia contro i Fomóraig). Fu il bue Etrige, raccontano, a dissodare Mag nEthrige, e fu tale il suo sforzo che la povera bestia morì dopo aver concluso il lavoro: perciò fu dato il suo nome alla pianura. In seguito, tuttavia, essa sarebbe stata chiamata Mag Tuired. Mag nÍtha fu invece dissodata da Íth, gilla di Partholón.

Analogamente, oltre ai tre antichi laghi presenti in Ériu, altri sette si formarono nel periodo in cui i Muintir Partholóin rimasero nell'isola.

Nel dodicesimo anno dopo l'arrivo di Partholón eruppero il Loch Con e il Loch Dechet: entrambi nel Connacht. L'anno successivo eruppe il Loch Mesc, abbondante di idromele (altri dicono che il Loch Mesc sia stato il primo lago a formarsi, tre anni anni dopo la battaglia di Mag nÍtha; ma costoro, confondendosi, ritengono che i Fomóraig vennero sconfitti nel terzo anno dopo l'arrivo di Partholón in Ériu).

Due anni dopo eruppe il Loch Laiglinne nel Uí mac Úais Breg, sulla tomba di Laiglinne figlio di Partholón, come già abbiamo detto. In seguito si formò il Loch nEchtra tra Slíab Modorn e Slíab Fúait, in Airgíalla.

Infine, dieci anni dopo la morte di Laiglinne, il Loch Rudraige sgorgò sotto i piedi di Rudraige figlio di Partholón, nell'Ulaid. Nello stesso anno il mare inondò la terra nella zona di Bréna e si formò così anche il settimo lago, il Loch Cúán.

Nei dinnṡenchas fu Manannán mac Lir a produrre il Loch Ruidi, il Loch Cúán e il Loch Dacaech, per il dolore provocato dall'uccisione del figlio Ibel

14 - MORTE DI PARTHOLÓN

ebbene nessuno fosse stato ucciso nel corso della battaglia druidica di Mag nÍtha, Partholón aveva riportato delle gravi ferite. E furono proprio quelle ferite, procurate da dardi sanguinosi, che lo portarono alla morte, trent'anni esatti dopo lo scontro.

Partholón morì a Senmag nÉlta nÉtair, nell'«antica piana» di Élta, in Étar, trent'anni dopo lo sbarco del suo popolo in Ériu, e in quel luogo fu seppellito.

15 - LA PRIMA DIVISIONE DI ÉRIU

a prima divisione territoriale di Ériu venne attuata all'epoca dei Muintir Partholóin. Tale divisione venne stipulata da quattro figli di Partholón, nati, si dice, dopo il suo arrivo in Ériu, e chiamati Aer, Orba, Ferón e Fergna.

Questa tradizione ha suscitato la perplessità degli storici, in quanto i nomi di questi figli di Partholón corrispondono ai nomi dei quattro figli di Éber, vissuti al tempo dei Meic Míled, sicché si potrebbe anche pensare a una confusione tra i due racconti, se non che alcuni dei più attenti storici ci assicurano che si trattò davvero di uno straordinario caso di omonimia.

Al tempo in cui i Muintir Partholóin dimoravano in Ériu, vi era tra gli uomini onestà, rispetto dei patti e della proprietà, e ciascuno sapeva sicure le ricchezze che teneva nelle proprie abitazioni. Fu allora che Aer, Orba, Ferón e Fergna divisero Ériu tra loro in quattro parti, e nessuno rimase insoddisfatto della propria porzione o minacciò minacciò la parte toccata al fratello.

  • Da Aileach Néit nel nord fino ad Áth Clíath nel Laigin, la porzione di Aer.
  • Da Áth Clíath ad Ailén Árda Nemid, la porzione di Orba.
  • Da Ailén Árda Nemid ad Áth Cliath nel Medraige, la porzione di Ferón.
  • Da Áth Clíath nel Medraige ad Aileach Néit, la porzione di Fergna.
16 - COIRE MBRECCÁIN

ugghia un gorgo marino, nel gelido Muir nOrc [il Mar delle Orcadi], tra Ériu e Alba. Là, tutti i mari si incontrano, da est e da ovest, da nord e da sud, e ciascuno si scaglia insieme agli altri in un vortice che precipita giù negli abissi. Il ruggito delle acque si ode da lontano, fragoroso come un tuono.

Si narra che qui arrivò Breccán, figlio di Partholón, il quale, fiero e ostinato, aveva lasciato la terra del padre e, al comando di cinquanta curaig, si era diretto verso nord, deciso ad attraversare il mondo da un confine all'altro. Ma tutt'e cinquanta le imbarcazioni vennero risucchiate nel gorgo e Breccán annegò. Con lui morì un terzo delle schiere di Ériu.

Perciò il gorgo è chiamato Coire mBreccáin, il «calderone di Breccán».

Il figlio di Partholón, impresa senza gloria,
incontrò una tristissima fine.
Breccán, uno degli eroi,
il gorgo risucchiando lo ingoiò.

Dicono alcuni che, ad annegare nel gorgo, sia stato in realtà Breccán figlio di Maine figlio di Niáll Noígíallach, con i suoi cinquanta curaig. La sorte di costui rimase avvolta nel mistero finché attraversò quel tratto di mare noíb Colum Cille. Allora le acque si levarono contro il santo ma, quand'egli vi buttò dell'argilla benedetta, si placarono e gli restituirono le ossa di Breccán.
Túán trasformato in cervo
Peter Fitzpatrick, illustrazione

17 - LA FINE DEI MUINTIR PARTHOLÓIN

Muintir Partholóin vissero in Ériu per cinquecento cinquanta anni, dicono i più antichi cronisti. Trecento anni, sono però le stime degli storici più attenti.

Quel che sappiamo è che scomparvero tutti, a causa di una pestilenza, nel giro di una settimana. La malattia si manifestò a Callann Mai, il lunedì di Beltain, in Mag mBreg. E in novemila morirono entro il successivo lunedì, cinquemilaquattro uomini e quattromila donne, in Senmag nÉlta nÉtair. Questa era la medesima pianura dove aveva trovato la morte lo stesso Partholón, e da allora in poi quel luogo venne chiamato Tamlecht Muintire Partholóin «pestilenza della gente di Partholón» o Tamlecht Fer nÉrenn «pestilenza degli uomini di Ériu».

Era l'anno 2820 dalla Creazione del Mondo.

Unico a sopravvivere, fu un certo Túán figlio di Starn figlio di Sera. Trasmutato da Dio in varie forme animali, Túán sopravvisse in solitudine dal tempo di Partholón al tempo di Finnén e Colum Cille. Rinato al tempo dei santi, avrebbe tramandato la memoria dell'invasione dei Muintir Partholóin.

Fonti

1 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 1]; R2 R3 [IV: 2]; R3 [49-50]
Lebor gabála Érenn > Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [8]
Dugal mac Firbis: Chronicon Scotorum
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2502]
Cfr. Nennius: Historia Brittonum
Cfr. Gaufridus Monemutensis: Historia regum Britanniae
2 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 1]; R2 R3 [IV: 3-5, 13]
Rennes dinnṡenchas [134]
Fragmentum: Trinity College Library, ms. H.4.22
Fragmentum: Trinity College Library,
ms. H.3.18
3 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 1]; R2 R3 [IV: 6]; R3 [IV: 7-8, 46-47]
Lebor gabála Érenn > Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [8]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXV: «hI Cethramad dég, dia Mairt»
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
4

Lebor gabála Érenn R2 R3 [IV: 39]
Rennes dinnṡenchas [134]

5

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 2]; R2 [IV: 14, 16]; R2 R3 [IV: 10]; R3 [IV: 11-12, 37]
Lebor gabála Érenn >
Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [9-10]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXI: «Ro bo maith in muinter mór» [8-10]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXII: «Partholón can as táinic» [5]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXVII: «Stoindfead dáib íar fír co feib»
Lebor gabála Érenn > Poema XXXVIII: «Cóic mná Parthalóin meic Sera»
Metrical dinnṡenchas [III: 106]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 4]

6

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 10]; R2 [IV: 15]; R3 [IV: 35-36]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXI: «Ro bo maith in muinter mór»
Metrical dinnṡenchas
[III: 14]
Rennes dinnṡenchas [29]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]

7

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 3]; R2 R3 [IV: 19-20]
Lebor gabála Érenn > Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [11a]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2527]
Nota: Rennes dinnṡenchas [44]

8

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 4]; R2 [IV: 17]; R2 R3 [IV: 21-23]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXIII: «Sechtmad gabáil rodusgab»
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2530]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]

9 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 2]; R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Metrical dinnṡenchas
[IV: 105]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
10 Lebor gabála Érenn R2 R3 [IV: 11, 40-44]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXII: «Partholón can as táinic» [6-27]
Metrical Dinnṡenchas
[IV: 92]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
11 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 2]; R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Metrical dinnṡenchas
[IV: 71]
Rennes dinnṡenchas [150]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
12 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 2]; R2 R3 [IV: 10, 24-25]
Dugal mac Firbis:
Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2533, 2535, 2545]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
13

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 5-7]; R2 R3 [IV: 18, 24-25]
Lebor gabála Érenn > Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [11, 12-13]
Metrical dinnṡenchas [III: 106]
Dugal mac Firbis: Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2532-2546]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
Nota: Rennes dinnṡenchas [98]

14

Lebor gabála Érenn R1 [IV: 2]; R2 R3 [IV: 22, 26-29]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXII: «Partholón can as táinic» [27]
Dugal mac Firbis: Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2550]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]

15 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 9]; R2 R3 [IV: 30, 34]
Lebor gabála Érenn > Poema XXXIV: «Ceathrar mac da bribda glór...»
Metrical Dinnṡenchas
[IV: 106]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 3]
16 Metrical Dinnṡenchas [IV: 18]
Rennes Dinnṡenchas [145]
Edinburgh Dinnṡenchas [58]
17 Lebor gabála Érenn R1 [IV: 8]; R2 R3 [IV: 28, 30]; R3 [IV: 32, 46]
Lebor gabála Érenn >
Poema XXX: «A chóemu cláir Cuinn Cóemḟinn» [22-23]
Lebor gabála Érenn >
Poema XXXIX: «Túán mac Cairill ro clos»
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4]
Dugal mac Firbis: Chronicon Scotorum
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Clery]: Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2820]
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
Cfr. Nennius: Historia Brittonum

I - LA MATERIA PARTOLONIANA: ANALISI GENERALE, MOTIVI E STRATIFICAZIONI

Nella dettagliata analisi che R.A. Stewart Macalister ha effettuato sul ciclo delle invasioni, i Muintir Partholóin introducono la parte del Lebor gabála Érenn che egli definisce Liber Praecursorum: l'insieme delle occupazioni pre-gaeliche d'Irlanda, le quali formano un mito formativo, «topogonico», se non addirittura «cosmogonico», propedeutico all'arrivo in Ériu dei Meic Míled o Gáedil.

Ognuno degli antichi popoli che occuparono e colonizzarono l'Irlanda testimoniò infatti la sua presenza contribuendo alla formazione geografica, politica e culturale dell'isola. In particolare, i Muintir Partholóin furono degli eroi culturali e fondarono mestieri e istituzioni sociali: costruirono case e ostelli, cucinarono il cibo, celebrarono matrimoni e inventarono l'adulterio. Furono i primi a mutare la topografia d'Irlanda, dissodando quattro pianure: quella che fino ad allora era stata una terra boscosa e inospitale si avviava a divenire una territorio domestico e antropizzato. ①

Sarebbe interessante poter evidenziare l'origine dei motivi che ha portato alla formazione del mito di Partholón. Le dettagliate analisi che l'olandese Anton Gerard Van Hamel e lo svizzero Rudolf Thurneysen hanno effettuato su ogni testo significativo, sebbene siano arrivate a interpretazioni molto diverse, producono l'impressione che la materia partoloniana sia una costruzione artificiosa, elaborata in ambiente erudito, effettuata a partire da un materiale folklorico originale (Hamel 1933 | Thurneysen 1936 | Macalister 1940). Certamente il mito di Partholón, come ci è pervenuto, presenta molte stratificazioni, difficili da evidenziare.

La versione più antica in nostro possesso, lo Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile (✍ XI sec.), mette in bocca a Túán mac Cairill, cugino di Partholón, un racconto piuttosto laconico:

Cóic gabala ém ol se ro gabad hÉriu íar nilind ⁊ nís ragbad íar nilind coro chateá di bliadain .. ar .. Is iar sein ro gab Partholon mac Sera doluid for longais cethora lanamna fichet nírbo mór amainsi cáich díb fri áraili trebsat hErind co mbátar cóic míli día sil and. Dosánic dunebad eter da domnach co n-erblatar uli achtóenfér namma ar ní gnáth orgain cen scéola do ernam esi do innisin scél dara n-esi is mesi dano in fer sin ol seseom.

“Cinque volte in verità”, disse [Túán], “Ériu fu occupata dopo il diluvio, e non fu occupata dopo il diluvio se non dopo trecento e dodici anni. Fu allora che Partholón figlio di Sera la occupò. Giunse, dopo un viaggio, con ventiquattro coppie. L'abilità dell'uno non era superiore a quella dell'altro. Popolarono Ériu finché non furono diventati cinquemila della loro razza. Poi, tra due domeniche, sopravvenne una pestilenza, così morirono tutti, tranne un uomo soltanto. Perché è costume a ogni massacro che scampi un uomo che possa raccontare la storia. Quell'uomo sono io”, disse.
Scéal Túáin maic Cairill do Ḟinnén Maige Bile [4]

Anche la prima redazione (R1) del Lebor gabála Érenn è piuttosto scarna: non ci dice da dove venne Partholón, né per quali ragioni sia giunto in Ériu. Il suo arrivo viene dato per scontato, segno che la materia era già ben conosciuta agli eruditi del tempo. Il testo si concentra soprattutto sui mutamenti orografici avvenuti in Irlanda all'epoca dei Muintir Partholóin: quali pianure siano state dissodate e quali laghi si siano formati. Tali dinnṡenchas sembrano apparire primari rispetto alla narrazione e non c'è dubbio che molti dei personaggi in questione siano stati creati appositamente per spiegare i nomi di pianure e laghi, non viceversa. Questo aspetto appare preminente, ai redattori di R1, e il resto della narrazione è ridotta ai minimi termini. Alcuni di questi racconti toponomastici compaiono anche – con qualche variazione – nelle collezioni di dinnṡenchas.

È solo nella seconda e terza redazione (R2 ed R3) del Lebor gabála Érenn, con lo sviluppo delle esigenze narrative, che vengono aggiunti molti dettagli relativi alle vicende di Partholón. Tali dettagli sono tratti dal corredo di poemi bardici citati nel testo, sebbene questi ultimi siano per lo più composizioni sapienziali: elenchi di nomi che finiscono per appesantire il Lebor gabála di dettagli eruditi, spesso contraddittori. Ma vi sono anche delle eccezioni, come il lungo racconto del tradimento coniugale di Delgnat, trasmesso dal solo ms. M, che costituisce una splendida divagazione narrativa. Da questa base, la successiva letteratura storiografica proverà a smussare le molte incoerenze della materia: Míchél Ó Cléirigh tenterà di fornire una cronologia razionale (Annála Ríoghdhachta Éireann) e Seathrún Céitinn di armonizzare le varianti più sensate (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2-4]), a volte attingendo a testi per noi perduti.

Detto questo, rimane il problema di individuare le molteplici stratificazioni del materiale. Un poco ci aiuta il disporre di una versione più antica della vicenda di Partholón, nella Historia Brittonum di Nennius, a cui si affianca la bizzarra variazione che Gaufridus Monemutensis dispone nella sua Historia regum Britanniae... e vedremo poi quali conclusioni si possono raggiungere dall'analisi di queste versioni britanniche della vicenda [infra]▼. Certamente il materiale relativo al ciclo delle invasioni ha subìto una storia molto complessa di adattamenti e rimaneggiamenti, come svela il fatto che i nomi di due dei figli di Partholón, Rudraige e Slánga, riappariranno nel gruppo dei cinque fratelli che guideranno i Fir Bolg. Inoltre, Aer, Orba, Ferón e Fergna, i quattro figli di Partholón che dividono Ériu, portano gli stessi nomi dei quattro figli di Éber al tempo dei Maic Míled. Gli stessi autori del Lebor gabála, a cui non è sfuggito il dettaglio, ci assicurano si tratti di un'incredibile omonimia e, dal loro punto di vista, non poteva essere altrimenti.

II - PARTHOLÓN: NOMEN OMEN?

A rimanere ancora inspiegato è il nome di Partholón. La p iniziale mostra una chiara origine extraceltica. Una caratteristica delle lingue celtiche è infatti la scomparsa dell'occlusiva labiale sorda *p in posizione iniziale o intervocalica (es. irl. athair «padre», e non **pathair). Negli idiomi brittonici il suono [p] è stato riottenuto attraverso la trasformazione di un'originaria labiovelare *kʷ (cfr. gallese penn «testa»); negli idiomi goidelici, invece, *kʷ ha prodotto [k] (cfr. medio irlandese cenn «testa»). I due esiti di *kʷ sono all'origine della distinzione tra lingue celtiche-P e celtiche-Q, e l'irlandese appartiene senza dubbio al secondo gruppo.

Il nome Partholón non è dunque di origine celtica. È però attestato nella letteratura cristiana irlandese come adattamento dell'ecclesiastico Bartholomaeus.

Isidorus Hispalensis – autore ben conosciuto dagli eruditi medievali – scrive che «Bartholomaeus significa “figlio di colui che sostiene le acque”, ovvero, “figlio di colui che mi sostiene”», e aggiunge: «è nome siriano, non ebraico» [Bartholomaeus filius suspendentis aquas, vel filius suspendentis me: Syrum est, non Hebraeum] (Etymologiae [VII: , 16]). Sebbene l'etimologia sia priva di fondamento, Isidorus ha ragione sul fatto che il nome sia siriano, derivando da un aramaico bar-Talmay («figlio di Talmay», versione medio-orientale del nome Ptolemaîos)

Tale pseudo-etimologia può aver influenzato il modo in cui il personaggio sia stato rappresentato nel corso degli adattamenti operati dagli eruditi irlandesi: in tal caso Partholón sarebbe stato un nome perfetto per l'eroe post-diluviano, destinato a rimanere a lungo «sospeso sulle acque» prima di sbarcare in Ériu. Rudolf Thurneysen suggerisce anche che il nome del padre dell'eroe, Sera, può aver significato, originariamente, il «Siriano» [Syrus] (Thurneysen 1936).

III - QUANDO? I TORMENTI DEL CRONISTA

Gli storici facevano generalmente coincidere l'arrivo di Partholón in Ériu con il sessantesimo anno della terza età del mondo, iniziata con la nascita di Abrám/Aḇrāhām. Gli eruditi irlandesi spesero molto tempo nel tentativo di confrontare gli avvenimenti della loro isola con la storia universale: un'ampia sezione delle redazioni R2 ed R3 del Lebor Gabála Érenn è costituita da tavole sincroniche tra gli eventi legati alle invasioni irlandesi e quelli forniti dalla Bibbia e da altri cronisti, soprattutto Eusébios di Kesáreia. Ma già Eusébios, nel calcolare il tempo dal diluvio ad Aḇrāhām, osservava che affidandosi al Sēẹr ha-Yôḇēlîm (il «Libro dei Giubilei», un apocrifo dell'Antico Testamento) risultavano 293 anni, mentre secondo la Bibbia in greco dei Settanta gli anni erano 942. Una discrepanza sufficiente a confondere qualsiasi cronista! Così, nonostante i tentativi di rendere coerente la materia, le datazioni calcolate dagli eruditi irlandesi finivano per differire enormemente le une dalle altre. Le varie redazioni del Lebor Gabála forniscono almeno cinque stime differenti del tempo intercorso tra il diluvio e l'arrivo di Partholón in Ériu:

Anche nello Scéal Túáin maic Cairill viene fornito un computo di 312 anni.

Analoghe difficoltà incontrarono gli storici posteriori. Dugald mac Firbis calcolò 352 anni dal diluvio e l'arrivo di Partholón, pur senza nascondersi che, secondo il computo dei Settanta, gli anni sarebbero stati ben mille (Chronicon Scotorum). Per Míchél Ó Cléirigh, Partholón sarebbe invece giunto in Irlanda 278 anni dopo il diluvio (Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2520]). Seathrún Céitinn si affida all'autorità del poema XXX (attribuito a Eochaid úa Fláinn), secondo cui Partholón sarebbe sbarcato in Ériu trecento anni dopo il diluvio (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]), e critica il calcolo «lungo»:

Giḋeaḋ, ní fírinneaċ ceudfaiḋ na muinntire adeir gurab i gcionn dá ḃliaḋan ar ṁíle d'éis dílinne táinig Parṫolón i n-Éirinn, agus iad ag a adṁáil gurab i n-aimsir Abraham táinig innte, agus gurab é Abraham an t-oċtṁaḋ glún aṁáin ó Ṡem mac Noe; agus Sem féin d'áireaṁ. Óir ní cosṁail go gcaiṫfíḋe tuilleaḋ agus míle bliaḋan re linn seaċt nglún d'éis na dílinne: uime sin measaim gurab fírinniġe an ċeudfaiḋ ṫosaiġ ioná an ċeudfaiḋ ḋéiḋeanaċ, agus, d'á réir sin, is inṁeasta gurab i gcionn trí ċéad bliaḋan [d'éis na dílinne] táinig Parṫolón i n-Éirinn.

Comunque sia, l'opinione di quanti affermano che fu sul finire di mille e due anni dopo il diluvio, che Partholón giunse ad Ériu, non è veritiera, poiché essi ammettono che egli giunse qui ai tempi di Abrám, ed è quello stesso Abrám, che apparteneva, quindi, all'ottava generazione di Sem, figlio di Nóe, ed è dallo stesso Sem che bisogna far risalire il computo. Perciò non è credibile che siano trascorsi poco più di mille di anni nel corso di sette generazioni dopo il diluvio. Quindi giudico la prima opinione più consona della seconda; di conseguenza, è probabile che Partholón giunse ad Ériu trecento anni dopo il diluvio.
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]

Analoghe discrepanze e complicazioni incontrarono gli storici nel calcolo degli anni di permanenza dei Muintir Partholóin in Ériu. I calcoli eseguiti sulle tavole sincroniche di Eusébios mostrano errori di copiatura nei nomi dei sovrani e nelle durate dei loro regni. Il risultato è che, nella redazione R2 del Lebor Gabála Érenn, ripresa dal ms. B della redazione R3, la durata della permanenza dei Muintir Partholóin in Ériu risulta essere di 543 anni; il ms. M della redazione R3, dopo un ulteriore calcolo, stabilisce la medesima durata in 259 anni.

Secoli dopo, gli storici irlandesi ancora discutevano su queste date, senza riuscire a raggiungere alcuna conclusione. Dougald mac Firbis, affermando di rifarsi all'autorità del fili Eochaid [úa Fláinn], sostiene che i Muintir Partholóin siano rimasti in Ériu 502 anni, o forse solo 402 (Chronicon Scotorum). Míchél Ó Cléirigh fa scendere ulteriormente questo computo a trecento anni, cifra evidentemente giudicata più realistica (Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2520-2820]). A Seathrún Céitinn non resta che sottolineare sconsolato le difficoltà di tali calcoli:

Adeirid drong eile gurab fiċe bliaḋan agus cúig ċéad ó ḃás Ṗarṫolóin go táṁ a ṁuinntire; giḋeaḋ, atá ceudfaiḋ ċoitċeann na seanċaḋ 'na aġaiḋ sin, mar a n-abraid naċ raiḃe 'na fásaċ aċt deiċ mbliaḋna fiċead ḃaoi ó ḃás muinntire Ṗarṫolóin go teaċt Neiṁeaḋ innte [...].

Altri ancora sostengono che fossero trascorsi cinquecentoventi anni dalla morte di Partholón sino all'epidemia che colpì la sua gente: tuttavia, l'opinione generale degli antiquari prova il contrario, poiché essi affermano che Ériu rimase deserta solo per trent'anni, il tempo che trascorse dalla morte della gente di Partholón sino all'arrivo di Nemed [...].
Tig Cormac naoṁṫa mac Cuileannáin leis an níḋ gceudna i Saltair Ċaisil, mar a n-abair gurab trí ċéad bliaḋan ḃaoi ó ṫeaċt Ṗarṫolóin i n-Éirinn go táṁ a ṁuinntire. Tig an file Eoċaiḋ Ua Floinn leis, mar an gceudna, do réir an rainn seo [...]. È d'accordo il beato Cormac mac Culennáin nel suo Saltair Chaisil, dove sostiene che trascorsero trecento anni dall'arrivo di Partholón in Ériu sino all'epidemia che colpì la sua gente. Il fili Eochaid úa Fláinn concorda parimenti nei suoi versi [...].
As gaċ níḋ ḋíoḃ so, ní hinċreidte an drong adeir go raiḃe tuilleaḋ agus cúig ċéad bliaḋan ó ḃás Ṗarṫolóin go táṁ a ṁuinntire; agus ní hinṁeasta go mbiaḋ Éire ar áitiuġaḋ an coṁḟad sin, agus gan do ḋaoiniḃ innte aċt cúig ṁíle fear agus ceiṫre ṁíle ban. Da tutto questo, è chiaro che non sono credibili quanti affermano che trascorsero più di cinquecento anni dalla morte di Partholón sino alla scomparsa della sua gente, e non è possibile che Ériu rimase abitata per così tanto tempo solamente da cinquemila uomini e quattromila donne.
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]

Calcoli che oggi giudichiamo insignificanti, dato che sono basati su una materia priva di qualsiasi verosimiglianza storica. Ma di estrema importanza per coloro che, nei tempi antichi, davano alle tradizioni mitiche un valore di verità letterale, tanto da impegnare tempo ed energia considerevoli per rendere coerenti i loro computi. A loro, va tutta la nostra simpatia.

IV - DOVE? I TORMENTI DEL CARTOGRAFO

Che il luogo di origine di Partholón fosse Mygdonía (m.irl. Meiginn; in Céitinn, Migdonia), la regione greca posta subito a nord della Penisola Calcidica, sembra essere stato stabilito in conseguenza di vari fraintendimenti. Al riguardo, la redazione R1 del Lebor gabála Érenn si limita semplicemente a registrare l'arrivo di Partholón in Ériu, senza specificare la sua origine. In particolare, il ms. L (Lebor Laignech), il più antico e autorevole, sembra ignorare ogni notizia in tal senso; al contrario il ms. F (Lebor Ḟear Maí) riporta una composizione bardica dove il luogo di origine di Partholón è detto essere Sicil, la Sicilia.

Partholón can as táinic
dochum na hÉrind áirmid!
in lá do sín tar in sál,
ca tír as luid Partholán?
Partholón, da dove giunse
arrivando in Ériu, sappiatelo!
Il giorno in cui attraversò il mare,
da quale terra era venuto Partholón?
Táinic ó Sicil co Gréig,
uidi bliadna, can lán-bréig...
Era venuto da Sicil a Gréc,
un anno di viaggio, senza alcuna menzogna...
Lebor Gabála Érenn > XXXII: «Partholón can as táinic» [1-2]

Questa poema è una delle fonti a cui hanno sicuramente attinto le redazioni successive. Tuttavia, quando leggiamo, nella redazione R2, ms. V, che Partholón «venne da Micil Gréc» [tánic asin Micil Gréc] (Lebor gabála Érenn R2 [IV: 5]), ci chiediamo con Macalister se il termine Micil non possa essere sorto da un'errata lettura della parola ΣΙΚΕΛΙΑ «Sicilia», presente in qualche lista di toponimi greci, con sígma Σ scambiata per M (Macalister 1940). Il problematico Micil sembra poi venire «corretto», nella redazione R3, in Meiginn, ovvero Mygdonía:

Tánic íarum asin Ṁeigindt, .i. asa Gréig Ḃig.

[Partholón] venne da Meiginn, ovvero da Gréc Becc.
Lebor Gabála Érenn: R3 [IV: 5], ms. B

Tánic íarum asin Ṁeigindt, .i. asin Greg Scitheagda.

[Partholón] venne da Meiginn, ovvero da Gréc Scithecda.
Lebor Gabála Érenn: R3 [IV: 5], ms. M

Le denominazioni alternative fornite dal ms. B con Gréc Becc («Piccola Grecia») e dal ms. M con Gréc Scithecda («Grecia Scitica») sembrano delle pure invenzioni letterarie, suggerite per analogia con Gréc Mór («Grecia Magna»), nome dato alle colonie greche in Italia. Si noti che in un dinnṡench Partholón è detto ambiguamente venire dalla Gréc e l'espressione potrebbe indicare tanto la Sicilia quanto Mygdonía (Metrical dinnṡenchas [III: 77] | Rennes dinnṡenchas [134]) (Gwynn 1935 | Stokes 1894).

L'ipotesi di un'originaria sede di Partholón in Sicilia, poi collocata erroneamente in Mygdonía, sembra avere senso. Possiamo però chiederci perché il poema XXXII, «Partholón can as táinic», faccia dapprima spostare l'eroe dalla Sicilia alla Grecia, con un percorso o una sosta della durata di un anno, prima di farlo finalmente ripartire per l'Irlanda:

Táinic ó Sicil co Gréig,
uidi bliadna, can lán-bréig:
seólad mís ótá Gréc síar,
corice Capataicía..
Era venuto da Sicil a Gréc,
un anno di viaggio, senza alcuna menzogna:
un mese navigando da Gréc a occidente,
verso Capataicía.
Ó Capadoigia ro triall,
seólad trí tráth ó Goithiam,
seólad mís ó Goithiam gil
cosin nEspáin tre-uillig.
Viaggiò da Capataicía,
tre giorni di navigazione a Goithia,
un mese di navigazione dalla bianca Goithia
alla triangolare Espáin.
Íar sin do riacht Inis Fáil,
docum Érenn a Esbáin;
Día Luain, in dechmed can ón
gabsad Érinn áer ochtur.
Infine raggiuse Inis Fáil,
in Ériu da Espáin:
di lunedì, il decimo senza fallo
un gruppo di otto occupò Ériu.
Lebor Gabála Érenn > XXXII: «Partholón can as táinic» [1-3]

Sebbene il poema fornisca le tappe del percorso di Partholón come se appartengano a un unico viaggio, rimane una strana cesura tra la prima parte dell'itinerario, verso est, da Sicil a Gréc, della durata di un anno, e la seconda parte, verso ovest, da Gréc a Ériu, durata poco più di due mesi. Non bisogna mai pretendere una precisione geografica dai bardi irlandesi (si sarà notato che la Capataicía o Cappadocia viene qui posta a occidente della Grecia), però questo percorso è troppo contraddittorio e i tempi troppo irrazionali perché non possano avere una spiegazione di diverso ordine.

Effettivamente in alcuni testi si parla di un periodo di allontanamento subito da Partholón dal proprio paese, prima del delitto di parricidio che gli costerà l'esilio definitivo. In un racconto presente in due fragmenta (mss. H.4.22 e H.3.18) custoditi nella biblioteca del Coláiste na Tríonóide (Trinity College) di Baile Átha Cliath (Dublin), Partholón risiede inizialmente in Gréc Becc, cioè la «piccola Grecia» o Mygdonía [infra]▼. Dopo aver tentato di uccidere il re suo padre, viene mandato in esilio. Dopo sette anni, però, Partholón torna in patria, uccide il padre e la madre, e solo dopo il delitto parte definitivamente per l'Irlanda. Ebbene, il primo esilio temporaneo di Partholón potrebbe essere la ragione per la lunga sosta in Grecia a cui accenna il poema XXXII, «Partholón can as táinic».

In quanto al resto del percorso, il Lebor Gabála Érenn è sostanzialmente d'accordo con il poema XXXII:

Seólad míss dó co hAladaciam. Seólaḋ nói tráth dó ó Aladaigia gu Goithia. Seólad mís aile dó óthá Gothiam cosin nEspáin. Seólad nói tráth dó ó Espáinn co hÉrinn. Dia Mairt do riacht hÉrinn, for sechtmad décc ésca for callann Mai.

[Partholón] viaggiò per un mese fino ad Aladacia. Viaggiò per nove giorni da Aladacia a Gothia. Viaggiò per un altro mese da Gothia a Espáin. Viaggiò per nove giorni da Espáin a Ériu. Di martedì raggiunse Ériu, il diciassettesimo giorno della luna, a Callann Mai.
Lebor Gabála Érenn: R2 [IV: 6]

La Aladacia è, secondo Macalister, la Dalmazia. Essa occupa lo stesso posto della Capataicía o «Cappadocia» che il poema XXXII pone incoerentemente a ovest della Grecia, ed è difficile dire quale dei due toponimi sia un'errata lettura dell'altro. Gothia è invece il nome che i Franchi avevano dato alla Septimania, la regione costiera posta tra la foce del Rodano e i Pirenei, che tra il V e l'VIII secolo fu abitata dai Visigoti (più o meno corrispondente all'attuale regione francese di Languedoc-Roussillon).

Seathrún Céitinn, che tira le fila di questo materiale, definisce con la migliore coerenza possibile il percorso suggerito dal Lebor Gabála e dagli altri testi. Non ha dubbi a collocare il luogo d'origine di Partholón in Migdonia, ma elimina tanto la Capataicía/Aladacia quanto la Gothia, e, con decisione salomonica, lo fa sostare in Sicil prima di farlo arrivare in Espáin. Dunque: MigdoniaSicilEspáinÉriu (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]). In quanto alla durata del percorso, è due mesi e tredici giorni nel poema XXXIII (tralasciando l'anno in Grecia e, comunque, se è corretta l'interpretazione della strofa [4]), due mesi e diciotto giorni nel Lebor Gabála, due mesi e mezzo in Céitinn.

Poema XXXII

R2 R3 Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]
Da Sicil a Gréc Un anno Da Meiginn ad Aladacia 1 mese Da Migdonia a Sicil 2½ mesi
Da Gréc a Capataicía 1 mese
Da Capataicía a Gothia 3 giorni da Aladacia a Gothia 9 giorni Da Sicil a Espáin
Da Gothia a Espáin 1 mese Da Gothia a Espáin 1 mese
Da Espáin a Ériu 10 giorni (?) Da Espáin a Ériu 9 giorni Da Espáin a Ériu

In quanto al giorno di arrivo di Partholón in Ériu, il Lebor Gabála fornisce anche qui una serie di date diverse. In R1 [IV: 1] leggiamo che Partholón sbarcò in Ériu di martedì, il quattordicesimo giorno della luna (calcolato a partire da una qualche lunazione, come luna nuova o piena). Questa data trae la sua autorità dal poema XXXV, «hI Cethramad dég, dia Mairt». Sia il testo in prosa che il poema non forniscono però il mese.

Solo in R2 R3 [IV: 6] si dice che Partholón giunse a Calann Mái, cioè a «calendimaggio», e dunque il 1° maggio (Beltain), il diciassettesimo giorno della luna. Oppure il quattordicesimo, glossa R3 [IV: 7]. Secondo il poema XXXVI, «hI cuicead uathaid, canḟell», Partholón giunse in Ériu il sedicesimo giorno della luna, informazione che ritroviamo nel testo in prosa, in R3 [IV: 8].

La data del quattordicesimo giorno della luna, fornita dal poema XXXV e dalla redazione R1 sembra essere però quella più autorevole. Il poema è esplicitamente citato da Seathrún Céitinn, il quale intende però non il quattordicesimo giorno della luna, ma del mese, cosicché la data diviene il 14 maggio (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]). Stessa data compare in Dugald Mac Firbis (Chronicon Scotorum).

V - PARTHOLÓN FINGALACH, IL «FIGLIO DELLA SVENTURA»

Ignorata dalla redazione R1 del Lebor Gabála Érenn, la tradizione del parricidio compiuto da Partholón è tuttavia presente nelle redazioni successive. Leggiamo in R2, ms. V:

Mad áil a ḟis cid ara tánic Partholón assa thír, ninsa. Partholón ro marb a máthair ⁊ a athair, ic iarraid ríge dia bráthair: co táinic co hÉrind ar teched a ḟinġaile. Conid íarom luid táimlechta fair ina finġail. Nói mile fri háen sechtmain adbath do cinaiḋ a fingaile.

Se tu vuoi sapere perché Partholón uscì dalla propria terra, è facile. Partholón aveva ucciso il padre e la madre, volendo ottenere la sovranità per il fratello: così venne in Ériu fuggendo la [punizione per il] misfatto. Ma fu a causa dei suoi delitti se, in seguito, venne colpito da una pestilenza. Morirono in novemila, nel giro di una settimana, per colpa della sua presunzione e del suo misfatto.
Lebor Gabála Érenn R2 [IV: 13]

Un dinnṡench ci informa inoltre che Partholón avrebbe ucciso anche i propri fratelli insieme ai genitori (Rennes dinnṡenchas [134]) (Stokes 1894).

In medio irlandese, fingal indica l'omicidio di un congiunto: di solito un genitore o un fratello, da cui la traduzione generica con «parricida» (uccisione di un parente, dal latino parens). In seguito, il termine fingal indicherà l'uccisione di un membro della stessa túath e, infine, un omicidio in senso generico. Partholón è dunque un fingalach, un assassino dei propri congiunti.

La tradizione del parricidio è presente, con vividi dettagli, nei due fragmenta, i mss. H.4.22 e H.3.18, della biblioteca del Coláiste na Tríonóide (Trinity College) di Baile Átha Cliath (Dublin), dove si fornisce tra l'altro un'interessante interpretazione del patronimico di Partholón:

Mad ail a fis cid ara tainic Parrtalón as a tír féin, ní. Parrtalón do marb <a> athair ⁊ a mathair .i. Sru mac Praimint meic Athachta meic Máġoicc meic Iafet, ac iarraid riġi da derbrathair .i. Becsomus a ainm-side; ⁊ fa sine é na Parrtalon. Ro indarb Srú Parrtalon ⁊ gur loit he, cur ben a suil cle as ⁊ co roibe .. mbliadna for indarbad. Co tanic isin Bigin Grec, lucht luinge, cur loisc tech for a athair ⁊ for a mathair, gur loisg iat a ndis, ⁊ do rat rigi da brathair. Ocus tanic fein co hEirinn ar teichim na finġaile sin. Ocus is inand Sera isin berla Grecda «fingalach» isin berla teibide. Is aire aderar Parrtalon mac Sera fris. Ocus for indarbad rucaḋ dis do clann Parrtaloin .i. Rudraige ⁊ Slainġe, conid aire sin tainic taimlecht forra ina fingail. Ba he tinne in taimlichta: in cruth ina mbid gach fer dib ina suide no na sesam no na luige a ec, ⁊rl.

Se vuoi sapere perché Partholón uscì dalla propria terra, è facile. Partholón uccise suo padre e sua madre, ovvero Srú figlio di Braiment figlio di Aithecht figlio di Magóg figlio di Iafeth, cercando la regalità per suo fratello, chiamato Becsomus, che era il maggiore. Srú cacciò Partholón e lo ferì, e gli strappò l'occhio sinistro: e [Partholón] rimase sette anni in esilio. Poi egli venne in Gréc Becc, con l'equipaggio di un luingín, e bruciò la casa sopra suo padre e sua madre, li bruciò insieme e diede la sovranità a suo fratello. In quanto a lui, se ne venne in Ériu, sfuggendo [alla punizione per] il parricidio. Ora, sera vuol dire in lingua greca ciò che fingalach [«parricida»] significa nel linguaggio scelto. E questo è la ragione per cui è chiamato Partholón «figlio parricida» [mac sera]. In esilio erano nati due dei figli di Partholón, Rudraige e Slánga. La pestilenza che in seguito lo colpì fu proprio a causa del suo delitto; così tremenda fu quella pestilenza che, qualunque posizione assumevano gli uomini, seduti, in piedi o sdraiati, morivano, etc.
Ms. H.4.22

Mentre il Lebor Gabála Érenn e gli altri testi collegati ci forniscono la linea genealogica Partholón mac Sera meic Srú, «Partholón figlio di Sera figlio di Srú», in questi fragmenta si salta una generazione: non solo abbiamo direttamente un Partholón mac Srú, ma l'espressione Partholón mac sera viene interpretata come «Partholón figlio parricida». L'autore del manoscritto avanza una pseudo-etimologia greca della parola sera, senza però giustificarla.

In un poema attribuito al misconosciuto bardo Eochaid Eolach úa Céirín, dove si cita espressamente Lebor Gabála Érenn R2 R3 [IV: 13], una glossa equalizza il termine sera a cera, ed è a quest'ultima parola che viene attribuito il significato di fingalach «parricida» [conid aire at-berar Parrtolón mac Sera friss .i. mac fingalach. cera .i. fingal] («Apraid a éolchu Elga» [5]).

Secondo un'interpretazione di Rudolf Thurneysen, accolta da Macalister, cera sarebbe un adattamento del greco kḗr «fato, destino», ma anche «sciagura, sventura»; dunque Partholón mac cera viene a significare «Partholón figlio della sciagura»: per tale ragione le sue imprese sono destinate a subire il fio della sfortuna e del fallimento (Thurneysen 1936 | Macalister 1940). Quest'etimologia appare più significativa se si tiene conto che, nei due fragmenta, la pestilenza che stermina i Muintir Partholóin è interpretata come una punizione per la colpa di Partholón: l'uccisione dei genitori viene scontata con la totale distruzione dei propri figli e discendenti.

VI - OCHTAR E DEICHENBOR

Il seguito di Partholón, nel Lebor Gabála Érenn, sembra costituito da sole otto persone: Partholón stesso, i suoi tre figli, le loro quattro mogli. Un ochtar, cioè un «ottetto», come leggiamo nella redazione R2, ms. V:

Ochtar a lín, .i. cethrar fer ⁊ cethrar ban

Di otto persone [un ochtar] era la sua compagnia, quattro uomini e quattro donne.
Lebor Gabála Érenn R2 [IV: 14]

Ochtar sembra essere un'espressione ricorrente nella letteratura mitologica celtica. Nennius, nella sua Historia Brittonum, cita a la notizia di un'invasione britannica compiuta da un certo Damhoctor: «Giunse poi in Britannia Damhoctor, e vi dimorò con la sua stirpe fino ad oggi» [Nouissime uenit Damhoctor et ibi habitauit cum omni genere suo usque hodie in Brittaniam] (Historia Brittonum [14]). Nennius ha tratto le sue informazioni da alcuni peritissimi Scottorum, e Damhoctor, che egli ha gabellato per un nome proprio, è in realtà l'espressione gaelica daṁ ochtair, un «gruppo di otto persone». Difficile capire a quale invasione, britannica o ibernica, si riferisse la notizia fraintesa da Nennius; ma un gruppo di otto persone sembra essere un mitema ricorrente nelle vicende di migrazione e fondazione presenti nei miti celtici (si veda anche Metrical dinnṡenchas [III: 77] (Gwynn 1935)).

Sui tre figli di Partholón – i tre airig di Ériu – non vi sono grosse discrepanze. I loro nomi sono Slánga, Laiglinne e Rudraige in tutti i testi, ma quasi nulla viene detto su di loro. Il loro intero ruolo mitologico riguarda la toponomastica legata alle loro morti e sepolture. In particolare, Slánga dà nome a Slíab Slánga, la montagna dove viene eretto il suo carn; Laiglinne al Loch Laiglinne, le cui acque erompono dallo scavo della sua tomba; e Rudraige al Loch Rudraige, le cui acque lo trovolgono sgorgando da sotto i suoi piedi (Lebor Gabála Érenn R2 R3 [IV: 24]). Questa tradizione è ricordata sia da Míchél Ó Cléirig (Annála Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2532, 2545]), sia da Seathrún Céitinn (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]). Tuttavia è anche attestata un'altra tradizione dove il Loch Rudraige erompe dallo scavo della tomba di Rudraige (R1 [IV: 2]; R2 R3 [IV: 10]).

I dinnṡenchas aggiungono alcuni dettagli sulle mitiche biografie dei tre airig: ci informano che Slánga fosse un abile guaritore (il suo nome significa «salute») e che avesse curato le ferite che Laiglinne aveva ricevuto «al suo posto» nel corso della battaglia di Mag nÍtha (non conosciamo i dettagli della vicenda), e anche che Rudraige era un valente cacciatore (Metrical dinnṡenchas [IV: 105]). I dinnṡenchas affermano che fu Laiglinne – e non Rudraige – ad annegare nel lago formatosi sotto i suoi piedi: egli si era recato in testa al suo seguito di cinquanta guerrieri alla Tipra Dera meic Scera, la «sorgente di Dera figlio di Scera», quando le acque del diluvio sgorgarono fuori dalla fonte, sommergendolo insieme ai suoi uomini; la madre Delgnat morì di crepacuore dinanzi al suo carn (Metrical dinnṡenchas [IV: 71]; Rennes dinnṡenchas [150]). Vi è dunque una certa confusione tra le morti di Laiglinne e Rudraige.

Assai più incoerente è la tradizione che riguarda le donne al seguito di Partholón. Esse non sono mai nominate nella redazione R1, mentre la redazione R2 fornisce due liste diverse tra loro. La prima: Nerbgen, Cichban, Cerbnat, Delgnat (R2 R3 [IV: 10]); la seconda: Aífe, Delgnat, Nerbgen, Cerbnat (R2 [IV: 14]). In entrambe le liste non viene detto chi fosse lo sposo di ciascuna (non abbiamo infatti alcuna indicazione che l'ordine dei nomi femminili sia lo stesso di quelli maschili); l'unica donna a cui possiamo attribuire con certezza un marito è Delgnat, moglie di Partholón (e Delgnat è l'unico nome femminile che Seathrún Céitinn si senta sicuro di citare nella sua opera (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2])).

Un'altra lista delle donne al seguito di Partholón è fornita dal poema XXXVIII, «Cóic mná Parthalóin meic Sera», citato nella redazione R3, dove compaiono cinque nomi:

Cóic mná Parthalóin meic Sera:
     Aifi, Elgnad,
Neirbgein dian fich ban fornert,
     Cichban, Creabnat.
Le cinque donne di Partholón figlio di Sera:
     Aífe, (D)elgnat,
Nerbgen l'impetuosa, contesa femminile di sopraffazione (?),
     Cichban, Cerbnat.
Lebor Gabála Érenn > XXXVIII: «Cóic mná Parthalóin meic Sera»

È il redattore del ms. M (redazione R3), dopo aver integrato le liste fornite dalle redazioni precedenti con il poema XXXVIII, a stabilire finalmente le coppie:

Mna Parthaloin annso, .i. Ealgnad bean Parrthaloin, ⁊ Nerbgene ben Rudraidi, ⁊ Aife ben Laiglindi [...], ⁊ Cichban bean Slange [...], ⁊ Crebnad ben hItha, .i. in mogaid. Airmit eolaiġ corb ingen do Partholon fein Aifi.

Le donne di Partholón: (D)elgnat moglie di Partholón, e Nerbgen moglie di Rudraige, e Aífe moglie di Laiglinne [...], e Cichban moglie di Slánga [...], e Cerbnat moglie di Íth il servo. Gli eruditi riportano che Aífe era figlia dello stesso Partholón.
Lebor Gabála Érenn R3 [IV: 12]

L'originario ochtar è divenuto un deichenbor, una compagnia di dieci persone. Questo passaggio da otto a dieci elementi è motivo di perplessità per i glossatori della redazione R3, dove il passo succitato diviene:

[R2 R3] Ochtar a lín, .i. cethrar fer ⁊ cethrar ban, [R3] no deicneabor, ut alii dicunt...

Di otto persone [un ochtar] era la sua compagnia, quattro uomini e quattro donne. Oppure di dieci persone [un deichenbor], ut alii dicunt...
Lebor Gabála Érenn R2 R3 [IV: 14]

La presenza di cinque uomini e cinque donne trae la sua autorità dal poema XXXVII, «Stoindfead dáib íar fír co feib», citato di seguito nella terza redazione, dove la compagnia è formata da otto sáerda «nobili» e due dáerda «servi»:

Sloindfead dáib íar fír co feib
in lín ro bai sa báirc sin:
ochtar sáerda, ní slicht sáeb,
ocus dís dáerda dicháem.
Ti indicherò bene, secondo verità,
la compagnia che era in quella nave:
otto nobili, di non brutto lignaggio,
e due servi, di non bell'aspetto.
Lebor Gabála Érenn > XXXVII «Stoindfead dáib íar fír co feib»

Ci troviamo di fronte a due tradizioni diverse, non conciliabili tra loro. Al mito dell'ochtar fa da contraltare una serie di cinque nomi femminili che i redattori del Lebor Gabála hanno tentare di ridurre a quattro, eliminando ogni volta un nome diverso. E non sappiamo con quale autorità il redattore del ms. M abbia stabilito le coppie.

Il servo Íth, aggiunto alla lista forse proprio dal redattore di M, si origina da qualche dinnṡench: è infatti l'eroe eponimo di Mag nÍtha nel Laigin, la pianura da lui dissodata. Un altro servo presente nella tradizione partoloniana è il gilla Topa (Toba/Toḃa nella lezione dei manoscritti, Tódga in Céitinn), di cui il poema XXXII, «Partholón can as táinic», narra il ruolo nel tradimento coniugale di Delgnat. Il redattore di M non ha altra scelta che cercare di identificare tra loro Íth e Topa. Subito dopo, però, tenta di identificare Topa con lo stesso Partholón, forse per salvaguardarne l'integrità matrimoniale.

hIth imorro ainm in n-amais bai leo, ⁊ is uada ita Mag nItha, doig is e russlecht: ⁊ Toba ainm aile do. No is e Toba in darna hamus bai la Parrthalon, ⁊ is fir sin, uair is e Toba rosfai la mnai Parrthaloin iar cen, uair ro bo Thoba ainm Parhaloin fein.

Íth era il nome del loro servo, ed è da lui che [prese nome] Mag nÍtha, perché fu lui a dissodarla. Topa era un altro suo nome. Oppure Topa era uno dei due servi di Partholón, e ciò è corretto; e se poi Topa dormì qualche volta con la moglie di Partholón, era perché Topa era un nome dello stesso Partholón.
Lebor Gabála Érenn R3 [IV: 11]

Un altro dettaglio notato dal redattore di M è che uno dei nomi femminili, Aífe, è pure citato nella lista delle dieci figlie di Partholón. «Gli eruditi riportano che Aífe era figlia dello stesso Partholón» [Airmit eolaiġ corb ingen do Partholon fein Aifi] appunta il nostro redattore, poco convinto da questo matrimonio tra un fratello e una sorella (R3 [IV: 12]). Effettivamente una Aífe compare nel novero delle dieci figlie di Partholón, le quali sono: Adnad, Aífe, Aíne, Fochain, Mucha, Melepard, Glas, Grennach, Auach, Gribendach (R2 [IV: 14]); ma nella stessa fonte viene anche fornita una lista dei rispettivi mariti: Aidbli, Bomnad, Bán, Caerthenn, Echtach, Athchosán, Lucraid, Ligair, Lugaid, e nessuno di essi ha nulla a che vedere con il gruppo formato da Partholón e dai suoi più stretti familiari. Sia le figlie che i generi di Partholón compaiono anche, con qualche variazione, nel poema XXXI, «Ro bo maith in muinter mór» [9-10], e nulla fa capire che una delle ragazze possa aver sposato un proprio fratello. Nel poema XXXII, «Partholón can as táinic» [5], si dice che quello di Aífe fu il primo matrimonio celebrato in Ériu e che suo marito si chiamasse Fintán (con probabile confusione con l'omonimo Fintán mac Bóchra dei Muintir Cessrach).

In conclusione, l'Aífe citata tra le «cinque donne di Partholón», e che nel ms. M è detta moglie di Laiglinne, sembra essere un personaggio appartenente a uno strato differente. Probabilmente, come Íth, anch'essa appartiene alla tradizione dei dinnṡenchas, visto che avrebbe dato nome alla pianura di Mag Aífe in Osraige, così come a Cichban viene attribuita la toponomastica di Inber Cichmaine (R3 [IV: 12]). Non conosciamo però i miti che sono dietro a queste denominazioni.

Mentre Dougald mac Firbis, forse un po' ingenuamente, scrive: «I suoi compagni erano otto, quattro uomini e quattro donne; poi si moltiplicarono e divennero quattromila e cinquanta uomini e mille donne» [Octtur a lin .i. cethrar fer et cetrur ban; ro forbrissit iarum go rapattur .l. ar cetre mile fer ⁊ mile ban] (Chronicon Scotorum), in altre fonti si tenta di razionalizzare il mito fornendo a Partholón un seguito assai più ampio che non otto o dieci elementi. Ad esempio, lo Scéal Túáin maic Cairill parla di un gruppo formato da ventiquattro uomini, ciascuno accompagnato dalla propria donna: quarantotto persone in tutto. Che un bel po' di gente sia venuta in Ériu con Partholón, del resto, sembra attestarlo il poema XXXI, «Ro bo maith in muinter mór», dove si elencano i vari aratori, druidi, campioni, etc., che costituivano i Muintir Partholóin, e ovviamente gli eroi culturali responsabili dell'introduzione di varie tecniche e istituzioni (cfr. Lebor Gabála Érenn R1 [IV: 10]; R2 [IV: 15]; R3 [IV: 33-36]). Seathrún Céitinn afferma che il gruppo iniziale fosse formato addirittura da mille persone (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]), ma la sua fonte è Nennius (Historia Brittonum [13]).

VII - L'ELENCO DEI MUINTIR PARTHOLÓIN

Dall'originario ochtar il seguito dei Muintir Partholóin sembra moltiplicarsi. Il poema XXXI, «Ro bo maith in muinter mór», elenca i vari aratori, druidi, campioni, e tutti gli eroi culturali responsabili dell'introduzione in Ériu delle varie tecniche e istituzioni civili. Costoro compariranno nel Lebor Gabála Érenn, moltiplicandosi nelle varie redazioni del testo (cfr. R1 [IV: 10]; R2 [IV: 15]; R3 [IV: 33-36]).

La redazione R1 del Lebor gabála Érenn cita soli tre nomi: Brea, Samailiath e Beóir. A Brea (o Brega, ma in irlandese il suono [ɣ] tende facilmente a scomparire) vengono attribuite tre invenzioni assai eterogenee: fu il primo in Ériu a costruire per sé una casa, a cuocere la carne in un calderone, a battersi in duello (comrac aenfir, «combattimento singolare»), attività che godrà di grande attrattiva presso i Gáedil. Nella redazione R2, Brea è detto figlio di un certo Senboth, a sua volta figlio di Partholón. I dinnṡenchas aggiungono diversi dettagli su di lui: era un uomo violento e vendicativo, che viveva di guerra e di rapina. La collina dove costruì la propria casa – di fatto la prima abitazione in Ériu – prese nome Dún mBrea, la «fortezza di Brea» ⇒ Ceann Bhré o Ceann Bhreagha (Bray Head), contae di Cill Mhantáin (Wicklow). (Rennes dinnṡenchas [29] | Metrical dinnṡenchas [III: 14]) (Stokes 1894 | Gwynn 1935).

Anche a Samaliliath vengono attribuite due innovazioni molto diverse tra loro: fu il primo a distillare birra (a quanto pare, birra alla felce, linn ratha) e a offrire garanzie. Il suo nome è il più instabile: compare in R2 nella lezione Malaliach (Macalister suggerisce una possibile contaminazione con Malaleḗl, nome greco del patriarca antidiluviano Mahălalǝʾēl) e in R3 nelle lezioni Samaililech (ms. B) e Samaile Liath (ms. M). In quanto a Beóir, il cambusiere di Partholón, fu il primo a stabilire un ostello in Ériu.

Questo piccolo seguito tende a moltiplicarsi nelle redazioni successive del Lebor gabála Érenn.

In R2 compaiono i sette fattori di Partholón (Tóthacht, Tarba, Imus, Aithichbél, Cúailli, Dorcha e Dam). In R3, uno dei fattori cambia nome, da Imus a Eochair. Seathrún Céitinn sostituisce a sua volta Tarba con Trén «forte», variante non attestata in alcuna fonte (Foras feasa ar Éirinn [I: , 4]).

Le fonti riportano anche i nomi dei quattro buoi di Partholón: Liac, Lecmag, Imair ed Etrigi. Le dinnṡenchas ci informano che Etrigi fu il responsabile dell'aratura di Mag nEthrige, una delle quattro pianure dissodate da Partholón: la povera bestia sarebbe morta di fatica una volta concluso il lavoro (Metrical dinnṡenchas [III: 106]). Ma anche il nome di Liac, che compare nella lezione Lee nel ms. V, sembra avere un significato toponomastico: forse, in una versione non attestata della leggenda, gli era attribuita l'aratura di Mag Lí. È in effetti possibile che i quattro buoi fossero collegati alle quattro pianure, sebbene ciò non traspaia dall'esito a noi pervenuto del mito.

Nella redazione R3 fanno la loro ulteriore comparsa i due aratori di Partholón: Rimad è l'aratore di coda, che spinge l'aratro nel solco, e Tairrle l'aratore di testa, che conduce i buoi. Ad essi sono associati anche i nomi delle due parti di ferro che compongono il loro aratro: il coltro Fetain e il vomere Fodbach. Questa personificazione di due strumenti agricoli è un tratto piuttosto primitivo ed è curioso che faccia la sua comparsa nella terza redazione: Macalister pensa a una forma di animismo agricolo e rimanda ai numina romani, o alla misteriosa figura di Echetlaîon, rustica personificazione dell'aratro [echétlē] che comparve al fianco dei Greci nel corso della battaglia di Marathṓn (Pausanías: Periḗgēsis [I: 15, | 32, ]) (Macalister 1940).

I tre druidi hanno nomi parlanti: Táth «fusione», Fis «visione», Fochmarc «domanda». Nella redazione R3, Táth viene sostituito da Eólas «sapienza». Céitinn riporta quest'ultima lezione (Foras feasa ar Éirinn [I: , 4]). A questi si aggiungono i tre trénḟir o «campioni»: Milchú, Meran, Muinechán.

Nella redazione R3 compaiono Bacorp il guaritore e Ladru il fili; e due mercanti, Iban ed Eban: i primi in Ériu a barattare rispettivamente oro e bestiame. Nel poema XXXI, però, i nomi del guaritore e del fili sono qui fusi in un unico personaggio: Bacorp Ladru, l'ollam di Partholón [14], mentre i due mercanti si chiamano Bibal e Babal [16], e così li conosce anche Céitinn (Foras feasa ar Éirinn [I: , 2]).

VIII - LA TOPOGRAFIA IBERNICA NELL'INVASIONE PARTOLONIANA

L'occupazione di Partholón, così comele altre, nel ciclo delle invasioni, ha una funzione «formativa» sul territorio irlandese. Tale funzione è soprattutto toponomastica: molti fatti, detti, episodi, e soprattutto morti e sepolture divengono nomi di pianure, laghi, montagne, fiumi, isole e foci; ma anche orografica: sette laghi si formano durante al tempo dei Muintir Partholóin, mentre quattro pianure vengono ripulite e dissodate.

Localizziamo ora i luoghi principali del mito partoloniano.

I luoghi dell'occupazione di Partholón

(A) Inber Scéne. Possibile sito dello sbarco dei Muintir Partholóin.
(B) Mag Fea. Sepoltura di Fea.
(C) Mag nÍtha. Possibile localizzazione della battaglia contro i Fomóraig.
(D) Uí mac Cúais Breg: Loch Laiglinne. Sepoltura di Laiglinne mac Partholóin.
(E) Slíab Slánga. Sepoltura di Slánga mac Partholóin.
(F) Loch Rudraige. Sepoltura di Rudraige mac Partholóin.
(G) Senmag nÉlta nÉtair. L'antica pianura, luogo di morte dei Muintir Partholóin.

Inber Scéne, l'«estuario del terrore», luogo di sbarco dei Muintir Partholóin. Seathrún Céitinn afferma che Inber Scéne si trovi «nella parte occidentale del Múmu» [i n-iarṫar Ṁúṁan], e di solito lo si localizza nella baia di ⇒ Ceann Mara (Keenmare), contae di Ciarraí (Kerry) (Comyn ~ Dinneen 1902-1908). Stewart Macalister considera tuttavia incerta tale identificazione e pensa piuttosto all'estuario del fiume Sínnan ⇒ Sionnan (Shannon) (Macalister 1940).

Inis Saimér, l'«isola di Saimér», approdo dei Muintir Partholóin, secondo una tradizione alternativa, è un'isola non bene identificata sul fiume Saimér ⇒ Éirne (Erne), contae di Fear Manach (Fermanagh, N.I.), situata probabilmente non lontano dalla foce. Ess Dá Écconn, la «rapida dei due sciocchi» deve essere stata qualche cascata o rapida vicino alla bocca del fiume.

Inber mBuada, l'«estuario profittevole», il luogo dove si stabilisce Partholón nella tradizione alternativa, è la foce del fiume ⇒ Muaid (Moy). La pseudo-etimologia ne fa derivare il nome da búadach, «vittorioso, trionfante, abbondante, pieno di qualità», esclamazione dello stesso Partholón che in quel luogo avrebbe trovato abbondante pesce e selvaggina.

Mag Fea, la «pianura di Fea», luogo di sepoltura di Fea mac Tortán, sembra trovarsi nei dintorni di ⇒ Sliabh na mBan (Slievenamon), contae di Tiobraid Árann (Tipperary). Nel Lebor Gabála Érenn (R2 R3 [IV: 20]) la località viene specificata ulteriormente come Oilre Maige Fea, luogo non identificabile con maggior precisione.

Mag nÍtha, la «pianura di Íth», sito della battaglia tra Muintir Partholóin e Fomóraig. In Irlanda esistono diverse località a cui ci si riferisce con il nome di slemna, «terre lisce». Una si trova nei dintorni dell'od. Ráth Bhoth (Raphoe), contae di Dún na nGall (Donegal, N.I.); un'altra nella nella zona dell'od. An tInbhear Mór (Arklow), contae di Cill Mhantáin (Wicklow), estuario del fiume Abhóca (Avoca); una terza è nel territorio dei Déisi, nel Múmu. La localizzazione corretta è probabilmente la prima, anche considerando che buona parte delle azioni intraprese dai Muintir Partholóin sono localizzate nell'Ulaid.

Uí mac Úais Breg, il «[territorio] dei Uí mac Úais in Brega», corrispondente all'odierna barúntacht Uí Mhac gCúais (Moygoish), contae di An Iarmhí (Westmeath), è il luogo di sepoltura di Laiglinne. Si tratta del territorio a sud-ovest di Temáir ⇒ Teamháir (Tara), contae di An Mhí (Meath), ma non contiene laghi che possano essere identificati con Loch Laiglinne. Quella dei Uí mac Úais (o Cúais) era un'antica túath stanziata tra il Míde e la piana di Mag Breg, contaetha di An Mhí, Lú e Áth Cliath (Meath, Louth e Dublin).

Slíab Slánga, il «monte Slánga», luogo di morte e sepoltura di Slánga, è stato identificato con il monte precedentemente chiamato Sliabh Domhanghoirt, oggi Sliabh Dónairt (Slieve Donard), contae di An Dún (Down, N.I.).

Loch Rudraige, il «lago Rudraige», si troverebbe nell'Ultach o Ulidia, regione storica situata a sud-est dell'Ulaid, nelle contaetha di An Dún e Aontroim (Down e Antrim, N.I.). Si è tentato di identificarlo con la baia di Dún Droma ⇒ Dundrum, contae di An Dún (Down, N.I.), sebbene con le ovvie difficoltà di giustificare un tratto di mare con l'eruzione di un lago.

Senmag nÉlta nÉtair, l'«antica pianura di Élta in Étar», luogo di morte di Partholón e, successivamente, dei Muintir Partholóin, è il territorio dove oggi sorge Baile Átha Cliath (Dublin), contae di Áth Cliath (Dublin), ovvero la pianura adiacente alla penisola di Benn Étair ⇒ Binn Éadair (Howth Head), protesa a nord della baia dublinese. Sembra probabile che Senmag nÉlta si stendesse a sud del fiume Lifé ⇒ An Life (Liffey).

I laghi che si formarono durante il periodo di Partholón, oltre ai già citati Loch Laiglinne e Loch Rudraige.

  • Loch Cúán, il «lago degli approdi» (Strangford Lough), contae di An Dún (Down, N.I.), in realtà una vasta insenatura marina sulla costa orientale dell'Ulaid (territorio di Bréna).
  • Loch Dechet ⇒ Loch Uí Ghadhra (Lough Gara), contae di Sligeach (Sligo), nel Connacht.
  • Loch Mesc ⇒ Loch Measca (Lough Mask), contae di Maigh Eo (Mayo), nel Connacht. Céitinn chiama ⇒ Magh Learghna la pianura in cui sarebbe sgorgato.
  • Loch Con ⇒ Loch Conn (Lough Conn), contae di Maigh Eo (Mayo), nel Connacht. Céitinn chiama ⇒ Magh Cró la pianura in cui il lago sarebbe sgorgato.
  • Loch nEchtra, nei dintorni del Loch Mucnú (Lough Muckno), contae di Muineachán (Monaghan). Echtra era il nome di un'antica località, oggi non più esistente, tra le odierne contaetha di Muineachán (Monaghan) e Árd Mhacha (Armagh, N.I.). Il distretto di Airgíalla ⇒ Oirialla, contaetha di Muineachán e Lú (Monaghan e Louth), deriva il nome da una confederazione di túatha, le quali diedero vita a un piccolo regno nell'Ulaid centro-meridionale, nel tardo VII secolo

Le pianure ripulite da Partholón:

  • Mag nÍtha la Laigniu, la «pianura di Íth nel Laigin», da non confondere con l'omonima piana dove è avvenuta la battaglia tra Partholón e i Fomóraig, è identificabile con An tInbhear Mór (Arklow), contae di Cill Mhantáin (Wicklow), estuario del fiume chiamato in passato Abhainn Mhór, «grande fiume», oggi Abhóca (Avoca).
  • Mag Tuired ⇒ Magh Tuireadh (Moytura), presso Conga (Cong), contae di Maigh Eo (Mayo), è la pianura teatro della battaglia tra i Fir Bolg e le Túatha Dé Danann. È chiamata Mag nEthrige nelle redazioni R2 R3 del Lebor Gabála Érenn.
  • Mag Lí la hÚ mac Úais, la «pianura di Lí nel [territorio] dei Uí mac Úais». Localizzata sul lato occidentale del fiume Banna ⇒ An Bhanna, probabilmente nella parte settentrionale del barúntacht Loch Inse Uí Fhloinn (Loughinsholin), contae di Doire (Londonderry, N.I.). Il territorio di Uí mac Úais, da non confondere con l'omonimo territorio precedentemente citato (il Uí mac Úais Breg), giaceva tra il fiume ⇒ An Scríne (Moyola) e il villaggio di ⇒ Maigh Choscáin (Macosquin), contae di Doire (Londonderry, N.I.).
  • Mag Ladrann in Dál nAraide si suppone sia la depressione marittima vicino Latharna (Larne), contae di Aontroim (Antrim, N.I.).
IX - LA FAMIGLIA «ALTERNATIVA» DI PARTHOLÓN E LA PRIMA DIVISIONE DI ÉRIU

Divisione di Ériu all'epoca di Partholón

(a) Áth Cliath Laigin. In senso orario: porzione di Orba.
(b) Ailech Néit. Porzione di Ferón.
(c) Áth Cliath Medraige. Porzione di Fergna.
(d) Ailén Arda Nemid. Porzione di Aer.

I quattro figli di Partholón, autori della prima divisione territoriale di Ériu, appaiono essere un'aggiunta posteriore al materiale partoloniano e malamente accordata con il resto della narrazione. Secondo Stewart Macalister, questo episodio sarebbe originariamente appartenuto al sub-ciclo di Nemed: i nomi di tre di questi quattro figli di Partholón appaiono essere, per Macalister, delle versioni alterate dei nomi dei figli di Nemed:

Rimane fuori il nome Ferón, che non può essere equiparato in alcun modo con quello di Anninin, quarto dei figli di Nemed.

Si può però ipotizzare una relazione con la tradizione dei quattro sopravvissuti al diluvio, presenti in alcuni versi citati da Seathrún Céitinn, e cioè Fintán, Ferón, Fors e Andóid mac Ethóir (Foras feasa ar Éirinn [I: v, 4]); il nome di Ferón è infatti comune a entrambe le tradizioni (mentre il patronimico dell'ultimo nome rimanda piuttosto alle Túatha Dé Danann, un altro esempio della confusione in cui versano i testi antichi).

La partizione contemplata può essere schematizzata con l'incrocio tra due linee ortogonali. Una prima linea, da est a ovest, collega due località chiamate Áth Cliath, «guado del graticcio»: la prima, Áth Cliath Laigin, è il guado sul fiume Lifé (Liffey), presso Cill Mhaighneann (Kilmainham), dove i vichinghi stabilirono il primo nucleo della futura città di Baile Átha Cliath (Dublin), contae di Áth Cliath (Dublin); la seconda, Áth Cliath Medraige, è l'odierno villaggio di Droichead an Chláirín (Clarinbridge), contae di Gaillimh (Galway).

La seconda linea, da nord a sud, collega due località dal nome parimenti molto simile: Ailech Néit è la collina presso Grianán Ailig ⇒ Grianán Ailigh (Greenan Ely), la storica fortezza dei Uí Néill, contae di Dún na nGall (Donegal); Ailén Arda Nemid è ⇒ Oileán Mór an Barraigh, l'«isola grande» nella baia di ⇒ Corcaigh (Cork), contae di Corcaigh (Cork).

X - LE VERSIONI BRITANNICHE DELLA LEGGENDA PARTOLONIANA

Le leggende sulle invasioni di Ériu erano ben conosciute, nell'alto Medioevo, dagli eruditi britannici. Pur essendo sicuramente arrivate in Britannia dalla vicina Irlanda, esse testimoniano uno stadio più arcaico degli esiti irlandesi a noi pervenuti.

La fonte più antica è la Historia Brittonum di Nennius (gallese Ninmyaw, IX sec.), dove si descrive l'arrivo in Hibernia [Irlanda] degli Scoti (cioè dei Gaeli), provenienti dalla Hispania [Spagna]. Primo ad arrivare è appunto il gruppo guidato da Partholomus e costituito da mille persone. Nennius non entra in dettagli, ma è concorde con gli eruditi irlandesi – i peritissimi Scottorum a cui fa risalire le proprie notizie – sul fatto che le genti partoloniane vennero spazzate via da una mortalitas nel giro di una settimana:

Novissime autem Scotti venerunt a partibus Hispaniae ad Hiberniam. primus autem venit Partholomus cum mille hominibus de viris et mulieribus et creverunt usque ad quattuor milia hominum et venit mortalitas super eos et in una septimana omnes perierunt et non remansit ex illis etiam unus.

Più avanti giunsero in Hibernia dalla Hispania gli Scoti. Giunse per primo Partholomus con mille persone, tra uomini e donne, che crebbero fino a diventare quattromila, ma una mortalità sopraggiunse su di loro e morirono tutti in una settimana, senza che nessuno scampasse.
Nennius: Historia Brittonum [13]

Tre secoli dopo, Gaufridus Monemutensis (1100-1155) scrive la sua monumentale Historia regum Britanniae (✍ 1136), dove elenca le gesta dei sovrani di Britannia dall'epoca della guerra di Troía all'invasione sassone. Testimone dell'arrivo di Parholoim è qui un mitico re britannico, Gwrgant Varf Drwch (latino Gurgiunt Brabtruc), il cui regno viene tradizionalmente fatto risalire al IV secolo a.C.:

Ea tempestate cum post istam victoriam [super Dacos] donium per insulas Orcades rediret [Gurgiunt Brabtruc], invenit triginta naves viris et mulieribiis plenas; et cum causam adventus eorum inquisivisset, accessit ad eum dux ipsorum Partholoim nomine, et adorato eo veniam et pacem rogavit. Dicebat autem se ex partibus Hispaniarum expulsum fuisse, et maria ilia circuire ut locum mansionis haberet. Petebat etiam ab eo portiunculam Britanniae ad inhabitandum, neodiosum iter maris diutius pererraret. Annus enim cum dimidio jam elapsus fuerat, ex quo a patria sua pulsus per Oceanum cum sociis navigaverat. Ut igitur Gurgiunt Brabtruc ipsos ex Hispania venisse et Barclenses esse vocatos, petitionemque eorem edoctus fuit, misit homines cum eis ad insulam Hiberniae quae tunc vasta ab omni incola erat; eamque eis concessit. Delude creverunt et multiplicati sunt: insulamque usque in hodiernum diem tenuerunt.

Dopo aver disposto ogni cosa secondo la sua volontà, [Gurgiunt Brabtruc] stava tornando in patria, quando, passando per le isole Orcades, trovò là trenta navi, piene di uomini e donne. Volle sapere il motivo della loro venuta, e il capo della spedizione, di nome Partholoim, gli si avvicinò e, dopo avergli fatto atto di ossequio, gli chiese pace e comprensione. Ottenutele, raccontò che era stato espulso dalle regioni della Hispania e che vagava per i mari alla ricerca di un luogo ove stabilirsi. Chiese, dunque, che il re gli offrisse una piccola parte della Britannia per insediarvisi, di modo che non dovesse continuare ancora a lungo quell'intollerabile vagare senza meta sulle onde, che già durava da un anno e mezzo. Quando Gurgiunt Brabtruc venne a sapere che provenivano dalla Hispania, e che si chiamavano Barclenses, non oppose diniego alla richiesta, e gli concesse di abitare, non, però, la Britannia, ma l'isola di Hibernia, che ancora era rimasta intatta dalla presenza umana, e gli diede alcuni dei suoi come guide per condurli fin là. Giunsero, e trovarono una terra ottima e soleggiata, ricca di boschi e fiumi e di ogni dono di Dio, e cominciarono subito a costruirvi le abitazioni, e a coltivare il suolo, e crebbero e si moltiplicarono in quel luogo fino al giorno d'oggi.
Gaufridus Monemutensis: Historia regum Britanniae [III, 12]

Questa versione dell'arrivo di Parholoim sarà in seguito ripresa nei testi derivati dall'Historia regum Britanniae: nel Roman de Brut (✍ 1136) dell'anglo-normanno Wace di Bayeux, riscrittura in versi francesi del libro goffrediano, e nel Brut (✍ 1215) di Layamon, sua ricca rielaborazione in medio inglese.

L'Historia Brittonum e l'Historia regum Britanniae dipendono da fonti distinte. Entrambi i testi, tuttavia, fanno pervenire Partholomus/Parholoim dalla Spagna e non hanno dubbi riguardo la sua origine gaelica: Nennius afferma esplicitamente che quella di Partholomus sia la prima migrazione degli Scoti dalla Spagna all'Irlanda, e Gaufridus fa discendere gli odierni irlandesi proprio dal gruppo guidato da Parholoim.

Ora, riguardo alla genealogia di Partholón, la prima redazione del Lebor Gabála Érenn, che ha il suo manoscritto più autorevole nel Lebor Laignech, ci informa che «Partholón figlio di Sera, figlio di Srú» apparteneva alla stirpe di Magóg figlio di Iafeth (R1 [IV: 1]). Tuttavia, nella seconda redazione già riaffiora una tradizione affatto diversa, che qui riportiamo nella lezione del ms. V:

[R2] Partholón mac Sera meic Srú meic Esru meic Baaith meic Rifaith Scuit ó táit Scuit.

Partholón figlio di Sera, figlio di Srú, figlio di Esrú figlio di Báth figlio di Rifath Scot da cui discendono gli Scoti.
Lebor Gabála Érenn R2 [IV: 3]

Nel riprendere questo passo, l'autore del ms. B della redazione R3, si vede costretto ad aggiungere una glossa:

[R2 R3] Partholón mac Sera meic Srú meic Esru meic Baaith meic Rifaith Scuit ó táit Scuit. [R3] No Parrtolón mac Seara meic Srú meic Easru meic Braimind meic Eacdach meic Magoth meic Iaféth meic Nái.

Partholón figlio di Sera, figlio di Srú, figlio di Esrú figlio di Báth figlio di Rifath Scot da cui discendono gli Scoti. Oppure, Partholón figlio di Sera, figlio di Srú, figlio di Esrú figlio di Brament figlio di Ecdach figlio di Magóg figlio di Iaféth figlio di Nóe.
Lebor Gabála Érenn R2 R3 [IV: 3-4]

La confusione – se confusione è – dipende dal tratto genealogico meic Srú meic Esrú, che è presente tanto nella genealogia di Partholón tanto nella discendenza di Rifath Scot. Tale duplicazione è una spia del fatto che, nel ricostruire gli alberi genealogici, i cronisti abbiano fisicamente cambiato posto a un'intera linea, con il probabile scopo di eliminare Partholón dal novero degli antenati dei Gaeli d'Irlanda. Arduo comprenderne la ragione: forse, nella sovrapposizione delle varie tradizioni era difficile conciliare l'idea della pestilenza che sterminò i Muintir Partholóin con il fatto che essi fossero gli antenati dei Gaeli.

Difficile dirlo. Nennius e Gaufridus Monemutensis hanno tuttavia conservato una tradizione irlandese molto antica, che si è conservata in Britannia ma è stata espunta dai cronisti irlandesi.

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske.
Sezione Miti: Asteríōn.
Area
Celtica: Óengus Óc.
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Creazione pagina: 15.12.2003
Riscrittura: 10.02.2014
Ultima modifica: 27.10.2015
 
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